Esperienze di vita Indice
Verso il Darshan (sulle orme di Paramahansa Yogananda)
di Bhakti Binod - capitolo 6
Di Nuovo in India
Tornai in India ogni paio d’anni ed ogni volta ebbi il Darshan di Anandamoyi Ma senza averlo mai preventivato.
Nel 1979, arrivato il mattino a Delhi, andai subito alla stazione per acquistare il biglietto alla volta di Benares. Il treno sarebbe partito nel tardo pomeriggio, così telefonai all’ashram che Ma aveva a Kalkaji per sapere se lei era presente. Mi risposero che avrebbe dovuto lasciare Delhi il giorno prima ma aveva rimandato la partenza perché non si sentiva bene. Approfittai immediatamente, tanto più che Manlio, un mio amico, mi aveva pregato di offrire dei fiori in sua vece alla Santa, qualora l’avessi incontrata.
Comprai una mala floreale da uno dei venditori che sempre si trovano vicino agli ashram, dai quali i devoti sono soliti acquistare i fiori da offrire al santo o alla Murti, nel tempio.
Nell’ashram mi dissero che Ma era ammalata, stava nella sua stanza e non si poteva vedere. Consegnai allora i fiori a Swami Baskarananda, esortandolo a farli benedire dalla Madre. Mi sedetti quindi a terra, a una ventina di metri dalla stanza di Ma ed iniziai a pregare perché si affacciasse e mi donasse il suo darshan.
Lo swami entrò con la ghirlanda di fiori. Dopo un po’ ricomparve con la collana in mano, che però lasciò appesa sulla ringhiera, senza restituirmela.
Aspettai alcune ore. Una monaca distribuì il prasad ai pochi presenti, non più di una quindicina, tranne che a me. Tuttavia, anche se avevo fame, non mi sentii mortificato perché sapevo che gli occidentali sono considerati dai più ortodossi alla stregua dei fuori casta.
Era ormai pomeriggio inoltrato ed il tempo della mia partenza si stava approssimando. Comunque, ero deciso a restare fino all’ultimo e continuavo a supplicare Ma affinché potessi vederla.
Mentalmente le dicevo: “Swami si è scordato di restituirmi i fiori. Che dirò al mio amico? Dovrò riferire che non li hai accettati? Come riuscirò a dirglielo? Se potessi avere una di quelle rose da portare a Manlio…”
Mentre questi pensieri si affollavano nella mia mente il tempo di andare, impietoso, si avvicinava.
Ad un tratto un bambino colse una rosa dal cespuglio. La monaca, accortasi, lo rimproverò e redarguì anche gli ignari genitori, quindi tolse la rosa al bambino, si guardò attorno come per cercare qualcuno, si avvicinò a me e me la consegnò.
Presi la rosa, incredulo, ringraziando silenziosamente la Madre. I regali però non erano finiti: mi stavo alzando per partire, quando Ma si sporse dalla finestra e rimase affacciata per alcuni minuti facendoci dono del suo darshan. Poi si ritirò.
Commosso, lasciai l’ashram; salii di corsa su un rickshaw e raggiunsi in fretta la stazione.
Trascorsi il soggiorno in India con Swami Bidydananda a Lakhampur, Calcutta e Benares.
Swamiji mi condusse con sé in un piccolo villaggio dove avrebbe dato l’iniziazione ad un gruppo di devoti.
Era molto venerato da coloro che lo conoscevano e seguivano i suoi insegnamenti. Appena arrivammo questi ci accolsero con grandissimo rispetto e considerazione: come ospiti illustri ci fecero accomodare in una stanza dove ci lavarono i piedi. Poi Swamiji cominciò la cerimonia, prima con gli uomini, poi con le donne; a quelli diede l’iniziazione al Kriya Yoga, a queste diede l’iniziazione con un Mantra.
Terminata la funzione, ci portarono da mangiare. Nel pomeriggio Swamiji riunì nuovamente i due gruppi e revisionò le istruzioni. Alla fine partimmo per fare ritorno a Lakhampur.
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