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Vecchio 27-04-2006, 21.01.53   #1
klee
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Tristano e Isotta Tristan et Isolde (Iseut)

Il mito di "amore e morte" dal ciclo bretone a Wagner

"… Lo abbraccia e gli si stende accanto, bacia la bocca e il volto e si
stringe a lui quanto più può, restando corpo a corpo, bocca a bocca;
e così ella rende il suo spirito, e così muore accanto a lui, per il dolore
del suo amico.
Tristano morì del suo desiderio, Isotta perché non poté giungere a tempo.
Tristano morì del suo amore, e la bella Isotta della sua tenerezza."
(Joseph Bedier, Il Romanzo di Tristano e Isotta)

Il mito archetipo di Tristano e Isotta affonda le sue radici nella tradizione del racconto orale di matrice celtica che presumibilmente trovò una forma scritta - tutt'altro che stabile - intorno al VII e VIII secolo d. C. in Irlanda, e verso l'anno Mille in Inghilterra.
Con tutta probabilità i primi manoscritti furono stilati presso i monasteri, dunque è pensabile che le manipolazioni dell'epica originaria avvenissero
per ragioni legate alla morale religiosa: l'elemento magico (come l'espediente del filtro d'amore) poteva, almeno in parte, giustificare lo scoppio di un amore così dirompente, e per giunta adulterino.

Questo immortale monumento all'amor cortese, associato al ciclo bretone-arturiano, ci è giunto in innumerevoli varianti, frammentarie e contaminate,
rielaborate e accresciute, che pur con modifiche e aggiunte di elementi differenti legati alle nazionalità e al trascorrere dei secoli, ha mantenuto le sequenze fondamentali della tragica passione dei due amanti.
Val la pena ricordare le versioni di Thomas "d'Angleterre" (1170 ca.), narratore e chierico vissuto alla corte di Enrico II Plantageneto, e quella del poeta popolare normanno Béroul della fine del XII secolo, entrambe pervenute piuttosto rimaneggiate (restano circa 3000 versi della prima e quasi 4500 della seconda).

Le due più antiche, e conosciute, versioni della leggenda di Tristano e Isotta si presentano diverse pure nei toni e nell'ispirazione.

L'interpretazione di Thomas, rivolta a un pubblico dotto, si mostra più influenzata dal codice cortese, dagli obblighi morali e dal fato, risultando più idealizzata e melanconica, mentre Béroul sottolinea maggiormente l'aspetto tragico e realistico della vicenda avvicinandola alla tradizione delle chansons de geste. Di grande rilievo, soprattutto per il recupero wagneriano, appare il poema cavalleresco Tristan, rimasto incompiuto, composto attorno al 1210 dal minnesänger Gottfried von Strassburg.

L'opera del poeta lirico fu accolta in Germania come un capolavoro del "canto d'amore" perché trasfigurava la storia al punto da interpretarla come un mezzo di elevazione interiore verso sommi ideali di purezza e nobiltà.


Della fine del 1200 è una curiosa traduzione toscana conservata nella Biblioteca Riccardiana di Firenze, e caratterizzata da una diffusa atmosfera fiabesca: il Tristano Riccardiano, tratto da un oscuro Roman de Tristan addirittura antecedente ai poemi anglo-normanni nominati in precedenza.
Illustri, infine, ma ben più tarde, le rare "tracce" di Tristano presenti nell'Orlando Furioso (Canto XXXII).
Ma colui che ha reso immortale uno dei miti

d'amore più famosi di tutta la letteratura è senza dubbio

Richard Wagner,
il quale ha consegnato alla "modernità" una vicenda atemporale, decontestualizzata da ogni storicizzazione e assolutamente scarnificata nell'azione.

Il grande musicista tedesco compose Tristan und Isolde (1857-1859), ispirandosi all'opera di Gottfried, e caricando la rappresentazione scenica di un nuovo peso esistenziale e filosofico.
Nel 1854 Wagner aveva iniziato la lettura di Schopenauer che esercitò una profonda influenza sul suo pensiero.

Il romanzo di Tristano e Isotta dello scrittore e storico francese Joseph Bedier, uscito nel 1900, è una fusione delle versioni medievali della leggenda bretone fortemente influenzata dall'opera di Richard Wagner.
Così come tributaria al genio di Bayreuth è l'iconografia relativa al detto mito, dall'affresco della camera da letto nel castello di Neuschwanstein voluto dal sovrano Ludwig di Baviera,
suo amico e finanziatore, alle visioni dei preraffaelliti (Rossetti, Burne-Jones, Leighton…),

dal celebre dipinto del 1944 alle ventuno incisioni di Salvador Dalì che illustrano il romanzo, dalle scenografie per il Tristan und Isolde per la Scala di Milano nel 1923 di Adolphe Appia (La messinscena del dramma wagneriano, 1895 e L'opera d'arte vivente, 1921), il quale rivoluzionò la tecnica scenica, a quelle di Alberto Burri per l'allestimento del 1975 al teatro Regio di Torino.
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