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Vecchio 07-07-2009, 16.54.51   #1
Il_Dubbio
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Come riconoscere un comportamento "libero"?

Questo argomento è scaturito dalla discussione https://www.riflessioni.it/forum/filo...-letica-4.html (spero di rispondere così alle riflessioni di Giorgiosan); ho pensato che sarebbe stato interessante comprendere se in linea di principio, filosoficamente e/o secondo le attuali conoscenze, è possibile riconoscere un comportamento libero.

E' essenziale però definire in modo sintetico questi due termini (chiaramente si può non essere d'accordo oppure chiarire meglio i termini con le proprie conoscenze)

-Un comportamento dovrebbe essere il risultato di un'osservazione (questo in modo sintetico)

-Per libero si dovrebbe intendere che lo stesso comportamento non è "causato" da alcun altro comportamento.

E' utile pensare alla casualità in meccanica quantistica dove si dice che il "comportamento" (dovuto all'osservazione) di un sistema, non dipende da niente altro, ne dall'osservatore ne dall'apparato di misura, ma è appunto libero.
A libero però si associa "casuale" [ da osservare però che alcune osservabili hanno valori molto limitati, quindi la libertà è comunque contenuta in un certo spettro di valori].

E' utile riflettere in modo soggettivo e poi in modo oggettivo:
ammettiamo che io stesso sia un sistema quantistico, il mio comportamento non "dipenderà" dall'osservatore o da qualsiasi agente esterno, quindi sarò libero da essi; questo però non vuol dire che dipenda da me in quanto io non esisto secondo le conoscenze oggettive.
L'Io altro non sarà che il comportamento, che oggettivamente qualcuno osserverà [devo dire che qualcuno, filosoficamente, potrebbe introdurre un "Io" nel sistema quantistico, sarà quest'Io a deciderà cosa fare? Ammesso che esista, vi è una grossa incognita sul fatto che un sistema classico, tipo un cervello umano, possa essere "dipendente" da fatti quantistici. Mi attengo, per il momento, a quello che si sa, alla nostra attuale conoscenza ]

In effetti spesso si associa la libertà alla imprevedibilità del comportamento.
Oggettivamente quindi potrei, in linea di massima, riconoscere un comportamento libero quando esso non è minimamente prevedibile.

Questo è ciò che si può dire per i sistemi piccoli, quantistici appunto; ma cosa ci può dire per un sistema grande? Quando un comportamento di un sistema macroscopico potrebbe essere riconosciuto libero?
Se valesse la stessa definizione oggettiva che ho usato prima, basterebbero solo tre palle da biliardo lasciate alla loro sola attrazione gravitazionale per constatare che il loro comportamento è imprevedibile. Ma questa è una imprevedibilità differente, è solo epistemica non ontologica (come invece è per i sistemi quantistici); quindi oggettivamente il comportamento classico potrà essere anche imprevedibile ma dipenderà soltanto dalla nostra "incapacità" di prevederlo; intrinsecamente il comportamento di un sistema classico non può essere "libero", esso dipenderà dai comportamenti interno ed esterni al sistema.

In pratica l'unico sistema libero, secondo la prima definizione, è quello che non è causato da alcun altro comportamento.
Solo che in un sistema quantistico l'io non esiste ( ipotizzarlo non significa poterlo riconoscere, e questo è importante) e quindi il comportamento oggettivo che si osserverà sarà ontologicamente casuale (almeno secondo quello che si conosce); in un sistema classico invece il comportamento è chiaramente "causato" dal comportamento di altri oggetti interni ed esterni al sistema e quindi il grado di libertà che oggettivamente se ne deduce (dovuta all'imprevedibilità) rimane un "mito"...
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Vecchio 08-07-2009, 09.47.39   #2
nexus6
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Mi sembra davvero parecchio strano definire libertà come casualità ed affermare che un sistema quantistico è 'libero' (?!) perché “non dipende da niente altro”(?!) e/o non è “minimamente prevedibile” (questa essendo proprio una cosa chiaramente falsa, altrimenti potremmo buttar via tutta la fisica*)...

… ma qui di che libertà vuoi parlare? Di quella umana? A livello 'ontologico'? Ed allora lascia stare, per il momento, il livello delle nostre rappresentazioni scientifiche e comincia a comprendere cosa tu intendi quando hai la sensazione, perché ce l'hai come tutti, di aver compiuto un'azione 'liberamente'. Partiamo, appunto, dall'osservazione (di noi stessi) e non da conoscenze raffazzonate qua e là.

