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Vecchio 16-06-2007, 18.48.56   #1
emmeci
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Principio antropico

Tutti i libri di divulgazione che trattino di cosmologia parlano, di solito nelle ultime pagine (quelle in cui l’autore sente l’impulso ad aprirsi alla filosofia) del “principio antropico”. Suppongo che sia noto, esposto per esempio come segue: “I parametri che hanno regolato lo sviluppo dell’universo in tutte le sue fasi e che ancora lo fanno esistere risultano indispensabili alla comparsa dell’essere umano: se fossero stati anche di pochissimo diversi, noi non saremmo qui a parlarne”. “Il principio antropico – dice Hubert Reeves – può essere riassunto così: dato che esiste un osservatore, l’universo ha le proprietà che si richiedono per generarlo” lasciando a ognuno la possibilità di trarne le conclusioni che crede. Sembra – anche se non osa affermarlo – che l’universo sia stato prodotto per l’uomo e, in ultima analisi, per l’avvento dello scienziato.
Mi sembra – ma forse sbaglio – che questa argomentazione ricordi il vituperato finalismo dei secoli passati, e in particolare l’orgoglio degli osservatori – filosofi e teologi – che, almeno finché non fu accertato che la terra “si muove” – credevano l’universo fatto per la terra, la terra per l’uomo e l’uomo per obbedire alla chiesa.
Dobbiamo dire allora che siamo qui per caso? O perché semplicemente la realtà è fatta
in modo da creare una terra e una vita, probabilmente insieme ad altri miliardi di terre e di vite? O quell’asserzione “antropica” cela in sé un brivido di paura, quasi che chi la formula – scienziato o teologo - ricordando la celebre frase di Leibniz si sia chiesto – e sarebbe questa una prova di umiltà cristiana - “perché io invece del nulla?”.
(Certo che il problema si farebbe assai più spinoso nel momento in cui fosse accertato che esistono altri esseri viventi nell’universo, esseri sotto o supertecnologici, amici o nemici, dotati o no di senso morale…..Allora sì gli assertori del principio antropico sarebbero messi alla prova e impegnati a renderlo….più debole o più forte? E sarebbe nulla di fronte al panico di coloro che credono in una chiesa di questa terra).
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Vecchio 16-06-2007, 22.32.21   #2
katerpillar
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Riferimento: Principio antropico

emmeci
Citazione:
Tutti i libri di divulgazione che trattino di cosmologia parlano, di solito nelle ultime pagine (quelle in cui l’autore sente l’impulso ad aprirsi alla filosofia) del “principio antropico”. Suppongo che sia noto, esposto per esempio come segue: “I parametri che hanno regolato lo sviluppo dell’universo in tutte le sue fasi e che ancora lo fanno esistere risultano indispensabili alla comparsa dell’essere umano: se fossero stati anche di pochissimo diversi, noi non saremmo qui a parlarne”. “Il principio antropico – dice Hubert Reeves – può essere riassunto così: dato che esiste un osservatore, l’universo ha le proprietà che si richiedono per generarlo” lasciando a ognuno la possibilità di trarne le conclusioni che crede. Sembra – anche se non osa affermarlo – che l’universo sia stato prodotto per l’uomo e, in ultima analisi, per l’avvento dello scienziato.
Mi sembra – ma forse sbaglio – che questa argomentazione ricordi il vituperato finalismo dei secoli passati, e in particolare l’orgoglio degli osservatori – filosofi e teologi – che, almeno finché non fu accertato che la terra “si muove” – credevano l’universo fatto per la terra, la terra per l’uomo e l’uomo per obbedire alla chiesa.
Dobbiamo dire allora che siamo qui per caso? O perché semplicemente la realtà è fatta
in modo da creare una terra e una vita, probabilmente insieme ad altri miliardi di terre e di vite? O quell’asserzione “antropica” cela in sé un brivido di paura, quasi che chi la formula – scienziato o teologo - ricordando la celebre frase di Leibniz si sia chiesto – e sarebbe questa una prova di umiltà cristiana - “perché io invece del nulla?”.
(Certo che il problema si farebbe assai più spinoso nel momento in cui fosse accertato che esistono altri esseri viventi nell’universo, esseri sotto o supertecnologici, amici o nemici, dotati o no di senso morale…..Allora sì gli assertori del principio antropico sarebbero messi alla prova e impegnati a renderlo….più debole o più forte? E sarebbe nulla di fronte al panico di coloro che credono in una chiesa di questa terra).
katerpillar

Mi sembra che la teoria del principio antropico non sia di Reeves, ma lui fu quello che la criticò.
In ogni caso, la problematica che emerge dal quadro appena tracciato, appare complessa e di non facile interpretazione, anche se a dispetto di queste difficoltà, su un punto c’è una convergenza d’opinioni: la Cosmologia moderna è riuscita ad identificare, gli obiettivi da affrontare.

