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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
27-02-2009, 08.52.47 | #3 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
L’essenza di quello che propone la Nussbaum mi sembra essere questo: la religiosità ha una grande forza come sostegno alla convivenza degli uomini e come invito a cercare significati e valori che sorpassino quelli accolti superficialmente dagli uomini, ma presenta anche il rischio di trasformare questo suo grande potere in brama di dominio e sopraffazione non solo verso chi crede nel valore prioritario della cultura, ma di chi crede in religioni diverse, quasi che il valore della fede si estenda su una gamma di livelli diversi, dal più semplice (quella appunto dei semplici nello spirito) al più forte e intenso, che però ha il rischio di passare dalle sublimità dei mistici alla violenza cieca dei fondamentalisti.
E così la Nussbaum propone una specie di versione attenuata e più cauta (quella che io ho chiamato virtuale) della fede religiosa, una versione che quasi si avvicina al discorso della montagna: religione se non d’amore, di rispetto per gli altri, in quanto obbligati a vivere con noi in questo mondo terreno, qualunque sia la fede dalla quale ci sentiamo guidati: induismo, cristianesimo o, dirà qualcuno, taoismo e buddismo. Tu Giorgiosan dici, mi pare, che una tale fede non basta. Però il fatto è che escludere il fondamentalismo, e con esso tutto ciò che sa di guerre di religione, mi pare un risultato importante, almeno se, come tu stesso ammetti nel tuo ultimo messaggio, si deve partire da un umanesimo. E poi, sarebbe davvero una religione debole? O la più forte se, dando l'addio ai dogmi delle chiese e alle superstizioni dei popoli, lascerebbe alla fede la sua virtù essenziale, cioè quella di credere in un Dio che è solo assoluto. Una virtù, dunque, non certo virtuale. |
27-02-2009, 16.55.36 | #4 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
Citazione:
Mah... . Quelli che professano una fede religiosa si lasciano guidare dagli insegnamenti morali di quella, che sono sempre più esigenti di qualsiasi morale umanistica. L' umanesimo morale ha già come riferimento quei diritti universali dell'uomo codificati dalle Nazioni Unite. Vedi, i dogmi "irragionevoli" non entrano a fare parte della spiritualità profonda mentre quelli che fissano verità credute non sono di peso, al contario sono custoditi dagli stessi fedeli. La superstizione è una fede malata o infantile che non si sradica con la ragione perché alberga nei meandri complicati della mente. Prova ne sia che "soffrono" di superstizione anche persone di cultura. Infine anche supponendo che questa specie di "esperanto" religioso che è solo annunciato formalmente, mi sembra di capire, , come potrebbe prendere consistenza reale senza avere qualche principio basilare, senza almeno avere qualche regola morale definita, dei "dogmi" insomma. E ci sarebbe sempre un elite intellettuale che pretenderebbe di essere più razionale della massa, e singoli individui che per fascino personale o per capacità dialettiche guiderebbero questo movimento. ...E poi ci sarebbero pubblicazioni, libri, comunicazione che la ideologizzerebbero, per volontà di potere e per interesse economico. Non si chiamerebbe "chiesa", parola di origine greca, ma probabilmente con un'altra parola di origine "americana" che la farebbe "suonare" come nuova mentre in realtà sarebbe sempre la vecchia storia, solo più ingenua... ma l'ingenuità non è una virtù. |
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28-02-2009, 19.22.46 | #5 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
Citazione:
Poi la religione deve toccare i cuori, deve saper far vibrare i sentimenti, deve aver l'eroismo come modello. Questa capacità non si può improvvisare. |
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03-03-2009, 09.39.41 | #6 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
Tante belle parole, Giorgiosan, anche se proprio queste belle parole hanno coperto e coprono ancora il miasma che si addensa nelle religioni portandole a infierire l’una sull’altra e a trovare l’accordo solo nella gloriosa battaglia contro il relativismo di filosofi veri o presunti…. Per questo mi è parso saggio elevare una piccola lode a una religione virtuale, cioè a una religione che abbassi i toni, che non solo non abbia bisogno di eroi, ma neppure di genuflessioni e di incensi, cioè non costringa a battersi il petto per ottenere la libertà di pensare. E soprattutto ci eviti di dover consultare un catechismo per poter dare a Dio ciò che è di Dio: una serqua di attributi che rischia di produrre un rosario che non ha fine alla ricerca di ciò che sarebbe sufficiente a giustificare la fede, anche se è solo un atteggiamento virtuale, o uno slancio che possiamo racchiudere in un solo piccolo e mortale respiro.
