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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
25-12-2007, 01.17.53 | #12 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Nativita'
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quante poche cose si capiscono dell'altro parlando attraverso la realtà virtuale!!!!!! purtroppo non sono filosofo e non mi curo di essere ritenuto tale....mi piacerebbe tuttavia poter avere la forza argomentativa che altri hanno dimostrato in questo topic prima di me...mi stupisce tuttavia come dall'alto di questa forza intellettuale molti cadano nella banalità di domande che sarei meno stupito di vedere nelle indagini di casistica epidemiologica o nei trattati di fisiologia o - perchè no - negli interessantissimi oroscopi dei periodici di gossip..perchè proprio io e non un altro? perchè ( ne è piena la cronaca di questi giorni ) la meningite ha colpito proprio quel tale invece di quell'altro? perchè quella tegola malmessa è caduta proprio sulla testa di quell'ignaro passante e non su quello che l'aveva di poco preceduto sullo stesso marciapiede? leggendo un trattato di fisiologia umana si legge che gli spermatozoi devono avere come condizione fondamentale della loro capacità procreativa una certa motilità che permette di percorrere il tratto ( per noi piccolissimo ma per loro è una bella sfacchinata ) che li divide dalla cellula uovo....chi più si muove dunque ha più possibilità di arrivare per primo..e tra questi il vincitore sarà chi non incaglierà nella accidentata vischiosità della mucosa dell'utero.....poi piglio un trattato di epidemiologia e leggo che in Italia ogni anno ci sono sui 900 casi di meningite all'anno etc etc.......e la buona stella magari quel giorno non transitava nelle vicinanze del segno del malcapitato passante etc. etc. ...... ora a fronte di questi interrogativi filosofici fondamentali ( il "perchè l'Essere e non il Nulla" del dilettantismo filosofico da indigestione di prelibatezze natalizie ) perchè scomodare un Essere tanto assoluto e infinito che annoiato di questa scocciante eternità si veste dei panni della persona, si fà volontà cosciente, diviene centro di atti intenzionali coscienti, si fà tutta emotività tanto da dispensare amore per i misericordiosi e ogni tanto, per atto del suo imperscrutabile e insindacabile giudizio, scaglia dalla sua barba una saetta sulla testa del tale il cui unico errore quel giorno era stato di non aver avuto il tempo di sfogliare l'oroscopo giornaliero per vedere se era il caso di barricarsi in casa o di correre a scavezzacollo a comprare il biglietto della lotteria? Che differenza c'è tra un Dio così concepito e l'esistenza di un comune mortale preso a caso, esistenza che di per sè porta inevitabilmente gli attributi della finitudine, limitatezza, irripetibilità......racchiusa negli invalicabili confini temporali della nascita e della morte....buttata in un corpo che è situato in un preciso punto dello spazio, non ubiquitario..hic et nunc....se Dio è infinito può contenere parti che lo compongono? se è assoluto può dividersi in volontà e intelletto? può lacerarsi in una emotività grossolana, primordiale, quasi carnale? un Dio infinito, concepito come infinito, può essere allo stesso tempo trascendente? può contenere in sè l'altro-da-sè senza cadere in contraddizione con sè stesso.....un Dio infinito e trascendente può contenere in sè il limite di sè ? .... ora io non so tu se credi in Dio o in quale Dio credi ma da quelle poche righe che ho letto ricorreva questo termine Dio...poi parli anche del consensus hominum, che, sinceramente, tra le prove dell'esistenza di Dio è, per me, la meno convincente...tanto più che leggendo jung tale presenza del concetto di Dio nella stragrande maggioranza delle culture, anche le più primitive, non dimostra assolutamente l'esistenza di qualcosa di reale corrispondente a quel concetto.....potrebbe al più dimostrare che la struttura del nostro inconscio porta tra le tante immagini archetipiche