Secondo Douglas Harding, splendido personaggio inglese, la Medusa è la personificazione dell’io che lo specchio ha il potere di imprigionare debellandolo una volta e per sempre.
Quando ci riflettiamo in uno specchio seguiamo il luogo comune più comune e diciamo – quello sono io – Anni di identificazione i hanno convinti di questa affermazione tanto che prendiamo per “strambo”, (leggi VanLag), chi osa mettere in dubbio quella semplice ovvietà.
In realtà noi siamo quelli al di quà dello specchio che contemplano l’immagine riflessa, la quale, immagine, è una terza persona come tante altre. Noi la prima persona siamo molto ma molto diversi da quella immagine riflessa.
Siamo diversi perché la nostra realtà è fatta da quello che vediamo, esempio, il lavabo, la salvietta, gli spazzolini sulla mensola, lo specchio con l’immagine riflessa, la luce della finestra, gli odori delle creme, etc.....etc......
Riducendoci ad una terza persona, angustiata dall’idea della lavastoviglie da pagare, (l’esempio è puramente casuale), riduce la nostra immensità.
I bambini sanno molto bene questa cosa e quando si vedono riflessi, alla domanda della mamma: - chi è quello nello specchio? – Rispondono: - un altro bambino. -
Per tornare a Doulgas, in uno dei suoi libri, suggerisce di prendere coscienza della diversità “tra noi che guardiamo” e la “nostra immagine” ed una volta compreso, imprigionare l’immagine riflessa nello specchio, non permettendogli più di sovrapporsi alla nostra realtà.
Cosa questo discorso molto vero, ma un po’ ostico, perché molto lontano dalle nostre attitudini mentali, abbia a che vedere con la leggerezza è un qualche cosa che non so spiegare…… ma avevo voglia di scrivere qui.......