Le Finestre dell'Anima
di Guido Brunetti indice articoli
Il sentimento della rabbia tra frustrazione, crisi affettiva e stress
Febbraio 2020
La rabbia - ira, collera, bile, sdegno - è un sentimento ancestrale dalle molte facce, che ci aiuta, dicono i neuro scienziati, a “proteggerci”. Il termine ira, per J. Averill, indica uno “stato emotivo” che implica sia attribuire una colpa per qualche torto subìto sia correggere il torto e prevenirne la ripetizione. È una reazione emotiva alla percezione di qualcosa di sbagliato o ingiusto, spesso definita anche rabbia, indignazione, contrarietà, irritazione.
La rabbia fa parte dei sette sistemi affettivi di base: ricerca, paura, collera, desideri sessuale, cura, sofferenza, gioco. Essi originano dalle “aree profonde” del cervello, che sono - scrive Panksepp - “straordinariamente simili nelle diverse specie di mammiferi”.
L’ira poi aumenta nelle situazioni di frustrazione, di crisi affettiva, lavorativa o economica, di privazione di cibo o di esclusione sociale. Le ricerche nel campo delle neuroscienze ci dicono che i maschi e le femmine hanno reazioni diverse in tutti i “sistemi emotivi”. In generale, le femmine sono biologicamente meno reattive alla rabbia dei maschi, a causa delle differenze nella circolazione degli ormoni sessuali.
Gli animali provano rabbia? Ci sono molte prove della loro tendenza a “vendicarsi” e a fare esperienza dell’odio. Gli animali hanno sistemi cerebrali in grado di “generare” sia comportamenti “altamente irritati” sia sentimenti emotivi negativi.
Invero, la comprensione della collera, ma così di molti altri comportamenti umani, è stato possibile grazie alla laboriosa ricerca sul cervello animale. Il comportamento collerico quindi si manifesta sia nelle persone che negli animali e produce “effetti spiacevoli”.
Nell’attuale società, la rabbia, con la paura, appare come una delle emozioni dominanti, che viene scaricata spesso sui più deboli a causa della nostra incapacità di resistere alla precarietà della società alle ansie e alle incertezze. Continuando in questa direzione - osserva Bauman - andremo incontro a una terra desolata. L’uomo moderno pertanto è caratterizzato da un forte sentimento di aggressività che “riversa contro sé stesso e gli altri”.
Oggi, alla “deriva del cinismo” si aggiungono molteplici forme dell’ira, che da “virtù” nella civiltà greca è “diventata - afferma il filosofo Peter Sloterdijk nel suo libro “ Ira e tempo” (Marsilio) - una tenace componente del “risentimento moderno”. Lo spirito dell’odio e della vendetta sono un “ospite fisso” dell’Occidente. Il credo dell’uomo moderno è: “Sono arrabbiato, dunque sono”.
L’analisi della filosofia, della letteratura e della religione mostra che questo stato d’animo si identifica con la forza fisica o con la potenza, come possiamo riscontrare nell’ira (menis, in greco) di Achille, l’ira di Dio, la furia di Orlando. Il termine ira compare nel verso che apre l’Iliade di Omero: “L’ira canta, o dea, l’ira di Achille, figlio di Peleo”. È un’ira che infligge agli Achei infiniti dolori. È un’ira che assurge a evento celebrativo dell’eroismo. È un’ira che viene conferita dagli dei e perciò viene elevata al “rango di sostanza del mondo”. Nell’opera di omero, l’eroe e la sua ira formano un “insieme indivisibile”. La parola centrale è thymos, il “focolare” del moto dell’Io orgoglioso. Un’anima pulsionale fondamentale, che non si manifesta solo nell’eros, ma piuttosto nei modi del thymos (ribollimento, indignazione, audacia, energia).
Le grandi gesta dell’ira e della vendetta sono cantate dalla letteratura aulica, dalle “Furie” di Oreste al furore di “Medea”.
Nella concezione di Socrate e Platone, l’ira si colloca fra la “venerazione” della menis omerica e la condanna stoica di ogni azione carica di odio. In Platone, il thimos è un elemento visto come capacità di difesa dello Stato. Anche Aristotele parla di questo sentimento in modo positivo. Saranno i filosofi stoici a sostenere che l’ira è un’istanza “innaturale” perché contraddice l’essenza ragionevole dell’uomo (Seneca).
Da parte sua la Bibbia considera l’ira di dio come reazione divina al peccato dell’uomo. Anche il Nuovo Testamento parla dell’ira divina verso l’umanità peccatrice. Il Cristianesimo rappresenta un’epoca in cui si afferma non l’esercizio dell’ira e della vendetta, ma l’etica della rinuncia all’odio nella prospettiva di una vita dopo la morte.
Oggi, l’ira “non dispone” di alcuna strategia capace di orientamento e neanche di una narrativa convincente. Emerge una tendenza all’odio’ contro tutti. È un risentimento generalizzato. C’è un mondo “moralmente squilibrato”, un mondo globalizzato “megalomane e interparanoide”. L’uomo postmoderno vive nella situazione storica della lontananza da Dio. Dal punto di vista psichiatrico, è un problema rilevante.
Che fare? Attivare le nostre capacità di creare e mantenere relazioni di “affetto e fiducia” attraverso interazioni positive ed esperienze emotive piacevoli. Come dire, si tratta di realizzare un processo di “liberazione” dell’ira.
Guido Brunetti
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