ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS |
|
Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
31-07-2013, 08.08.36 | #3 |
Nuovo ospite
Data registrazione: 10-06-2012
Messaggi: 2
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
Riporto lo scambio di vedute con Gianni Vattimo.
La replica di Vattimo: Si aspetta forse che io sia d'accordo? La Sua interpretazione è anch'essa un segno dei tempi. Non crederà mica che invece sia la lettura "VERA" di Nietzsche? Non c'è interpretazione senza applicazione", e cioè "strumentalizzazione" storica. Auguri GV Replica: Gentile Professore, in effetti non mi aspettavo fosse d'accordo. Anche se sintetica, la ringrazio comunque per la replica. Continuo tuttavia a vedere una distinzione tra interpretazione, dove l'intento è il tentativo di comprendere l'opinione altrui, se pur attraverso un processo di trasposizione e rielaborazione dell’esperienza all'interno del complesso evento della propria vicenda umana (non quindi VERITA' assoluta), e strumentalizzazione, dove invece l'intento è adattare - consapevolmente- l'opinione altrui ai propri scopi. La discriminante è la buona-fede. cordiali saluti A.M. |
04-08-2013, 20.25.35 | #4 | |
Moderatore
Data registrazione: 23-05-2007
Messaggi: 241
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
Citazione:
Al di là del fatto che sia Vattimo che Cacciari hanno capito ben poco di Nietzsche, forse la loro ammirazione è giustificata proprio da questo, perchè si sa che tanto più una cosa affascina quantomeno la si capisce, e il successo europeo che ha avuto il filosofo (ma forse è meglio definirlo "mistico") di Rocken lo conferma senza dubbio. Ma sono peraltro in ottima compagnia, perchè il più assiduo studioso di Nietzsche ha mostrato anch'egli grossissimi limiti di comprensione dell'essenza del suo pensiero (se non lo si fosse capito mi sto riferendo a Martin Heidegger). Se è vero che ogni pensatore non può prescindere dalla sua vita e dal contesto in cui la vive, che condizionano necessariamente il suo modo di percepire le suggestioni del mondo, nondimeno la grandezza di un filosofo, la caratteristica che lo trasforma in "sapiente", sta nel comprenderlo e nel riuscire a "trascendere" questi condizionamenti, per esprimere un pensiero che sia veramente "universale" e "vero", ovvero valido al di là di tutte le possibili contingenze. Se tutti i filosofi dei due secoli precedenti a Nietzsche (tranne in parte Leibniz, a mio avviso il migliore della sua epoca) si sono mossi sull'onda dell'ottimismo illuministico e poi del criticismo kantiano (con variazioni trascurabili tra loro) Nietzsche si è posto invece come punto di rottura, come "riscopritore" di un pensiero che non origina con Socrate (che infatti criticava) ma prima ancora, forse migliaia di anni prima. Il fatto che poi l'abbia espresso in forme tipiche della sua epoca e in particolare guidato da afflati romantici è tutto sommato trascurabile, perchè per chi "comprende" davvero la forma riveste un'importanza del tutto superficiale. Nello "Zarathustra" si trova tutto ciò che Nietzsche doveva dire, e tutto il resto è praticamente contorno, lavori preparatori, appunti sparsi, pensieri magari obsoleti che non si pensano più, e forse se non fosse impazzito e avesse potuto concludere il suo lavoro avrebbe fatto un falò di molti di quei "frammenti postumi" che tanta importanza rivestono per gli interpreti moderni. Ogni pensatore ha la sua storia, che è la storia della sua comprensione del mondo, e la sua "evoluzione", che poi si manifesta in un'opera matura e "definitiva" (che non è sempre detto che sia l'ultima); quella di Nietzsche è lo Zarathustra, e ogni interpretazione del suo pensiero dovrebbe partire da qui. Ogni incoerenza, ogni contraddizione (vera o presunta) che si riscontra nelle altre opere dovrebbe essere vagliata alla luce di quella principale, che prevale sulle altre. Questo non toglie che in molte altre sue opere vi siano spunti notevoli, ma questi li si ritrovano, magari sotto altre vesti, anche nello Zarathustra. Per quanto concerne la sua vita "mediocre" sarebbe interessante sapere quali sono i "grandi filosofi" che hanno avuto "grandi vite". Un uomo di pensiero vive del suo pensiero, e più un uomo penserà la verità e più la sua vita sarà giudicata, secondo i parametri moderni, "mediocre". Non è difficile esprimere questo giudizio dall'esterno, utilizzando appunto i parametri della "felicità" come si intende attualmente, ma io rimango convinto che per gente come Nietzsche, che ha "un mondo dentro", le manifestazioni esteriori diventano superflue e insensate. Nietzsche non ha vissuto la sua vita, ma la vita del mondo, anzi dell'universo, ha vissuto in lui, fino a farlo uscire pazzo poichè anche lui aveva dei limiti. Ma i suoi limiti non erano intellettuali, bensì culturali. La sua rigida educazione e la carriera accademica (la parte apollinea) avevano creato in lui degli schemi intellettuali talmente forti da creare un cortocircuito con il pensiero della vita che gli scorreva dentro (la parte dionisiaca), fino a portarlo alla pazzia. |
