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intorno alla morale
Intorno alla morale (22/3/07)
Una delle questioni cardinali del pensiero filosofico è e resterà quella intorno alla morale. Non è meramente l’agire umano oggetto d’indagine, bensì tutta la sfera di istinti, latenti o evidenti, che guidano lo stesso.
Per trattare questo ambiguo tema è d’uopo chiedersi anzitutto se esista il presupposto imprescindibile per poter parlare di agire morale: la libertà. Possiede, dunque, l’uomo l’arbitrio, la possibilità di scelta di fronte all’alternativa tra bene e male? E, successivamente sarà necessario chiedersi se esistano poi dei concetti di bene e male talmente definiti da meritare di essere classificati con nomi universali.
Considerato l’essere uomo nella sua interezza, costituita da un insieme di istinti e pulsioni di diverso genere e da una razionalità tutt’altro che assoluta ed univoca (perchè spesso influenzata da impulsi sub-coscienti che si differenziano anche a seconda del vissuto individuale), è possibile affermare che ogni azione umana può essere generata in tre diversi modi: può essere guidata da una pulsione inconscia; può essere guidata unicamente dalla ragione(laddove questa sia nettamente separata dalla sfera degli istinti); oppure può essere guidata da una pulsione consapevole avallata dalla ragione.
E’ evidente che un’azione prodotta da una pulsione inconsapevole non può fregiarsi del titolo di azione libera perchè non è frutto di alcuna scelta umana, bensì della mera e vincolata volitività prettamente animale.
A tal proposito è opportuno specificare che gli istinti sono tutt’altro che ciechi, al contrario ciascuno di essi è indirizzato verso una meta ben precisa la cui conoscenza, però, nel caso dell’istinto inconscio, è preclusa all’agente che dunque muove verso scopi ignoti e, perciò, secondo modalità che poco hanno a che fare con la libertà.
Tale libertà entra in gioco laddove le azioni umane sono prodotte da una scelta consapevole; totalmente erronee ,perciò, le ipotesi che vogliono la libertà legata all’assenza di pensiero razionale.
Il concetto di libertà è strettamente connesso al concetto di arbitrarietà, di scelta tra diverse opzioni e possibilità.
Indubbiamente agire secondo ragione annichilendo il lato istintuale radicato nell’uomo in quanto tale, significa produrre azioni tanto libere quanto sterili ed infeconde per l’essere stesso in quanto equivale a ridurre al silenzio una parte imprescindibile dell’uomo, quella parte che lo rende un ente naturale, oltre che spirituale, quella parte che lo lega all’esistenza, alla vita.
Le azioni a mio avviso meritevoli di riflessione sono, viceversa, quelle prodotte da una pulsione, che in quanto tale non è libera ma vincolata allo stimolo che la genera ed al fine che persegue, percepita però a livello cosciente ed avallata, quindi, dalla ragione. E’ qui che l’uomo opera la vera scelta che lo rende libero.
Egli può scegliere, in questo caso, se seguire la propria volitività o,al contrario, se contrastarla con un’azione opposta; l’uomo è l’unico essere in grado di farlo, per tutti gli altri esiste una corrispondenza assoluta tra pulsione ed azione.
Perchè mai l’uomo dovrebbe contrastare i propri istinti? non significherebbe questo snaturarsi, dileggiare la propria corporalità, mortificare la propria natura volitiva?
Ecco che il discorso della morale si fa più pertinente; se l’agire morale fosse riducibile all’agire secondo natura, intendendo per questo l’agire nel rispetto dei propri istinti, non esisterebbe affatto un agire morale, nè tanto meno un agire libero; esisterebbe un bene univoco costituito dal seguire le pulsioni, ed il male, in realtà, non esisterebbe affatto: chi, infatti, perseguirebbe il male volontariamente potendo scegliere un bene inconfutabile e tanto più semplice da perseguire, assecondando,cioè, le proprie naturali inclinazioni ed istinti?
A questo punto è essenziale una breve indagine circa la natura umana e gli impulsi che la costituiscono.