L’intero Universo è caratterizzato da due soli numeri. Il primo è il rapporto tra radiazione e materia, in altre parole, tra Fotoni e Barioni, pari a circa un Miliardo. Il secondo numero riguarda l’ampiezza delle perturbazioni primordiali necessaria per produrre oggi le Galassie e le altre strutture, esso è stimato dell’ordine di una parte su diecimila.

Qualsiasi teoria cosmologica, per quanto complessa, deve in ultima analisi rendere conto di questi valori. E’ stato Martin Rees, il primo Astrofisico ad accorgersi che i due numeri non sono per nulla casuali, perchè basta variare di poco anche uno solo di loro per cambiare in modo radicale l’evoluzione e il destino dell’universo.

Immaginiamo, per esempio, di avere un rapporto Fotoni-Materia più piccolo, di un milione, o dell’ordine di centomila. Durante le fasi iniziali dell’universo, i Fotoni tengono separati fra loro i nuclei urtandoli di continuo.
Non appena diminuiamo il rapporto Fotoni-Materia, i Nuclei ricevono meno urti e possono combinarsi tra loro con maggiore facilità. Rapidamente si formano elementi pesanti a scapito di quelli più leggeri.

Il risultato è che oggi avremmo un universo costituito essenzialmente da ferro: in lui non ci sarebbe posto per le stelle e le altre strutture luminose che bruciano Idrogeno. Giganteschi blocchi di ferro alla deriva nello spazio cosmico: ecco il risultato di una sia pur lieve diminuzione dei valori accennati.

Proviamo ora ad aumentare il valore oltre il miliardo. Per le stesse ragioni di prima adesso avremo solo Idrogeno e niente elementi più pesanti.
Questo in se stesso non è un gran danno, i guai cominciano quando ci ricordiamo che i fotoni hanno un altro compito nella storia evolutiva dell’universo: essi impediscono alle perturbazioni della materia di crescere, disperdendole continuamente.

Questo processo cessa dopo circa un milione d’anni dall’inizio, nel caso si abbia un rapporto di un miliardo di fotoni e materia: esso si prolunga invece nel tempo a mano a mano che il rapporto cresce. E’ così possibile arrivare fino ai nostri giorni senza avere alcuno sviluppo delle perturbazioni. Una distesa uniforme di puro idrogeno: ecco il risultato di un lieve aumento del valore accennato.

I disastri non sono minori se lo variamo, poiché una lieve diminuzione ha come immediato risultato che l’ampiezza delle perturbazioni è insufficiente per produrre strutture. Un lieve aumento porta ad un collasso gravitazionale troppo rapido: si formano buchi neri invece di stelle e galassie.

Quel che emerge dalla nostra analisi è che le stelle e le galassie sono molto delicate: come un difficile e raffinato manicaretto, esse richiedono un impasto appropriato e precisi tempi e temperature di cottura. Basta cambiare di poco la ricetta e il nostro dolce si brucia, si aggruma, si sfalda.

Questo fatto si presta a varie interpretazioni.
Alcuni cosmologi, hanno notato che la richiesta minima da fare per ottenere un universo che possa ospitare esseri viventi, è quella di poter almeno costruire stelle e galassie.

E’ impensabile che la vita possa albergare in un cosmo non riscaldato da alcuna luce o popolato da mostruosi buchi neri. Combinando queste considerazioni con quelle precedenti, ci accorgiamo che solo un’oculata scelta dei valori citati, consente all’universo di ospitare la vita. Non è straordinario che tra tutte le combinazioni possibili sia capitata proprio l’unica favorevole?

E’ come se qualcuno o qualcosa avesse deciso di fare l’universo a misura d’uomo. La tentazione di un’interpretazione soprannaturale è forte; ma esistono possibilità di spiegazioni naturali? Il primo tentativo è stato fatto dallo stesso Martin Rees, e da una schiera di cosmologi americani: esso è a metà tra la religione e la scienza e prende il nome di Principio Atropico.

