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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
27-05-2014, 06.20.30 | #3 | |
Moderatore
Data registrazione: 10-04-2006
Messaggi: 1,444
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Riferimento: Mondo della scienza e mondo della percezione quotidiana abituale
Citazione:
secondo me ci siamo troppo allontanati dalla natura,quindi dal contatto "reale"..viviamo in un mondo che e' diventato troppo complicato,perche troppo "artificiale"..troppe le sovrastrutture umane,troppi i manufatti che ci ha portato a una separazione,proprio fisica,che e' parallelamente riscontrabile sia esteriormente (come descritto sopra) e sia interiormente,che poi e' appunto il riflesso esatto di cio che si manifesta all'esterno e viceversa. credo che sia questo il motivo per cui alla fine vi e' presente una schizofrenia della percezione,così come lo descrivi tu.. mi hai fatto ricordare una bellissima trasmissione alla radio che ho ascoltato alcuni anni fa di un certo Lombardi Vallauri dal titolo "Natura e Manufatto" qui sotto ce il link se lo vuoi sentire..e' davvero molto interessante (oltre al resto delle altre puntate di altri argomenti) http://lombardi-vallauri-mp3.blogspot.com.au |
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27-05-2014, 14.20.41 | #4 |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-04-2014
Messaggi: 193
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Riferimento: Mondo della scienza e mondo della percezione quotidiana abituale
Io non penso che i primi filosofi avessero una visione unitaria del reale, lo stesso Parmenide parlava della via della verità e della via dell'opinione, Anassagora ipotizzò alla base del reale il noús, Protagora assumeva la realtà come misura del singolo, e così via. Anche loro avevano ben presente la scissione gnoseologica tra realtà e verità, tuttavia anche Parmenide durante le sue giornate non vedeva l'essere, ma solo esseri, Aristotele vedeva una statua di marmo ma non l'atto che vi insisteva, e Platone non vedeva certo le idee. E Einstein regolava la sua vita in base al tempo relativo del nostro sistema di riferimento, perché per prendere un treno ad una certa ora non ci serve sapere che muovendoci più velocemente possiamo prendercela con più comodo perché il tempo rallenta, ma solo che muovendoci più velocemente arriviamo con dieci minuti di anticipo sull'orario di partenza. La verità è frutto di riflessione, ma la realtà è immediata perché è. Secondo me ci serviamo degli enti così come essi sono, e non come il nostro intelletto sa che sono; e solo nel momento in cui abbiamo necessità di sapere astraiamo il concetto da una realtà, perché solo un concetto può essere vero o falso, ma la realtà è già in sé, e così la percepiamo.
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27-05-2014, 14.47.03 | #5 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
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Riferimento: Mondo della scienza e mondo della percezione quotidiana abituale
Citazione:
La nostra percezione quotidiana e i metodi di verifica della scienza: per il proseguire di un discorso già affrontato più volte e in vari 3d anche in questo forum, giudico utile una premessa, senza partecipare ulteriormente. Ognuno percepisce una sua propria realtà: la Rappresentazione Interna che non corrisponde all'oggettività del reale, meno che meno all'essenza oltre fenomenica solo ipotizzata ( il reale essenziale) Tale reale non essenziale corrisponde a una percezione selettiva e soggettiva, dove influiscono fattori personali e anche il canale percettivo che ognuno privilegia per natura ( visivo, uditivo, tattile). La visione oggettiva è quella dove nessuna variabile soggettiva vi rientra. Ad esempio, se 10 persone vedono due righe parallele, l'ipotesi è che queste righe ci siano veramente, presenza oggettiva. Segue una verifica sperimentale che con misurazioni stabilisce se quelle righe ci sono, se sono veramente parallele ( può trattarsi di un'illusione ottica). Se vengono inserite tra altri oggetti in un tachitoscopio e una persona non le vede, o distorce, significa che la sua storia personale gli ha impedito di vederle ( es. odia la geometria). Se siamo i “cervelli in vasca di Putnam” ( ipotesi mai invalidata) è una visione indotta da uno scienziato pazzo o da un demone. arsenio |
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27-05-2014, 15.42.44 | #6 |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-01-2011
Messaggi: 747
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Riferimento: Mondo della scienza e mondo della percezione quotidiana abituale
@paul11
Viviamo nella civiltà della tecnica, il cui sole è rappresentato dal metodo scienticico-sperimentale. Ora, il presupposto di questo principio è che esso si fonda su di un esperimento. Che cos'è un esperimento? E' una situazione in cui si costringe la realtà a dare una risposta fra due sole possibili: vero o falso. Questo modo di pensare ha pervaso oramai la nostra mente in tutto e per tutto. Dal momento che in qualsiasi cosa ci chiediamo cosa dice la scienza al riguardo, in realtà ci chiediamo cosa dice un determinato esperimento al riguardo. Il problema è che non si può inserire tutto il mondo in un esperimento. E se anche si potesse, chi ci starebbe fuori a prender nota delle osservazioni? La realtà scientifico-sperimentale è una realtà relativa e che per molti versi non tocca la profondità dell'animo umano. E' utile, ma non essenziale. E oramai non si distingue l'utile dall'essenziale. L'essenziale è, credo, trovare un senso. La scienza ci fornisce tanti strumenti, ma non un senso. @acquario69 La natura, come ha detto Hadot, è oramai diventata una questione di pulizia industriale. Basta vedere i risultati dei verdi in queste elezioni. Non ci sentiamo più parte della natura, non ci affascina più, troviamo la tecnologia molto più seducente, anzi irresistibile. Capita di andare una domenica a fare un giro al lago, in una bella giornata di sole, e vedere la gente che non ha occhi che per smartphone e tablet. Mi verrebbe da chiedergli, 'ma che ci venite a fare al lago?' |