Definire restrittivamente un'azione libera come quella 'non causata' da nessun'altra azione esclude subito, senza andare su sentieri pericolanti, ogni azione umana (così come ogni evento fisico!), visto siamo immersi, e pure i sistemi fisici lo sono, in un contesto di interazioni ed ogni comportamento osserviamo chiaramente sia causato da una molteplicità di eventi ed azioni (pensieri passati, memoria, carattere, limitazioni fisiche e mentali e poi ambiente fatto di cose, altre persone, società, etc...).

Perché capita che ci sentiamo 'liberi'? Che significato associamo a questa sensazione? Come è connesso con la coscienza?

Gli arzigogoli quantistici, secondo me, sono fuffa al vento, visto siamo noi che applichiamo quelle che sono le nostre categorie ('libertà') alla natura ovvero non le 'estraiamo' da essa. A nessuna persona sana di mente, e con un minimo di conoscenza di ciò di cui parla, verrebbe da dire che un elettrone è libero (di scegliere?).


* = confondi imprevedibilità con casualità, non sono lo stesso concetto: un comportamento può essere imprevedibile (per noi) senza che sia in realtà casuale o 'indeterministico'. L'imprevedibilità è un concetto che riguarda la nostra conoscenza, le nostre capacità, non altro ovvero è 'epistemologico', non metafisico: non esistono 'altre' imprevedibilità, come lasci intendere. A cosa sia dovuta, poi, è un 'altro' discorso, appunto.
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Vecchio 08-07-2009, 14.26.06   #3
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da nexus6
Definire restrittivamente un'azione libera come quella 'non causata' da nessun'altra azione esclude subito, senza andare su sentieri pericolanti, ogni azione umana (così come ogni evento fisico!), visto siamo immersi, e pure i sistemi fisici lo sono, in un contesto di interazioni ed ogni comportamento osserviamo chiaramente sia causato da una molteplicità di eventi ed azioni (pensieri passati, memoria, carattere, limitazioni fisiche e mentali e poi ambiente fatto di cose, altre persone, società, etc...).

Perché capita che ci sentiamo 'liberi'? Che significato associamo a questa sensazione? Come è connesso con la coscienza?


Questa è l'idea di chi crede che l'azione umana, in quanto è condizionata da mille comportamenti esterni ed interni, non può "mai" essere libera.
La libertà è una sensazione soggettiva illusoria, come potrebbe essere il suono ,che non è mai stato ascoltato "oggettivamente".


Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
* = confondi imprevedibilità con casualità, non sono lo stesso concetto: un comportamento può essere imprevedibile (per noi) senza che sia in realtà casuale o 'indeterministico'. L'imprevedibilità è un concetto che riguarda la nostra conoscenza, le nostre capacità, non altro ovvero è 'epistemologico', non metafisico: non esistono 'altre' imprevedibilità, come lasci intendere. A cosa sia dovuta, poi, è un 'altro' discorso, appunto.

Vale la pena soffermarsi su questo punto, perchè mi sembra che ci sia un fraintendimento.

Imprevedibilità significa che io non posso conoscere anticipatamente un "comportamento" di un sistema X (ti ricordo che il tema è "come posso riconoscere un "comportamento" libero?). Puoi conoscere anticipatamente il comportamento di un elettrone se stai misurando per esempio la sua energia che potrebbe oscillare tra uno spettro di valori? Non mi sembra, quindi il suo comportamento è imprevedibile (forse tu confondi il concetto con la nostra possibilità di prevedere il risultato su base statistica, ma il "singolo" evento è imprevedibile, altrimenti non staremmo parlando di indeterminazione).
La differenza di questa imprevedibilità con la casualità ontologica non esiste, esiste invece la differenza fra l'imprevedibilità e la casualità epistemica (l'ho scritto... non so fin dove hai letto, è in basso) propria dei sistemi classici. Solo in questo caso l'imprevedibilità è data dalla nostra incapacità di conoscere l'evoluzione del sistema, per cui il singolo "evento" (comportamento) non può essere previsto con precisione ma è intrinsecamente "determinato".
Mentre (lo ripeto) in un sistema quantistico il singolo evento (comportamento) è intrinsecamente imprevedibile e si deduce così che la casualità è ontologica invece che epistemica.

