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Vecchio 30-03-2015, 08.58.58   #1
elsire
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Apodittico E Anapodittico

Nel dizionario filosofico del sito, trovo scritto:
"Apodittico, dal greco "apodeiknymi", io mostro.
Proprio di ciò che è evidente e non ha bisogno di dimostrazioni. L'apodittica è quel ramo della logica che si occupa delle dimostrazioni."
Non mi sembra del tutto corretto, anche perchè suona un po' autocontradditorio.
In primo luogo, "apodittico", deriva solo indirettamente da "apodèiknymi", ma, più direttamente, da "apodeiktikòs", che significa esattamente l'opposto di quello scritto sul dizionario; e, cioè "suscettibile di dimostrazione".
Il Dizionario ha confuso "apodittico", con "anapodittico".
Mi spiego meglio.
1) Anapodittico è il contrario di apodittico... ma ne è alla base.
Indica quei principi che non possono essere dimostrati e neppure hanno bisogno di esserlo, perché immediatamente evidenti; ad esempio, il principio di non contraddizione, che è un principio primo, non basato su altri e quindi non dimostrabile, ma allo stesso tempo è di per sé evidente.
I principi anapodittici sono quelli dalla cui base possono partire le dimostrazioni rigorose.
2) Apodittico, invece, significa dimostrativo, e si riferisce a quelle forme di ragionamento (cioè di sillogismo) che sono dimostrative perché partono da premesse di accertata verità.
Faccio un esempio (anche se tecnicamente non del tutto corretto):
PREMESSA A)
Tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore anapodittica)
PREMESSA B)
Io sono un uomo (premessa minore anapodittica)
CONCLUSIONE
Io sono mortale (conclusione apodittica).
Da ciò deriva la confusione nel linguaggio comune, in quanto tutte e tre le affermazioni sono vere, solo che le prime lo sono di per sè, mentre la terza deriva da un ragionamento...sia pure inconfutabile.
Per questo, spesso, in politica i due termini vengono usati indifferentemente, come sinonimo di "dogmatico"...soprattutto in presenza di "sillogismi difettivi", molto amati dai politici.
Quelli che i filosofi Greci chiamano "συλλογιστική γαμημένο σκυλί".
elsire is offline  
Vecchio 31-03-2015, 13.43.09   #2
paul11
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Riferimento: Apodittico E Anapodittico

Citazione:
Originalmente inviato da elsire
Nel dizionario filosofico del sito, trovo scritto:
"Apodittico, dal greco "apodeiknymi", io mostro.
Proprio di ciò che è evidente e non ha bisogno di dimostrazioni. L'apodittica è quel ramo della logica che si occupa delle dimostrazioni."
Non mi sembra del tutto corretto, anche perchè suona un po' autocontradditorio.
In primo luogo, "apodittico", deriva solo indirettamente da "apodèiknymi", ma, più direttamente, da "apodeiktikòs", che significa esattamente l'opposto di quello scritto sul dizionario; e, cioè "suscettibile di dimostrazione".
Il Dizionario ha confuso "apodittico", con "anapodittico".
Mi spiego meglio.
1) Anapodittico è il contrario di apodittico... ma ne è alla base.
Indica quei principi che non possono essere dimostrati e neppure hanno bisogno di esserlo, perché immediatamente evidenti; ad esempio, il principio di non contraddizione, che è un principio primo, non basato su altri e quindi non dimostrabile, ma allo stesso tempo è di per sé evidente.
I principi anapodittici sono quelli dalla cui base possono partire le dimostrazioni rigorose.
2) Apodittico, invece, significa dimostrativo, e si riferisce a quelle forme di ragionamento (cioè di sillogismo) che sono dimostrative perché partono da premesse di accertata verità.
Faccio un esempio (anche se tecnicamente non del tutto corretto):
PREMESSA A)
Tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore anapodittica)
PREMESSA B)
Io sono un uomo (premessa minore anapodittica)
CONCLUSIONE
Io sono mortale (conclusione apodittica).
Da ciò deriva la confusione nel linguaggio comune, in quanto tutte e tre le affermazioni sono vere, solo che le prime lo sono di per sè, mentre la terza deriva da un ragionamento...sia pure inconfutabile.
Per questo, spesso, in politica i due termini vengono usati indifferentemente, come sinonimo di "dogmatico"...soprattutto in presenza di "sillogismi difettivi", molto amati dai politici.
Quelli che i filosofi Greci chiamano "συλλογιστική γαμημένο σκυλί".