L’idea di base è semplice: se l’universo fosse fatto diversamente da com’è, non ci sarebbe posto per la vita e quindi non ci sarebbero uomini capaci di studiarlo. Un universo osservabile (che ammetta, in pratica, la presenza di un osservatore) non può che essere fatto: a misura d’uomo.

Insomma, l’universo è fatto così perché solo in tal modo gli uomini possono esistere e osservarlo. Un fisico francese particolarmente caustico, Hubert Reeves ha osservato che non è giusto parlare di principio Atropico.

Dato che l’attuale struttura dell’universo consente l’esistenza anche della foca e del tricheco, perché non affermare che il cosmo è stato fatto a misura di tricheco? La situazione si è andata modificando in modo radicale con i primi lavori sulla teoria grand’unificata.

Abbiamo visto che nell’ambito di queste teorie il primo valore perde il suo carattere magico: esso deriva in modo naturale dall’annichilimento tra materia e antimateria. Non possono esistere universi con valori minori o maggiori, a meno di non partire da un’iniziale asimmetria tra materia e antimateria, la quale violerebbe le leggi delle particelle elementari.

Resi baldanzosi da quest’insperato successo, i cosmologi hanno cercato di dare una spiegazione naturale anche a l'altro valore. Per ora i risultati non sono stati soddisfacenti. Le teorie cosmologiche prevedono delle fluttuazioni di densità, ma l’ampiezza resta ancora arbitraria.

La via sembra però tracciata e il successo è per molti solo una questione di tempo. Immaginiamo che in un prossimo futuro anche il secondo valore venga ad essere rigorosamente definito.

Avremo allora che la fisica delle particelle elementari determina in modo univoco il destino dell’universo. Per quanto abbiamo detto, stelle e galassie diverranno dei parametri delle teorie sub nucleari: ma, fatto curioso ed inaspettato, anche la vita sarà una conseguenza inevitabile di tali teorie.

E’ come se il nostro destino facesse parte di un codice genetico cosmico, che si snoda misterioso nell’arco di un’infinitesima frazione di secondo durante l’Era di Plank.

Allora: è possibile che il salto agile di una gazzella, il passo leggiadro di una fanciulla o le ire dei grandi della terra, sia stato scritto tutto in una volta e per sempre, nelle infinitesime vibrazioni delle dieci dimensioni nella teoria del tutto?

Un caro saluto.
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Vecchio 17-06-2007, 11.46.08   #3
odos
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E' chiaro che una spiegazione dell'universo i cui parametri non permettono l'origine della vita non può che essere una spiegazione falsa.

Che le condizioni e i fattori che originano l'universo saranno tali da consentire la vita non è un scoperta empirica ma è sempre vero a priori, vero ancor prima che si cominci a studiare il cosmo.

Quindi di cosa ci si sta stupendo?

Chiedere le ragioni della particolare configurazione di questi fattori è una metafisica così spinta da far sembrare "la filosofia della natura" di Schelling un libello neopositivista.
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Vecchio 17-06-2007, 16.34.00   #4
katerpillar
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katerpillar
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Avremo allora che la fisica delle particelle elementari determina in modo univoco il destino dell’universo. Per quanto abbiamo detto, stelle e galassie diverranno dei parametri delle teorie sub nucleari: ma, fatto curioso ed inaspettato, anche la vita sarà una conseguenza inevitabile di tali teorie.

E’ come se il nostro destino facesse parte di un codice genetico cosmico, che si snoda misterioso nell’arco di un’infinitesima frazione di secondo durante l’Era di Plank.
odos

Citazione:
E' chiaro che una spiegazione dell'universo i cui parametri non permettono l'origine della vita non può che essere una spiegazione falsa.

Che le condizioni e i fattori che originano l'universo saranno tali da consentire la vita non è un scoperta empirica ma è sempre vero a priori, vero ancor prima che si cominci a studiare il cosmo.

Quindi di cosa ci si sta stupendo?

Chiedere le ragioni della particolare configurazione di questi fattori è una metafisica così spinta da far sembrare "la filosofia della natura" di Schelling un libello neopositivista.
katerpillar

Il bello è, che questa teoria va in giro per il mondo da trenta anni (circa), e ancora ne fanno pubblicità in telelvisione, nel senso che ne hanno parlato anche ultimamente su rai uno.