|
05-08-2013, 13.43.30 | #5 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-01-2011
Messaggi: 747
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
Citazione:
Sul primo punto, credo che chiunque attacchi una qualunque morale lo faccia per sostituirla con un'altra. Nietzsche ha sostituito la morale esistente con la morale del super uomo. Ora, mi sembra proprio che il rimedio sia stato peggiore del male. La morale basata su Dio potrà avere senz'altro i suoi grandi difetti, ma sostituirla con una spartana di un superuomo che deve superare se stesso senza che, fra l'altro, si capisca bene il perchè... Non si può poi affermare con certezza che l'irrazionalismo di Nietzsche sia stato il germe delle sciagure delle guerre mondiali, ma anche riuscire a non vedere un parallelo fra il suo pensiero e Hitler e Mussolini non è impresa da poco Per quanto riguarda i grandi filosofi che sono stati grandi nella vita ti potrei citare Socrate che ha preferito morire piuttosto che scappare e sottrarsi alle leggi dello stato, ma se anche i grandi filosofi non hanno avuto grandi vite, se non altro hanno lasciato qualche insegnamento che è valido per la vita. Quale insegnamento concreto possa aver lasciato Nietzsche oltre alle sue speculazioni intellettuali sul super uomo io non lo so, sarà per mia ignoranza Secondo me il suo successo è dovuto al fatto che con Nietzsche ognuno si sente libero da ogni vincolo morale e razionale, e si preferisce una libertà cieca ad una conforme alla morale ed alla ragione. |
|
06-08-2013, 13.49.45 | #6 | |
Moderatore
Data registrazione: 23-05-2007
Messaggi: 241
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
Citazione:
Le linee guida del pensiero di Nietzsche sono costituite, come molto spesso accade, da una pars destruens e da una construens: la prima si sviluppa nella critica alla morale della sua epoca, rappresentata dai rigidi schemi in cui il Cristianesimo protestante aveva ingabbiato la Germania, e le critiche feroci alla morale cristiana sono dovute proprio al fatto che il Protestantesimo, in questo sempre più somigliante all'Ebraismo, riducesse la dottrina ad una mera enunciazione di norme e regole da seguire pedissequamente senza neanche domandarsi il perchè lo si facesse e senza più riuscire a collegarle a principi superiori ad esse. Questa "gabbia morale" appariva a Nietzsche, animato tra l'altro da spirito romantico, un delitto contro la spontaneità dionisiaca della vita, racchiusa in categorie e schemi sempre più rigidi e razionali che costringevano e opprimevano la "potenza" e la creatività di ognuno. L'altra ragione per cui si scagliò contro il Cristianesimo fu perchè la sua morale veniva vista come la morale dei deboli, dei derelitti, dei miserabili, quella che definiva "morale degli schiavi", basata solo sul risentimento e sull'invidia dei "migliori", e per questa ragione fu anche un feroce critico della Rivoluzione Francese, che con l'introduzione del principio di uguaglianza degli uomini contribuì alla diffusione di questi concetti. Nietzsche auspicava il ritorno ad una "morale aristocratica" (la chiamava semplicemente Herren moral) di cui ognuno si facesse creatore. La morale aristocratica esaltata da Nietzsche non era però la giustificazione dell'oppressione dei più forti nei confronti dei più deboli, anche se in ultima analisi anche questo aspetto si può considerare cogente nel suo pensiero in quanto del tutto conforme alle leggi di natura come in quel periodo venivano prospettate dal darwinismo, ma è la manifestazione della virtù di ciascuno, della sua potenza, della sua creatività, che deve essere incoraggiata e non repressa. L'aristocrazia di cui parlava Nietzsche non era però certo quella spazzata via dalla Rivoluzione Francese: quella era una degenerazione dell'antica aristocrazia, che come già aveva