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 Esperienze di Vita - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 25-06-2010, 23.13.30   #1
nevealsole
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Acting life

Aggancio questo mio intervento a quello di Drago Rosso, sulla creatività come poesia e percorso olistico https://www.riflessioni.it/esperienze...o-olistico.htm per parlare di una esperienza teatrale, che ho compreso essere un inatteso quanto funzionale strumento di conoscenza di sé attraverso l’altro.
Ho utilizzato per molto tempo la scrittura per capirmi di più, recentemente ho sperimentato una nuovo accesso alla “verità”.
Così come la scrittura mi ha insegnato a capire me attraverso me, il teatro mi aiutato a capire me attraverso l’altro, e l’altro attraverso me.
Non avrei mai immaginato che questo strumento teatro fosse in grado di smuovere così tanto, così dentro.
E magicamente ho potuto sperimentare come in un sogno tutte quelle mille ‘me’ che la mia reale me mai avrebbe acconsentito ad essere in questa dimensione che chiamiamo ‘vita reale’.
Ho giocato con i ruoli senza dover rinnegare me stessa, ma capendo in quanti modi una stessa situazione può essere vissuta, sentita e risolta.
Recitare equivale a sperimentarsi, dandosi la possibilità di sentire in un ‘altro’ modo.
E tutto questo è semplicemente strabiliante.
Il percorso di creazione/affiatamento del gruppo, passa attraverso la scoperta dei nostri limiti e l'aiuto reciproco nel superarli.
Si lavora su temi importanti, quelli che segnano il discrimine tra vivere e sopravvivere: la fiducia, l’ascolto, l’accettazione senza giudizio.
E’ un incanto ‘spogliarsi’, scoprire che è difficilissimo guardarsi negli occhi, che è difficilissimo stare in un abbraccio senza farsi venire la tachicardia, che è difficilissimo raccontarsi veramente, che è difficilissimo chiudere gli occhi e lasciarsi guidare.
Passiamo il 90% della nostra esistenza cercando di mantenere il controllo, eppure dovremmo sperimentarci anche nel perderlo, per poi riprenderlo.
Arrivare a capire che le emozioni nascono e muoiono in un soffio, e che va bene così.
Imparare ogni giorno di più che basta esserci per essere adeguati.
Lasciare andare ogni giudizio.
Mi sono svegliata una notte, turbata per aver rivissuto un’emozione sepolta, che non ricordavo più esserci stata.
Ho capito che stava funzionando, e la mia vita rinascendo più viva che mai.
E qualcosa è cambiato.
Lavorare sulle proprie emozioni, permettersi di viverle, è qualcosa di inimmaginabile, anche se fa tremare dalla paura perché escon fuori le paure che abbiamo tutti: paura di perdere, paura di non riuscire a mantenere il controllo, paura di non essere desiderati, paura di essere giudicati per ciò che siamo, paura di non essere all’altezza.
Paura di non saper cogliere l’attimo e perdere la propria occasione.
Non resta che respirare profondamente, chiudere gli occhi, riaprirli ed entrare in scena.
“Ehi hai sentito, ridevano. Li stavamo facendo ridere noi!!!”
Semplicemente grandioso.
Una delle sensazioni più belle provate nella vita, e per farlo accadere è bastato viversela!
