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Vecchio 18-04-2007, 15.00.21   #1
Flaviacp
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intorno alla morale

Intorno alla morale (22/3/07)

Una delle questioni cardinali del pensiero filosofico è e resterà quella intorno alla morale. Non è meramente l’agire umano oggetto d’indagine, bensì tutta la sfera di istinti, latenti o evidenti, che guidano lo stesso.
Per trattare questo ambiguo tema è d’uopo chiedersi anzitutto se esista il presupposto imprescindibile per poter parlare di agire morale: la libertà. Possiede, dunque, l’uomo l’arbitrio, la possibilità di scelta di fronte all’alternativa tra bene e male? E, successivamente sarà necessario chiedersi se esistano poi dei concetti di bene e male talmente definiti da meritare di essere classificati con nomi universali.
Considerato l’essere uomo nella sua interezza, costituita da un insieme di istinti e pulsioni di diverso genere e da una razionalità tutt’altro che assoluta ed univoca (perchè spesso influenzata da impulsi sub-coscienti che si differenziano anche a seconda del vissuto individuale), è possibile affermare che ogni azione umana può essere generata in tre diversi modi: può essere guidata da una pulsione inconscia; può essere guidata unicamente dalla ragione(laddove questa sia nettamente separata dalla sfera degli istinti); oppure può essere guidata da una pulsione consapevole avallata dalla ragione.
E’ evidente che un’azione prodotta da una pulsione inconsapevole non può fregiarsi del titolo di azione libera perchè non è frutto di alcuna scelta umana, bensì della mera e vincolata volitività prettamente animale.
A tal proposito è opportuno specificare che gli istinti sono tutt’altro che ciechi, al contrario ciascuno di essi è indirizzato verso una meta ben precisa la cui conoscenza, però, nel caso dell’istinto inconscio, è preclusa all’agente che dunque muove verso scopi ignoti e, perciò, secondo modalità che poco hanno a che fare con la libertà.
Tale libertà entra in gioco laddove le azioni umane sono prodotte da una scelta consapevole; totalmente erronee ,perciò, le ipotesi che vogliono la libertà legata all’assenza di pensiero razionale.
Il concetto di libertà è strettamente connesso al concetto di arbitrarietà, di scelta tra diverse opzioni e possibilità.
Indubbiamente agire secondo ragione annichilendo il lato istintuale radicato nell’uomo in quanto tale, significa produrre azioni tanto libere quanto sterili ed infeconde per l’essere stesso in quanto equivale a ridurre al silenzio una parte imprescindibile dell’uomo, quella parte che lo rende un ente naturale, oltre che spirituale, quella parte che lo lega all’esistenza, alla vita.
Le azioni a mio avviso meritevoli di riflessione sono, viceversa, quelle prodotte da una pulsione, che in quanto tale non è libera ma vincolata allo stimolo che la genera ed al fine che persegue, percepita però a livello cosciente ed avallata, quindi, dalla ragione. E’ qui che l’uomo opera la vera scelta che lo rende libero.
Egli può scegliere, in questo caso, se seguire la propria volitività o,al contrario, se contrastarla con un’azione opposta; l’uomo è l’unico essere in grado di farlo, per tutti gli altri esiste una corrispondenza assoluta tra pulsione ed azione.
Perchè mai l’uomo dovrebbe contrastare i propri istinti? non significherebbe questo snaturarsi, dileggiare la propria corporalità, mortificare la propria natura volitiva?
Ecco che il discorso della morale si fa più pertinente; se l’agire morale fosse riducibile all’agire secondo natura, intendendo per questo l’agire nel rispetto dei propri istinti, non esisterebbe affatto un agire morale, nè tanto meno un agire libero; esisterebbe un bene univoco costituito dal seguire le pulsioni, ed il male, in realtà, non esisterebbe affatto: chi, infatti, perseguirebbe il male volontariamente potendo scegliere un bene inconfutabile e tanto più semplice da perseguire, assecondando,cioè, le proprie naturali inclinazioni ed istinti?
A questo punto è essenziale una breve indagine circa la natura umana e gli impulsi che la costituiscono.