di cui si suppone esser composto ( immagini che sono infinite ma riconducibili a pochi "complessi" o archetipi fondamentali ) anche l'idea ( archetipo cioè "tipo" originario ) di un essere infinitamente potente, da cui sentiamo che la nostra vita dipende....tutto l'immaginario conseguente a questo archetipo, tutte le figure attraverso le quali la mente cosciente tenta di rappresentarsi questo archetipo, sono appunto modi di rappresentazione di un qualcosa che in sè non è rappresentabile, pena la perdita della carica suggestiva o "fascinante", della effettiva profondità e immensità ( di per sè inattingibile perchè costitutiva dell'inconscio ) del complesso stesso ( da qui anche la funzione apotropaica della religione o anche la religione come rimedio alla paura dell'ignoto, del terribile che potrebbe accadere, etc. )....che la stragrande maggioranza degli uomini creda in un Dio padre, che si sdoppia nell'immagine contraddittoria dell'amorevole e misericordioso creatore e del terribile e spietato punitore ( segno della sfuggente e non univoca rappresentabilità del contenuto inconscio ) io, da dilettante della filosofia o, come preferisci, da pseudo-filosofo o sofista o empirista di grado zero ( cosa che non mi tocca affatto perchè dal basso della mia insipienza non mi mancano tuttavia i mezzi mentali e intellettuali per non riconoscermi empirista ), non me ne curo...perchè la stragrande maggioranza delle persone potrebbe pensare anche che è il sole che gira attorno alla terra senza che effettivamente sia così...o quante altre cose il senso comune o la fede insegna che trova il consenso della stragrande maggioranza delle persone ma non trova il consenso della stragrande maggioranza dei filosofi, degli studiosi e della comunità scientifica? la stragrande maggioranza delle persone crede anche che ci sono le cose fuori di noi, che queste cose così come le percepiamo/conosciamo hanno un'esistenza indipendente dalla nostra percezione e dalla nostra categorizzazione intellettuale...bè io non me ne curo e non sottoscrivo in pieno l'ingenuità dell'evidenza apodittica..e tanti filosofi e pensatori ( stavolta non dilettanti ) non l'hanno fatto e non lo faranno in futuro, nè si sentiranno in dovere di far tacere la propria ragione e il proprio senso critico solo perchè la maggioranza delle persone la pensa al modo opposto......ecco perchè il SAPERE AUDE, "abbi il coraggio di servirti della propria intelligenza"....e aggiungerei "non curarti se servendoti della tua intelligenza arriverai a conclusioni anti-conformistiche e discordanti dalla massa...anzi fattene un vanto....perchè i grandi passi dell'umanità sono stati i salti nel vuoto di grandi pensatori come Socrate, che hanno pagato caro il loro anti-conformismo e la loro insofferenza verso le verità pre-confezionate" Comunque sia senza rancore verso nessuno, non capisco emmeci come tu abbia voluto vedere nelle mie frasi un attacco a quello che dicevi..forse in fondo ti riconoscevi nelle mie critiche? in questo post ho solo voluto di nuovo dare prova della mia insipienza e del mio più basso dilettantismo..mi scuso con i grandi amatori di filosofia per la perdita di tempo e per aver affollato il topic interessantissimo di vuoti e sterili caratteri tipografici....ritorno perciò alle mie occupazioni più fruttuose....che vista l'ora sarà DORMIRE credo Buonanotte...... |
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25-12-2007, 09.38.45 | #13 |
Ospite abituale
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Riferimento: Nativita'
Naturalmente il messaggio qui sopra era indirizzato a Sileno, non a Donella: che ringrazio per l’attenzione che vuole riservarmi, impreziosita da ricordi e sentimenti tanto tenaci da poter riaffiorare ora insinuandosi delicatamente e mirabilmente fra le righe di un etereo colloquio…..Forse non si tratta di righe tracciate sull’acqua come quelle che il poeta non osava quasi più scrivere ma di parole che aiutano a vivere anche chi non crede più nel Gesù bambino.
