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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
26-02-2013, 14.25.37 | #4 |
Venturo
Data registrazione: 20-12-2012
Messaggi: 3
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Riferimento: Solitudine.
Io ritengo che entrambi i "tipi" di solitudine che proponi rientrino coerentemente con un'attitudine (o logica, se vogliamo essere ancor più drastici) che si è andata sviluppando negli ultimi 150 anni circa e che trova oggigiorno il suo apice: la scissione tra individuale e collettivo.
Non voglio sembrare un reduce di ideologie comuniste rudimentali e tanto meno voglio affrontare un discorso politico, ma nello studiare Marx, ho ritrovato nella sua analisi al sistema tecnico del capitalismo una questione di stampo esistenziale (Non tanto una filosofia della vita, ma un modello di condizioni di vita basato sui rapporti sociali) che oggi posso considerare la causa prima dell'individualismo radicale, parto della logica capitalista ormai globale, che si conclude in quella che tu chiami solitudine, sia essa una solitudine nei confronti di se stessi o nei confronti del mondo che ci circonda (Vagamente mi ricorda il binomio Angoscia/Disperazione in Kierkegaard, e se, come tu dici, hai fatto o continui a fare esperienza della solitudine, non potrai fare a meno di non percepire alle sue radici uno stato di angoscia o di non cadere nella disperazione). Con questo non voglio dire la solitudine esista soltanto come sottoprodotto del capitalismo; di certo essa è sempre esistita, sia in modo sociale che patologico. Ma il fatto che gli "interessi" siano ciò che muove la nostra società (Italiana e in parte anche mondiale) deve avere una ricaduta sui membri stessi della società, i singoli cittadini, gli esseri umani. Questi "interessi" si palesano come un filtro in ogni nostro rapportarci, inquinando la genuinità di ogni rapporto intersoggettivo. La scissione tra individuale e collettivo che fatto presente all'inizio, che Marx trova essenzialmente nella forma alienata del lavoro e nell'alienazione del valore di scambio (proprietà relazione e sociale, non intrinseca della merce) in denaro, la riduzione dell'essere umano a semplice merce nell'orizzonte dei calcolci economici interessati, trova oggi più che mai, a mio avviso, una spiegazione a quella che è la tua (e la nostra) solitudine. Sembrano parole al vento, ma se in famiglia (come in moltissime altre) c'è chi soffre di depressione (figlia della solitudine), ciò accade specialmente per tali motivi. In sintesi: Kant affermava che l'uomo non è mai un mezzo, ma sempre il fine. Ma come posso non sentirmi un mezzo [particolare] di un ingranaggio più grande [universale], al quale però non faccio minimamente riferimento nel mio essere uomo? [scissione] Infiniti altri fattori particolari contribuiscono ai vari tipi di solitudine possibile; nemmeno ho approfondito determinati discorsi, come la matrice biologica degli interessi, per non dilagare ulteriormente. Ma la mia posizione permane sulla genesi sociale dell' "attitudine alla solitudine". Non ho propriamente risposto alla tua domanda, ma trovavo opportuno affrontare un discorso sulle origini moderne della solitudine, e perdonami se sono stato impreciso o non ho argomentato adeguatamente, ma era una riflessione più che una struttura filosofica. Saluti! Ultima modifica di Dynamit : 26-02-2013 alle ore 17.45.32. |
26-02-2013, 19.02.45 | #5 |
Ospite
Data registrazione: 14-02-2013
Messaggi: 29
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Riferimento: Solitudine.
Sentirsi soli, da soli o in mezzo alla folla, oppure godere della solitudine in mezzo ai monti o in città. In quest'ultimo caso la solitudine è serenità dell'animo. Nel primo caso c'è patologia e sofferenza e il mio consiglio è di ricorrere alla psicoterapia. Non credo che sia utile sempre "filosofizzare". Il sentirsi solo spesso è accompagnato da ansia e angoscia. L'essere-per-la-morte di Heidegger o il sentimento della caducità per Freud (in polemica con Rilke), non necessariamente conducono all'angoscia, ma al disincanto.
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27-02-2013, 12.09.29 | #6 |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-01-2013
Messaggi: 331
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Riferimento: Solitudine.
la solitudine che percepisci negli altri è uno dei tanti punti politici mai affrontati dal sistema stato.
porto come contributo una recente intervista a Petrosino della cattolica di milano per il quale la socialitò non è una somma fisica di individui nè la sovrastuttura capitalista che governa i nostri desideri, bensì dovrebbe essere la somma delle rappresentazioni dei singoli. oggi come oggi, da quando il concilio vaticano ha scelto una chiesa più intima, (anche per via della fuga dei fedeli, mi dispiace) non esistono più le feste sociali. basta leggere qualsiasi romanzo del passato per capire cosa significasse prima. era una parte di te stesso. l'uomo era ancora certo di essere tutt'uno con il mondo. oggi è la scienza che ci tiene uniti, ma in essa non è presente la dimensione sacra (nel senso romano) del collettivo. petrosino accenna forse al fenomeno delle olimpiadi come uno dei rari casi di interesse (tener uniti) mondiale. il problema è che per quanto la tv abbatta le distanze non è proprio per niente la stessa cosa. forse le feste locali che andrebbero rifinanziate potrebbero essere una soluzione vecchia da riadottare. su questo tema fondamentale purtroppo i contributi eccellenti sono ancora pochi (non nella lettura del passato, che immagino sarà sterminata, ma in quellla del futuro, ci vuole una proposta intellettuale) come l'amico leibchnit ci suggerisce però ormai questo mondo è un delirio di rappresentazioni, già avere a che fare e solo virtualmente con qualche decina di persone su questo forum a me mi ammazza! sinceramente è più facile il contrario, che la scienza permetta sempre di più la solitudine. toccherà alla psichiatria poi dare una soluzione....e forse già lo fa 1/3 della popolazione fa uso di psicogeni (compresi le famiglie di sonniferi).... basta non pensarci troppo! e la pillola va giù! in effetti il primo marx credeva in una sorta di nuova religione dynamit... però oggi marx va ripensato a fondo, mi raccomando! |