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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
07-12-2003, 15.19.17 | #1 |
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Un problema di consapevolezza.
Dal Sito qui.
PARTE N.1 Ilaria Cotogni, dell’Ae.S …Già lo Spinoza, nel XVII secolo e, si può dire, all’inizio del cammino moderno della scienza, definiva questa capacità di presa di coscienza totale un “vedere il mondo Sub Specie Aeternitatis”. Da ciò scaturiva l’importanza della ricerca della conoscenza intrapresa dall’intelletto: infatti, “i fondamenti della ragione sono nozioni (...) che spiegano quelle cose che sono comuni a tutti e che (...) non spiegano l'essenza di nessuna cosa singolare (...) perciò, devono essere concepite senza alcuna relazione al tempo, ma sotto una certa specie d'eternità” (2). Il 2° e il 3° genere di conoscenza sono chiamati in causa al fine di ricercare le leggi di natura sottese a tutte le cose, in quanto basilari ed eterne. L’essere cosciente di tali leggi comporta – secondo lo Spinoza – una visione del mondo non lasciata al caso, ma “necessariamente” in accordo con le leggi naturali, in cui ogni singolo elemento ha la sua importanza quale “nodo cruciale” nell’eterna rete della vita. Ogni singolo “elemento” considerato vivente, e quindi, per Spinoza, cosciente, ha un’importanza fondamentale in tale rete, nella quale l’essere umano è importante al pari degli altri. Il suo posto perciò non si trova più all’apice di una visione gerarchica della natura, poiché Spinoza non sostiene una concezione verticalizzata della vita; l’essere umano non è il centro del mondo, come la terra non era oramai più il centro dell’universo. Oserei definire questa idea del filosofo olandese una vera rivoluzione copernicana riguardo all’auto-percezione che l’essere umano ha di sé. Nondimeno Spinoza era figlio del Rinascimento e del suo interesse per l'uomo immanente al mondo. Lo sviluppo delle conoscenze e delle capacità umane era, filosoficamente, il principale obiettivo del proprio pensiero, ma, a causa dell’importanza attribuita alle responsabilità dell’agire umano, non poteva delegarne il giudizio ad un Dio trascendente, remoto ed estraneo, fuori dal mondo. Quel che interessava Spinoza era il lato etico della conoscenza, mai perso di vista e non subordinato alla pura curiosità intellettuale. Nel “Trattato sull’emendazione dell’intelletto” egli scriverà: “(...) io voglio dirigere tutte le scienze ad un unico fine e scopo; che è quello di pervenire alla somma perfezione umana (...) Tutto ciò che nelle scienze non ci fa affatto avanzare verso il nostro fine e scopo sarà da rifiutare come inutile”(3). Questo fine non è l’acquisizione di onori, ricchezze etc..., bensì la partecipazione più stretta possibile con il Summum Bonum e la ricerca dell’Acquiescientia Animi. Si tratta quindi, innanzi tutto, di un cammino di saggezza al quale deve condurre la conoscenza. Il fine di Spinoza è la comprensione “dell’unione che ha la mente con tutta la natura” (4), ovvero, secondo una terminologia moderna, “la consapevolezza della natura sistemica dell’universo e degli eventi”. Etica scomoda anche, poiché non asservita ad avallare i comportamenti più utilitaristici e menefreghistici che la razza umana rivolge verso il resto delle creature. Questa consapevolezza costituisce, a mio parere, il problema di base che si affaccia ancora una volta sulla scena del plurimillenario teatro della storia umana. Secondo quanto afferma il dizionario Devoto-Oli, la “consapevolezza” potrebbe essere definita semplicemente con “Cognizione” e “Coscienza”. Il primo termine si collega etimologicamente a Cognitio, cioè implica tutto ciò che è “informazione”, acquisizione logica di dati provenienti dalle interazioni col mondo che ci circonda. Il secondo, Conscientia, oltre ad essere acquisizione essa stessa, riguarda anche l’aspetto relativo alla presenza di sé nel mondo; perciò si riferisce alle interconnessioni che si vengono a formare nel corso degli eventi, nell'interazione con altre coscienze, benché tramite una sempre presente prospettiva propriocettiva. La Consapevolezza dovrebbe risultare dalla confluenza di queste due qualità dinamiche. Essa viene definita infatti sempre attiva poiché consta di una informazione quanto più estesa possibile su di un fatto o una situazione e sui loro possibili sviluppi. Norbert Wiener, il padre della cibernetica, a tale proposito affermerà: “(...) la conoscenza è inestricabilmente intrecciata con le comunicazioni; la potenza con la regolazione, la valutazione