Ciao Elsire,


Il ragionamento apodittico è il "dimostrativo", quello anapodittico è "argomentativo".

Il paradosso è che ciò che è alla base, il principio primo, delle premesse del ragionamento dimostrativo o apodittico che è deduttivo e che attraverso il procedimento inferenziale di una premessa vera porta necessariamente a conclusioni vere....è argomentativo e anapodittico.

paul11 is offline  
Vecchio 02-04-2015, 09.12.04   #3
elsire
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Riferimento: Apodittico E Anapodittico

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Originalmente inviato da paul11
Ciao Elsire,


Il ragionamento apodittico è il "dimostrativo", quello anapodittico è "argomentativo".

Il paradosso è che ciò che è alla base, il principio primo, delle premesse del ragionamento dimostrativo o apodittico che è deduttivo e che attraverso il procedimento inferenziale di una premessa vera porta necessariamente a conclusioni vere....è argomentativo e anapodittico.


Mi sembra che "anapodittici" non siano i "ragionamenti", bensì i semplici "postulati autoevidenti" (ad es., in principio di non contraddizione), sui quali si possono, poi, costruire i ragionamenti (argomentativi o dimostrativi).
Almeno, così mi pare.
elsire is offline  
Vecchio 03-04-2015, 22.38.29   #4
paul11
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Riferimento: Apodittico E Anapodittico

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Originalmente inviato da elsire
Mi sembra che "anapodittici" non siano i "ragionamenti", bensì i semplici "postulati autoevidenti" (ad es., in principio di non contraddizione), sui quali si possono, poi, costruire i ragionamenti (argomentativi o dimostrativi).
Almeno, così mi pare.

Un postulato, un enunciato, un assioma, sono forme definite all'interno del linguaggio logico e la logica è il tentativo di razionalizzare un ragionamento, ma sempre di ragione e del suo svolgersi, cioè del pensiero che attraverso un linguaggio cerca di definire.
Troppi indicano come postulato ,una proposizione, ma rischiano di confondere in termini tecnici.
Perchè la logica predicativa è nata da Aristotele che utilizza i tre principi per regolare il ragionamento e con i primi quantificatori (ogni, tutto,ecc.)attraverso il sillogismo che è una prima forma di ragionamento inferenziale (se.....allora, premesse-conclusione) come tu stesso hai esplicato, la logica proposizionale ( ecco perchè tecnicamnte l'uso comune di proposizione può confondere) nasce con i connettivi logici nella scuola della Stoà greca,cioè gli stoici.

Nel libro quarto o quinto, non ricordo bene quale, della Metafisica di Aristotele, questi dimostra e quindi apoditticamente, il principio del terzo escluso grazie al principio di non contradizione. ma quando si tratta di dimostrare il principio di non contraddzione....lo argomenta.
E' autoevidente? Io dico di no .E' un principio regolativo per lo svolgimento di un pensiero: è un'invenzione prima di essere un oggetto, quanto lo è l'addizione o le proprietà distributive e commutative aritmetiche .Forse nessun principio primo è autoevidente, perchè la semplice ragione che viene ordinata nella logica, non potendolo spiegare sfugge dalla sua premessa, l'intuito che ha a che fare con una coscienza che a sua volta ha a che fare con un cervello analogico al fenomenico .
Quì c'è la premessa di qualunque invenzione umana.
Un animale può contraddirsi, così come un sasso?
No, solo chi presenta una proprietà intellettiva regolata e ordinata secondo costruzioni che chiamiamo logica, con la premessa di una capacità di pensiero. La logica è un arteficio, straordinariamente congeniato e splendidamente funzionale, ma con controindicazioni.
Da tutto ciò ne conseguono e ne derivano parecchie altre considerazioni su ciò che ha partorito la ragione umana.
..............o mi sbaglio? (Preferisco lasciare una porta aperta . perchè se nasce la logica è perchè è fallibile il ragionamento e perchè è fallibile l'uomo, quindi non sono nemmeno certo di quello che scrivo)
paul11 is offline  
Vecchio 04-04-2015, 08.58.43   #5
maral
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Riferimento: Apodittico E Anapodittico