nevealsole is offline  
Vecchio 05-09-2010, 14.43.17   #2
Emy76
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Originalmente inviato da nevealsole
Aggancio questo mio intervento a quello di Drago Rosso, sulla creatività come poesia e percorso olistico https://www.riflessioni.it/esperienze...o-olistico.htm per parlare di una esperienza teatrale, che ho compreso essere un inatteso quanto funzionale strumento di conoscenza di sé attraverso l’altro.
Ho utilizzato per molto tempo la scrittura per capirmi di più, recentemente ho sperimentato una nuovo accesso alla “verità”.
Così come la scrittura mi ha insegnato a capire me attraverso me, il teatro mi aiutato a capire me attraverso l’altro, e l’altro attraverso me.
Non avrei mai immaginato che questo strumento teatro fosse in grado di smuovere così tanto, così dentro.
E magicamente ho potuto sperimentare come in un sogno tutte quelle mille ‘me’ che la mia reale me mai avrebbe acconsentito ad essere in questa dimensione che chiamiamo ‘vita reale’.
Ho giocato con i ruoli senza dover rinnegare me stessa, ma capendo in quanti modi una stessa situazione può essere vissuta, sentita e risolta.
Recitare equivale a sperimentarsi, dandosi la possibilità di sentire in un ‘altro’ modo.
E tutto questo è semplicemente strabiliante.
Il percorso di creazione/affiatamento del gruppo, passa attraverso la scoperta dei nostri limiti e l'aiuto reciproco nel superarli.
Si lavora su temi importanti, quelli che segnano il discrimine tra vivere e sopravvivere: la fiducia, l’ascolto, l’accettazione senza giudizio.
E’ un incanto ‘spogliarsi’, scoprire che è difficilissimo guardarsi negli occhi, che è difficilissimo stare in un abbraccio senza farsi venire la tachicardia, che è difficilissimo raccontarsi veramente, che è difficilissimo chiudere gli occhi e lasciarsi guidare.
Passiamo il 90% della nostra esistenza cercando di mantenere il controllo, eppure dovremmo sperimentarci anche nel perderlo, per poi riprenderlo.
Arrivare a capire che le emozioni nascono e muoiono in un soffio, e che va bene così.
Imparare ogni giorno di più che basta esserci per essere adeguati.
Lasciare andare ogni giudizio.
Mi sono svegliata una notte, turbata per aver rivissuto un’emozione sepolta, che non ricordavo più esserci stata.
Ho capito che stava funzionando, e la mia vita rinascendo più viva che mai.
E qualcosa è cambiato.
Lavorare sulle proprie emozioni, permettersi di viverle, è qualcosa di inimmaginabile, anche se fa tremare dalla paura perché escon fuori le paure che abbiamo tutti: paura di perdere, paura di non riuscire a mantenere il controllo, paura di non essere desiderati, paura di essere giudicati per ciò che siamo, paura di non essere all’altezza.
Paura di non saper cogliere l’attimo e perdere la propria occasione.
Non resta che respirare profondamente, chiudere gli occhi, riaprirli ed entrare in scena.
“Ehi hai sentito, ridevano. Li stavamo facendo ridere noi!!!”
Semplicemente grandioso.
Una delle sensazioni più belle provate nella vita, e per farlo accadere è bastato viversela!