Ritorniamo all'argomento vero e proprio: tu sapresti riconoscere un comportamento libero?

Tu dici che dovrei guardare me stesso e vedere in che senso sono libero. Non è questo l'argomento, io sto chiedendo e riflettendo se tu sapresti riconoscere nel comportamento delle cose o degli animali o delle persone, un comportamento libero (chiaramente io ho inizialmente fatto una premessa generale la quale mi ha fatto pervenire al risultato che solo un sistema quantistico si avvicina alla definizione di "comportamento libero")
mi sembra però che tu abbia già risposto: per te non c'è alcun sistema libero.
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Vecchio 08-07-2009, 18.07.06   #4
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
La differenza di questa imprevedibilità con la casualità ontologica non esiste, esiste invece la differenza fra l'imprevedibilità e la casualità epistemica (l'ho scritto... non so fin dove hai letto, è in basso) propria dei sistemi classici. Solo in questo caso l'imprevedibilità è data dalla nostra incapacità di conoscere l'evoluzione del sistema, per cui il singolo "evento" (comportamento) non può essere previsto con precisione ma è intrinsecamente "determinato".
Mentre (lo ripeto) in un sistema quantistico il singolo evento (comportamento) è intrinsecamente imprevedibile e si deduce così che la casualità è ontologica invece che epistemica.
Non esiste una 'imprevedibilità ontologica', è un puro non senso, come un quadrato tondo o un rosso verde, a meno di non invocare un 'caso' operante a livello metafisico. Inoltre il concetto di prevedibilità ha eccome un significato statistico, soprattutto se parliamo di meccanica quantistica che è teoria probabilistica ed è per questo che gli eventi singoli non posso fornire prove a sostegno delle previsioni quantistiche: per accertarsi di un'ipotesi probabilistica si hanno bisogno di grandi numeri, cioè tanti eventi. In realtà quello che so vuoi intendere, visto conosco il pensiero dominante, è che il singolo evento sia intrinsecamente 'acausale' ovvero senza causa e da qui, chiaramente, discende l'imprevedibilità singola (ma non vale il viceversa, come detto!): ancora una volta epistemica, non “ontologica”. Quella che tu dici essere 'deduzione' (cioè che l'acausalità sia ontologica) è in realtà una assunzione filosofica riferita ad un preciso modo di interpretare la meccanica quantistica e la scienza in generale.

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Ritorniamo all'argomento vero e proprio: tu sapresti riconoscere un comportamento libero?
Tento di rispondere al tuo quesito: tendo a saper riconoscere quando una persona è piuttosto non libera: spesso avviene nel dialogo e posso accorgermi chiaramente che parla per preconcetti, pregiudizi, senza averci mai riflettuto sul serio, senza averli mai fatti propri e reagendo in modo infantile quando le viene fatto notare, poiché tremendamente aggrappata al proprio ruolo; in queste situazioni è palese la percezione di parlare con un muro... ed un muro troppo libero non è. Dunque così 'riconosco' la libertà: la consapevolezza di indossare degli abiti di scena che corrisponde ad una leggerezza nel portarli e, entro certi limiti, modificarli. Penso dunque che questo concetto abbia senso solo laddove ci sia coscienza di sé, cioè di essere stato l'agente che ha compiuto l'azione. Negli altri casi non ha senso parlare di 'non libertà' (per i sassi, ad esempio), poiché non ha alcun significato applicare questo concetto.

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Tu dici che dovrei guardare me stesso e vedere in che senso sono libero. Non è questo l'argomento, io sto chiedendo e riflettendo se tu sapresti riconoscere nel comportamento delle cose o degli animali o delle persone, un comportamento libero
La discussione così come impostata non mi interessa. La base di partenza dovrebbe essere se stessi altrimenti non capisco come si faccia a osservare profondamente gli altri e le cose che ci circondano.

Prima non ho espresso nessun pensiero sul libero arbitrio, ma solo tratto le conseguenze dalla tua strana definizione di libertà. Einstein con Schopenauer diceva: “certamente un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere che ciò che vuole.” Non so se sono d'accordo, ma pare che ad Einstein questa frase piacesse molto.