Sileno! Niente attacchi ad personam, naturalmente, perché qui giocano solo le idee, anche se il lato più conturbante di questi eterei colloqui viene, io credo, dal fatto che ci si conosce solo attraverso accenni, presunzioni o pregiudizi…..D’altra parte come è possibile altrimenti? Non basterebbe una carta d’identità un po’ più ricca di quella che qui mostriamo, forse ci vorrebbe un libro intero. Comunque ti devi accontentare, per quanto riguarda me (cioè la mia filosofia) di un solo messaggio anche se quasi lungo come l’ultimo tuo…. l) Base del mio pensiero è la certezza che una verità assoluta c’è, anche se non la conosciamo e se potrebbe avere qualsiasi forma (per esempio che l’essere è soltanto fisico, oppure che la verità assoluta è Dio, che l’essere è oppure che l’essere non è, e giù lungo le mille verità della religione, della scienza e della filosofia. Di più: la verità assoluta c’è anche se essa dovesse implicare che la verità assoluta non è razionale ma assurda, e perfino che una verità assoluta non c’è: ma in ogni caso una verità assoluta non può non esserci per una sorta di logica autoevidente e autofondantesi. 2). Nello stesso tempo ci rendiamo conto che noi siamo in grado – col nostro pensiero o col nostro essere intero - di cercare questa verità, pur non avendo nessun affidamento che sia possibile raggiungere questo obiettivo se non il raggio che da quel fine assoluto si irradia verso di noi e che non ci dà certezza di poterlo raggiungere, facendoci piuttosto sentire che la ricerca debba non interrompersi mai – così come, intorno a noi, quel divenire del cosmo che sembra riverberare all'infinito la nostra ricerca. In fondo è come se nel mio pensiero (e nell’intero universo) esistessero due assi: uno verticale - teso verso l’assoluta verità - l’altro orizzontale, che è l’asse dell’evoluzione e della storia. 3) Né sull’asse verticale né su quello orizzontale s’incontra un Dio in quanto assoluta verità: su quello verticale perché la ricerca di Dio comporta il trascendimento di ogni realtà e Dio si ridurrebbe a un nulla assoluto – su quello orizzontale perché Dio dovrebbe essere infinito e finito, qualcosa che dovremmo sempre incontrare e non incontrare mai. Quindi rinuncia a tutte le metafisiche e le mitologie, ossia a tutte le superstizioni, le certezze religiose scientifiche e filosofiche: il corrispettivo della verità assoluta è il dubbio assoluto, che solo le è comparabile anzi ne è il piedestallo che, se lo togli, fa sparire anche la verità. Dunque l’ateismo non è inconfutabile anche se Dio potrebbe essere immensamente lontano, come è lontano e irraggiungibile l’assoluto trascendente o immanente. E ora l’ultima domanda, che non rivolgo solo a me stesso: concepire Dio così, cioè come l’essere che è tanto trascendente da considerarsi come non esistente e tanto disteso nell’essere da non distinguersi più da ciò che banalmente avviene – significa ancora essere religiosi? A te, se vuoi, l’ultimo giudizio. |
26-12-2007, 09.04.02 | #14 |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-07-2007
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Riferimento: Nativita'
1) d'accordo sul primo punto....non sono nè scettico nè nichilista...esiste la Verità assoluta....non per la strada del procedimento elenctico però....più probabile l'ipotesi dell'evidenza auto-fondantesi
2) d'accordo sulla impossibilità dell'uomo di contenere l'infinitudine dell'Essere-Verità nella limitatezza dei suoi processi conoscitivi...credo che il passo più significativo nella direzione di un avvicinamento ( non sostanziale - quindi per nulla soddisfacente - ma in un certo senso significativo ) è la riflessione trascendentale e il procedimento dialettico ( che va epurato tuttavia dagli esiti assolutistici e logicistici a cui perviene Hegel )...il pregio della dialettica sta nell'aver individuato nella sintesi degli opposti l'unica via praticabile dalla limitata conoscenza umana di poter avere un concetto dell'Essere infinito ( concetto ahimè umano....che nel momento che crede di avvicinarsi all'Essere irrimediabilmente se ne allontana ) ..... il suo più grande difetto sta nell'aver creduto di poter trasporre sul piano reale la suddetta sintesi .... soggettività ed oggettività secondo me sono due poli che per il momento è bene tenere distinti ( un passo indietro verso Kant dunque ) Inoltre credo che non sia l'Essere a farsi innanzi all'uomo.....