Se noi gettassimo un sasso in un laghetto per dieci volte in dieci periodi differenti, pur formandosi, apparentemente, gli stessi cerchi, analizzandoli meglio avremo che in un periodo piu caldo i cerchi sono distanziati in modo differente di quelli del periodo freddo o di quelli del periodo mite, o di quelli in cui nel laghetto è cresciuta dell'erba.

Tenendo per buona la teoria del Big-Bang e considerando che i materiali necessari a costruire la vita dalla non vita sono tutti nella materia dell'universo; un giorno, come già affermato, si scoprirà che tutto quello che è avvenuto non poteva avvenire diversamente per motivi naturali e casuali e non divini.

Per questo, in un altro thread, ho affermato che la materia dell'universo è il dio dei laici, poiché i laici affermano che la vita, e quindi il pensiero, è nata dalla materia.
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Vecchio 17-06-2007, 19.21.43   #5
epicurus
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Originalmente inviato da odos
E' chiaro che una spiegazione dell'universo i cui parametri non permettono l'origine della vita non può che essere una spiegazione falsa.

Che le condizioni e i fattori che originano l'universo saranno tali da consentire la vita non è un scoperta empirica ma è sempre vero a priori, vero ancor prima che si cominci a studiare il cosmo.

Quindi di cosa ci si sta stupendo?

Chiedere le ragioni della particolare configurazione di questi fattori è una metafisica così spinta da far sembrare "la filosofia della natura" di Schelling un libello neopositivista.

Condivido quanto detto da Odos, però tale argomentazione, seppur valida, non credo sia molto convincente per uno che la pensi in modo diverso a riguardo.

La domanda, stringi stringi, si riduce a: “perché questo Universo e non tutti gli altri possibili, che non permetterebbero la vita?"
Si è infatti scoperto che alcuni fenomeni fisici e costanti universali hanno valori esatti per rendere possibile la vita biologia nell’universo, una lieve modifica a questi porterebbe probabilmente ad un Universo incompatibile alla vita. Dato che tutti questi valori sono esatti per rendere possibile la vita -- continuerebbe il sostenitore del principio antropico -- è del tutto naturale pensare che un Essere trascendentale abbia creato l’Universo in una maniera tale da assicurare la presenza della vita.

Ma credo che questa tesi sia molto problematica sopratutto per il fatto che, anche in condizioni radicalmente diverse dal nostro universo sarebbero nate comunque forme di vita (molto diverse da noi, naturalmente). Quindi non è che "o tutti i valori sono esattamente come sono nel nostro attuale universo oppure non ci sarebbe stata nessuna forma di vita", perché esistono infinite altre configurazioni che avrebbero dato forma a esseri viventi di qualche genere. Questo credo sia sufficiente a rendere tale tesi innocua.

Inoltre c'è da aggiungere:

1) alcuni fisici teorici pensano che molte delle coincidenze riscontrate siano conseguenze dirette di una sola legge fondamentale [teoria del tutto?] non ancora scoperta e dunque non sarebbero più tante coincidenze scorrelate tra loro;
2) la maggior parte delle coincidenze si richiama alla teoria creazionistica del Big Bang, mentre rifiutando questa la prospettiva cambia;
3) la cosmologia è ancora poco sviluppata e ha ancora grandi lacune, dunque non è saggio trarre troppe conclusioni (soprattutto dedurre l’esistenza di Dio).

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Vecchio 17-06-2007, 21.14.43   #6
katerpillar
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la Cosmologia moderna è riuscita ad identificare, gli obiettivi da affrontare.
L’intero Universo è caratterizzato da due soli numeri. Il primo è il rapporto tra radiazione e materia, in altre parole, tra Fotoni e Barioni, pari a circa un Miliardo. Il secondo numero riguarda l’ampiezza delle perturbazioni primordiali necessaria per produrre oggi le Galassie e le altre strutture, esso è stimato dell’ordine di una parte su diecimila.

Qualsiasi teoria cosmologica, per quanto complessa, deve in ultima analisi rendere conto di questi valori. E’ stato Martin Rees, il primo Astrofisico ad accorgersi che i due numeri non sono per nulla casuali, perchè basta variare di poco anche uno solo di loro per cambiare in modo radicale l’evoluzione e il destino dell’universo.