28-05-2014, 07.31.19 | #7 |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-01-2011
Messaggi: 747
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Riferimento: Mondo della scienza e mondo della percezione quotidiana abituale
@Davide M
I primi filosofi per primi si riferivano alla totalità delle cose e cercavano ciò che è comune a tutte le cose. Soprattutto avevano un'idea unitaria di natura, l'idea di un cosmo perfetto e ordinato che rappresentava un'ideale di regolarità e che rispecchiava il bisogno umano di pace interiore. Ora l'essere umano è concepito come una fase del percorso evolutivo. Ma per l'uomo l'umanità non può essere un fatto accidentale all'interno dell'universo, è il fatto centrale dell'essere. @arsenio Non mi riferivo tanto all'idea di oggettività quanto al bisogno dell'uomo di 'umanizzare' ciò che la scienza assimila nei suoi schemi oggettivi appunto. Anche l'astronomo quando è fuori dal suo lavoro pensa che il sole sorge, anche se sa che non è così, o che la terra non si muove. Intendevo dire che le relatà scientifiche devono essere 'umanizzate' per essere assimilate, e che per tanto non esiste una visione unitaria del reale. Lo scienziato, in altri termini, ha due prospettive: quella dell'oggettività scientifica e quella dell'umanizzazione di tali concetti. Nel mondo in cui viviamo, fatto di idee, rapporti, sentimenti, sensazioni, ecc, non esiste una visione indipendente dalla posizione dell'osservatore. Ma questo tipo di visione è quellq che cercavano I filosofi antichi nei loro esercizi spirituali (per ricondurci a Hadot), dove cercavano di uscire dal passato e dal futuro immedesimandosi nel cosmo e uscendo dalla visione particolare (soggettiva) del mondo per sentirsi come il cosmo che osserva se stesso, e ritrovando così la pace con il tutto. La cosmogonia aristotelica aveva questo scopo: trovare un nesso fra la perfezione del cosmo e il bisogno di pace interiore. Oggi si dovrebbe forse dire come Marco Aurelio: “Anche se tutto viene dal caso, tu non regolarti a caso” |
28-05-2014, 10.22.34 | #8 |
Moderatore
Data registrazione: 03-02-2013
Messaggi: 1,314
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Riferimento: Mondo della scienza e mondo della percezione quotidiana abituale
La visione comune e quella scientifica del mondo sono diverse perché diversa è la prospettiva in cui il soggetto viene a in esse trovarsi.
Nel primo caso si tratta di una fenomenologia in cui il mondo (l'interezza di soggetto e oggetto) appare nella sua originaria immediatezza emotiva sensitiva (pur mediata dai tratti culturali), non separata e non distinta nel momento percettivo. Soggetto e oggetto, volontà e rappresentazione si presentano come un'unità oggettiva esterna in cui risiede ogni volontà e necessità. In questa unica entità appare poi via via una scissione sempre più marcata tra un soggetto capace di volontà cosciente e un oggetto che la subisce diventando controllabile e manipolabile. La volontà può così divenire il nucleo separato di un io interiore che pone il mondo agendo su di esso e pensandolo. Nella visione scientifica questo io che vuole si sottrae completamente alla vista, come nel mito platonico dell'anello di Gige si nasconde dietro il paravento del metodo sperimentale per farsi padrone assoluto del campo, ma senza darlo a vedere, l'impersonalità a cui aderisce è ciò che lo rende invisibile e veramente potente. La visione scientifica è dunque visione mediata e non più immediata del mondo, visione necessaria e non più discutibile, volontà di controllabilità degli eventi in termini deterministici e poi probabilistici, ma ove la distribuzione di probabilità è valutabile con assoluta precisione, ove il caso presenta un ordine sempre ripetibile in ogni singolo evento è indifferente espressione dell'andamento statistico di una serie di eventi del tutto analoghi a cui è perfettamente omologabile, come gli addendi di una somma aritmetica. La visione scientifica è quindi espressione del disincanto della ragione in nome della controllabilità che la ragione rivendica, ma l'incanto continua a premere con tutte le sue esigenze e l'io prima o poi si ribella alla sua spersonalizzazione, ne avverte tutta l'angoscia e rivendica la sua posizione, mentre il mondo originario indiviso, meraviglioso e terribile, sempre in qualche modo riemerge dalla memoria inconscia per quanto lo si voglia rimuovere per renderlo mera distribuzione statistica. |
28-05-2014, 15.54.06 | #9 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-01-2011
Messaggi: 747
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Riferimento: Mondo della scienza e mondo della percezione quotidiana abituale
Citazione:
In effetti la scienza non rivela mai il suo artificio, cerca di comprendere la natura ma mettendosi in posizione antagonistica, con la volontà del dominatore. Credo invece che ad un qualche livello inconscio l'uomo senta il bisogno di sentirsi parte della natura, non come antagonista, ma come un tutt'uno con essa. Come una sorta di inconscio desiderio di ritornare nell'utero materno. |
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