Appare già evidente che gli istinti umani non sono classificabili come il bene in sè perchè se così fosse non esisterebbero il bene ed il male ma solo il bene, non esisterebbe la libertà del volere ma solo la volitività e non esisterebbe, infine, la libertà, presupposto dell’agire morale.
Dunque ecco che il male inizia ad apparirci proprio come costitutivo della natura umana e ,ovviamente, per le stesse ragioni sopra elencate, non potrà essere l’unico costituente della stessa ma dovrà essere affiancato dal concetto di bene. Lungi dall’essere una goffa ripresa della filosofia dualistica manichea, questa mia riflessione è volta a dimostrare come la ragione e gli istinti debbano agire sinergicamente al fine di produrre azioni morali.
Intrinseci all’uomo sono tanto gli istinti produttivi e compassionevoli, guidati dal fondamentale istinto di comunanza e fratellanza, quanto gli istinti distruttivi e violenti, guidati dall’altrettanto fondamentale istinto di supremazia e di difesa.
Ciascun essere umano possiede in sè, a capo di tutti gli istinti e,spesso,anche a capo della ragione, il primordiale istinto all’autoconservazione che lo induce ad agire ponendo condizioni favorevoli non alla propria conservazione fine a se stessa, bensì alla creazione di un ambiente adatto a coltivare il proprio benessere, perseguendo sempre il proprio interesse, o meglio, quello che gli appare come il proprio interesse.
Ritengo necessario introdurre una tardiva premessa circa i concetti di bene e male: mi appare evidente il grossolano errore che risiede nella concezione assolutistica di tali concetti. Non esiste e non può esistere un bene assoluto, così come non può esistere un male assoluto perchè questo implicherebbe una sostanziale riduzione della libertà umana; gli uomini potrebbero, in tal caso, scegliere tra due poli opposti l’uno mirante al benessere comune, dunque anche al proprio, l’altro tendente al male comune, dunque anche al proprio...e quale uomo sceglierebbe coscientemente il proprio male, considerato il primordiale istinto all’autoconservazione?? Beh, solo un uomo seriamente squilibrato ed emotivamente corrotto da gravi paturnie.
Indubbiamente esistono uomini di tale foggia ma sarebbe riduttivo considerare il male come il prodotto di una siffatta minoranza.
Posto, quindi, che i concetti di bene e male non sono riducibili a concetti assoluti, ma che, al contrario, sono da considerare in relazione a ciascun individuo, o meglio, posto che il bene di un singolo non necessariamente si identifica con il bene dei propri simili, è possibile continuare a trattare delle modalità dell’agire umano.
Ciascun individuo agisce in vista del proprio bene o del proprio presunto bene, a seconda che le proprie azioni siano guidate da istinti inconsci o consapevoli ed avallati dalla ragione. Esistono, infatti, istinti che tendono ad un immediato bene dell’individuo ma che, successivamente, ne costituiscono motivo di distruzione o indebolimento.
Sembra ritornare il tema platonico della differenza tra bene e piacere, ed è a tale scopo che la ragione riveste un ruolo fondamentale ed imprescindibile nell’agire umano; anzitutto come discriminante che consenta al singolo di seguire il proprio bene e non meramente il proprio effimero ed ingannevole piacere.
In tale scelta risiede la libertà: nella possibilità di confutare la validità di un proprio istinto e di agire in modo ad esso opposto e difforme. Nemmeno la ragione è, ovviamente, infallibile ed esiste la possibilità che anch’essa trascini l’individuo in un vortice di azioni dannose per sè stesso e per i propri simili; tuttavia la ragione è il solo organo in grado di prevedere, sulla base dell’esperienza, le possibili conseguenze di un’azione.
Per quel che concerne il male, intendendo per questo il risultato di azioni che ,volontariamente o meno, indeboliscono o distruggono la volontà di potenza, la forza e l’energia di uno o più individui, credo che la radice dello stesso sia riscontrabile in quell’insieme di impulsi violenti e contrari alla vita che sono insiti nella natura umana e che vi si trovano al fine di difendere l’uomo dai propri simili in caso di pericolo.
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