è l'uomo che cerca avidamente l'Essere....l'Essere non ha bisogno dell'uomo ( Essere come unica Sostanza - res qui nulla alia re indigeat ad existendum ) 3) essere religiosi è il voler necessariamente condensare il senso di infinito ( che l'uomo esperisce come l'altro-da-sè..come esperienza connotata in senso negativo e quindi come conoscenza che non produce alcuna sintesi e dunque alcun ampliamento contenutistico ) nel simbolo e dunque nell'immagine..la religione può essere un momento fondamentale dunque della fenomenologia dello spirito ma non ci dice nulla di nuovo sull'Essere che è il vero polo d'attrazione dell'anima umana..la religione non ci avvicina alla Verità....la filosofia nel suo sviluppo storico, la collaborazione delle generazioni di studiosi può produrre un avvicinamento non sostanziale ma significativo...la realizzazione dell'uomo riposa nella filosofia.... Avevo già risposto ma non sono stato pubblicato....inconvenienti della pubblicazione non in tempo reale..... Scusate ancora la pochezza delle osservazioni..spero di avere il tempo di poter approfondire il discorso molto interessante ( al momento l'otium mi manca....e ne vorrei davvero tanto perchè porsi tali domande è quanto di più importante l'uomo possa attendersi da questa misera e limitata esistenza ) |
26-12-2007, 14.29.40 | #15 | ||
Ogni tanto siate gentili.
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Riferimento: Nativita'
sileno
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Riassumendo, è in questo modo che Ferdinando Divisi, l'autore di questa prosa, avrebbe risposto a tutti gli interrogativi posti, ed io, ripetendo quello già scritto su questa sezione, la dove si chiede se è giusto il suicidio, continuo ad affermare che qualsiasi domanda ci poniamo, prima di farci quella primaria riguardante la nostra presenza su questa terra, non ha senso, poiché è come voler leggere un libro giallo partendo dalla fine, dove nemmeno li la risposta è indicata. Daccordo è solo la mia opinione, ma questao assunto non può essere semplicemente liquidato, come giustamente già ha fatto emmecì per altre obbiezioni, affermando che se non parliamo un po di tutto, i forum nemmeno aprirebbero. Questa mia osservazione va ad evidenziare tutte le discussioni che noi affrontiamo in filosofia ed in altre sezioni, senza mai arrivare, secondo il mio punto di vista, a delle conclusioni condivisibili. E allora: che senso ha? Ciao Giancarlo. |
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27-12-2007, 15.09.37 | #16 |
Ospite abituale
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Riferimento: Nativita'
Certo, katerpillar. Riunendo quello che hai detto sotto il tema del suicidio e quello che dici qui, cioè che per poter rispondere a tali domande bisognerebbe conoscere preventivamente qual è il senso della vita, che neppure il sapientissimo Salomone sapeva (ciò che non gli vietava di convivere con trecento regine e settecento concubine), altrimenti – suppongo – c’è il rischio di avere una risposta che è solo un’opinione infondata o uno sfogo ispirato da una momentanea indigestione o da un fatto di cronaca, ci rendi molto più difficoltoso e impegnativo il nostro intervento, perché è come dire che dobbiamo in qualche modo conoscere la risposta prima ancora che si formuli la domanda ….. Forse gli esperti di ermeneutica sarebbero in qualche modo d’accordo, visto che questo sembra, non voglio dire un giro vizioso ma quella favolosa scoperta della filosofia che è il “giro ermeneutico” – altri però potrebbero obiettare che una tale capacità di avere pronta la risposta prima della domanda potrebbe essere riservata solo a dei religiosi inconcussi e ferrati, non religiosi ancora in cerca di verità come quelli che Rosy Bindi chiama cristiani adulti, suscitando rimbrotti da parte di colleghi teocom.