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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
20-02-2009, 14.40.54 | #4 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-09-2004
Messaggi: 2,009
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Riferimento: L'insegnante come filosofo: un'esperienza da raccontare
Citazione:
Non è facile dire quale sia il miglior modo d'insegnare, come altrettanto difficile è dire quale sia il modo migliore di esercitare il dovere di genitore. Dalla mia esperienza di discente posso dire che a suo tempo ho apprezzato maggiormente coloro che avevano la capacità di rendere amabile la materia che insegnavano e quelli che nel loro rapporto con lo studente permettevano ed apprezzavano la libertà intellettuale, libertà che a dire il vero, spesso era una capacità inventiva-dialettica che surrogava lo studio, in determinate materie. A proposito di questo ricordo con piacere un insegnante di filosofia che apprezzava più gli spunti personali piuttosto che la ripetizione delle nozioni che pur era importante apprendere...ma tutto questo è ovvio Delle scuole primarie non ricordo di particolari giudizi positivi riguardo agli insegnanti, né di giudizi negativi. Era un'altra scuola, però. con un impostazione disciplinare e didattica molto diversa da quella attuale. Per l' esperienza come docente mi sono fatto alcune convinzioni che, però, nel momento di manifestarle, mi sembrano anche queste piuttosto ovvie. Importantissimo è l'ascolto attento, allo scopo di decifrare il pensiero e quindi il punto di vista dell'alunno e quanto soggiace al suo pensiero ( che qualche volta è un vero crittogramma e sempre difficile.) Spesso la serenità dello studente e quindi l'apprendimento è compromessa da situazioni psicologiche extra scolastiche. Conoscerle è importante per non incappare in affermazioni che possono "risvegliare" il disagio e ferirle la persona. (Per lo più il disagio è dovuto a situazioni famigliari.) Per quanto riguarda l'insegnamento vero e proprio bisogna premettere che a questo soggiace sempre ed inevitabilmente la opzione fondamentale dell'insegnante o, come direbbe Epicurus, il suo personale sistema doxastico. Credo che sia valida una trasmissione nozionistica condotta fino a quel limite oltre il quale si deve esprimere un giudizio e/o raggiungere una conclusione che deovrebbe essere lasciata al discente; successivamente proporre il proprio punto di vista, senza imporlo. Forse è la stessa cosa che intendeva quella drammatizzazione suggerendo Socrate quale modello. Quando l'insegnamento ha una componente ludica nel metodo è evidente che risulta sempre più efficace. Angosciare in qualche modo lo studente sia pure con l'intento di stimolarlo all'attenzione o allo studio ha spesso delle conseguenze negative. Lo stimolo, che pure è necessario, deve essere dato facendo capire al discente che quello va unicamente a sua utilità. L'educazione in generale fonda su un punto preciso, formare la cosienza del limite, anche per quanto riguarda la fantasia di cui i giovani sono così dotati da non dover essre sollecitati; questo per trasmettere loro un certo realismo che contribuisce all' equilibrio. Ed infine, insegnare loro il metodo per studiare ed il metodo per organizzare quanto imparano. Ho buttato giù in ordine sparso queste poche considerazioni di varia natura che potranno essere estese e precisate, eventualmente nel corso del dialogo. ( P.S. Ho una, se pur breve, esperienza di insegnamento anche nelle scuole elementari e per questo ho espresso un giudizio sulle difficoltà da parte degli alunni di recepire i significati di quella drammatizzazione, anche da quellli delle ultime tre classi ) Ultima modifica di Giorgiosan : 21-02-2009 alle ore 07.57.31. |
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20-02-2009, 20.27.17 | #5 | ||||||
Panta rei...
