da che (p)arte?
ormai è un sacco di tempo che al fianco della parola "arte" pongo un grosso punto interrogativo, perchè veramente non riesco a spiegarmi che cosa si intenda con questa parola. e tutti i suoi derivati ovviamente. ad essere sinceri ho sempre avuto un'idea abbastanza negativa di questo termine. una definizione solo mi ha soddisfatto, secondo la quale l'arte obiettiva in forme il ritmo del vissuto. e non mi ricordo neanche chi la disse. ma a parte questo problema linguistico, tutto sommato di poco conto (o forse semplicemente irrisolvibile), oggi, quelle rare volte che penso all'arte, è quando penso al suo futuro. alcune forme di arte parrebbe ci stiano abbandonando. è stato benjamin il primo a scrivere della riproducibilità tecnica dell'opera d'arte, predicendo il declino della sua caratteristica evenemenziale. d'altra parte già la letteratura da sempre, e col tempo sempre di più, si basava sull'assenza dell'originale. con la stampa e l'alfabetizzazione poi tutto questo è diventato ancora più vidente e immediato. lo sviluppo tecnologico ha permesso per l'appunto una riproducibilità, ma sopratutto una diffusione, vastissima. l'abbandono del carattere rituale dell'evento artistico diventa evidente con l'invenzione del cinematografo, intendendo con rituale un evento che correntemente ha un senso all'interno di un contesto, come il teatro, un concerto, la danza, che solitamente prevede la fruizione collettiva dell'evento. a subirne gli effetti più tragici di questo modificarsi di rapporto è forse la pittura, inevitabilemte legata alla singolarità dell'opera. un picasso è uno e vale milioni, l'intera opera di dante ci costa 12 euro. certo non avremo il manoscritto originale ma l'esperienza, il pathos che trasmette è lo stesso. grazie a dio la pittura come "arte", o meglio, come espressione, non morirà mai, ma certo il suo buisness, elitario, risente della sua arretratezza oggi che le arti si rivolgono principalmente alla massa. se poi vogliamo ancorarci a un concetto accademico di arte, allora dovremmo temere il presente futuro in cui l'arte si fa al computer e scavalca le gerarchie di "classe", valenza e quant'altro. ma non credo che questo sia il sentimento corrente per fortuna. immagino che stiamo riavvicinandoci ad un'idea di estitca che avevamo accantonato. ed è chiaro, oggi con nuovi strumenti questa ricerca può dare qualcosa di nuovo, mentre cento anni fa sulle varie discpline artistiche si erano sedimentati millenni di sperimentazione che avevano essiccato non solo l'estro e il talento, ma forse lo stessa esperienza della vita era tutta passata attraverso quelle maglie e quei filtri, al punto che ci si chiedeva cosa altro poter creare. Le avanguardie, credo, sono state l'ultimo colpo di coda di un'arte morente. Ma sinceramente non credo l'arte morirà mai, anche se viverla nel presente è sempre stato più difficile che farlo nel passato, come storia.
|