….Sì, forse ci sarà qualcuno che anche senza essere dichiaratamente religioso, avrà la risposta pronta, cioè avrà una fede sostitutiva, per esempio una fede scientifica, ma chi dovesse veramente essere ancora incerto su quale professione e destino adottare….? Verrà dunque sempre un momento che bisogna gettarsi e tentare. Ed è una situazione niente affatto disonorevole perché è quella, sia pure in formato ridotto, in cui per me si trova da sempre l’umanità: convinta che la verità assoluta c’è anche se non la conosciamo, e a noi è dato solo cercarla – cioè osare di scoprirla magari rispondendo ai temi di questo forum, che incita a parlare con chi non si sa, di primo acchito, non solo se sia sensibile alla religione, alla scienza o alla filosofia, ma neppure se sia femmina o maschio, e se sia un giovane con la vita davanti o uno stagionato come me che deve ricorrere all’ironia per mantenersi all’altezza della situazione
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27-12-2007, 15.49.37 | #17 |
Ospite abituale
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Riferimento: Nativita'
non dico che uno deve porre le domande con la risposta già in tasca.....ma almeno sapere se si sta parlando della stessa cosa quando si adopera lo stesso vocabolo lo ritengo essenziale.....faccio un esempio: se io parlo di Dio e intendo col termine l'intelligentia che sembra condurre ogni cosa di questo mondo a un fine tale da far sembrare che in ogni cosa vi sia il germe che la porta alla perfezione essenziale ( non è quello che penso..è solo un esempio ) e un altro parla di Dio intendendo magari il Dio della tradizione cristiana, trascendente ma vicino all'uomo, misericordioso ma terribile, lontano dal mondo ma antropomorfizzato all'inverosimile.....come faccio io a porre le giuste obiezioni alle sue argomentazioni? lo devo scoprire piano piano?....lo devo fraintendere?....devo porre delle obiezioni inutili per poi sentirmi dire che magari un termine era usato in maniera figurata mentre io lo intendevo in maniera letterale?
per quanto riguarda le divergenze sono inevitabili e sono poi il motore della filosofia....è la dimostrazione che nessuno possiede la Verità.....nessuno può svelarla...perchè la Verità non è nella conoscenza e tantomeno nella logica...la Verità è nell'oggettività, è quanto di più oggettivo vi possa essere |
27-12-2007, 18.57.17 | #18 | |
Ogni tanto siate gentili.
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Riferimento: Nativita'
emmecì
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Caro amico non virtuale, permettimi di considerarti tale, io non pensavo affatto che si dovrebbe conoscere la risposta prima ancora che si formuli la domanda, anzi tutt'altro; piuttosto perché io pongo il significato della vita prima della morte, che appare come ultima in termini di tempo (normalmente). Dunque: la morte come un evento finale nella lunga filiera della vita. Allora, come saprai o avrai imparato a conoscere il mio modo di pensare, che reputo alquanto semplice e lineare, nel senso tecnologico: se io non conosco nulla di questa vita non ho nessuna seria possibilità di dare spiegazioni o interpretazioni sulla morte, né se si abbia il diritto o meno di farla finita prima o di prolungarla all'infinito, poiché non conosciamo il suo valore . Quindi: non ho immaginato indigestioni di nesun genere, ma, dal mio punto di vista, un semplice complicarsi la vita. Certo, questo è un "difetto" che hanno tutti i tecnici: quello di cercare di comprendere quello che viene prima e non andare alla fine di un qualsiasi processo fisico, chimico, o elettrico. Pertanto il mio intervento era guidato solo da questa metodica che, volendo, come paventi tu , potrebbe rientrare nell'ermeneutica, ma che da me è ritenuta una mia limitazione, perché