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26-11-2006, 07.57.14 | #1 |
eternità incarnata
Data registrazione: 23-01-2005
Messaggi: 2,566
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L'inps
Buongiorno a tutti!
Ultimamente si fa un gran parlare dell'Inps, dei fondi per le pensioni integrative, ecc..... Un particolare che forse pochi conoscono (di cui si può prendere visione andando al sito www.inps.it ) è l'assegno di invalidità che viene concesso a chi si trova in determinate condizioni: avere almeno 5 anni di contributi Inps e una riduzione della capacità lavorativa di almeno due terzi. Ora, poiché a me tale assegno è stato negato per ben due volte (lavoro part-time nel settore commercio), ma è stato concesso ad un amico (che lavora full time in banca) ed entrambi abbiamo il 75% di invalidità e la situazione di gravità dell'handicap, riconosciuti dall'Asl di competenza, ho scritto all'Inps per cercare di capire quale metro usa per stabilire che l'assegno spetti a Tizio, ma non a Caio. Ecco dunque i testi delle due domande con le relative risposte, su cui mi piacerebbe dibattere con voi e sapere cosa ne pensate. Grazie. <<< Testo della Richiesta >>>> Gentili Signori, vorrei avere alcune delucidazioni relativamente all''assegno di invalidità che voi date a chi ha determinati requisiti. Vorrei sapere come fate a stabilire le residue capacità lavorative di chi ha una disabilità o un handicap. Esistono delle tabelle cui vi rifate o quale altro metodo utilizzate? Inoltre gradireri capire cosa intendete per "attività confacenti il proprio stato". Perché, qual è quel lavoratore con disabilità che non operi in tale situazione? In attesa di un vostro riscontro porgo cordiali saluti. Risposta: Il fatto che lei stia lavorando con il telelavoro non influisce minimamente con l'eventuale richiesta di assegno di invalidita' o inabilita' in quanto si tratta sempre di lavoro dipendente. Tantomeno e' in conflitto il fatto che lei usufruisca di permessi per la legge 104/92.Spero di aver chiarito i suoi dubbi. <<< Testo della Richiesta >>>> Buona sera, sono un lavoratore con invalidità del 75% e gravità dell''handicap, entrambe accertate dalla sede Asl di Monza (MI), ed usufruisco dei 3 giorni mensili di permesso di cui alla legge 104/92. Lavoro dal 1979 quasi ininterrottamente (se si eccettuano i periodi tra il 29 maggio 2002 e il 22 luglio, e tra 15 dicembre dello stesso anno e il 23 aprile 2003: periodi questi in cui sono stato disoccupato). Dal 23 aprile 2003 sono stato assunto in qualità di telelavoratore. Poiché ho saputo che l''Inps eroga un assegno di invalidità a chi ha determinati requisiti, che a me pare di avere, gradirei sapere se il fatto che io usufruisca dei giorni di permesso della L. 104/92, così come quello che io sia telelavoratore, possono in qualche modo ritenersi in conflitto con una mia eventuale richiesta di tale assegno. A disposizione per ulteriori chiarimenti e/o informazioni, porgo cordiali saluti. iniziamo dalla fine: “Cosa intendete per attività confacenti il proprio stato?” Secondo l’art. 1 della legge 222/84 attualmente in vigore “si considera invalido.. l’assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo”. L’attitudine è l’insieme della naturale predisposizione individuale e della preparazione professionale teorico-pratica che rende ciascun soggetto adatto ad una gamma più o meno ampia di prestazioni lavorative. Quali sono le occupazioni confacenti alle proprie attitudini? Si tratta di tutte quelle attività esercitate nella propria vita lavorativa e quelle analoghe ed affini. In altre parole si devono ritenere occupazioni confacenti alle attitudini di un soggetto non soltanto quelle già svolte, nel presente o in passato, o appartenenti alla stessa categoria (per es. maglierista, ricamatrice, cucitrice), ma tutte quelle che richiedano analogo impegno fisico ed intellettuale (non richiedano, cioè, attitudini fisico-psichiche non possedute prima), analogo grado di specializzazione (non richiedano perciò un lungo tirocinio) e analoghi sistemi organo-funzionali interessati ad espletarle, né comportino un rovinoso declassamento, né siano di carattere aleatorio, saltuario, precario, caritatevole o usurante. Cinquanta anni fa Di Giuseppe (un notissimo medico-legale) aveva raffigurato il campo delle attività lavorative confacenti con un CONO dove la base abbraccia tutta la gamma dei mestieri e delle occupazioni cui possono dedicarsi i soggetti più