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
(chiaramente io ho inizialmente fatto una premessa generale la quale mi ha fatto pervenire al risultato che solo un sistema quantistico si avvicina alla definizione di "comportamento libero")
Considerare un sistema quantistico 'libero' può non essere un'assurdità solo se adotti una definizione assurda di libertà. Inoltre per osservare un comportamento quantistico, il sistema va preparato ed analizzato in certi modi e dunque il darsi del suo comportamento dipende dall'uomo. Se l'uomo non è libero di 'fare ciò che vuole' allora le stesse condizioni sperimentali non sono liberamente determinate (e tutto il metodo galileiano se ne va a farsi benedire...): dunque la realizzazione del sistema quantistico non è 'libera', ergo quel sistema non è 'libero' nemmeno secondo la tua definizione, visto ha bisogno di essere 'causato' dall'uomo per uscire dal regno della potenzialità.

Da questo punto di vista direi che la scienza ha bisogno che l'uomo sia in un qualche senso 'libero'... ne va dei suoi stessi fondamenti.
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Vecchio 08-07-2009, 19.24.37   #5
Giorgiosan
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Riferimento: Come riconoscere un comportamento "libero"?

Essendo questo topic il corollario di una discussione etica, questa domanda non ha alcun senso, perché l'etica presuppone la capacità di scelta.

La ragione individuale valuta se una data azione da porsi in atto sia o non sia conforme alla norma.
La volontà sceglie poi di seguire o non seguire il giudizio della ragione.

E' libera la volontà che può scegliere indipendentemente dai giudizi della ragione.

Non ha alcun senso parlare di libertà se non riferita alla volontà.

Metafisicamente si potrebbe dire che la libertà è direttamente proporzionale alla potenzialità. Libertà uguale a potere.

La volontà, libera o meno libera, è in relazione alla vita biologica.

Per esempio: il Sole ha una vasta potenzialità, ma non ha alcuna libertà in quanto, ovviamente, privo di volontà.

Ciao
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Vecchio 09-07-2009, 09.50.18   #6
Il_Dubbio
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Un pò di chiarezza...

Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Quella che tu dici essere 'deduzione' (cioè che l'acausalità sia ontologica) è in realtà una assunzione filosofica riferita ad un preciso modo di interpretare la meccanica quantistica e la scienza in generale.

D'accordo ma non era una deduzione, ho scelto questa interpretazione perchè è quella piu in voga, piu quotata. Stiamo sempre parlando degli "esiti" delle misure, ovvero, come li ho chiamati, i comportamenti osservati.


Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Non esiste una 'imprevedibilità ontologica'

Ammettiamo che fosse vera la casualità ontologica, l'imprevedibilità sarebbe ontologica. Ovvero io non posso, in linea di principio, sapere in anticipo il risultato di un esperimento quantistico. Ripeto, forse i termini si lasciano ad essere interpretati mali, io non posso "prevedere" (da qui imprevedibilità) come andrà a finire un esperimento, e questo non dipende dalla mia incapacità di prevederlo.
Se poi questa è l'interpretazione piu in voga o no , non mi sembra che, stando a questa nostra presunta tesi, l'imprevedibilità non sia ontologica

Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Tento di rispondere al tuo quesito: tendo a saper riconoscere quando una persona è piuttosto non libera: spesso avviene nel dialogo e posso accorgermi chiaramente che parla per preconcetti, pregiudizi, senza averci mai riflettuto sul serio, senza averli mai fatti propri e reagendo in modo infantile quando le viene fatto notare, poiché tremendamente aggrappata al proprio ruolo; in queste situazioni è palese la percezione di parlare con un muro... ed un muro troppo libero non è. Dunque così 'riconosco' la libertà: la consapevolezza di indossare degli abiti di scena che corrisponde ad una leggerezza nel portarli e, entro certi limiti, modificarli. Penso dunque che questo concetto abbia senso solo laddove ci sia coscienza di sé, cioè di essere stato l'agente che ha compiuto l'azione. Negli altri casi non ha senso parlare di 'non libertà' (per i sassi, ad esempio), poiché non ha alcun significato applicare questo concetto.

Sembra la descrizione di Einstein e il suo realismo locale

va bene comunque, la testardaggine, secondo te, priva la volontà di essere libera dai condizionamenti.
Anche se potrebbe risultare invece il contrario, perché potrebbe proprio essere la testardaggine il sintomo di libertà. Dopo tutto, quando il mondo e noi stessi, sembriamo destinati a morire, la volontà vorrebbe superare la morte, in quanto si sente libera da essa.

Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
La discussione così come impostata non mi interessa. La base di partenza dovrebbe essere se stessi altrimenti non capisco come si faccia a osservare profondamente gli altri e le cose che ci circondano.

Osservare un comportamento libero significa poterlo oggettivare, in modo da distinguerlo da uno non libero.
E' possibile dire anche che non è possibile osservare un comportamento libero in quanto nessun comportamento è libero. Opppure dire che non è possibile distinguerlo da uno non libero anche se razionalmente un comportamento libero deve esserci; magari elencando le ragioni.
Se non ti interessa però è un altro discorso.

L'utile corollario è la libertà etica, da cui questo argomento deriva.

Giorgiosan riflettendo dice: l'etica presuppone la capacità di scelta.

Quindi se io notassi un comportamento etico starei notando un comportamento libero.
Il fatto è che Giorgiosan dice anche che la volontà è in relazione con la vita biologica. La vita biologica dipende dai fattori ereditari e dalla relazione con l'ambiente. In questo senso bisogna comprendere se la relazione è causale oppure no. Perchè se la mia volontà fosse "dipendente" da questi fattori non potrei essere libero. Forse il mio comportamento sarà imprevedibile, ma questa imprevedibilità è epistemica, dipendente dai fattori ereditari o esterni, che una volta conosciuti mi permetterebbero di prevedere qualsiasi comportamento.



Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Considerare un sistema quantistico 'libero' può non essere un'assurdità solo se adotti una definizione assurda di libertà.

Ho adottato questa definizione: un comportamento (che si "osserva") può essere ritenuto libero se non è dipendente da altri comportamenti. Qualora non fosse dipendente da altri comportamenti io (osservatore esterno) non posso, nemmeno in linea di principio, prevedere questo comportamento.
Hai un definizione migliore?



Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Inoltre per osservare un comportamento quantistico, il sistema va preparato ed analizzato in certi modi e dunque il darsi del suo comportamento dipende dall'uomo. Se l'uomo non è libero di 'fare ciò che vuole' allora le stesse condizioni sperimentali non sono liberamente determinate (e tutto il metodo galileiano se ne va a farsi benedire...): dunque la realizzazione del sistema quantistico non è 'libera', ergo quel sistema non è 'libero' nemmeno secondo la tua definizione, visto ha bisogno di essere 'causato' dall'uomo per uscire dal regno della potenzialità.

Da questo punto di vista direi che la scienza ha bisogno che l'uomo sia in un qualche senso 'libero'... ne va dei suoi stessi fondamenti.

Bene, a me piace questo ragionamento però dovremmo riflettere meglio, è vero che le mie osservazioni sui comportamenti di questi sistemi, costringono loro a mostrarsi in qualche modo, ma i valori sono da questi "scelti" senza alcuna costrizione (l'interpretazione dice: casualmente, ovvero senza causa alcuna).
Il problema è che forse tu non distingui il comportamento osservato dal tipo di comportamento.
Facciamo un esempio alla portata di tutti: Io potrei osservare te mentre mangi. Io non posso costringerti a usare la mano sinistra invece che la destra per alzare la forchetta. Se ti osservo al massimo posso costringerti a farti vedere da me mentre mangi. Intanto però io sono certo che ti vedrò mangiare, ma non so quale mano userai per alzare la forchetta; quel "comportamento" (quale forchettà userai) è libero, non ti costringo io (ed ovviamente l'interpretazione piu in voga dice che non è costretto da nessun altro fattore) ad usare una mano anzichè l'altra nel momento in cui ti osservo. Il fatto che io non posso prevedere (ontologicamente) con quale forchetta ti vedrò mangiare ti permette di essere libero di usare la mano che vuoi da qualsiasi condizionamento esterno ed interno. Questa è la libertà... forse è utopica, ma è proprio quella che solitamente noi pensiamo di possedere (e Giorgiosan dice che, in genere, è posseduto dalla vita biologica).
La mia volontà, invece, di preparare un tipo di esperimento, è "causata" a sua volta dai meccanismi interni al mio cervello. Una volontà, libera da altri comportamenti, non potrebbe esistere in teoria.
Se la mia volontà invece non fosse causata da alcun altro comportamento (interno o esterno) allora io sarei libero di agire.
Io però non saprei riconoscere quando si è alla presenza di un comportamento libero ammesso che questo sia possibile, da qui la domanda.
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Vecchio 09-07-2009, 18.23.33   #7
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Riferimento: Come riconoscere un comportamento "libero"?