Immaginiamo, per esempio, di avere un rapporto Fotoni-Materia più piccolo, di un milione, o dell’ordine di centomila. Durante le fasi iniziali dell’universo, i Fotoni tengono separati fra loro i nuclei urtandoli di continuo.
Non appena diminuiamo il rapporto Fotoni-Materia, i Nuclei ricevono meno urti e possono combinarsi tra loro con maggiore facilità. Rapidamente si formano elementi pesanti a scapito di quelli più leggeri.

Il risultato è che oggi avremmo un universo costituito essenzialmente da ferro: in lui non ci sarebbe posto per le stelle e le altre strutture luminose che bruciano Idrogeno. Giganteschi blocchi di ferro alla deriva nello spazio cosmico: ecco il risultato di una sia pur lieve diminuzione dei valori accennati.

Proviamo ora ad aumentare il valore oltre il miliardo. Per le stesse ragioni di prima adesso avremo solo Idrogeno e niente elementi più pesanti.
Questo in se stesso non è un gran danno, i guai cominciano quando ci ricordiamo che i fotoni hanno un altro compito nella storia evolutiva dell’universo: essi impediscono alle perturbazioni della materia di crescere, disperdendole continuamente.

Questo processo cessa dopo circa un milione d’anni dall’inizio, nel caso si abbia un rapporto di un miliardo di fotoni e materia: esso si prolunga invece nel tempo a mano a mano che il rapporto cresce. E’ così possibile arrivare fino ai nostri giorni senza avere alcuno sviluppo delle perturbazioni. Una distesa uniforme di puro idrogeno: ecco il risultato di un lieve aumento del valore accennato.

I disastri non sono minori se lo variamo, poiché una lieve diminuzione ha come immediato risultato che l’ampiezza delle perturbazioni è insufficiente per produrre strutture. Un lieve aumento porta ad un collasso gravitazionale troppo rapido: si formano buchi neri invece di stelle e galassie.

Quel che emerge dalla nostra analisi è che le stelle e le galassie sono molto delicate: come un difficile e raffinato manicaretto, esse richiedono un impasto appropriato e precisi tempi e temperature di cottura. Basta cambiare di poco la ricetta e il nostro dolce si brucia, si aggruma, si sfalda.

Questo fatto si presta a varie interpretazioni.
Alcuni cosmologi, hanno notato che la richiesta minima da fare per ottenere un universo che possa ospitare esseri viventi, è quella di poter almeno costruire stelle e galassie.

E’ impensabile che la vita possa albergare in un cosmo non riscaldato da alcuna luce o popolato da mostruosi buchi neri. Combinando queste considerazioni con quelle precedenti, ci accorgiamo che solo un’oculata scelta dei valori citati, consente all’universo di ospitare la vita.
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Ma credo che questa tesi sia molto problematica sopratutto per il fatto che, anche in condizioni radicalmente diverse dal nostro universo sarebbero nate comunque forme di vita (molto diverse da noi, naturalmente). Quindi non è che "o tutti i valori sono esattamente come sono nel nostro attuale universo oppure non ci sarebbe stata nessuna forma di vita", perché esistono infinite altre configurazioni che avrebbero dato forma a esseri viventi di qualche genere. Questo credo sia sufficiente a rendere tale tesi innocua.
Katerpillar

Non mi risulta che se l'universo fosse stato differente, avrebbe comunque ospitato una qualsiasi vita.
Un universo in cui le perturbazioni o il rapporto fotoni-materia fosse stato anche di poco differente, non avrebbe potuto ospitare nessun tipo di vita.

Un saluto. katerpillar

Ultima modifica di katerpillar : 18-06-2007 alle ore 02.09.40.
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Vecchio 18-06-2007, 10.57.39   #7
odos
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katerpillar

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Non mi risulta che se l'universo fosse stato differente, avrebbe comunque ospitato una qualsiasi vita.
Un universo in cui le perturbazioni o il rapporto fotoni-materia fosse stato anche di poco differente, non avrebbe potuto ospitare nessun tipo di vita.

Un saluto. katerpillar

Anche queso concetto di vita mia ha sempre insospettito. Si dice che la presenza di acqua sia condizione indispensabile per l'esistenza della vita ad esempio.

Io, che nel mio piccolo ho fatto la mia piccola rivoluzione copernicana, non guardo il mondo ma guardo i concetti che danno forma al mondo, in particolare quello di vita e mi chiedo: l'uomo di sabbia che vediamo nell'ultimo film di Spiderman, saremmo disposti a chiamarlo vita? Io credo di sì, eppure è tutto di sabbia.