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Originalmente inviato da paul11
Nel libro quarto o quinto, non ricordo bene quale, della Metafisica di Aristotele, questi dimostra e quindi apoditticamente, il principio del terzo escluso grazie al principio di non contradizione. ma quando si tratta di dimostrare il principio di non contraddzione....lo argomenta.
E' autoevidente? Io dico di no
Così come il principio del terzo escluso viene dimostrato dal principio di non contraddizione, possiamo considerare il principio di non contraddizione apoditticamente deducibile da un principio di identità anapodittico? ossia:
se A è A, allora (non A) non è A
e quel se è condizione necessaria e sufficiente la reversibilità della preposizione per cui è parimenti vero che:
se (non A) non è A, allora A è A ?
In tal caso principio di identità e principio di non contraddizione si fonderebbero reciprocamente l'uno nell'altro e l'autoevidenza della logica si troverebbe logicamente dimostrata.
Ma è chiaro che il problema non può considerarsi risolto impostandolo solo in termini logici (per quanto sia necessaria questa soluzione per evitare che il dire argomentativo perda di qualsiasi senso), ma necessita anche di una soluzione fenomenologica (esiste pur sempre una necessità fenomenologica della stessa logica che dovrà comunque mostrarsi nella sua evidenza!) e qui le cose si fanno complicate, poiché ciò che fenomenologicamente ci appare è proprio il continuo contraddirsi del percepito e solo la contraddizione tra A e (non A) consente di apparire a qualcosa (Q) che li comprende entrambi, a sua volta necessariamente contraddicibile da qualcos'altro (non Q).
Ma il punto è quando questo (Q) è la totalità (dunque l'assoluto) cosa potrà mai contraddirla per consentirle di apparire? Come può allora la totalità (l'assoluto) non essere autocontraddittoria, pena il suo non essere totalità nel momento stesso in cui pretende di esserlo senza contraddirsi?
maral is offline  
Vecchio 04-04-2015, 17.07.33   #6
sgiombo
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Riferimento: Apodittico E Anapodittico

paul11:
Nel libro quarto o quinto, non ricordo bene quale, della Metafisica di Aristotele, questi dimostra e quindi apoditticamente, il principio del terzo escluso grazie al principio di non contradizione. ma quando si tratta di dimostrare il principio di non contraddzione....lo argomenta.
E' autoevidente? Io dico di no.

Maral:
Così come il principio del terzo escluso viene dimostrato dal principio di non contraddizione, possiamo considerare il principio di non contraddizione apoditticamente deducibile da un principio di identità anapodittico? ossia:
se A è A, allora (non A) non è A
e quel se è condizione necessaria e sufficiente la reversibilità della preposizione per cui è parimenti vero che:
se (non A) non è A, allora A è A ?
In tal caso principio di identità e principio di non contraddizione si fonderebbero reciprocamente l'uno nell'altro e l'autoevidenza della logica si troverebbe logicamente dimostrata.

Sgiombo:
Per me semplicemente il principio di non contraddizone é implicito nelle definizioni di "essere" e di "non essere" (ovvero in quella di "negazione"): vige perché così si é stabilito definendo (arbitrariamente) i concetti di "essere" e "non essere" (ovvero di "negazione"); se si pretende di scrivere o parlare di ciò che é e/o di ciò che non é violandolo non si dice nulla di sensato ma ci si limita a disegnare scarabocchi (costituiti da sequenze insignificanti di caratteri tipografici) o ad emettere vocalizzi insignificanti (come "trallallerollerollà").




Maral:
Ma è chiaro che il problema non può considerarsi risolto impostandolo solo in termini logici (per quanto sia necessaria questa soluzione per evitare che il dire argomentativo perda di qualsiasi senso), ma necessita anche di una soluzione fenomenologica (esiste pur sempre una necessità fenomenologica della stessa logica che dovrà comunque mostrarsi nella sua evidenza!) e qui le cose si fanno complicate, poiché ciò che fenomenologicamente ci appare è proprio il continuo contraddirsi del percepito e solo la contraddizione tra A e (non A) consente di apparire a qualcosa (Q) che li comprende entrambi, a sua volta necessariamente contraddicibile da qualcos'altro (non Q).
Ma il punto è quando questo (Q) è la totalità (dunque l'assoluto) cosa potrà mai contraddirla per consentirle di apparire? Come può allora la totalità (l'assoluto) non essere autocontraddittoria, pena il suo non essere totalità nel momento stesso in cui pretende di esserlo senza contraddirsi?