Appare già evidente che gli istinti umani non sono classificabili come il bene in sè perchè se così fosse non esisterebbero il bene ed il male ma solo il bene, non esisterebbe la libertà del volere ma solo la volitività e non esisterebbe, infine, la libertà, presupposto dell’agire morale.
Dunque ecco che il male inizia ad apparirci proprio come costitutivo della natura umana e ,ovviamente, per le stesse ragioni sopra elencate, non potrà essere l’unico costituente della stessa ma dovrà essere affiancato dal concetto di bene. Lungi dall’essere una goffa ripresa della filosofia dualistica manichea, questa mia riflessione è volta a dimostrare come la ragione e gli istinti debbano agire sinergicamente al fine di produrre azioni morali.
Intrinseci all’uomo sono tanto gli istinti produttivi e compassionevoli, guidati dal fondamentale istinto di comunanza e fratellanza, quanto gli istinti distruttivi e violenti, guidati dall’altrettanto fondamentale istinto di supremazia e di difesa.
Ciascun essere umano possiede in sè, a capo di tutti gli istinti e,spesso,anche a capo della ragione, il primordiale istinto all’autoconservazione che lo induce ad agire ponendo condizioni favorevoli non alla propria conservazione fine a se stessa, bensì alla creazione di un ambiente adatto a coltivare il proprio benessere, perseguendo sempre il proprio interesse, o meglio, quello che gli appare come il proprio interesse.
Ritengo necessario introdurre una tardiva premessa circa i concetti di bene e male: mi appare evidente il grossolano errore che risiede nella concezione assolutistica di tali concetti. Non esiste e non può esistere un bene assoluto, così come non può esistere un male assoluto perchè questo implicherebbe una sostanziale riduzione della libertà umana; gli uomini potrebbero, in tal caso, scegliere tra due poli opposti l’uno mirante al benessere comune, dunque anche al proprio, l’altro tendente al male comune, dunque anche al proprio...e quale uomo sceglierebbe coscientemente il proprio male, considerato il primordiale istinto all’autoconservazione?? Beh, solo un uomo seriamente squilibrato ed emotivamente corrotto da gravi paturnie.
Indubbiamente esistono uomini di tale foggia ma sarebbe riduttivo considerare il male come il prodotto di una siffatta minoranza.
Posto, quindi, che i concetti di bene e male non sono riducibili a concetti assoluti, ma che, al contrario, sono da considerare in relazione a ciascun individuo, o meglio, posto che il bene di un singolo non necessariamente si identifica con il bene dei propri simili, è possibile continuare a trattare delle modalità dell’agire umano.
Ciascun individuo agisce in vista del proprio bene o del proprio presunto bene, a seconda che le proprie azioni siano guidate da istinti inconsci o consapevoli ed avallati dalla ragione. Esistono, infatti, istinti che tendono ad un immediato bene dell’individuo ma che, successivamente, ne costituiscono motivo di distruzione o indebolimento.
Sembra ritornare il tema platonico della differenza tra bene e piacere, ed è a tale scopo che la ragione riveste un ruolo fondamentale ed imprescindibile nell’agire umano; anzitutto come discriminante che consenta al singolo di seguire il proprio bene e non meramente il proprio effimero ed ingannevole piacere.
In tale scelta risiede la libertà: nella possibilità di confutare la validità di un proprio istinto e di agire in modo ad esso opposto e difforme. Nemmeno la ragione è, ovviamente, infallibile ed esiste la possibilità che anch’essa trascini l’individuo in un vortice di azioni dannose per sè stesso e per i propri simili; tuttavia la ragione è il solo organo in grado di prevedere, sulla base dell’esperienza, le possibili conseguenze di un’azione.
Per quel che concerne il male, intendendo per questo il risultato di azioni che ,volontariamente o meno, indeboliscono o distruggono la volontà di potenza, la forza e l’energia di uno o più individui, credo che la radice dello stesso sia riscontrabile in quell’insieme di impulsi violenti e contrari alla vita che sono insiti nella natura umana e che vi si trovano al fine di difendere l’uomo dai propri simili in caso di pericolo.