non so adoperare altri sistemi di discussione o di ricerca. In definitiva, e per chiudere, la mia domanda si poteva ridurre a questo: non conoscendo il valore della vita, che significato possiamo dare all'interruzione o al prolungamento di essa? Ecco: questa era la mia domanda sulla morte. Per caso l'abbiamo quotata qui, ma chi legge ne avrà compreso i motivi. Anche se, per amore della verità, in fondo vi è un'altro motivo per cui ritengo valido inizire dal principio, perché in cuor mio sono convinto che, una volta venuti a conoscenza del "nostro perché", tutto il resto si scioglierebbe come nebbia dopo la venuta del sole, e forse potremmo comprendere anche, come mai qualcuno preferisce anticipare quella morte che, normalmente, incute tanto timore? Ciao. Giancarlo. |
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28-12-2007, 10.33.21 | #19 |
Ospite abituale
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Riferimento: Nativita'
Parlo immaginandomi di essere uno scienziato che, per ragioni sue personali, spinto al culmine del sopportabile, sia tentato dal suicidio: egli sa tutto della vita ma si rende conto che davanti alla morte rimane al livello di conoscenza non dico di Amleto ma di un selvaggio, anzi del primo ominide che ha abitato la terra - e davanti alla morte, nell’imminenza del colpo fatale, che cosa gli serve sapere che cosa è la vita? E poi, come può dire di conoscerla veramente visto che non avrebbe mai previsto di arrivare a questo punto di disperazione? Qui egli si trova come un bambino che si affaccia sul mondo, e la sua intelligenza il suo sapere non contano più. Forse è questo il mistero della morte: che se l’uomo può con la sua intelligenza arrivare a conoscere ciò che è la vita, e questo vale a definire il suo stato di adulto rispetto allo stato infantile, non sa nulla e non saprà mai nulla di ciò che è la morte – un abisso di tenebra o meglio un essere che non c’è, una soglia che nessun genio e nessun eroe può valicare. Un evento – diciamolo pure - che dopo millenni di scienza, filosofia e religione – è sconosciuto ad ogni vivente, e pur non ponendo ostacoli o limiti al nostro pensiero, ha una potenza quale un tiranno auspicherebbe per sé e non potrà avere mai, neanche se fosse Dio stesso – perché dopo tutto Dio è la vita – e il resto è silenzio.
Ma guarda gli imprevisti di un sapere computerizzato! Abbiamo incominciato con la natività e siamo arrivati a chiederci – colpa o merito della tua agilità mentale – che cosa è la morte. |
28-12-2007, 22.14.02 | #20 | |
Ogni tanto siate gentili.
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Riferimento: Nativita'
emmecì
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Mi spiego, lo scienziato che è tentato dal suicidarsi: ho sa veramente tutto della vita, o ancora non sà la verità sulla vita, perchè nel teorema completo che la riguarda, credo che la morte sia la cosa più facile da comprendere; infatti, non vi vedo dietro grandi misteri, giacché la morte rientra nelle leggi della materia, in cui "Nulla si crea, nullla si distrugge ma tutto si trasforma". Questo concetto scientifico è vero che riguarda l'arida materia e non lo spirito che alberga in noi, ma tanto arida non dev'essere stata questa materia se qualcuno ha affermato che è la stessa ha creato la vita. Dobbiamo tenerlo in considerazione questo fatto o restiamo sul carrozzone incantato del dio unico? Lo so; so perfettamente che parlare con l'accetta in mano su questi argomenti, finisco sempre per troncare le discussioni, ma cerco di rimanere con i piedi in terra...... Per non volare insieme ad i miei pensieri. Per concludere, caro emmeci, l'assunto da te fatto, a mio modo di vedere, non può essere considerato valido, come esempio sull'argomento, poché lo scienziato che sa tutto sulla vita avrebbe saputo tutto anche sulla morte, poiché essa ne fa parte: non è una cosa evulsa, ma la fine di un certo tipo di vita: di questo tipo di vita. |
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