Anche io ho vissuto un'esperienza teatrale, seppur di qualche mese con tanto di spettacolo finale. Condivido appieno quanto dici, paure sperimentate e vittorie personali. Il teatro è un pò come lo specchio della vita quotidiana. Credo che dovremmo vivere la nostra vita senza troppi pensieri , ovvero senza troppe aspettative, un pò come essere in un grande palcoscenico dove gli spettatori , tuttavia, non dovrebbero influenzarci troppo. Tu che ne pensi?
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Vecchio 16-03-2011, 23.47.06   #3
nevealsole
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Acting life - Secondo Atto

C’è un tempo per domandare e c'è un tempo per rispondere.
Singolarmente, oggi che avevo qualcosa da dire su questo argomento sospeso, ho trovato la tua domanda di molti mesi fa che non credo aver letto prima.
Non so se la tua esperienza teatrale prosegua, la mia lo fa.
Mi chiedevi di condividere il tuo assunto circa una vita migliore laddove vissuta senza aspettative e senza pensieri, disinteressandosi del pubblico.
Senza pensieri. Mi viene da dire che senza i miei pensieri non sarei io, nel male … e nel bene.
Sento spesso parlare persone a me vicine, della necessità di prendere la vita con leggerezza.
Io credo, tutt’al più, che la si possa accogliere per come si presenta. La vita. Lasciarla “fluire”.
Il pubblico, nella mia vita, non esiste. Il pubblico è un co-protagonista.
Dal mio punto di vista, la vita è un happening: c’è continua interazione tra “attore” e “pubblico”, nessuno solo osserva. Nessuno solo giudica.
Anche se fosse solo osservazione di ciò che io faccio, solo dal ritorno di uno suo sguardo credo riuscirei a cogliere un messaggio.
Quando il pubblico ride, tace, tossisce, si agita, sospira, si alza, esce prima della fine, arriva in ritardo, sta immobile senza un fiato, segue con lo sguardo la scena, chiude gli occhi … quando il pubblico è presente, quando è assente, quando è numeroso e quando è scarso, tutto questo è manifestazione,è esperienza, accresce la vita.
E nel confronto tra ciò che immagino e ciò che è, è il mio percorso.
E nell’accoglienza di ciò che accade è la crescita.
E in ciò che io lascio a te - pubblico, e tu lasci a me, attore, è la trasformazione.
La mia esperienza teatrale prosegue, ed è diminuita la paura. E sto cambiando linguaggio, perché la parola non domina più il movimento, ma cerco il bilanciamento tra i due linguaggi, l’armonia.
Il personaggio porta un messaggio, un tema, un percorso di crescita da indagare.
Osservo in silenzio e un po’ lascio accadere, adesso che si avvicina la scelta del personaggio.
Osservo in silenzio e c cerco di capire.
E’ stato bellissimo, per me che non mi piaccio mai, rivedermi nelle foto, cogliere espressioni che conoscevo, e espressioni che ignoravo … anche se il fotografo non sapeva chi ero, dietro il personaggio.
In realtà il fotografo che avrei voluto avere lì, uno che lavora bene, ha grande capacità di osservazione, grande prontezza, grande faccia tosta … non poteva. Non voleva. Gli avevo chiesto di venire, ma non ha risposto. Ha detto no silenziosamente.
Anche questo è stato parte del percorso. Anche questo una tappa.
Per me una sconfitta. La mia incapacità di “sedurre” e far nascere la voglia di esserci.
Magari, semplicemente, mi sono salvata da uno sguardo spietato. Magari era prematuro. Magari.
Pesa chiedere, ancor più quando si scopre di non avere ascolto.
Pesa lo spettro dell’amaro disincanto.
Un mio tema, direi, il disincanto.

Vedremo la vita cosa mi metterà davanti stavolta, a cominciare dal ruolo.
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Vecchio 06-04-2011, 16.30.32   #4
nevealsole
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Come nasce un monologo

Nel mio training dell’attore ci sono attimi di meditazione.
Dalla meditazione affiorano idee che diventano una bozza di monologo.
E la bozza potrebbe trasformarsi in qualcosa di più, da mettere in scena.

Ieri sera, da una meditazione in movimento, è nato un breve racconto che mi ha fatto divertire, ed ha divertito i miei compagni di scena. Mi piace riproporlo qui.
Ho capito due cose. La prima è che se attingo al fondo di me stessa trovo una inesauribile sorgente di gioia, che può essere trasportata nella mia vita. La seconda è che voglio scrivere, per il teatro.

L’unico limite era l’inizio obbligato: “ho visto”, la musica in sottofondo è quella di Rocky. Buio. Luce:

“Ho visto te, alla fine del percorso, che, come al solito, ridevi e stavi fermo – apposta – senza risparmiarmi un metro alla meta.
Ho visto che, nel vederti ridere, già mi veniva da ridere, e ho cominciato, ridendo, a camminare.
Ho visto che, nel vedermi camminare, e ridere, tu ridevi sempre di più, e sempre di più, nel vederti ridere, ridevo io.
Ho visto che correvo fortissimo, senza, per lunghi attimi, muovermi di un passo. Restando tu sorridente, e lontano.
E ridendo e correndo, per la prima volta, credo, in vita mia non ho sentito la fatica o la noia del correre, ma solo gioia e improvvisa, imprevista allegria.
Come Alice, per un attimo ho visto me stessa nello specchio. L’attimo dopo mi ci sono gettata attraverso, e ho continuato a correre, senza sentire altro che gioia.
Ho spostato le frasche ed i rovi, ho saltato le pozze e gli ostacoli.
Ho spinto, spero non me ne voglia, chi tu sai, via dalla mia strada.
E alla fine a braccia aperte, trionfante, stanca e felice, sono arrivata.
Sudata e felice sono tra le tue braccia. E mentre mi baci ridi, e mi fai ridere.”
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Vecchio 03-05-2011, 12.59.38   #5
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Oltre la soglia dell'Uno

Qualche settimana fa ho fatto una nuova esperienza di meditazione, in movimento ed in contatto con la natura.
Deriva da un antico rituale sciamanico. Al termine dell'esperienza ci è stato chiesto di raccontare cos'era accaduto.
Io sono stata ispirata dalla forma simbolica:

