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20-10-2014, 12.52.20 | #52 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Che cose significano le parole?
Citazione:
Eravamo arrivati a dire che le parole sono logicamente classi familiari che si intendono (significano) nel contesto. Perchè vi è un disappore così aspro tra europei e americani? molto semplice: agli americani non interessa il contesto storico, ma la logica che lo sottende, e in che maniera possiamo parlarne, dall'etica alla logica il contesto è assai diverso e se ne parla sempre in generale. Infatti il problema di Chomsky è da sempre il con-testo. Non nel senso che il "con" sia una struttura che fa derivare un testo, ma quanto il fatto che non capisca è che la stessa stuttura è un testo (la sua ipotetica struttura). Il vero "con" è di nuovo il percepito, il verosimile, l'indicato ossia tutto ciò che è fenomeno, ed è fenomeno all'interno di una Storia. Che il fenomeno sia la descrizione dell'apertura questo agli americani sembra non interessare, così raccolti nel loro imperialismo culturale, così ciechi ai loro stessi deliri.(infatti la poltica è della guerra non certo dell'accademia filosofica). Più interessante è perchè interessi a noi. Ho fatto la follia di iscrivermi all'università, e seguo i corsi di logica: voglio capire veramente di cosa stiamo parlando. Pur essendo all'inizio, i professori chiaramente hanno esplicitato che tutta la logica è quella metafisica che pretende di non essere tale. Di fatto ogni logica presuppone che tu indichi di cosa stai parlando, a cosa ti riferisci. Ossia ci deve sempre essere un sistema di riferimento (un contesto). In questo senso la logica diventa quella scienza che si occupa di legiferare sulle proprietà e le relazioni tra le parole, ossia sui significanti. Non che non sia interessante, anzi è parecchio complicato, ma rimane il fatto è che non si occupa del contesto. Peirce distingueva il significato di una parola tra descrizione e connotazione, la prima era una mera descrizione (somiglianza) della percezione di un dato, la seconda era la descrizione della medesima cosa ad un livello culturale, e cioè come conseguenza di un passaggio storico di idee. La metafisica a cui mi riferivo nel precedente intervento è ovviamente l'interrogarsi sul signficato storico delle parole e della loro semantica. Il mio intento è quello di trovare una metafisica ad hoc per me. Ma possiamo anche passare a posizioni ancora più radicali, come quelle di Heideger. Il primo si interroga sul significato stesso del dare significato ad una cosa, per dare significato per Heideger si entra nella storia, nel mondo come dice lui. La semantica non dice nulla di quel mondo, e di quella storia. Non esiste struttura nemmeno, in quanto il mondo si da solo come così e così, ossia particolarmente, necessariamente. Eppure anche in Heideger vi è un bisogno rigoroso di distinguere quel punto di vista che si da sul mondo come punto di vista di quel mondo. E' il famoso volo d'aquila nicciano, o la teoria segnica siniana (prof. sini). Ossia la visione d'insieme. Non c'è dunque da stupirsi se gli americani abbiamo questa necessità, l'origine il fondamento è direi una prerogativa della psiche umana. Il punto è l''interrogazione che si fa, Heideger sfida la logica sul fatto che mai nessuna logica si è interrogata su quella originarietà, ma di fatto l'ha sempre e solo postulata. In questo senso la logica non pensa, e le loro vuote considerazioni non significano nulla se non esattamente quello che significano (manca totalmente il significato originario che si da come storia). |
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20-10-2014, 19.11.46 | #53 |
Ospite abituale
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Riferimento: Che cose significano le parole?
