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Data registrazione: 02-02-2003
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Una società sana è composta individui <sani>
La psicanalisi ed i soldi..(!)
[Ovvero.. Perché la psicoanalisi si paga..?!?]
Vogliamo una società sana..?
Dovremo partire da un individuo <sano> !
Citazione:
<<l'indice di "motivazione": I soldi "per" l'analisi rappresentano anche la forza della motivazione con cui si affronta questo lavoro su se stessi. Lo sforzo, la fatica, l'impegno che vi si vuole profondere. Il livello di determinazione, almeno nelle intenzioni, con cui ci si vuole mettere sinceramente in discussione. Essi sono inoltre un investimento, certo rischioso, su se stessi, sorretti dalla fiducia, dall'intuizione che vi sia in ciascuno di noi un Isola del Tesoro da scoprire e che nuove energie psichiche si potranno rendere disponibili alla parte cosciente della personalità.>>
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Così scrive Saverio Falcone in "I soldi in analisi -
Il denaro e i suoi simboli: contributi psicanalitici"
[da http://quellidellasporta.net/info/documents/falcone.pdf ]
Vi invito naturalmente a leggere tutto l'articolo essendo queste frasi solo esemplificanti parte del suo discorso!
Solo pochi decenni fa Fromm così si pronunciava senza mezzi termini:
Citazione:
[L’accettazione di una relazione terapeutica presuppone già la possibilità della fiducia. Se un paziente mi chiede se ho fiducia in lui, io gli dico:] «In questo momento ho fiducia in lei, anche se in realtà non ne avrei alcun motivo, così come non ne avrebbe lei nei miei confronti. Vediamo cosa succede e se, dopo un periodo di conoscenza reciproca, possiamo ancora avere fiducia l’uno nell’altro.» Se gli dicessi: « Certo che ho fiducia in lei!», mentirei perché, anche se fosse una persona assolutamente straordinaria, come potrei avere subito fiducia in lui? A volte credo in una persona già dopo i primi cinque minuti, di altre invece sin dall’inizio so che non potrò mai avere fiducia, per cui i presupposti dell’analisi vengono a cadere.
La mancata accettazione di un paziente può dipendere da diversi fattori. Se ho l’impressione di non potermi fidare, però sento che egli potrebbe cambiare, gli dico allora che sono un po’ scettico, ma che forse c’è qualche punto che consente l’analisi. Ma se manca anche questo possibile appiglio, senza offenderlo gli spiego perché mancano i presupposti per una collaborazione e che sarebbe meglio contattare qualcun altro.
Non direi a nessuno – e in vita mia non l’ho mai fatto – che non può essere analizzato o che non è possibile aiutarlo. Sono profondamente convinto che nessuno può assumersi la responsabilità di una simile affermazione. Non sono Dio, e non posso fare un’affermazione definitiva circa il fatto che una persona possa essere aiutata o meno. Personalmente posso essere convinto che non ci sia alcuna speranza; ma come potrei fidarmi del mio giudizio in misura tale da emettere un verdetto come questo, e dire che non esiste nessuno al mondo in grado di aiutare una certa persona? Per questo motivo non ho mai concluso una prima intervista o l’inizio di un trattamento con una dichiarazione del genere, ma se avevo l’impressione di non poter lavorare con quella persona, allora l’ho mandata da qualcun altro, non con un pretesto, ma perché profondamente convinto che sia mio dovere dare tutte le chance possibili, visto che la mia sola valutazione personale non basta certo per motivare una decisione così importante.
Quanto al problema della dipendenza dall’analista, essa va misurata per ogni singolo caso. Ci sono pazienti schizofrenici o quasi, che hanno con l’analista un legame fortissimo, direi quasi simbiotico. Senza quel legame reciproco, incrollabile ed imperturbabile con la persona che lo «ospita», questo tipo di paziente si sente completamente perso. Spesso ha un legame simbiotico con una figura materna o paterna, ragion per cui, anche a rischio di un crollo psichico, va messo di fronte alla necessità di camminare con le sue gambe. In una relazione simbiotica come quella, infatti, nonostante abbia da tempo superato l’adolescenza, il processo d’individuazione non è ancora avvenuto.