Uno scoiattolo, salito sopra un'aquila per andare verso l'infinito, fu precipitato in una giungla di serpi.
L'aquila gli aveva donato il potere di sentire, col naso e con le orecchie, come mai aveva sentito prima, e lo scoiattolo vagava così nella giungla sconosciuta affidandosi ai sensi.
Dentro di sè sentiva rabbia, perché l'aquila aveva deciso per lui, e un nodo alla gola sempre più forte. E solitudine, mista a paura.
Non riusciva a far quello che facevano gli altri scoiattoli, mantenendo tra le serpi la propria natura. Temeva il giudizio del mondo, e si sentiva quasi più serpe che scoiattolo.
Camminava nella giungla solo, pieno di vergogna, spaventato dal non poter contare su nessuno.
Le serpi -cui non apparteneva - lo vedevano, ma lui sentiva di non essere lì per loro.
Agli scoiattoli era invisibile, più impegnati nella ricerca della propria strada.
Né con le serpi, né con gli scoiattoli, si disse: destinato ad un cammino solitario.
Eppure le serpi non sembravano cattive, eppure sarebbe bastato chiamare uno scoiattolo.
L'unica via da percorrere gli sembrò quella verso una tana, e lì si rifugiò.
E, al riparo da tutti, pianse.
Aveva paura di essere visto dalle serpi, anche se sentiva che avrebbero compreso. Sperava di essere visto da uno scoiattolo.
Solo col suo vuoto aveva perso il coraggio per formulare la sua richiesta all'Universo, credendo di conoscere già la scontata risposta.
Ma la domanda che la mente voleva allontanare salì dal cuore, e con un nodo alla gola, chiese se avrebbe mai incontrato qualcuno pronto a prendersi cura di lui, a proteggerlo, ad amarlo e ad aiutarlo a far scomparire quel senso di vuoto.
Accompagnato da nessuna speranza prese la strada del ritorno.
Non aveva trovato la sua risposta.
Giunto davanti alla porta dell'aquila lesse per la prima volta una scritta, che aveva l'aria di essere lì da tempo.
Diceva "Su".
Guardò la scala davanti a sé, non capì, ma salì. Ed ora è qui.

Ultima modifica di nevealsole : 03-05-2011 alle ore 13.33.35.
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Vecchio 03-07-2011, 17.34.14   #6
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Di nuovo sul palcoscenico

La mia seconda esperienza sul palcoscenico è avvenuta, e si è conclusa.
E’ stato il termine di un anno di lavoro, di esplorazione di me e della relazione di gruppo.
Come ogni momento della nostra esistenza è diverso dal precedente, così ogni ciclo di crescita è diverso dal precedente. Diverso dal precedente è stato anche questo percorso teatrale.
Le dinamiche di gruppo sono state il fulcro di sperimentazione.
Uno spettacolo “corale” che aveva bisogno del nostro affiatamento, per funzionare.
E ciò che è successo è che per circa tre mesi mi sono trovata circondata – in ufficio, a casa e alle prove – da un vero e proprio “delirio dell’ego” in cui ognuno portava sé stesso al centro, ignorando il resto.
Ognuno compresa me.
Ed in questo modo non funzionava niente. Ed era evidente.
Ed è servito, questo ricollocamento della persona, e di me stessa, nella giusta prospettiva.
E mi sono sperimentata aggressiva, nei momenti da me reputati come di non ascolto del gruppo.
E avendo una parte piccola ho fatto molto lavoro di backstage (smonta e rimonta la scena, prepara gli oggetti, senti di cosa hanno bisogno quelli sul palco) e cavoli, quanto mi è sembrato difficile, questo servizio.
Eppure, in un momento di egoismo eccessivo, la vita mi ha riportato a questo, all’ascolto dell’altro, al servizio dell’altro. E si è riaperto un canale.
E negli stessi giorni ho incontrato il reiki, e ho iniziato a sperimentarlo sui miei cari, prima fra tutti mia mamma.
E mentre le tenevo la testa tra le mani, conscia delle sue ansie, ho sentito passare quest’amore incredibile, e questa energia, e mi sono uscite le lacrime, perché ho sperimentato come ama una madre, senza aver mai avuto figli.
Ed è lì che ho cominciato a rimuginare sul senso di questo percorso, e a credere che il servizio debba essere questo: trasmettere amore e gioia, con tutti gli strumenti che abbiamo, perché anche se la vita sarà sempre difficile possiamo educare il cuore alla leggerezza.
La sera della prima ero seduta nel backstage ed un mio compagno di scena, dopo avermi osservato per un po’ si è avvicinato e mi ha detto che ero l’immagine della serenità, e che guardarmi gli trasmetteva una pace incredibile. Io ho pensato, e detto, che era il più bel complimento mai ricevuto.
Al ritorno dalle vacanze sarà questo il tema del terzo anno: la dimensione della gioia e come portarla sul palcoscenico e nella nostra vita.
Una scelta perfetta che mi fa già desiderare l’arrivo di settembre.
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Vecchio 18-07-2011, 00.09.44   #7
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Viaggi e miraggi