Maral:
Sgiombo, a mio avviso non si può tirare in ballo il tempo per superare la contraddizione del dire che A diventa B. Il concetto di tempo è una conseguenza del mutamento (del trascorrere delle cose), non il contrario. Se il divenire è contraddizione ontologica è contraddizione pure il tempo che vuole spiegarlo in quanto la dimensione temporale si limita a rappresentarlo in termini astratti, ma significa la stessa cosa. Con questo, anche per rispondere a Patrizia non sto dicendo che l'apparire del mutamento non ci sia, il mutamento appare costantemente e riguarda ogni cosa del mondo e il suo apparire è vero, ma il suo apparire e non il suo essere come tale. Poiché il suo essere è contraddizione dell'identità di ogni cosa a se stessa. L'identità ontologica di Sgiombo a se stesso non può mutare se Sgiombo è solo e unicamente Sgiombo e non altro, qualsiasi cosa sia Sgiombo esso è presente interamente in ogni istante del suo apparire. Questo è un principio ontologico generalissimo, non gnoseologico, non riguarda ciò che possiamo o meno conoscere di Sgiombo, Ciò che possiamo conoscere è ciò che ci appare e ci appare il suo mutare che è contraddizione. Sgiombo: Infatti il il mutamento (di cui il tempo è un aspetto astratto; astraibile da altri), il fatto (o meglio: il dire il fatto) che A diventa B non è una contraddizione (dunque il fatto non è impossibile). Sarebbe una contraddizione il dire che A è (notare il tempo presente della copula!) B o che B è (a-ri-notare il tempo presente) B. Non lo è il dire che (ciò che al tempo presente è) A sarà (tempo futuro) o era (tempo passato) B né che (ciò che al tempo presente è) B era (tempo passato) o sarà (tempo futuro) A. L’ affermazione “il mutamento appare costantemente e riguarda ogni cosa del mondo e il suo apparire è vero, ma il suo apparire e non il suo essere come tale. Poiché il suo essere è contraddizione dell'identità di ogni cosa a se stessa” mi sembra solo un modo cervellotico per dire ciò che anche gli altri generalmente sostengono in quanto palesemente presente all' esperienza, e cioè che accade realmente il divenire (“il mutamento appare costantemente e riguarda ogni cosa del mondo e il suo apparire è vero” che altro significa?) arrampicandosi dialetticamente sugli specchi per salvare ad ogni costo il preconcetto della contraddittorietà logica del concetto (ovvero dell’ impossibilità ontologica del fatto) del divenire (“ma il suo apparire e non il suo essere come tale. Poiché il suo essere è contraddizione dell'identità di ogni cosa a se stessa”). Ciò che tu chiami “apparire” mi sembra perfettamente coincidente con (traducibile in) ciò che generalmente si intende come “accadere realmente”. E ciò che chiami “essere come tale (ontologicamente)” non si capisce cosa possa significare, al di là della reiterazione del pre-giudizio della fissità. L’ essere come tale del divenire non è affatto contraddittorio: lo sarebbe casomai la pretesa dell’ essere della stessa cosa (per esempio A) allo stesso tempo anche un’ altra diversa cosa (per esempio B). Io (Sgiombo) muto (purtroppo o forse per fortuna non sono eterno e immutabile): questo è un fatto reale (anche se tu lo chiami “apparenza”); e dunque il concetto del mio mutare, come qualsiasi concetto di (riferentesi a) qualsiasi fatto reale (ma credo anche qualsaisi concetto di fatto apparente. Realmente apparente) non può essere contraddittorio. Lo Sgiombo bambino di mezzo secolo fa non è affatto identico allo Sgiombo anziano di oggi e viceversa. E se lo Sgiombo bambino, col passare del tempo è realmente diventato lo Sgiombo vecchio, come infatti lo è diventato, allora il concetto esprimente questo fatto (“invecchiamento di Sgiombo”) non può essere contraddittorio (lo sarebbe casomai uno pseudo-concetto che pretendesse di esprimere questo fatto e il suo contrario, come “invecchiamento e non invecchiamento di Sgiombo”). Maral: Sì, possiamo conoscere solo ciò che appare e appare sempre in modo diverso e il nostro conoscerlo esprime il nostro volerlo trattenere presso di noi. Ma questo non incide minimamente sulla realtà ontologica dell'ente che è sempre l'intera totalità che è in base al principio di identità, intera totalità che non puòcome tale apparire e di questo abbiamo già a lungo discusso, quindi non vado oltre. Se poi si vuole sostenere, come altri fanno notare, che il principio di identità riguardi solo il linguaggio e non la realtà delle cose può anche essere, ma in tal caso non potremmo che concludere che qualsiasi cosa diciamo è solo mistificazione linguistica ed equivale a non dire niente, poiché non vi è entità senza identità. Sgiombo: No, guarda che io conosco tantissime cose e persone (per esempio Matteo Renzi, Giorgio Napolitano, le scipite ministre renziane, Del Rio, Poletti, Padon, Obama, Kerry, Draghi, Merkel, Soros e chi più ne ha più ne metta) che non vorrei affatto trattenere presso di noi (anzi, non posso dire che cosa farei loro perché verrebbe sicuramente censurato; dico solo che mi atterrei fedelmente all’ esempio del mio amato maestro Iosip Vissarionovic Zugasvili detto Stalin). Che non ci possa apparire di fatto tutto ciò che è mi sembra ovvio dati i nostri evidenti limiti umani, ma ciò non nega affatto il suo divenire. L’ ultima tua affermazione (“Se poi si vuole sostenere, come altri fanno notare, che il principio di identità riguardi solo il linguaggio e non la realtà delle cose può anche essere, ma in tal caso non potremmo che concludere che qualsiasi cosa diciamo è solo mistificazione linguistica ed equivale a non dire niente, poiché non vi è entità senza identità”) mi sembra esprimere benissimo le critiche che muovo a te, cioè che con la tua reiterata affermazione del principio di identità – non contraddizione, lungi dal negare la realtà del divenire, non fai che ripetere delle tautologie, il che equivale a non dire niente. |
20-10-2014, 21.14.35 | #54 | |
Nuovo ospite
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Riferimento: Che cose significano le parole?