giovani ai quali si può richiedere un nuovo apprendistato o una rieducazione lavorativa. Con il progredire dell’età il campo tende a restringersi fino a comprendere un numero ristretto di attività lavorative e al limite esclusivamente quella esercitata. Questa raffigurazione è valida anche se invece dell’età si considera la qualificazione professionale o la validità psicofisica (un soggetto giovane, un soggetto senza preparazione tecnica e un soggetto sano hanno tante attività confacenti, man mano che aumenta l’età e/o la specializzazione e man mano che aumenta la compromissione dell’integrità psicofisica si riduce il numero delle attività confacenti). Quando valutiamo le attività confacenti alle attitudini di un soggetto? Se il soggetto esaminato non è più in grado di continuare a svolgere il suo lavoro usuale a causa di una “menomazione”, e non lavora più, il medico INPS deve prendere in esame tutte le possibili altre attività, appunto, a lui confacenti. Qualora non si riesca a reperire alcuna congruenza tra le residue capacità lavorative e qualsiasi attività confacente il soggetto deve essere considerato invalido. Nel caso in cui, invece, il soggetto si è ricollocato in una nuova attività, utilizzando le residue energie, occorre stabilire se svolge tale nuovo lavoro senza particolare usura. Se il lavoratore si è riadattato in una nuova mansione, sia pure inizialmente non affine e apparentemente non confacente, e riesce ad espletare bene questo nuovo lavoro senza particolare usura o declassamento, non è invalido: è il caso dei cambi di mansioni all’interno di uno stesso stabilimento o dei collocamenti al lavoro “ope legis” come invalidi civili. In questo caso non è necessario valutare se tale attività rientra tra quelle confacenti: il fatto stesso che riesce a praticarla e senza usura dimostra che è confacente. Qualora il riadattamento lavorativo fosse rappresentato da un’attività declassata o che richiede troppe energie per le capacità menomate del soggetto, bisogna valutare se possa praticare altra ipotetica attività a lui confacente in base ai parametri attitudinali suoi specifici. In conclusione il riferimento alle attitudini è sostanziale. Questo ci permette una valutazione personalizzata, individualizzata. Da quanto sopra detto si deduce che non è possibile fare riferimento a tabelle di valutazione che stabiliscano un automatico confronto tra infermità e la riduzione della capacità di lavoro: infatti le tabelle indicano valutazioni percentuali uguali per tutti e, perciò, non personalizzate. Le tabelle di valutazione del rischio biologico in ambito INAIL e le tabelle in uso per l’invalidità civile possono essere prese solo come semplice punto di riferimento. Facciamo un esempio classico: l’anziano violinista che perde l’uso del mignolo della mano sinistra è invalido INPS perché tale menomazione impedisce di fatto la continuazione dell’unica attività lavorativa che gli è confacente. Tale menomazione clinica è invece del tutto ininfluente per la capacità lavorativa di tutti gli altri lavoratori (ai quali sarebbe negata l’invalidità INPS). Nelle tabelle INAIL tale lesione viene valutata 7% di danno biologico mentre non viene proprio contemplata nelle tabelle di invalidità civile. “Come fate a stabilire le residue capacità lavorative?” Il corretto metodo medico-legale seguito per determinare se un soggetto è invalido presuppone una corretta diagnosi clinica dalla quale si ricava il deficit funzionale, cioè la compromissione dell’efficienza psico-fisica, e, solo in ultimo, si deve stabilire quanto tale menomazione clinica incida sull’attività lavorativa attuale o, se non attuale, su quelle a lui confacenti. Cioè si deve stabilire come e in che misura la menomazione configuri per quel soggetto un danno alla capacità di lavoro. La riduzione della capacità di lavoro viene poi espressa con un giudizio non percentualistico ma del tipo “tutto o nulla”: solo se la riduzione della capacità di lavoro supera i due terzi il soggetto è invalido. Infatti, finalità della normativa INPS non è di risarcire il soggetto per la menomazione fisica, ma di indennizzarlo per le conseguenze che tale menomazione comporta nella sua estrinsecazione sul piano di lavoro. Inoltre, finalità della prestazione previdenziale dell’invalidità non è tutelare la disoccupazione, volontaria o involontaria, causata dall’assenza di attualità di lavoro (per cui esistono altre provvidenze specifiche che sopperiscono ai bisogni fondamentali del lavoratore), ma l’assenza di attualità di lavoro determinata da incapacità di lavoro per motivi di ordine biologico. La ringraziamo per aver utilizzato il servizio INPSRisponde, non esiti a contattarci per ulteriori richieste. |