Dopo aver osservato, e vissuto nel corso di una meditazione, la mia paura della solitudine, mi son chiesta se abbia influenzato la mia vita, e le mie scelte, anche a scapito della costruzione di un amore.
Un paio di mesi fa, senza saperne decifrare bene i motivi (o forse sapendoli), ho fatto domanda per un lavoro in un’altra città.
E quello che nell’immediato ne è uscito è stato un misto di stanchezza e serenità.
E visto che il motivo, apparente, era la crescita professionale, mi son messa ad osservare come suonava, questa scelta, nella mia vita. Ed ho sentito che c’era fortissima paura: della solitudine, e di non farcela.
E al pensiero di essere io, da sola, a ricominciare altrove è uscita angoscia, mista a malinconia.
Con buona probabilità, se davvero lo volessi, potrei cambiare.
E questa consapevolezza ha riaperto la porta alla paura della solitudine e all’angoscia, mista a malinconia.
Ed ho capito che non è, nel mio percorso su questa terra, l’avanzamento professionale motivo valido a spingermi a guardare in faccia la malinconia.
E mi son presa il tempo per osservare meglio e, come forse già sapevo, c’era un volto nel mio cuore che ha fatto da interruttore.
E sono stata lieta di questa scoperta, perché mi ha portato un messaggio di cambiamento: per questo la sfiderei la malinconia, sì… qualche anno fa non era così.
Mi son scoperta a sognare ad occhi aperti guardando il cielo, e mi è tornata in mente una scritta sul diario di quando ero ragazzina: “Home is where the heart is”… Quando ho riportato lo sguardo dal cielo al libro che stavo leggendo e sono finita sulla frase: “il tuo cuore è la tua casa”.
Ho chiuso gli occhi e ho visto un cuore rosso. Dal bordo superiore del cuore si è staccato il disegno stilizzato di un gabbiano in volo.
E se fosse l’amore a renderci liberi? In quell’attimo ho sentito il mio cuore aperto a questa nuova possibilità, di seguire l’amore ovunque sarà.
Per intanto, nell’attesa di sapere dove sarà, vivo felice nella mia città…
nevealsole is offline  
Vecchio 04-08-2011, 00.53.43   #8
chlobbygarl
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Originalmente inviato da nevealsole

E se fosse l’amore a renderci liberi? In quell’attimo ho sentito il mio cuore aperto a questa nuova possibilità, di seguire l’amore ovunque sarà.
Per intanto, nell’attesa di sapere dove sarà, vivo felice nella mia città…
L'"amore" ci rende liberi di fare cose indispensabili e irrazionali, dal costo/benefici tendenzialmente negativo al momento del calcolo, come un'impresa che nasca senza futuro di utile apparente. L'"amore" ci rende liberi sì, ma di sbagliare e (solo così, ma solo col senno di poi) di imparare. Tutti i pericoli scampati avendolo evitato per paura di paure inconfessate sono cicatrici perenni. Se scrivi così di te forse metterai in conto anche suggerimenti indebiti e banali in risposta: spenditi, sbaglia, credici.
chlobbygarl is offline  
Vecchio 08-08-2011, 12.25.46   #9
sadluca
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Originalmente inviato da nevealsole
Dopo aver osservato, e vissuto nel corso di una meditazione, la mia paura della solitudine, mi son chiesta se abbia influenzato la mia vita, e le mie scelte, anche a scapito della costruzione di un amore.(...)
E se fosse l’amore a renderci liberi? In quell’attimo ho sentito il mio cuore aperto a questa nuova possibilità, di seguire l’amore ovunque sarà.
Per intanto, nell’attesa di sapere dove sarà, vivo felice nella mia città…

Dopo una vita di "paure" - impropriamente da me chiamate di volta in volta "scrupolo", "dovere di coscienza", "prudenza", "discrezione", "riservatezza" -
di recente sono arrivato a una conclusione: se rimuovi da dentro di te ogni paura, resta dentro una luce e un'energia che non avresti mai pensato di possedere. L'importante diventa allora scegliere - consapevolmente - il proprio obiettivo di vita: dovrebbe avere una corrispondenza con il nostro mondo interiore...