Per noi basta che qualcosa si muova da solo e svolga una qualche azione intenzionale, questa è vita. Non mi è chiaro perchè questo tipo di cosmologia che pensa così in grande, non sia in grado di immaginare il concetto di vita senza la presenza di acqua; perchè se per questo a dirla tutta è anche concettualmente impossibile immaginare un inizio dell'universo senza che prima ci fosse qualcosa, e eppure questa viene spacciata come reale versione dei fatti.

Quindi, a rigore, mi sa che un universo in cui le perturbazioni o il rapporto fotoni-materia fosse stato anche di poco differente, non avrebbe potuto ospitare semplicemente noi, ma non tante altre cose che noi potremmo in teoria chiamare vita; ricordiamo che stiamo pensando in grande, quindi tutto ciò che è contettualmente immaginabile è anche potenzialmente reale.

Ho spesso l'impressione che il concetto di antropico, sia una maschera per un vecchio amico della cosmologia che si credeva defunto, l' "antropocentrismo".

Ultima modifica di odos : 18-06-2007 alle ore 11.43.30.
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Vecchio 18-06-2007, 11.32.27   #8
Arkham
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Katerpillar perdonami, ma mi sfugge il motivo per cui l' universo non sia fatto a misura di tricheco.

Dunque posso comprendere che esistono rapporti ben precisi che sono stati determinanti alla formazione della vita, come oggi la conosciamo, ma non comprendo proprio perchè sembra che la vita si prerogativa solo dell' uomo.

Perchè stiamo mettendo al centro di questa teoria l'uomo? L' ultimo arrivato su un pianeta "vecchio" miliardi di anni?
E tutte le altre forme di vita?
Preferirei a questo punto parlare di una teoria Biocentrica piuttosto che di una teoria Antropocentrica, che mi da la forte impressone di un vizio di forma derivato da certe religioni e concezioni un pò "sorpassate".
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Vecchio 18-06-2007, 11.43.24   #9
epicurus
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Originalmente inviato da Arkham
Preferirei a questo punto parlare di una teoria Biocentrica piuttosto che di una teoria Antropocentrica

Anche questo è vero

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Originalmente inviato da katerpillar
Non mi risulta che se l'universo fosse stato differente, avrebbe comunque ospitato una qualsiasi vita.
Un universo in cui le perturbazioni o il rapporto fotoni-materia fosse stato anche di poco differente, non avrebbe potuto ospitare nessun tipo di vita.

Credo che a questa tua osservazione ti abbia già risposto Odos... Il fatto è che se vogliamo considerare tutti gli universi possibili che potrebbero esistere se noi modifichiamo i suoi vari parametri, allora qui stiamo considerando tutti gli universi logicamente possibili, quindi ci sono infiniti universi diversi dal nostro che avranno creature definibili "viventi", proprio come l'Uomosabbia & affini...

Quindi il principio antropico (e pure quello "biopico") non regge proprio...
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Vecchio 18-06-2007, 14.13.07   #10
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Arkham/epicurus
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Katerpillar perdonami, ma mi sfugge il motivo per cui l' universo non sia fatto a misura di tricheco.
katerpillar

Nessun perdono Arkham, giacchè l'idea non è mia ma di Hubert Reeves, il quale, in modo sarcastico, voleva contrapporsi al principio antropico; ma lo ha fatto così male che anche io sarei intervenuto come te, reclamando il fatto che l'universo è fatto a.......misura d'universo, dove vi è anche una Galassia chiamata Via Lattea e che nella sua periferia ospita un pianetino chiamato terra che, a sua volta, ospita milioni di vite, tra cui l'uomo, fatte tutte a dimensione d'universo (non potrebbe essere altrimenti).

Anche se Hubert si riferiva al fatto che l'uomo può studiare l'universo e gli animali no, comunque mi accomuno alla tua contestazione.

Nel mio post tutto questo è ben specificato, mentre epicurus continua a rispondermi, si presume, senza avermi letto per intero, poiché da lui mi arrivano delle risposte non condivisibili, che Odos non ha trattato.

Ti pregherei epicurus, conoscendo la tua preparazione e la simpatia personale che ho per te, da vecchia data, di leggere attentamente quello scritto, e vedrai che poi condividerai anche tu che a parametri differenti corrisponde: non una vita differente ma, per forza di cose, un'assenza di vita.

Saluti. Giancarlo.

Ultima modifica di katerpillar : 19-06-2007 alle ore 09.36.49.
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