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Io però non saprei riconoscere quando si è alla presenza di un comportamento libero ammesso che questo sia possibile, da qui la domanda.
Accediamo al mondo in modo soggettivo. Non puoi dimostrare che un altro da te si comporti liberamente, ma solo supporlo con una ragionevole certezza, ecco perché ti invitavo ad osservare te, invece che le azioni altrui. Quando osservi me, giudichi le mie azioni solo in base a quello che faresti tu. Potrei essere anche uno zombie che simula il comportamento umano, così come tu potresti esserlo per me (vedi l'argomento degli 'zombie filosofici').

Ti viene sete e dunque la voglia di bere: chiediti se avresti potuto volere diversamente. A questo punto, però, puoi bere subito, dopo o iniziare uno sciopero della sete; dunque sembra che non possiamo scegliere se volere o no una cosa, ma possiamo scegliere di fare ciò che vogliamo, questo il senso della citazione di Einstein (Schopenauer). Liberi di fare ciò che vogliamo, ma non di volere ciò che vogliamo. Siamo liberi di fare ciò che vogliamo? Siamo liberi di volere ciò che vogliamo? E' necessaria solo la prima cosa per la nostra dignità ed autonomia di uomini?

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Ho adottato questa definizione: un comportamento (che si "osserva") può essere ritenuto libero se non è dipendente da altri comportamenti. Qualora non fosse dipendente da altri comportamenti io (osservatore esterno) non posso, nemmeno in linea di principio, prevedere questo comportamento.
Hai un definizione migliore?
Sono millenni che se ne discute, Il_Dubbio, e probabilmente, così come su altre questioni fondamentali, se ne discuterà finché esisterà l'uomo...
Vediamo: un'azione è libera quando è causata o scelta dal soggetto in questione, soggetto che naturalmente comprende nel momento di quell'azione tutto il mondo della sua mente, delle sue emozioni, desideri, intenzioni, credenze, pensieri. Oppure: un'azione è libera quando si sarebbe potuto fare altrimenti. E, per me, il soggetto deve rendersi conto di essere tale, l'agente dell'azione, affinché si dia la possibilità di valutare se la sua azione è stata 'libera' oppure no, secondo le definizioni suddette. Secondo queste mie premesse non ha senso chiedersi se una pianta, ad esempio, ha rivolto 'liberamente' le sue foglie verso il Sole o se esso sia 'libero' di bruciare.
Ripeto comunque, definire la libertà come vorresti esclude a priori ogni suo uso positivo in quanto siamo immersi in un mare di rapporti ed interconnessioni: ogni cosa sarebbe 'non libera'... dunque la tua mi pare una definizione che non serve a nulla, non ha significato come tu stesso ti rendi conto.


p.s. 'casualmente' non vuole affatto dire 'senza causa'! Il risultato del lancio di una moneta (testa o croce) è casuale ma non avviene senza cause. Il fatto è che la meccanica quantistica, la teoria fisica, non ci dice ben nulla sull'ontologia delle cose e questo anche, e soprattutto, secondo l'interpretazione dominante della teoria e della scienza; da ciò si deduce che il fatto che nella teoria non ci siano cause, eventi fisici, che determinino certi altri eventi significa niente più che questo e nulla permette di indurre sulle cose in sé. Affermare che l'acausalità o indeterminismo (non l'imprevedibilità!) siano 'ontologici' è una posizione filosofica, parecchio pesante per giunta, supportata da un 'realismo ingenuo' (→ la mappa -è- il territorio). Se la mappa (rappresentazione scientifica ipotetica) non è il territorio possiamo tranquillamente fare a meno di chiederci che voglia dire un 'caso' veramente operante a livello metafisico, astenendoci dal trattare la meccanica quantistica come una teoria dal carattere più speciale delle altre.
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Vecchio 09-07-2009, 18.28.32   #8
nexus6
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Queste nostre riflessioni non sono soltanto un pour parler, ma hanno importanti implicazioni a livello sociale e personale: infatti se sostieni che in nessun senso un uomo è libero di fare ciò che fa, come puoi addebitargli la responsabilità di un'azione, una qualsiasi azione? E, con Hume, come potresti essere orgoglioso di aver fatto qualcosa se la tua azione non è derivata da quel dominio di eventi che chiamiamo 'mente' e se non è stata il frutto di un'intenzione cosciente?

