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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
16-12-2014, 09.48.26 | #6 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 06-10-2014
Messaggi: 49
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Riferimento: La complessità del dialogo
Credo che i diversi punti di vista tra il mio "tecnicismo" e le chiare esposizioni di Maral e Paul11 possano ricondursi al diverso significato tra dialettica e dialogo.
In ogni caso penso che la diversità di opinioni nel dialogo sia alla base della crescita individuale. |
16-12-2014, 20.18.52 | #7 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 23-11-2014
Messaggi: 168
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Riferimento: La complessità del dialogo
Ricordo che uno scrittore, diventò famoso non per il libro scritto, ma per una frase detta, alla domanda di cosa parla il libro, lui rispose semplicemente, dipende da chi lo legge, cio significa che oltre il significato in sé di una parola o frase, c'è sempre il fattore della libera interpretazione, interpretazione che si basa soprattutto su esperienze di vita vissuta passata e stati d'animo presenti al momento, leggere un libro d'amore quando si è innamorati non ha lo stesso significato di quando non si è innamorati, lo stesso avviene col dialogo verbale, il dialogo e fatto di parole con significati precisi, ma percepiti dall'interlocutore con significati diversi, ci sono troppi fattori che intervengono durante un colloqui, la gestualità, il calcare alcune parole, ecc, che vanno oltre il significato stesso della parola, quindi come tutto il resto anche il dialogo è relativo solo all'interlocutore.. e chi espone un dialogo deve essere consapevole di ciò. .
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20-12-2014, 22.33.20 | #8 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 06-10-2014
Messaggi: 49
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Riferimento: La complessità del dialogo
Citazione:
Ritorno sull'argomento nel tentativo di riuscire ad avere un dialogo con chi lo riterra utile. Forse, come giustamente suggerisce maral, per definire un significato al dialogo bisogna partire dal definire il suo scopo. E per me, in continuazione di quanto espresso nel mio primo intervento, lo scopo del dialogo non è quello di esprimere una verità per farla comprendere ad un'altra persona, ma esprimere il proprio pensiero senza malintesi per confrontarlo con quello della persona con cui si dialoga (confronto con comprensione del significato delle parole, anche se non condiviso); una volta raggiunta la reciproca comprensione, il dialogo può considerarsi concluso ed eventualmente trasformarsi in un discorso etico. Altro possibile scopo del dialogo (che non è quello che ho inteso nel mio primo intervento) può essere a mio avviso quello di ricercare di convincere l'interlocutore sulla propria idea che viene presuntuosamente considerata vera; e qui interviene l'arte oratoria e/o poetica che può riuscire a convincere o che permette di continuare piacevolmente all'infinito una discussione senza giungere a conclusioni. Dialogare, per me, e ben diverso dal discutere e nella maggioranza dei casi il dialogo viene inteso come discussione, nella quale più o meno consapevolmente si introducono idee precostituite. |
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21-12-2014, 19.27.03 | #9 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 31-01-2005
Messaggi: 20
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Riferimento: La complessità del dialogo
Citazione:
Non è solo la mancanza di volontà dovuta a un particolare attaccamento alle proprie opinioni, ma un comportamento talmente connaturato al nostro modo (socialmente indotto) di essere, che spesso non ci rendiamo conto che ci stiamo difendendo piuttosto che confrontarci. Del resto, tutta la nostra civiltà è basata sulla competizione, e la collaborazione è prevalemtemente coatta, ossia consiste nella maggior parte dei casi nell'obbedire a qualcuno. In un onesto scambio di opinioni, volto ad ampliare i propri orizzonti confrontandoli con altri punti di vista, sono di grande utilità, a mio avviso, due "punti di vista" o "concetti guida"; quello di esperienza e quello di informazione. Ho provato in altre discussioni di questo forum a portare il dialogo in questa