Citazione:
Condivido! In verità ho molto apprezzato un fluire di confronti molto articolato, stimolante e corretto, da parte di tutti, un bel dialogare davvero. Di Maral sono stata lettrice ed estimatrice altrove e lo apprezzo moltissimo, anche perché - fra le altre cose - ha il grande pregio di prestarsi alla conversazione anche con i non addetti ai lavori, è sempre inclusivo e mai esclusivo, e anche per tante altre qualità, che vedo peraltro in tutto il bel gruppo di discussione. Feedback, interessantissimi tutti quelli che hanno risposto al mio ultimo. Già non è facile in sé stare sul tema linguaggio senza includere altri argomenti, perciò non vorrei, rispondendo, ulteriormente riallontanare dal tema centrale. Purtroppo le parole e il linguaggio dicono le cose e non è facile scinderle dalle cose stesse cui si riferiscono. Direi che questo tema è davvero un bell'esercizio. Sicuramente comunque gli altri temi toccati ritorneranno altrove e sarò felice di riprenderli. Mi limito solo a una brevissima replica a Maral, per poi reinserirmi eventualmente nel flusso ritornando più vicina al tema. Patrizia Il fatto che esista una realtà indipendente dal percipiente. Maral Sono perfettamente d'accordo e quindi occorre anche dire che se è così questo implica che esiste una realtà indipendente dal percepito. Sei d'accordo? Si sono d'accordo. E' interessantissima anche l'osservazione che vi ha inserito sgiombio (se ho ben capito cosa intendesse), ovvero, siamo d'accordo in due, e forse più, eppure c'è la questione della dimostrabilità/indimostrabilità o perlomeno difficoltà di dimostrazione, e c'è quell'espressione appunto usata da sgiombio: "come credo per fede", fede che però forse riguarda altrettanto bene anche la posizione filosofica che a questa si oppone. Sono nuova qui e non so quanto abbiate già trattato quali temi e quanto già vi conoscete, nei prossimi giorni forse sono un po' impegnata, magari più in là se volete si può aprire un nuovo topic su realtà, percipiente, percepito, un po' largo dove si possa spaziare molto senza doversi reprimere troppo per stare in topic, e ci torniamo, volentierissimo per me. (edit: anche il dialogo sulla trascendenza caro a green merita uno spazio dedicato) Ultima modifica di Patrizia Mura : 21-10-2014 alle ore 10.37.54. |
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21-10-2014, 22.31.09 | #55 | |
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Riferimento: Che cose significano le parole?