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Vecchio 18-04-2007, 15.00.49   #2
Flaviacp
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intorno alla morale seconda parte

Non esistono, perciò, istinti cattivi tout court; ciascun istinto è intrinseco alla natura umana ed è indispensabile che sia così; sta all’uomo far sì che la ragione colga le pulsioni e le avalli o le contrasti in vista delle possibili conseguenze delle stesse.
Il fatto che in alcuni individui prevalgano gli istinti di comunanza e di compassione -intendendo per questa la capacità di con-patire, ovvero di percepire i propri simili ed il loro sentire come non drasticamente altro da sè-, ed in altri, al contrario, prevalgano istinti di distruzione e,talvolta, di autodistruzione, dipende in larga misura dal vissuto di ciascuno che ha plagiato il primordiale istinto di autoconservazione indirizzandolo in modo diverso. Accade che le condizioni di vita di ciascuno influenzino lo sviluppo dell’istinto di autoconservazione sino a renderlo dissonante rispetto alla ragione. E’ infatti addirittura possibile che un individuo agisca in discordanza con il proprio medesimo interesse reale, e questo accade quando la ragione è sopita e sopraffatta da istinti forti e fuorvianti tra cui vi è ,spesso, la paura.
La paura è uno tra gli impulsi costitutivi dell’uomo e non è di per sè negativa, al contrario è spesso indispensabile al fine di mettere in guardia dai pericoli. Non vi sono, ribadisco, istinti buoni o cattivi in sè; ciascun istinto è di per sè neutro ed indispensabile; quel che gioca nella produzione di azioni è il connubio di causa ed effetto, ovvero l’insieme delle motivazioni che inducono ad agire e delle intenzioni; di ciò che precede l’azione e di ciò che è postumo alla stessa.
In conclusione: un’azione sarà definibile morale solo se libera, se,dunque, guidata da un impulso consapevole e razionalmente approvato;
in secondo luogo non è possibile definire in modo assoluto i concetti di bene e di male, pena l’annullamento ontologico delle idee di morale e di libertà;
inoltre gli istinti non sono di per sè buoni o cattivi ma devono essere indirizzati dalla ragione (che, avvalendosi dell’esperienza, ha il ruolo di prevedere le possibili conseguenze dell’agire) al fine di non generare danni all’agente e ai propri simili.
Si dirà, a mio avviso, morale,o meglio auspicabile, quell’azione in grado di accrescere la volontà di potenza e l’energia dell’agente senza destrutturare ed indebolire quelle dei propri simili, fermo restando che è del tutto impossibile concepire una legge morale assoluta considerato che il benessere del singolo sarà sempre discordante col benessere di molti suoi simili.
Non potrà mai esistere ,perciò, un equilibrio statico su cui possa fondarsi una legge morale: ciascun uomo dovrà perseguire il proprio bene perchè solo in questa incessante ricerca risiede il senso dell’esistenza, tuttavia dovrà agire liberamente, secondo scelte volontarie e non meramente volitive.
Ritengo che disciplinare gli istinti, sin dall’età infantile, sia indispensabile per fornire al bambino la facoltà di discernimento tra gli istinti favorevoli e quelli dannosi; ovviamente la concezione di tale discernimento è soggettiva ma è necessario che ciascuno, mediante esperienza, acquisisca il concetto dell’ambiguità degli istinti, vi è altrimenti il rischio che l’individuo resti ingabbiato nei vincoli della mera volitività.
Donde, dunque, il bene ed il male?
Il bene di ciascuno risiede nel seguire la propria libera volontà, costituita dalla volitività avallata dalla ragione; il bene comune non esiste se non nella misura in cui l’istinto di con-passione produca una seppur parziale identità tra il benessere del singolo e quello dei propri simili; ma considerata la rarità di ciò...che dire...che ciascuno si prepari a lottare per dare un senso alla propria esistenza, per essere,quindi, felice cavalcando le onde benevole e contrastando quelle sfavorevoli, anche quando queste onde sono costituite da altri uomini altrettanto agguerriti!!!
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