previsto Platone nella Repubblica era mutata in oligarchia e aveva perso del tutto la funzione cui era destinata, trasformandosi in una sorta di corporazione parassitaria tutta intenta a mantenere i propri privilegi senza attendere ai propri compiti; Nietzsche quindi non voleva affatto difendere la nobiltà come categoria, ma salvaguardare gli aristòs, i migliori, contro un mondo che fra uguaglianza e democrazia esaltava il potere delle masse, formate da individui deboli, gretti e meschini (la canaglia) che però per il solo fatto di coalizzarsi tra loro diventavano talmente potenti da travolgere i migliori, che sono sempre solitari. L'introduzione del principio di uguaglianza con le teorie politiche che ne seguirono portò inoltre alla idealizzazione, tutta moderna, di colui che Nietzsche riteneva l'essere più spregevole, l'ultimo uomo. Questi era l'uomo medio, anzi mediocre, il "borghese piccolo piccolo", colui che, per dirla con Dante, vive "sanza infamia e sanza lodo", quello che "una vogliuzza per il giorno e una per la notte, salva restando la salute". È l'uomo che ha ispirato la canzone, così di moda negli anni trenta, che si intitola mille lire al mese, e che ambisce alla "casettina in periferia" e alla "mogliettina semplice e carina"; gli ultimi uomini sono gli ignavi, quelli che sprecano la propria vita rendendola il più possibile anonima e insignificante, tanto da far esclamare a Virgilio, rivolto a Dante: "non ragioniam di lor, ma guarda e passa". Nietzsche ha anche reintrodotto nel pensiero concetti antichi, epici, come il senso dell'onore, la fierezza, l'afflato eroico, e soprattutto l'amor fati, ovvero l'orgoglio di andare incontro al proprio destino, qualunque esso fosse; sono più che altro questi concetti, esaltati dallo spirito romantico, che hanno ispirato le ideologie fasciste e naziste, ma bisogna notare che Nietzsche non ha mai rivolto il suo pensiero ai popoli o alle nazioni, ma solo agli individui; non ha mai fatto un discorso politico (anzi a ben guardare ha mosso le critiche più aspre proprio al popolo tedesco) ma filosofico, rivolto ad ogni singolo uomo oppure, da un punto di vista più generale, a tutta l'umanità, e quindi l'interpretazione in senso politico del suo pensiero è una indebita forzatura. Proseguo quando ho tempo |
|
07-08-2013, 14.46.10 | #7 |
Moderatore
Data registrazione: 23-05-2007
Messaggi: 241
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
L'altro aspetto importante è la proclamazione della morte di Dio e l'avvento del nichilismo. Cosa si intende per "morte" di Dio? Si intende quel che si è accennato prima, ovvero la incapacità del Cristianesimo di ricondurre la morale a principi più alti delle mere enunciazioni normative, che quindi perdono forza e giustificazione e diventano mere superstizioni, feticci senza senso, consuetudini ormai ridotte al livello di folklore. La "morte di Dio" è quindi, nei fatti, la modalità espressiva che Nietzsche ha utilizzato per rendere ragione della semplice constatazione che la Chiesa, perlomeno quella che aveva conosciuto attraverso l'educazione del padre, pastore protestante, non predicava più la dottrina dei Padri ma si limitava a raccomandare un comportamento il più possibile simile a quello di Gesù Cristo (il Figlio, il dio-uomo), e quindi aveva fatto morire Dio (Padre) trattandolo come una entità superflua. Dalla constatazione della morale ridotta ad idolo Nietzsche proclama quindi il nichilismo come passaggio necessario alla successiva rifondazione dei valori. La "trasvalutazione di tutti i valori" è appunto un altro nodo importante del pensiero niciano, e qui bisogna fare attenzione al termine "trasvalutazione", che lungi dall'indicare uno stravolgimento o un capovolgimento dei valori ne auspica invece una "rettificazione", un ritorno al senso originale; un esempio tratto dallo Zarathustra: «Voi costringete tutte le cose a venire a voi e dentro di voi, perché riscaturiscano dalla vostra sorgente come doni del vostro amore. In verità, un predone di tutti i valori deve diventare questo amore che dona; ma io dico sacrosanto questo egoismo. Vi è anche un altro egoismo, troppo povero, affamato, che vuol sempre rubare, l'egoismo dei malati, l'egoismo malato. Con occhio di ladro esso guarda a tutto quanto luccica; con l'avidità della fame conta i bocconi a chi ha da mangiare in abbondanza; e sempre si insinua alla tavola di coloro che donano». L'egoismo viene comunemente ritenuta dalla morale