Citazione:
Sgiombo riprenderò le questioni che poni su cosa permane o no nel mutamento dell'ente e se questo consente di attribuirgli un'identità temporale univoca, ma se mi consenti non qui che finiremmo ancora con il ripeterci all'infinito senza comprenderci. Vorrei provare a impostare la questione in un modo diverso partendo da un testo non severiniano, che sto leggendo, ma che presenta il tema in modo puramente analitico ("parole, oggetti, eventi" di Varzi), ma per farlo mi occorre finire il testo e aprire un thread specifico, abbi pazienza. Patrizia Mura bene, possiamo allora concludere che per implicazione logica se esiste una realtà indipendentemente dal percipiente allora esiste una realtà indipendente dal percepito (essendo il percepito solo risultato dell'atto di percepire del percipiente). Mi chiedo se Sgiombo si sia accorto della conclusione a cui siamo arrivati, perché allora mi pare diventi piuttosto problematico sostenere che esse est percipi. Ma anche qui finiremmo con l'andare fuori tema. |
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22-10-2014, 11.56.08 | #56 | |
weird dreams
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Riferimento: Che cose significano le parole?
Citazione:
Non ho seguito la discussione, leggerò in seguito ...oppure mi fareste un riassuntino dei punti salienti emersi? Nel frattempo dò la mia risposta. Le parole significano l'esperienza; ne sono l'espressione. Un'espressione astratta* e versatile che funge da guida per nuova esperienza. L'esperienza del dialogo è comunicazione: convergenza e contatto tra le esperienze di/da diversi punti di vista. *E' interessante riflettere su come, da bambini, si impara l'uso del linguaggio: lo impariamo per associazioni di senso. Il bambino guarda una cosa, la mamma la indica ed emette un suono (articolato e particolare che può essere ben identificato e distinto da altre successioni fonetiche) ...ed ecco una prima associazione sensoriale: il bambino assocerà alla sensazione visiva (o aspetto visivo) dell'oggetto della sua esperienza una sensazione sonora**. Con il ripetersi di questa concomitanza si rafforzerà l'associazione, così la sensazione sonora della parola pronunciata rievocherà tutte le sensazioni provate*** di fronte all'oggetto, anche in sua assenza: esso verrà in mente, ne emergerà il ricordo. E quando il legame tra la sensazione sonora additiva 'del verbo' e le sensazioni indotte direttamente dall'oggetto sarà abbastanza forte, allora si potrà dire che il bambino avrà acquisito un concetto ...il quale poi si estenderà a vari casi. **Probabilmente le prime parole erano onomatopeiche, immagino imitazioni di versi di animali, per indicare l'animale in questione. ***Ma in particolare la sensazione visiva che in noi è dominante. Quanto alla 'verità' io direi che un'espressione è 'vera' nella misura in cui è adatta a rievocare l'esperienza da cui essa stessa (espressione) emerge essendone una elaborazione (e nello specifico una elaborazione fatta apposta per indicare l'esperienza originale). Ultima modifica di z4nz4r0 : 22-10-2014 alle ore 14.50.37. |
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26-10-2014, 16.25.45 | #57 | |
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Riferimento: Che cose significano le parole?
Citazione:
Ho letto anch' io il libro di Achille Varzi (qualche anno fa, naturalmente con la necessaria -certamente non poca!- attenzione; ma non l' ho "studiato": non sarei in grado di sostenere una discussione dettagliata su di esso, se non rileggendolo; cosa che non avrei intenzione di fare). L’ impressione generale che ne ho tratto è che l’ autore espone i vari modi di intendere gli oggetti (e per la verità anche gli eventi) e di parlarne che sono propri delle diverse metafisiche “correnti”, evidenziando i pregi e soprattutto i limiti di ciascuno di essi, ma senza sceglierne uno come adeguato, o per lo meno come il più adeguato (in assoluto; ma casomai solo relativamente a determinati aspetti della questione metafisica) per il fatto (da lui mai esplicitamente affermato: interpretazione del tutto mia personale!) che la realtà non è fatta di “enti” assoluti e immutabili, ma invece diviene: divenire della realtà nel quale si possono considerare (reciprocamente distinguere), non secondo un criterio unico, assoluto, necessario ma invece in base a diversi possibili criteri relativi e reciprocamente alternativi, diversi eventi; anche diversi oggetti (però solo relativamente, limitatamente stabili nel tempo, più o meno rapidamente mutevoli; che prima non c' erano ancora e poi non ci saranno più). |
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27-10-2014, 22.21.39 | #58 | ||||||
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Riferimento: Che cose significano le parole?