dei fini umani con l’etica e tutta la parte normativa della religione” (5). La consapevolezza come Cognitio non si può disgiungere dalla valutazione della responsabilità umana perché entrambe, insieme, partecipano al vero processo evolutivo. Se vogliamo veramente vedere questa interconnessione che ci lega all’universo – nonostante che l’umanità abbia fatto di tutto, nel corso della propria storia, per negarla – possiamo attingere a piene mani dalla visione cibernetica della realtà anche se potrà sembrare un paradosso... G.Bateson ritiene tale visione molto pregnante, tanto da affermare: “Il corpo umano vivente è un sistema ciberneticamente integrato”(6). Per Spinoza, tramite la tesi, sempre sostenuta, dell’animazione universale e del corpo come idea della mente – la quale, essa stessa, è idea – si ha l’affermazione che la mente percepisce ogni affezione del corpo. Egli scrive: “Tutto ciò che accade nell’oggetto dell’idea costituente la mente umana deve essere percepito dalla mente umana, ossia di ciò sarà data necessariamente nella mente un’idea: cioè, se l’oggetto dell’idea costituente la mente umana è un corpo, nulla potrà accadere in questo corpo che non sia percepito dalla mente”(7). Cioè, come scrive M. Messeri: “La mente è caratterizzata da un’infinità di percezioni simultanee che la portano a conoscenza di ogni stato e processo che ha luogo nella macchina dell’organismo” (8). Inoltre, visto che tutta la natura, per Spinoza, è senziente in vario grado, il pensiero – in quanto idee e volizioni – è onnipresente e la mente è composta da altre menti come il corpo è composto da individui diversi (anche se non rappresenta la somma matematica di tutti questi individui...). Riferendosi sempre alla mente di Spinoza, Messeri continua: “E poiché le idee d’una mente sono le idee che costituiscono quella mente, ogni idea di una determinata mente è insieme idea delle altre menti (...); le medesime idee sono partecipate da menti distinte”(9). Quel che viene qui messo in evidenza è la connessione della mente singola con tutte le altre menti. Anche se, gerarchicamente, le menti fanno parte le une delle altre, ognuna viene ad avere una propria storia. Spinoza, ovviamente, si sarà reso conto che un essere umano non può simultaneamente avere coscienza di tutto il proprio essere e di ciò che prova nel contatto con l'esterno. Non poteva conoscere il subconscio, che rimane in ombra e registra reazioni a livello subliminale. Come è stato recentemente accertato in campo scientifico – ma conosciuto da secoli in Oriente – l’essere umano è strutturato in equilibrio fra due centri importanti: quello cerebrale e quello neurovegetativo. Sembra che, mentre il primo è la sede principale dell’attività cosciente e logica, il secondo sia come un altro “cervello” in connessione parallela, che si occupa delle percezioni che non passano attraverso l’esame della ragione e che abbia accesso a ciò che rimane celato nell’ombra, trasformato in contenuti simbolici. Inoltre, come afferma Bateson, pare proprio che l’inconscio non sia solo una cantina dove rinchiudere ricordi o fatti spiacevoli, secondo la visione di Freud, ma possieda dei contenuti basilari riguardanti il comportamento e le relazioni dell’essere con l’ambiente esterno. Ne viene affermata inoltre l’importanza poiché “quanto meglio un organismo “conosce” qualcosa, tanto meno esso diviene conscio di questa conoscenza; esiste cioè un processo per cui la conoscenza (...) scende nella mente a livelli sempre più profondi. Questo fenomeno che è fondamentale per la disciplina Zen (...) è altresì importante per ogni arte e abilità tecnica”(10). Perciò la mente, pur percependo a 360°, si avvale per ragioni economiche di una “coscienza limitata”; poiché “nessun organismo può permettersi di essere cosciente di faccende che può sbrigare a livelli inconsci”. “Non si può in alcun modo concepire un sistema [quindi una mente singola] totalmente cosciente”(11). Siccome “...la vita dipende da circuiti di contingenze interconnessi, mentre la coscienza può vedere solo quei brevi archi di tali circuiti sui quali il finalismo umano può intervenire”(12), noi traiamo le nostre conclusioni sul mondo, creando cosmologie e basandole solamente sui “segmenti” che riusciamo a percepire di un disegno molto più vasto. La saggezza sta quindi nella capacità di capire che possiamo conoscere solo tali segmenti; come afferma ancora una volta Bateson, sta nel “correggere una visione troppo finalistica della vita e nel rendere tale visione più aderente alla nozione di sistema”(13).... |