Data registrazione: 28-01-2006
Messaggi: 181
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Riferimento: L'insegnante come filosofo: un'esperienza da raccontare
Citazione:
Questo discorso degli spunti personali è importanti ma viene in un certo senso dopo perchè presuppone che l'insegnante abbia già avuto successo nello stimolare lo studente ad essere creativo, e ciò presuppone che lo studente già abbia capito che imparare è ripercorrere un percorso che l'insegnante ha già fatto. Citazione:
Io delle scuole primarie direi che avevo avuto un'esperienza tutto sommato positiva e basata su esperienze dirette, ad esempio nel libro di storia si leggevano fonti dell'epoca di come i vari popoli si descrivevano a vicenda, le descrizioni di una stessa battaglia dal punto di vista di tutti e due i fronti e così via. Spesso per studiare scienze si portavano piantine e piccoli esperimenti ma ciò mi sembra quasi indispensabile. Forse l'insegnamento della matematica era molto astratto e a volte gli insegnanti ci insegnavano metodi di calcolo a volte più complicati del necessario (perchè sapere la tabellina del tre fino a 3*9 quando per sapere quanto fa questo risultato basta sapere quanto fa 9*3 ?). Citazione:
Effettivamente la situazione psicologica della studente influenza moltissimo l'apprendere. Nel vedere un alunno che non riesce a dimostrare di aver appreso, conoscere la sua situazione è essenziale prima di rimproverarlo. Io però sarei contrario a sistemi di valutazione (o perlomeno a bocciature) nelle scuole primarie perchè occorre acquisire molta esperienza per essere consapevoli di come puntare bene all'obiettivo dell'apprendimento. Prima di imparare a vincere si devono imparare le regole del gioco e occorre aspettare che tutti imparino le regole senza giudicare chi ci arriva prima e chi dopo. Citazione:
Citazione:
Sono d'accordo con te. Penso che tu intendi dire che per angosciare lo studente tu voglia dire che l'insegnante vuole che sia capito lui dallo studente e non viceversa. Io voglio sempre che sia l'insegnante a capire lo studente. Citazione:
Ad essere precisi quella recita doveva essere di bambini di quinta elementare e dunque non aveva intenzione di dire ai bambini metodi di insegnamento di cui non avevano ancora esperienza ma di esplicare un'esperienza di essere alunni che avevano già iniziato e che è valida in generale per tutta la vita da studenti. |
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20-02-2009, 23.22.15 | #6 | |
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Data registrazione: 02-02-2003
Messaggi: 2,614
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Riferimento: L'insegnante come filosofo: un'esperienza da raccontare
Partendo dal presupposto che i bambini non sono dei deficienti
ma esseri viventi in grado di sentire profondamente il senso dell'assurdità di alcuni avvenimenti del quotidiano mondo umano, direi che la loro stessa curiosità verso i perché delle cose è possibilità di graduale maturità nel discernimento. Provocatoriamente inutile e destabilizzante mirare invece ad una modalità in cui di fatto si mira non alla sintesi della comunicazione-sentimento(=lo sviluppo attraverso l'osservazione) ma all'indottrinamento per contenitori(la discriminazione nell'individuazione di figure centrali nella loro funzione di esercizio); criticità che può in tale modalità appartenere alla coscienza adolescenziale e non a quella di formazione base della personalità, dove i pilastri devono essere di contenuti diretti effettivi e non "per negazione" fosse pure in modalità 'latente'. Perciò utile è accudire all'osservazione della semplicità racchiusa nel molteplice senza il suggerimento/introduzione di un passo da compiersi solo dopo il primo, quello della ricerca del vero per confutazione di sintesi e non nell'identificazione del potere di funzione che riveste. Insomma, sviluppare uno spirito critico significa potenziare la capacità di osservazione già fortemente presente nel bambino ancora poco condizionato e che non ha bisogno d'indottrinamento direttivo ma di sintesi espressa. Citazione:
La coscienza di un'esperienza deve essere il frutto cui si tende(cui tende l'insegnamento) e non l'insegnamento che si offre; Se si stimola la ricerca della sintesi non ci sarà bisogno di incitare alla sua scoperta attraverso la discriminazione operata per figure chiave di ruoli (madre/stato o chi per loro!). La mia posizione dunque non si distanzia dalla vostra (Heraclitus/Giorgiosan) essenzialmente. Gyta |
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