Sgiombo:
A me il problema pare puramente e semplicemente logico: il principio vale -in quanto regola arbitrariamente stabilita del corretto, sensato parlare- come che sia e/o divenga (del tutto indipendentemente da come é e/o diviene) la realtà: vigerebbe (perché così si é stabilito nel definire "essere" e "non essere", ovvero "negazione") se non ci fosse nulla, esattamente come se ci fosse una realtà "parmenidea" (fissa, immutabile e perfettamente uniforme-indistinguibile in parti reciprocamente diverse e/o distinte), esattamente come se ci fosse una realtà disordinatamente (ovvero integralmente-assolutamente) varia spazialmente e fissa cronologicamente, esattamente come se essa fosse ordinatamente (ovvero parzialmente-relativamente) varia spazialmente e fissa cronologicamente, esattamente come se fosse in mutamento integrale-assoluto ovvero caotico, esattamente come se fosse in mutamento parziale-relativo ovvero ordinato secondo modalità o leggi universali e costanti astraibili (da parte del pensiero) dai particolari concreti e mutevoli, ecc., ecc., ecc.

Secondo me fenomenologicamente non appare nessuna contraddizione (che può essere propria del pensiero linguistico, del discorso circa ciò che é e/o non é e non di ciò che é e/o non é realmente: ha senso dire che affermare "esiste A e non esiste A" é una contraddizione; ma se esiste -o se non esiste- realmente A, allora semplicemente questo é un fatto e non un' affermazione: non dice o pretende di dire -coerentemente, sensatamente, oppure rispettivamente autocontraddittoriamente, insensatamente- alcunché, bensì semplicemente accade).
A questo proposito (del pensiero, del discorso) certamente "omnis detrminatio est negatio [ma non: contraddictio", NdR]" (Spinoza).

Secondo me non la contraddizione, bensì la distinzione (la negazione spinoziana) tra A e (non A) consente non l' apparire di bensì il pensare a (il parlare di; eventualmente il conoscere) qualcosa (Q) che li comprende entrambi, a sua volta necessariamente non contraddicibile bensì distinguibile da qualcos'altro (non Q).

E proprio perché "omnis determinatio est negatio", cioé tutto ciò che si può pensare (eventualmente conoscere, sapere), di cui si può effettivamente, sensatamente parlare é relativo a qualcos' altro (di diverso, che lo nega; non necessariamente lo contraddice) si può parlare (anche) di totalità (del reale, di ciò che é o accade) unicamente in senso relativo (relativamente all' essere nulla, al non essere (di ciò che non é o accade); nulla parimenti inteso come non assoluto bensì relativo al tutto reale (paradossalmente potremmo dire che se anche qualcosa di assoluto fosse reale, accadesse realmente -o meno- comunque non se ne potrebbe dire, pensare, sapere alcunché: sarebbe l' indicibile, l' impensabile, l' inconoscibile, un po' come la teologia negativa dello pseudo- Dionigi l' Aeropagita).

Ultima modifica di sgiombo : 04-04-2015 alle ore 20.55.58.
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Vecchio 05-04-2015, 06.25.12   #7
elsire
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Riferimento: Apodittico E Anapodittico

[quote=paul11]Un postulato, un enunciato, un assioma, sono forme definite all'interno del linguaggio logico e la logica è il tentativo di razionalizzare un ragionamento, ma sempre di ragione e del suo svolgersi, cioè del pensiero che attraverso un linguaggio cerca di definire.
Troppi indicano come postulato ,una proposizione, ma rischiano di confondere in termini tecnici.
Perchè la logica predicativa è nata da Aristotele che utilizza i tre principi per regolare il ragionamento e con i primi quantificatori (ogni, tutto,ecc.)attraverso il sillogismo che è una prima forma di ragionamento inferenziale (se.....allora, premesse-conclusione) come tu stesso hai esplicato, la logica proposizionale ( ecco perchè tecnicamnte l'uso comune di proposizione può confondere) nasce con i connettivi logici nella scuola della Stoà greca,cioè gli stoici.

