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02-05-2005, 19.49.03 | #2 |
Ospite abituale
Data registrazione: 06-11-2004
Messaggi: 191
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E' tanto vera la tua riflessione, Fallible, che lo stesso governo, alla chetichella, sta correndo ai ripari.
Questo è un articolo di qualche mese fa. Sarei curiosa di sapere come è andata a finire! Ora anche Silvio ha il suo Patriot Act Lunedì, 29 novembre 2004 Fra le tante “riforme in peggio” cui ci ha abituato questa maggioranza, il Senato ha approvato alla chetichella il disegno di legge che modifica il codice penale militare. Nulla di male, se non fosse che alle operazioni di pace viene esteso il reato di divulgazione di notizie riservate che originariamente si applicava alle operazioni di guerra. Secondo il codice militare del 1941 emanato da Vittorio Emanuele II Re d’Italia e d’Albania, Imperatore d’Etiopia, veniva punito con la reclusione da due a dieci anni “chiunque si procuri notizie concernenti la forza, la preparazione e la difesa militare e ogni altra notizia che, non essendo segreta, ha tuttavia carattere riservato”. La riforma di questa norma antiliberale e repressiva consiste nel raddoppiare la pena: da cinque a vent’anni! I danni perpetrati da questo provvedimento, se verrà confermato alla Camera, sarebbero ingenti. Innanzitutto nei confronti della chiarezza politica. Con l’escamotage di estendere alle missioni di peace-keeping le norme previste per le situazioni di guerra, si perpetua l’ambiguità dell’attuale governo, tenacemente abbarbicato alla bugia secondo cui in Iraq la guerra non c’è e i nostri militari operano in un contesto pacifico. Negare che al nostro contingente vadano applicati gli articoli del codice militare di guerra, e le relative tutele e riconoscimenti, è una furbata che è stata protratta per un anno e mezzo, al solo scopo di mistificare la vera natura della situazione irachena, che è un dopoguerra di guerra. Ma le conseguenze più nefaste sono di natura giuridica e coinvolgono la libertà di informazione. Con l’approvazione di questa norma liberticida, diventa a rischio di galera il mestiere dei giornalisti, che già devono affrontare conflitti sanguinosi e privi di steccati tra combattenti e non combattenti. Quale sarà più il giornalista, inviato sul campo a dare conto di operazioni di guerra (o di pace, che ormai presentano poca o nessuna differenza con le prime) il quale dovrà guardarsi non soltanto da attentati, rapimenti, scontri a fuoco, ma anche dal pericolo di finire sotto inchiesta per aver descritto un’azione militare? Chi deciderà che una notizia, anche non classificata come segreta, può avere “carattere riservato”? Di questo passo, persino riferire dello stato di salute degli uomini e delle donne del contingente potrà configurare un reato. Anche chiedere (si badi: chiedere, come è capitato all’inviato della Repubblica a Nassirya Attilio Bulzoni, fermato e interrogato dai carabinieri dopo la battaglia dei ponti) la documentazione relativa a un’attività di guerra o di “pace” potrà essere perseguìto dalla Procura militare della Repubblica. Il colpo inflitto al diritto/dovere di informare e di essere informati, che già in Italia vive giorni difficili, nonché alle libertà civili della persona, sarebbe irreparabile. Il dato più stupefacente, però, è rappresentato dall’assordante silenzio che ha accompagnato quest’ennesima prepotenza del governo. A parte l’isolata protesta del segretario della Federazione nazionale della stampa, Pier Paolo Serventi Longhi, i “liberal” di casa nostra, sempre attenti a monitorare le persecuzioni politiche, non hanno nulla da dire. Forse dovrebbero dire qualcosa gli esponenti del Centro-sinistra, prima che il micro Patrioct Act di Berlusconi metta il bavaglio al Paese anche sui fondamentali temi della pace e della sicurezza internazionale. http://www.megachip.info/modules.php... icle&sid=314 http://www.osservatoriosullalegalita...annaguerra.htm Ultima modifica di Vale : 02-05-2005 alle ore 20.01.17. |