a Gianni Vattimo
A Gianni Vattimo
di Giancarlo Petrella
E chi fu discepolo di Orione?
Orione che fu padre del pensiero.
Tu Gianni, dispensatore di idee,
onore di questa Italia rea;
unita a l’ignoranza,
divisa dai signori.
Nessun poeta te usa omai come dea.
Perì la speme mia:
veder in calli ‘l dir del cielo e terra.
Neppur Arimane riesce a condurre
li italiani al pensiero.
Sì è morta sia del vero
e del falso ricerca.
Ma allor un italiano anco in sé serra
di Platone la sede,
non fa come lui, cui guadagna e merca.
Un giorno Arimane combattè
con la Luce, e Lui vinse,
per questo vive ‘l male,
per questo Dio l’uomo fece mortale.
Poi vien Lui ed i suoi greci,
furo de la Luce reincarnazione,
per combattere ‘l forte Arimane.
Poscia ai tempi dei cesari,
‘l soldo e la vanità vinse ‘l tutto.
Sciagurata Italia:
ignorante nazione!
Orione fu punito dagli dei,
malvagi più de l’uomo,
i suoi figli erraron per le nazioni.
Di loro uno sei tu, oh mio Gianni, e poni
a noi penseri novi.
Cavalier del pensiero,
sei contro i metafisici titani,
contro i molti cristiani,
che negan la ragione,
l’arte, l’uman ingegno e non rispondono
al ché dei bimbi ‘l male.
Tu che hai compreso l’indebolimento
de l’essere, insegni teoria e l’azione,
profeta di una infelice nazione.
Tu che non credetti a quella fabula
sull’uomo, di Adamo e del suo pomo.
Tu sopporti l’abisso de l’errore,
e ne gusti ‘l sapore.
Poiché sai, come disse ‘l Risvegliato,
lui che dominò ‘l fato,
che cui sbaglia migliora,
che la verità si modella a l’uomo,
come per Phidia ‘l marmo.
La tua dottrina amica
è per il pio omo angelica; nemica
è a la dolente figlia del sistema:
Kant trema! Tuttavia non col pensiero
le mie cure e speme armo,
ma con la figlia bella di Orfeo,
che dona infiniti doni, tien lampi
e tuoni, dice dolcissimi suoni.
Pace a loro che gran l’Italia feo.
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