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03-03-2009, 13.03.32 | #7 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
Citazione:
Ce ne sono già tante di religioni, purtroppo, e proporne un'altra non aggiungerà né toglierà nulla al mondo. Ti ho fatto notare come, a mio parere, fosse inconsistente il progetto della Nussbaum, pensiero debole e religione debole, dal momento che chiedevi: " Mi piacerebbe sapere che cosa pensino di questo tipo di religione spiritualizzata se non addirittura virtuale i credenti che frequentano il forum" Ma poi mi rispondi con la solita lagna sul catechismo, l'incenso, le genuflessioni e compagnia cantante. La Nussbaum riconosce invece una influenza positiva delle religioni e parte proprio da questo. Riguardo a quella che mi sembra una allusione al mio relativismo ho già precisato che è un atteggiamento pragmatico per il rispetto delle altrui visioni del mondo. Atteggiamento che ai fini di una convivenza pacifica fra i popoli e nella società mi sembra essere assai più efficace e più saggio. Come forma di fede religiosa mi sembra insuperabile quella insegnata da un maestro autentico: i veri adoratori adorano Dio in spirito e verità, né in questo tempio né in quello perchè il tempio autentico è la persona. E per fare ciò non c'è bisogno né di incenso né di catechismi...ma di eroismo sì. |
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05-03-2009, 08.46.10 | #8 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
Che dici Giorgiosan della famosa frase di Bertolt Brecht “Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi’”? Ma noi – e vedo anche tu – siamo ancora incantati dal mito dell’eroismo, intorno a cui s’è raccolta fin dall’origine la sapienza dei Greci, il popolo che ha dato inizio alla nostra storia. Vero che intanto dall’eroe dell’ira era nato l’eroe dell’astuzia e della saggezza, e alla fine la Grecia si era identificata nell’uomo kalòs kagathòs – modello di ogni rinascimento e di ogni vera cultura.
Per questo era forse giusto che alla base del Trattato Europeo fosse esplicitamente citata la civiltà greca. Tu dirai ovviamente che avevano ragione coloro che reclamavano che fosse citato il cristianesimo: forse era meglio citare entrambi, umanesimo classico e cristianesimo, però questo avrebbe rischiato di diminuire la portata universale della coscienza europea che si impone, se assimiliamo ad essa anche quella degli Usa, come modello di civiltà al di sopra di ogni differenza di sangue, lingua, religione. Perciò ho parlato di religione virtuale, cioè di una religione – priva di dogmi e di gerarchie - che certo non sembra prossima a esistere, anche se rappresenterebbe una risposta al tuo motto “ut unum sint” – purché ovviamente trascenda tutto quello che nelle religioni dei popoli sa ancora di etnico od ecclesiale, cioè di ombra e non sostanza di verità. A questo punto verrebbe quasi voglia di trasformare la frase di Brecht in qualcosa che potrebbe sembrare alle anime pie una bestemmia, ma che forse è un accostamento alla verità: “beati i popoli che non hanno bisogno di chiese”. |
05-03-2009, 15.06.00 | #9 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
Citazione:
Non c'è mai stato un popolo che non abbia avuto bisogno di eroi. Le gesta degli eroi non sono solo quelle eclatanti e dispensatrici di gloria pubblica, ma se si guarda alla storia per il progresso dei diritti umani, primo fra tutti la libertà, c'è stato bisogno anche di quelli. Per combattere la mafia come l'hanno fatto, consapevoli del rischio che correvano, Paolo Borsellino e gli altri è stato necessario agire eroicamente. Ci sono altre figure di riferimento: chi vuole essere onesto a tutti i costi, chi vuole essere giusto senza guardare in faccia a nessuno, chi s'impegna in un faticoso lavoro quotidiano per mezzo secolo, per mantenere la propria famiglia, chi vuole seguire sempre la via del bene...è un eroe e deve esserlo, nel nostro mondo umano. Un mondo che non ha bisogno di eroi è un mondo dove tutti sono giusti. Lascio a te la conclusione. Il significato di chiesa è assemblea che deriva dal francese assembler e significa unire insieme ... quindi preferisco: beati i popoli riuniti in un unica fede. La tua massima suona un poco solipsista e non compare la speranza. |
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06-03-2009, 07.20.27 | #10 |
Ospite abituale
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Riferimento: Una religione virtuale
Se tu, in un’aula paradisiaca, chiedessi a Borsellino se si sente un eroe, probabilmente egli risponderebbe - come rispondono tutti a una tale domanda – “ho fatto solo il mio lavoro”. Questo per dire che il termine eroe è ritenuto dalle persone oneste un termine equivoco, che gratifica, chi se lo assume, di una specie di aureola e personale glorificazione. Inoltre quel termine – a cominciare dalla mitologia greca (che è alla base della nostra cultura) rimanda troppo chiaramente all’uso della forza, scivolando irreparabilmente nell’idea di assassinio. Questo è l’eroe che sorge dal nostro passato, e se dall’Iliade all’Odissea sfuma nella figura dell'uomo saggio e prudente, non smarrisce il piglio del vendicatore, di colui che mette a posto le cose compiendo un massacro nell’isola profanata, trafiggendo e impiccando senza risparmio …..E non posso dimenticare che furono proprio i più sublimi poeti di Atene a trasformare l’epos nella tragedia, in cui quegli stessi eroi che Omero giudicava divini diventavano spettri d’inferno. E tutti sappiamo che il termine eroe è stato usato ed è usato per tutti i mostri politici partoriti da madre terra. Insomma, ad essere generosi è un termine equivoco, e più adatto al protagonista di una tragedia che al buffone di una commedia. Magari anche al combattente di una biblica o cristiana impresa condotta in nome di Dio o benedetta da un pontefice di romana chiesa. Gli esempi storici sono tanti da giustificare la lapidaria frase di Brecht.
Non ho speranza, Giorgiosan? Certo che ho speranza, ma solo in una religione virtuale. |