Io mi ero limitato soltanto ad una precisazione "semantica" dei termini, che, nel "Dizionario", non mi sembravano riportati con esattezza.
Quanto alla "sintassi" con cui gli esseri umani esprimono il loro pensiero, fondamentalmente, essa scaturisce dalle reti neurali delle aree di Broca e di Wernicke...per cui (presumo), essa era originariamente predisposta ai fini della sopravvivenza biologica dell'individuo.
Come, infatti, rifletteva tra sè e sè, il vecchio capo tribù Cromagnon: "Ho notato che quando il sole non c'è...vuol dire che non c'è. Non mi è mai capitato di vedere un sole che contemporaneamente c'è e non c'è!".
E, poi, facendo un primo conato dimostrativo, era pure solito ammonire i più giovani: "Ho notato che le tigri hanno l'abitudine di divorare gli uomini. Noi siamo uomini. Perciò è meglio che cerchiamo di evitare le tigri!"
elsire is offline  
Vecchio 05-04-2015, 18.23.12   #8
paul11
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Riferimento: Apodittico E Anapodittico

[quote=elsire]
Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Un postulato, un enunciato, un assioma, sono forme definite all'interno del linguaggio logico e la logica è il tentativo di razionalizzare un ragionamento, ma sempre di ragione e del suo svolgersi, cioè del pensiero che attraverso un linguaggio cerca di definire.
Troppi indicano come postulato ,una proposizione, ma rischiano di confondere in termini tecnici.
Perchè la logica predicativa è nata da Aristotele che utilizza i tre principi per regolare il ragionamento e con i primi quantificatori (ogni, tutto,ecc.)attraverso il sillogismo che è una prima forma di ragionamento inferenziale (se.....allora, premesse-conclusione) come tu stesso hai esplicato, la logica proposizionale ( ecco perchè tecnicamnte l'uso comune di proposizione può confondere) nasce con i connettivi logici nella scuola della Stoà greca,cioè gli stoici.

Io mi ero limitato soltanto ad una precisazione "semantica" dei termini, che, nel "Dizionario", non mi sembravano riportati con esattezza.
Quanto alla "sintassi" con cui gli esseri umani esprimono il loro pensiero, fondamentalmente, essa scaturisce dalle reti neurali delle aree di Broca e di Wernicke...per cui (presumo), essa era originariamente predisposta ai fini della sopravvivenza biologica dell'individuo.
Come, infatti, rifletteva tra sè e sè, il vecchio capo tribù Cromagnon: "Ho notato che quando il sole non c'è...vuol dire che non c'è. Non mi è mai capitato di vedere un sole che contemporaneamente c'è e non c'è!".
E, poi, facendo un primo conato dimostrativo, era pure solito ammonire i più giovani: "Ho notato che le tigri hanno l'abitudine di divorare gli uomini. Noi siamo uomini. Perciò è meglio che cerchiamo di evitare le tigri!"

Ciao elsire,
sono d'accordo con te.
Il pensiero nel cervello ha a che fare con le aree linguistiche del cervello .
Ho solo esteso ciò che tu ha espresso nel primo post, fra dimostrazione e argomentazione logica, perchè a mio parere prima c'è un'intuizione e poi avvengono le deduzioni e quindi le logiche. In altre parole la dimostrazione nasce sempre da un argomentazione.La costruzione logica avviene al contrario.
Un teorema nasce dallo sviluppo di assiomi. Ma in realtà ad esempio un Euclide, prima pensa ad un triangolo astrattamente, poi lo disegna, lo osserva e fa calcoli e quando vede che alcuni triangoli sono relazionabili nelle identità e diversità costruisce gli assiomi per il teorema, che varranno per una tipologia di triangoli.
Noi invece studiamo il teorema e poi le dimostrazioni ed eventualmente gli assiomi di partenza con le definizioni.
Così spesso perdiamo di vista il pensiero che "costruisce"e ci impartiscono il nozionismo scolastico come un piatto pronto,come un dato di fatto piovuto chissà da dove.
paul11 is offline  

 



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