La gioia e il lutto
Vorrei proporre questa silloge di poesie, del poeta Paolo Ruffilli, che stimo molto e che con molto piacere conosco.
Un tema difficile...la morte di un figlio per AIDS e la morte vissuta da un autore che è morto e rinato
Ho scritto mesi fa, su richiesta dell'autore, un mio commento al libro che riporto per far capire meglio il tema trattato
La gioia e il lutto
Mi sono accostata con timido rispetto a questa silloge perché sapevo che i temi che in essa venivano trattati mi avrebbero scosso: rivivere i “lunghissimi attimi” di agonie delle quali sono stata testimone …quel tempo “senza tempo”……e la compenetrazione di sentimenti diversi…l’angoscia per la malattia, per il dolore fisico, il terrore per la “vicina assenza” di un corpo e….in contrapposizione il desiderio che la pena finisca in fretta……la serenità che inspiegabilmente si prova (chissà! forse per difesa?) pensando ad un mondo di puro spirito che è alla ricerca di se stesso…
“….solo ciò che hai amato davvero
non ti sarà strappato
ciò che hai amato per intero
è la tua vera eredità”
E. Pound
Leggo questo pensiero e la mia anima si sente serena…
penso a chi ho amato e non è più fisicamente qui…
penso anche a chi amo e comunque non andrà mai veramente lontano..
penso
Leggo e rileggo perché ad ogni lettura ci sono sfumature che penetrano nell’anima, facendo emergere sempre sensazioni e ricordi diversi…ogni parola vive da sé, come se si dovesse estrapolarla dal suo contesto
Mi accorgo che non è un insieme di brani, di versi, è un tutt’uno…una narrazione che vibra, pulsa…cresce…ad ogni pausa è come se ci si debba fermare per prendere ossigeno perché la fatica del cammino diventa più ardua…
Cos’è la nostra vita?
Casualità o destino? “ …accendersi e spegnersi (per caso?)…”
..e che anormalità vedere come genitori il proprio figlio accartocciato…rinsecchito…qual e disperazione accompagnarlo, nostro malgrado, verso la morte, essere i soggetti di questo invertirsi di ruoli!!
…e che genitori siamo se non riusciamo a capire, ascoltare, cogliere i messaggi muti di un figlio…quale struggente dolore dire ad un figlio “…Non ti sei perso, no, sono io che ti ho perduto” ?: ammettere la propria incapacità…la propria nullità…il proprio assurdo attaccamento alle convenzioni, a tutto quello che è “maschera” in questa società di esteriorità..
…vederlo, osservarlo, scrutarne ogni piccolo respiro, emozione, e sentirlo piano piano allontanarsi…..in contrapposizione averne cura come fosse ancora un neonato e nell’assurdo stravolgimento anche del tempo, riaverlo ancora più vicino al nostro corpo…di madre, di padre, come a farlo rientrare dentro di noi…prima del concepimento…nelle nostre viscere!
(questo, come mamma, ho provato…)
E lui?…..
Mi sono sentita dentro questo corpo…ma, ancor più, dentro questa anima, questo cuore, questa mente….. in un percorso che è una crescente angoscia perché traspare da ogni sua emozione questa immensa sete di vita e questa disperazione per averla calpestata.
Credo che chiunque abbia vissuto l’esperienza di vivere accanto ad un corpo fattosi “dolore puro” a causa di malattie così deturpanti (io purtroppo conosco bene il “cancro”) si senta sconvolto perché in questi versi ha trovato le parole per descrivere ciò che percepiva (a volte ribrezzo, a volte compassione o pietà) ma che, per pudore, non esprimeva.
e….arriva la morte…come liberazione del dolore…certo…ma principalmente come cardano che innesca un processo di profonde e graffianti riflessioni esistenziali.
Io…, Paolo , sono rimasta scossa (lo avevo previsto all’inizio della lettura !! e, avendo anche letto della sua “particolarissima e non comune” esperienza di “morto risuscitato”) dalla parte ultima del libro: sensazioni che anch’io percepisco dentro di me….sensazioni, dubbi, sentimenti che ogni essere umano prova…quelle paure di “non esserci più” ma a volte quelle “quasi certezze” di continuare ad essere, in maniera più completa, più totale in un cosmica vita che non è solo la terra cui ci è stato concesso di vivere per un microscopico pulviscolo di tempo!
…e…questo morire che è comunque vita: le due parti di un ciclo che non avrebbe continuità senza i sui estremi
…e..un essere comunque e sempre soli…
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