28-11-2006, 22.49.05 | #4 | |
Ospite abituale
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Riferimento: L'inps
Citazione:
Dovrebbero esserci criteri oggettivi per stabilire il grado di invalidità e quindi se uno ha diritto o meno alla pensione. E se il diritto è dalla tua parte lotta con le unghie e coi denti perché devono dartela. Siamo in uno stato di diritto e non nella repubblica delle banane. Gli arbitri discrezionali di questo o quel funzionario, che magari vuole essere implorato (o peggio), non possono e non devono contare nulla. Loro devono limitarsi ad applicare la legge. Secondo me, Fabrizio, se hai qualche amico avvocato prova a chiedergli consiglio, e se non l’hai e puoi permetterlo prova a consultarne uno, giusto per capire se ti spetta o no e poi se ti spetta non esitare ad andare avanti. Se conosci l’avvocato prova a scrivere una lettera cartacea raccomandata con ricevuta di ritorno, mettendo per conoscenza lo studio dell’avvocato. Vedrai che quanto meno la risposta suonerà un po’ meno come una presa per il sedere. |
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01-12-2006, 09.31.47 | #7 |
Ospite abituale
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Messaggi: 407
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Riferimento: L'inps
Nell'INPS vige lo stesso spirito di una qualsiasi azienda assicurativa. Prima di scucire quattrini devi sputare sangue. Milioni di sanguisughe o sarebbe meglio di ciucciasoldi ci provarono e ci riprovano , la difesa per loro è ardua , il motto è "resistere , resistere , resistere!!". Gli ingranaggi sono molti , consiglio un colloquio con un caposervizio "de visu" la interpretazioni sono varie come sono varie le capocce che ne ispirano i "verdetti" .
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16-12-2006, 23.38.56 | #8 |
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Data registrazione: 03-07-2006
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Riferimento: L'inps
ciao mr bean, allora, che lavoro svolgevi prima dell'invalidita'?
di che invalidita' si tratta? cioe' cosa ti e' successo o quale parte del corpo e' stata gravata dall'invalidita'? l'inps ti ha voluto specificare che l'invalidita' deve riguardare la capacita' a svolgere il lavoro che facevi prima. se incide su questo hai diritto all'assegno, se riesci ugualmente a fare lo stesso lavoro od uno simile, non hai diritto all'assegno ma solo ad un po' di ripodso in piu' l.104. non so se son riuscita a spiegarmi, ciao |
17-12-2006, 07.47.22 | #9 | |
eternità incarnata
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Riferimento: L'inps
Citazione:
Grazie. Questo è quanto avevo intuito. In pratica io, come telelavoratore, svolgo un lavoro "confacente il mio stato". Peò, ragionandoci sopra, chi è quel lavoratore con disabilità che svolge mansioni incompatibili col proprio stato? Dalla risposta dell'Inps e da quanto tu stessa affermi, mi pare di capire che chi ha una disabilità antecedente la data dell'inizio lavorativo, non becca nulla. Peccato però che questo assegno sia percepito da un lavoratore colpito da "esiti di poliomielite", la quale malattia è stata debellata da diversi anni ormai in Italia. Se questo lavoratore (oltretutto mi sfotte perché lui percepisce l'assegno ed io no) è impieato bancario, ditemi voi quale lavoro non confacente le sue capacità (visto che ha difficoltà motorie come me, ma usa benissimo entrambe le braccia, come me) è obbligato a svolgere... In merito alla risposta di Svirgola. No, purtroppo l'Inps non ragiona come un'assicurazione privata. |
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17-12-2006, 15.41.01 | #10 |
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Riferimento: L'inps
forse tengono conto del fatto che il tuo amico deve raggiungere il posto di lavoro e tu no con il telelavoro. Se poi devi raggiungere un'altra postazione devi farlo presente, non tutto e' implicito.
ma sei regolarmente assunto? perche' se non sei assunto sei disoccupato per la legge, con le difficolta' insite a trovare il lavoro dato il tuo stato di invalidita'... prova a rivolgerti ad un patronato od ad un avvocato del lavoro, il patronato e' gratuito, inizia la causa.ciao |