Anche se non siamo liberi, poiché un'analisi filosofica ci induce a crederlo, dobbiamo continuare a credere di esserlo altrimenti 1) la vita non varrebbe la pena di essere vissuta e 2) nessuno sarebbe responsabile delle proprie azioni.

In questo come in tanti altri ambiti, la vita dovrebbe sicuramente avere la meglio sulle analisi (talvolta pippe) mentali. Infatti sappiamo tutti, spero, il benessere che si prova quando si ha la sensazione di compiere in coscienza delle azioni liberamente. Che poi siamo stati in effetti "liberi", secondo le varie definizioni che possiamo inventarci, non conta nulla poiché quella sensazione non è stata un'illusione. Ed è quella che invitavo ad analizzare, piuttosto che le molteplici proposte filosofiche per definire questa tormentata parola. La libertà altrimenti finisce per essere solo un nome vuoto e razionale, un vessillo per questa o quella ideologia.
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Vecchio 09-07-2009, 23.38.17   #9
and1972rea
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Riferimento: Come riconoscere un comportamento "libero"?

Concordo con Nexus, ma io insisterei di piu' sull'approccio filosofico alla questione sollevata da Dubbio, e ,ponendomi la domanda al rovescio, mi interrogherei su come riconoscere un comportamento “non libero”, sia esso fisico, biologico o umano; ...in effetti, mi sembra assai difficile dimostrare alla ragione qualsiasi nesso che possa legare una causa ad un effetto (vedi Hume),...certo... il problema lo si puo' risolvere in modo apodittico, e induttivo, e “credere” aprioristicamente ad una sorta di ineffabile, invisibile legame ontologico fra cio' che chiamiamo causa e cio' che etichettiamo come effetto per il solo fatto di ritrovare l'uno e l'altra ordinati in una ravvicinata successione spazio temporale; ma anche in questo caso , la semplice credenza in una successione di cause ed effetti non spiegherebbe il circolo autoreferenziale che ne scaturirebbe nel dare un senso meccanicistico al Tutto, cioe' a tutta l'esperienza possibile...; finirebbe , infatti, che ciascuna causa , lungo questa catena chiusa ,lungo questa paradossale meccanica logica circolare, tornerebbe ad essere l'effetto di se' stessa, e viceversa, ogni effetto diverrebbe causa di se' stesso, in definitiva, la ragione dovrebbe comprendere come una causa possa produrre come effetto proprio se' stessa in quanto causa... , in questo paradosso e ' forse contenuto qualcosa del concetto di liberta'?...non saprei...
Fino a che conserveremo un' idea lineare e incompleta del rapporto fra gli elementi del nostro esperire ,sara' facile poter credere ai nessi di causalita' ed ai principi di determinazione ontologica e indeterminazone epistemica, e sopra questi costruire un mondo lineare e finito ,non libero, ma prigioniero e meccanicisticamente determinato e determinabile fino al proprio limite ultimo... , personalmente “credo” , invece, che l'Essere e cio' che da esso deriva sia molto diverso da come l'esperienza e l'abitudine ce lo faccia apparire nella vita di ogni giorno.
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Vecchio 10-07-2009, 23.08.28   #10
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da nexus6
Anche se non siamo liberi, poiché un'analisi filosofica ci induce a crederlo, dobbiamo continuare a credere di esserlo altrimenti 1) la vita non varrebbe la pena di essere vissuta e 2) nessuno sarebbe responsabile delle proprie azioni.


Non controbatto punto per punto altrimenti disperdo il concetto principale. Per alcune divergenze forse avremo tempo in altri argomenti.

Il punto che vorrei mettere in evidenza (ricordo che questo è anche un argomento che proviene da una discussione sull'etica) è che qualora qualcuno mi dicesse che per un comportamento etico ho bisogno di essere liberto, però poi dipenderei in toto dalla natura biologica di cui son fatto, metterebbe in rilievo un controsenso.
Evidentemente se sono libero non dipendo dalla natura biologica di cui sono fatto. Oppure il mio comportamento non è etico.
Forse sono pippe come dici tu, ma che senso ha parlare di "etica" se non siamo liberi?
O ammettiamo che le leggi che abbiamo scoperto sono insostenibili e sbagliate perché evidentemente non raccontano l'evidenza, oppure tutta la filosofia non ha alcun senso e quindi nemmeno questa discussione.
Il_Dubbio is offline  

 



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