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Dire che A diventa B (quindi non A) significa dire che esiste (fin da adesso) davvero un momento in cui A è B, ossia un momento in cui davvero questo A è non A, significa dire che questo A deve diventare nulla per essere B. Il mutamento non è dire che A è A e B è B, ma il contrario, ossia che A è B pur rimanendo A, significa dire che c'è fin da ora realmente un momento in cui questa mela acerba è mela matura pur essendo la stessa mela che è. Ossia dire che se e solo se (A→A)→(A→B) ove B è non A. Come saprai Aristotele tentò di risolvere metafisicamente questo paradosso logico distinguendo tra attributi sostanziali e accidentali nello stesso ente, ove gli attributi sostanziali consentono di identificare la mela che permane, mentre quelli accidentali possono variare senza cambiare l'identità, il suo essere mela Ma quali sono gli attributi sostanziali che definiscono l'essere mela sempre? Non possono che essere un concetto astratto e sempre discutibile, mentre se tutto della mela cambia, questa mela di fatto non esiste pur avendocela noi sotto gli occhi, in quanto c'è un momento in cui questa mela non è più questa mela, pur essendo sempre questa mela quindi in cui questa mela è la sua contraddizione. Citazione:
Dire che il mutamento è un apparire diverso dello stesso ente è radicalmente diverso dal dire che è un essere diverso dello stesso ente, non un artificio dialettico, perché l'apparire diverso dello stesso ente è logicamente ammissibile se ammettiamo che l'ente non può mai apparire tutto quanto per ciò che interamente è, mentre è contraddizione dire che l'ente non può mai essere tutto quanto ciò che esso è, poiché l'ente è per forza tutto quanto ciò che esso è in ogni istante del suo apparire. Citazione:
Citazione:
Lo Sgiombo vecchio di adesso non è lo Sgiombo bambino di mezzo secolo fa (non c'é nemmeno una sola tua cellula che sia rimasta la stessa, non c'è forse nemmeno un ricordo o un aspettativa che sia rimato lo stesso, ma anche se fosse cambiata una sola cellula non può essere lo stesso), solo che lo Sgiombo vecchio di adesso ha la qualità di avere nella memoria un qualcosa che identifica come Sgiombo bambino di mezzo secolo fa e che fa parte di quello che lo Sgiombo di adesso identifica come la sua attuale perdurante identità che quindi gli appare (a quello di adesso) invecchiata. Citazione:
Citazione:
PS ti invito comunque, se vuoi a continuare questa discussione sul divenire in uno dei 3D su Severino ove è più pertinente. |
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28-10-2014, 09.23.02 | #59 | |
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Riferimento: Che cose significano le parole?
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Tante parole. mi si perdoni, per dire cose essenzialmente semplici, che però, pur nella loro semplicità, finiscono per perdersi in un mare di altre parole, con altri significati, originando una comoplessità inutile. L'esempio che hai fatto è sia chiaro che pertinente. Perchè dovremmo dirlo con migliaia e migliaia di altre parole? E' ovvio che tutto muta in un processo continuo e inarrestabile. Vogliamo chiamare questo incedere del mutamento "Tempo", ok? Qui si sta però parlando di parole e del loro significato. Nel merito io avevo espresso questo commento: "Che sappia io il principio di identità "AèA" o "A=A" è il modo in cui si apprende il linguaggio. E' un'assioma che consente la funzione del linguaggio. Se A fosse A e nel contempo non fosse A, ma fosse B, allora una parola varrebbe tutte le altre e il pensiero non potrebbe essere espresso. E' come dire, in matematica, che 1=1 sia nel contempo anche =2... non sarebbe possibile nessun calcolo. Il principio di identità, pertanto, più che essere una verità da tempo indefinito a tempo indefinito, è una convenzione di comodo, un modo per a- fermare le cose nel tempo, anche di millenni, e, purtuttavia, il trascorrere del tempo (mutamento delle cose) per lunghissimi periodi, finisce per incrinare lo steso principio di identità", nonostante ogni intenzione contraria." Studiare e conoscere il pensiero di Aristotele è pressocchè equivalente a non conoscerlo davvero per quello che di fatto lui pensava. C'è di mezzo anche la traduzione e, pertinentemente, Pinchas Lapide con "Bibbia tradotta Bibbia tradita" ha signficato quanto "Ogni traduzione, anche la migliore, è necessariamente soggettiva e finisce con l'interpretare; ogni lingua è al tempo stesso rivelazione e nascondimento." |
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