la malattia moderna più diffusa, che va combattuta attraverso il suo opposto, l'altruismo. Ma Nietzsche chiama "sacrosanto" l'egoismo, a patto che sia inteso nel modo corretto e non nel senso dell'accaparramento per sé dei beni materiali e dello sfruttamento degli altri ai propri fini. Dice infatti ancora: «In alto va il nostro cammino, dalla specie si avvia verso la sovra-specie. Ma un orrore è per noi la mente degenerata che dice: "Tutto per me"», e anche «Meglio perire che temere e odiare. Molto meglio perire che essere temuti e odiati» che mostra come la "volontà di potenza" che tanto esaltava non vada intesa nel senso della sopraffazione. Così come l'altruismo non deve essere scambiato con l'elemosina: «Prendiate a tedio dire: "un'azione è buona se è altruistica". Ah, fratelli! Sia il vostro Sé nell'azione, come la madre è nel figlio: questo sia per me la vostra parola sulla virtù»; e anche: «Il vostro amore sia più forte della vostra pietà». Come intendeva, Nietzsche, l'egoismo? Sentiamo: «Medico aiuta te stesso, così aiuterai anche i tuoi malati. Questo sia il tuo aiuto migliore: che egli guarisca guardando con gli occhi colui che risana se stesso». Tutto lo Zarathustra è infarcito di perle di questo genere, e anche la sua struttura che ricorda il Vangelo o la predicazione del Buddha dovrebbe indurre a vedere al di là della lettera, senza utilizzare i concetti filosofici occidentali e la mentalità analitica tipicamente moderna, e io sono convinto che le pagine di fuoco che Nietzsche ha dedicato al Cristianesimo si possono ragionevolmente leggere non come gli strali di un nemico giurato, ma più correttamente come il grido di disperazione di un figlio tradito.
|
09-08-2013, 02.21.35 | #8 |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-09-2003
Messaggi: 486
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
Non esiste alcuna interpretazione "autentica" di nietzsche, come non può essere di alcun filosofo che sia degno di questo nome. E la Storia della Filosofia è scritta ogni volta da nuovi "demiurghi". Per questo i più antichi non sono identità, ma pure coerenze di pensiero.
Nietzsche è un moderno "antico", che ha disseminato il pensiero tedesco di "grovigli critici" rispetto all'evidenza di un positivismo che si è, comunque, imposto. Riguardo a Vattimo, io credo che lui l'avrebbe aggredito fisicamente per le amenità che ha tratto da una improbabile comprensione (in ogni tempo) del suo pensiero. In Torino si svelò la sua, parallela, follia. In Torino essa ancora dice e si esprime. |
18-08-2013, 23.53.43 | #9 |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-05-2009
Messaggi: 164
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
@Daddy
Credo che l'intenzione di Vattimo non fosse quella di sovraporre oltreuomo nietzschano e rivoluzionario marxista ma piuttosto di evidenziare quelli che potevano essere i caratteri comuni che potessero avanzare i tratti culturali del secondo nel tempo del nichilismo. Si tratta ovviamente e comunque di una strumentalizzazione azzardata, ma, mi pare, più onesta di come tu l'abbia avvertita, almeno su questo frangente. Per il resto sono sempre stato contrario a certi sfoggi di linguaggio colto o poetico nella filosofia a meno che non si abbia poi il merito della propria arroganza... che pochissimi anche tra i maggiori filosofi hanno avuto a mio parere. per quanto riguarda il resto della discussione... a CVC vorrei fare notare che il suo concetto di mediocrità è dettato da valori comuni che Nietzsche aveva rifiutato a prescindere molto precocemente mi pare. Come dice Donquixote ad ognuno il suo metro, e tentare di misurare Nietzsche secondo gli standard della mediocrità comune ( perché di questo si tratta: proprio perché sono comuni sono solitamente mediocri ) non fa risultare una vita mediocre... semmai un'interpretazione mediocre, nel senso di fallace, della sua vita, che è stata vissuta secondo valori abissalmente diversi dalla media. Concordo invece con Donquixote più o meno sui suoi discorsi... in particolare quello di Heidegger che seppure ho letto poco ( solo il suo essere e tempo e qualche articolo ) mi pareva di essere piuttosto decentrato dal fulcro del nichilismo, ancora incantato a seguire gli spiriti, per quanto poi gli abbia dato il giusto collocamento ( il linguaggio ). Secondo me oltre quelli che ho già sottolineato in altri topic un aspetto fondamentale del nichilismo nietzschano è la negazione della verità di