Il dubbio che mi resta è: devo ricercare la "Notte Stellata" di Gogh nella mia vita reale, o invece devo accettare la "normalità" che ho avuto in sorte, relegando a rari momenti di solitudine l'incontro delle onde blu nel firmamento notturno?
L'istinto chiama la condivisione dell'esperienza interiore, tanto più quando questa è meravigliosa. Forse è per questo che la solitudine dell'anima diventa allora insopportabile, può diventare un urlo nella notte, luce di caratteri in un foglio. Follia di cominciare a scrivere una storia che - di qualsiasi cosa tratti - in fondo racconta sempre e solo di stelle tra le onde di blu...
Di sicuro non è solo fuga, ma vita vera : tentare di scrivere liberando le emozioni e leggere grandi opere...
sadluca is offline  
Vecchio 28-08-2011, 11.36.56   #10
nevealsole
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Starry, starry night

Luca,
mi è venuto da scriverti quanto sotto. Non so se possa avere attinenza con te, o con la tua vita, ma è uscito così.
Please don’t be sad!
Quando hai citato il quadro ho avuto un sobbalzo, tanti, tanti ricordi.
Ricordi (conosci) questa musica?
http://www.youtube.com/watch?v=oxHnRfhDmrk
Tutto magicamente circolare, sinuoso, il femminile di Vincent che grida, mi piace pensare. La parte emotiva che non si può controllare.
Le immagini, dipinte o immobilizzate da uno scatto, sono un modo di rappresentare le nostre emozioni, il nostro mondo interiore, più sintetico dello scrivere ma non meno efficace.
E quando guardi un quadro, e ti arriva, sei in vibrazione con le emozioni di chi lo ha prodotto.
A me, oggi, interessa solo questo, l’essere in contatto. E quindi il “mi piace” o “non mi piace” un’opera d’arte o una persona, o qualsiasi altra esperienza passa attraverso questa cosa qua, della vibrazione energetica.
E, Luca, se il tuo mondo interiore lo fai vedere, a qualcuno, a chi ti pare ci possa essere in quella vibrazione, in quel momento, magari funziona. Magari succede altro e la qualità della tua vita cambia.
Io ho cominciato da qui, da questo forum, a raccontare chi ero, davvero. Al di là della maschere indossate nel mondo.
E mi sono resa conto che non dovevo essere poi tanto male, se le persone mi stavano ad ascoltare.
E oggi, quell’esperienza di questo mio mondo interiore un po’ paradossale, talvolta un po’ ingombrante, la porto nella mia vita con la mia faccia, e la racconto. La racconto cercando di non aver paura a chi ho di fronte. E cambia la qualità dell’esperienza “Vita”. Cambia. Diventa “luce”.
E succede anche che, pian piano, nella tua vita arrivano le persone che devono arrivare, in ogni settore. Arrivano le persone che sono nella tua stessa vibrazione (la chiamano legge di attrazione, ma non vorrei banalizzare, perché non è banale),e incredibilmente succede.
Esattamente come succedeva prima “al negativo”, succede in positivo di incontrare chi devi incontrare. E ti stupisci del numero di persone “belle” che ci sono, e che hanno da dire, e che raccontano il loro mondo interiore, o stanno ad ascoltare il tuo.
E le persone che rimangono nella tua vita sono loro, quelle che ci vogliono stare, e vogliono essere in questo tipo di rapporto con te, di scambio di mondi talvolta paradossali.
La paura non mi abbandona mai del tutto, ma ho imparato a riconoscerla e a non farmi paralizzare, questo sì.
Fai esperienza di condivisione del mondo interiore nella vita: mostralo quanto più ti è possibile vale la pena rischiare
E non farti buttar giù da chi non capirà: perché il nuovo possa entrare bisogna prima lasciar andare…
Infine, per il futuro propongo HappyLuca: le parole sono importanti nella costruzione del nostro destino!
Un abbraccio grande.

Chlobby,
grazie… soffia molto vento, mi solleverà di sicuro, ma per portarmi dove ancora non so…
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