direzione, devo dire finora con ben scarso successo. Il vantaggio di questa impostazione è che ci si ancora a qualcosa di (in qualche modo) tangibile, e comunque, in genere, facilmente comunicabile. Finché si resta nel mondo delle idee, dei concetti astratti, non esiste, a mio avviso la benché minima possibilità di arrivare a qualcosa che possa essere considerato, anche approssimativamente, "oggettivo", se non per volontario accordo dei dialoganti, dovuto ad affinità intellettuale. E risulta ben difficile comprendere (anche impegnandosi, il che in genere non accade) il punto di vista altrui. Quello che può essere considerato oggettivo, dato (o comunque soggettivamente individuabile) è il modo in cui ognuno di noi vive un concetto, ossia l'impatto che questo concetto ha sulla sua coscienza, il flusso di informazioni, attivo e passivo che questo concetto determina, le conseguenze che questo concetto, opinione, credenza ha sul nostro modo di essere e sul nostro comportamento. Di particolare utilità, nello scambio di idee, è spiegare come si è arrivati a quell'idea, che sentiero abbiamo percorso per arrivare a dire, per esempio, che esiste un Dio, o che non esiste, o che esiste (o no) l'assoluto o l'infinito. Per far questo, in genere dobbiamo seguire un percorso mnemonico-logico a ritroso, fatto non solo di concetti, ma di esperienze di vita, sentimenti, vaghe intuizioni, fino ad arrivare a quei principi e valori fondamentali che accettiamo come postulati, per cui non è possibile fornire nessuna "dimostrazione". Così facendo individuiamo i punti dove i rapporti tra un passo e un altro sono poco saldi, formati magari da vaghe associazioni piuttosto che evidenze logiche. Inoltre riusciamo a capire se la differenza di opinioni consiste nel partire da principi e valori base differenti, oppure nel seguire percorsi differenti a partire dagli stessi principi e valori. Questo è, secondo me, un punto importante, perché, mentre sulla differenza di valori base c'è solo da prenderne atto (o tutt'al più da raccontare le esperienze che ci hanno portato a far nostri quei principi e valori), nel confrontare percorsi diversi si possono scoprire errori logici o possibilità che non avevamo considerato. |
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22-12-2014, 21.51.47 | #10 | |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
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Riferimento: La complessità del dialogo
Citazione:
Per questo comunque la comunicazione, anche quella più volta alla comprensione, vive sempre anche di una certa retorica che, nota bene, può utilizzare il sillogismo logico quanto l'immagine poetica per convincere nell'un caso facendo appello (a volte ingannando, altre no) all'intelletto o all'emozione. Di per sé né il linguaggio logico né quello poetico implicano suggestioni. L'immagine poetica se autentica non ha assolutamente come scopo il convincere, ma quello di una risonanza di sentimento, esattamente come la logica ha come scopo una condivisione degli intelletti, ma entrambe possono sicuramente essere usate per convincere a seconda delle intenzioni di chi parla, intenzioni di cui spesso nemmeno lui è cosciente. Per questo a mio avviso perseguire la chiarezza per confrontare le proprie idee deve tenere conto che l'assoluta chiarezza non solo è irraggiungibile, ma pure, proprio per il suo carattere illusorio, è negativa e che la vera comprensione non è limitabile al puro oggetto di cui si parla ne è realizzabile con rimandi definitori che, anche se talvolta utili, lasciano spesso il tempo che trovano ai fini di una comprensione effettiva dei discorsi che si fanno. una comprensione che non può limitarsi a una pura lettura definitoria di segni, poiché le parole non sono semplici segni, ma simboli che vivono di tutti i loro simbolismi ambigui. Spero che la mia risposta, sia pure dettata di miei pre-giudizi, sia almeno un po' pertinente all'argomentazione che hai voluto introdurre, ben cosciente che non potrà mai esserlo completamente, ma sento che solo così la reciproca comprensione si può via via manifestare per quello che è: una continua ricerca di intendersi, un volersi intendere rispettando reciprocamente il modo diverso che ha ciascuno di sentire le cose che le definizioni non bastano certo a chiarire. |
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