fatto, in favore di quella soggettiva. Per questo comunque ( riallacciandomi al tema ) trovo che qualsiasi interpretazione parziale del suo uomo ideale, tendente ad una qualsiasi ideologia collettiva di sorta sia destinata a fallire o comunque a deviare dalla sua idea: è implicita nell'idea di volontà di potenza quella, pur agendo, di non sottomettersi a nessuna logica particolare, a nessun fine ultimo nel raziocinio ma sempre e solo alla logica del mezzo, quella tecnica ( giacché il fine è irrazionale e soggettivo... ). E a quando riguarda al messaggio astruso del "superare sé stessi": Anche questo è ugualmente fondamentale e ha a che fare con l'aspetto "ridente" della sua filosofia morale: non farsi abbindolare dall'illusione del passato e del futuro, cioè, per come la leggo io, vivere il mondo vero intorno a sé e non quello andato o impronunciabile che viviamo nella mente. Superare sé stessi era per lui la via della felicità perché l'unica vita autenticamente felice è in superficie e non sotto, per usare una sua metafora. Per questo però bisogna anche accettare il dominio primordiale ed incontestato della follia sulla ragione: cosa che mi pare spaventare i più, i ricercatori di un senso ultimo frutto di culture millenarie che viene inevitabilmente a mancare, togliendo di base le radici stesse di tutte quelle che ci siamo portati appresso. In particolare concordo con Donquixote quando dice che nello Zarathrustra c'è tutto quello che Nietzsche aveva di importante da dire e per il discorso del superamento non c'è forse dialogo più bello di quello delle tre metamorfosi: prima il cammello ( colui che porta la zavorra del passato ), poi il leone ( colui che rifiuta la zavorra e si trova così in conflitto con l'ordine sovrano, che non si rivela altro che nella sua stessa natura di bestia, potenza ) ed infine il fanciullo, colui che si è liberato della zavorra e dell'ordine discendente e può finalmente vivere in comunione con il suo mondo, trovandosi in condizione di completa libertà e coerenza. Anche se comunque, ovviamente Nietzsche aveva capito che la presenza di una morale sarebbe stata in qualche modo necessaria per permettere l'esistenza di tale stato ( come si evince nelle ultime pagine di umano troppo umano: la libertà è per il nobilitato: la stessa enfasi sulla "risata", pur se non ha mai forzato il discorso per non farsi sgamare, porta con sé dettami morali alquanti stretti, pur quanto egoistici ). In particolare per questo ultimo discorso della libertà dello spirito o meglio del proprio sistema valoriale/culturale trovo impossibile declinare il suo oltreuomo, che molto deve all'egoista di Stirner, all'interno di un qualsiasi sistema ideologico di massa: Lontano da Nietzsche è sempre stata l'idea di un miglioramento proveniente dall'esterno, come una medicina miracolosa, ma sempre quella di una riformulazione critica interna all'individuo. Per cui qualsiasi tentativo di "oltreomizzare" la massa secondo i criteri Nietzschani risulterà sempre vano in quanto non farebbe altro che far scadere il concetto nella mediocrità comune e privarlo del suo significato più intimo: essendo un viaggio, un percorso della mente non esisterà mai alcun treno o carrozza per percorrerlo. |
19-08-2013, 08.36.01 | #10 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-01-2011
Messaggi: 747
|
Riferimento: Il superuomo cattocomunista di Vattimo
Citazione:
Ma chi sarebbe poi il superuomo, l'uomo d'azione? Ma ciò è un rinnegare l'essere filosofo, il filosofo dovrebbe cercare la verità, se identifica la verità con l'azione che ne è della riflessione? E Nietzsche non mi pare sia stato un uomo d'azione D'annunzio avrebbe incarnato il mito del superuomo, capace sia di produrre l'incanto dei versi poetici sia di compiere eroiche imprese di guerra. Ma si obbietterà che nemmeno D'annunzio aveva capito il nostro. Del resto per comprendere un filosofo bisognerebbe comprendere i suoi concetti fondamentali. Qual'è il concetto di superuomo? I nietzschiani si accusano a vicenda di non averlo capito. E credo che questo avvenga perchè tale superuomo non è descritto con i caratteri della ragione ma con quelli della narrazione poetica. Il super uomo è la riproposizione del culto dell'eroe, ma per i greci l'eroe era il ponte fra l'uomo e Dio, tolto Dio l'eroe nietzschiano è soltanto il ponte fra l'uomo e il nulla. Forse sarebbe il caso di chiarire se il nichilismo sia un punto di inizio o un punto d'arrivo. |
|