infatti, Willow.
Anche se in un contesto del tutto diverso, anche a me è capitato di verificare, e più di una volta, quanto le informazioni diffuse dai media in relazione a determinati fatti di cronaca (e di cronaca internazionale, per giunta) fossero, in sè stesse, frammentarie e incomplete, per non dire parziali e tendenziose.
Insomma, attraverso i media noi conosciamo solo quello che "dobbiamo" conoscere.
Che si può fare, dunque, per reagire a questa sorta di dittatura mediatica?
Probabilmente nulla, oltre che limitarsi al saggio partito di recepire tutte le informazioni diffuse dai media con quella sorta di riserva mentale ed emotiva che ci tuteli dalla sindrome dell'ipse dixit, oggi talmente diffusa da non essere più nemmeno identificabile come tale: "L'ha detto la tivù...L'ha scritto il giornale..." etc.
Per quanto le distanze tra un punto e l'altro del pianeta si siano accorciate al punto da sembrare (quasi) inesistenti, se vogliamo capire cosa accada oggi, davvero, in un punto qualsiasi del globo, dobbiamo prenderci la briga di spostarci dalla nostra poltrona di spettatori televisivi e lettori di carta stampata per andare a verificarlo di persona. Anche nel Duemila, grazie a Dio, la conoscenza è possibile solo attraverso l'esperienza diretta e non delegata degli eventi...
Una banalità che la dittatura dei media tende, vischiosamente, a farci dimenticare, per esautorarci, una volta di più,della capacità di essere padroni del nostro pensiero e del nostro giudizio.
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