Citazione:
Originalmente inviato da Ludovicodaguanno
Kant nella sua dialettica trascendentale affronta un problema di cui precedentemente non aveva trattato: la metafisica è considerabile come scienza? Il termine dialettica lascia già intuire la risposta negativa di Kant a questa domanda.
La genesi della metafisica
La metafisica è un prodotto della ragione che a sua volta è l’intelletto stesso che è inevitabilmente portato a voler pensare anche senza dati certi. Kant ritiene che questo voler procedere oltre i dati esperienziali derivi dalla nostra innata tendenza all’incondizionato e alla totalità. La nostra ragione è attratta verso il regno dell’assoluto e quindi verso una spiegazione globale onnicomprensiva di ciò che esiste.
La dialettica trascendentale vuole essere lo studio critico e la denuncia dei fallimenti del pensiero quando procede oltre gli orizzonti dell’esperienza.
Per dimostrare l’infondatezza della metafisica Kant prende in considerazione le tre pretese scienze che ne costituiscono l’ossatura, ma la sua critica più famosa è quella alle prove dell’esistenza di Dio.
Per Kant i giudizi si distinguono in a priori e a posteriori, ma è su quelli analitici e sintetici che la sua confutazione si basa.
La conoscenza si esprime sotto forma di “giudizi”, cioè di proposizioni costituite da un soggetto e da un predicato. Ai diversi tipi di conoscenza (a priori e a posteriori) corrispondono diversi tipi di giudizio. Qui Kant presenta la distinzione fra giudizi analitici e giudizi sintetici: i primi sono quelli in cui il predicato appartiene totalmente al soggetto, i secondi quelli in cui il predicato “è posto interamente fuori del concetto” espresso da soggetto. I giudizi della conoscenza empirica (a posteriori) sono tutti giudizi sintetici, mentre quelli della conoscenza a priori possono essere sia analitici sia sintetici.
In tutti i giudizi, in cui è pensata la relazione di un soggetto con il predicato (per considerare solo gli affermativi, perché è poi facile la applicazione ai negativi), questa relazione è possibile in duplice maniera. O il predicato B appartiene al soggetto A come qualcosa che è contenuto (in modo riposto) in questo concetto A; ovvero B è posto interamente fuori del concetto A, sebbene sia in connessione con esso. Nel primo caso dico il giudizio analitico, nel secondo caso sintetico. I giudizi analitici (affermativi) sono dunque quelli in cui la connessione del predicato con il soggetto è pensata mediante identità, mentre quelli, in cui questa connessione è pensata senza identità, si devono chiamare giudizi sintetici. I primi si possono anche chiamare giudizi dichiarativi, i secondi giudizi estensivi: perché quelli nulla aggiungono al concetto del soggetto mediante il predicato, ma soltanto lo dissezionano mediante anatomia nei suoi concetti parziali, che già erano pensati in esso (sebbene confusamente); al contrario i giudizi sintetici aggiungono al concetto del soggetto un predicato, che in quello non era affatto pensato, e che non avrebbe potuto esser ricavato da nessuna anatomia di esso. Per esempio, quando io dico: tutti i corpi sono estesi, questo è un giudizio analitico. Perché io non posso procedere oltre il concetto che congiungo con la parola “corpi”, per trovare l'estensione come connessa con esso, ma soltanto posso anatomizzare quel concetto, cioè diventare soltanto consapevole del molteplice che ognora penso in esso, per trovarvi quel predicato: si tratta dunque di un giudizio analitico. Per contro, quando io dico: tutti i corpi sono pesanti, il predicato è alcunché di interamente diverso da ciò che io penso in generale nel puro concetto del corpo. L'attribuzione di un tale predicato ci dà dunque un giudizio sintetico.
I giudizi di esperienza, come tali, sono tutti quanti sintetici.
Kant confutò l’argomento ontologico di Anselmo obbiettando che non risulta possibile passare dal piano logico a quello della realtà ontologica, in quanto l’esistenza è qualcosa che possiamo constatare solo per via empirica, e non già dedurre per via intellettiva.
Da kant viene anche supposto l’impossibilità della prova ontologica di Anselmo perchè ritenuta fondata sulla presupponente esistenza di Dio. Alla fine tale confutazione demolisce definitivamente la prova ontologica affermando che ad essa non appartengono nè un giudizio analitico per incompatibilità tra l’idea di perfezione e quella di esistenza nè un giudizio sintetico perchè non vi è la possibilità di constatarlo nella realtà sensibile.
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Benvenuto.
Se la tua tesi è sostenere quella kantiana, rispondo che Kant ha cercato di scientificizzare la filosofia perchè era il periodo storico in cui emergevano le scienze e ci si illudeva che la ragione potesse arrivare a tutto.Si dà ragione al sensibile e all'empirico perchè la metodologia scientifica dava risultato attraverso l' esperienza e l'esperimento.
Di storia ne è passata,da chi si è illuso che l'empirco non fosse comunque mentale, quanto mentale lo è un'astrazione logica o matematica, da chi ha creduto che attraverso il linguaggio potesse arrivare a definire una verità, fino a quando le stesse scienze hanno barcollato dalla certezza alla probabilità, quando il comportamentismo della sperimentazione empirica è passata dal sensibile fino al fiscalismo per poi capire attraverso la psicologia che la mente "fa brutti scherzi" e che quel mondo empirico non è vero ma verosimile,per approdare al costruttivismo e al cognitivismo fino alla filosofia della mente.
Del diman non v'è certezza, nemmeno nelle scienze, forse nemmeno nella nostra mente, tanto meno nel mondo sensibile ed empirico,che comunque rimane il punto di riferimento su cui consolidiamo i nostri assiomi, ma non verità.
Che sia analitico il pensiero o sintesi, il soggetto è sempre la nostra mente.Non esiste un' oggettività senza un soggetto. Non esiste mondo senza occhi che lo scrutano.Non esiste Dio senza una fede.
Tutto ciò che è, è perchè siamo noi.
E anche se non credessi a ciò che scrivo, allora ancora credi .