Freud era convinto che indagare nel profondo di una persona ed esaminare i processi che avvengono dentro di lei possa portare a una trasformazione della personalità e alla guarigione dei sintomi. Vorrei espressamente attirare l’attenzione su quanto l’idea di Freud di dedicare tanto tempo a un individuo fosse, già per i suoi tempi, inusuale. È ciò vale tanto più nella nostra epoca, in cui tutto deve essere fatto in fretta. Per questo motivo la maggiore obiezione che si muove oggi all’analisi è la sua eccessiva durata.
Un’analisi scadente dovrebbe certo durare il meno possibile, mentre una efficace ed approfondita dovrebbe durare il tempo necessario. Naturalmente occorrerebbe trovare nuovi metodi affinché l’analisi non duri oltre lo stretto necessario. Ma solo l’idea che un singolo individuo sia degno d’attenzione tale da dedicargli centinaia di ore è un segno della profonda umanità di Freud. Il semplice fatto che un’analisi in sé richieda molto tempo non è di per sé negativo. Ma se il problema della durata della terapia viene sollevato come problema sociale, nel senso che solo i ricchi potrebbero permettersi una terapia prolungata, questo rivela in realtà una razionalizzazione dell’idea che gli esseri umani non meritano tanto attenzione poiché non sono così importanti, Si possono sempre trovare analisti che trattano i pazienti gratuitamente o per un piccolo onorario, senza con questo risolvere la questione nel suo complesso. L’unica soluzione mi pare consista in una sanità pubblica che renda accessibile a tutti questo tipo di terapia.
Il concetto che il paziente possa guarire solo se paga personalmente il trattamento sembra essere in contrasto con l’affermazione dei Vangeli, secondo cui nessun ricco entrerà nel regno dei cieli. Io credo che tale concetto sia una sciocchezza bella e buona. L’importante è invece l’impegno personale. Per un paziente ricco pagare l’analisi non significa nulla. Anzi, le spese per l’analisi si possono detrarre dalle tasse, il che fa sempre piacere. Il criterio dovrebbe essere che pagare o meno non ha nessuna importanza. L’idea che un paziente debba pagare, e quanto più paga, tanto prima guarisce perché il suo sacrificio è maggiore (nota mia: ciò avrebbe anche un senso biblico), è solo una razionalizzazione dell’interesse personale dell’analista. Questo è un metodo di pensare tipico della nostra epoca: ha valore solo ciò per cui si deve pagare e ciò che non ha un prezzo non è tenuto in grande considerazione. In genere la gente ricca non dà troppo valore a ciò che compra. Ragion per cui, visto che sono così abituati a spendere, i pazienti che pagano molto per l’analisi l’apprezzeranno ancor meno.
Nei confronti della terapia di gruppo io sono alquanto scettico, Ma lo dico senza averne avuto esperienza personale. Certamente non mi piace affatto che una persona parli delle cose più intime in presenza di altre dieci persone. Io non potrei sopportarlo. E poi ho il sospetto che la terapia di gruppo sia destinata a chi non può pagare 50 dollari per un’ora di seduta. A quel punto, se dieci persone si mettono insieme e ne pagano complessivamente 100, è certo una bella cosa!
Posso comunque immaginare che, specie per i giovani, la terapia di gruppo possa essere una cosa utile, sempre che tra loro non ci siano casi gravi e che presentino problemi analoghi. Apparentemente, se collegata a buoni consigli o suggerimenti, essa può ridurre i problemi dei giovano ed essere una cosa positiva. Ma non credo potrà mai sostituire l’analisi, che è un metodo talmente centrato sul singolo e sul privato che a mio avviso non si presta ad essere condotto in pubblico. E in questo sono individualista, forse anche un po’ all’antica.
Nella nostra epoca la vita privata si riduce troppo spesso a una chiacchiera pubblica. E per me questo porta ad un atteggiamento inumano e anti-umanistico. Perciò non credo che esso giovi ad una buona terapia, con l’eccezione dei pochi casi in cui, come per i giovani, non si pretenda di più. L’argomentazione secondo la quale la relazione terapeutica tra analista e analizzando sarebbe artificiale non mi impressiona affatto. Allora anche una relazione d’amore tra due persone è artificiale, perché non si amano in pubblico e la loro intimità sessuale non viene condivisa con dieci altre persone. Io credo che le argomentazioni in favore della terapia di gruppo razionalizzino la tendenza corrente per cui il privato va sempre più scomparendo.
Erich Fromm
da “Aspetti terapeutici della psicoanalisi”
(che riporta ampi stralci di un seminario tenuto da Fromm a Locarno nel 1974 per studenti americani di psicologia) in “L’arte di ascoltare”
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continua..
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