Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
Rosacrucianesimo e algoritmi della memoria
- Seconda parte
di Daniele Mansuino e Paolo Del Casale
Agosto 2022
Come la mente razionale dell’uomo procede su base binaria, così l’alfabeto alla base di tutti gli algoritmi mnemonici è formato da due soli segni, il Cerchio e la Linea, e la loro interpretazione in chiave rosacruciana abbraccia aspetti che nell’usuale analisi metafisica di questi simboli (intendiamo quella delineata da Guénon nel Simbolismo della Croce) non vengono toccati.
Il Cerchio, per esempio, va collegato al pensiero circolare: non nel senso che viene comunemente conferito a questa espressione, ma per designare il complesso dei pensieri umani concernenti l’osservazione della natura (probabilmente in quanto considerata il simbolo dell’indefinitaimmanenza della realtà formale).
L’Uomo un giorno prese coscienza di essere nella natura, ma con un ruolo del tutto particolare: come un elemento, per qualche ragione, diverso e distaccato da essa.
Attraverso l’applicazione dei più semplici algoritmi mnemonici, egli imparò a categorizzare nella propria mente le aree in cui vedeva suddivisa la propria realtà: egli vedeva infatti la differenza tra esseri animati e inanimati, così come quella tra gli animali e gli altri esseri umani.
Prima della comparsa della parola e della scrittura, la mente umana elaborava sequenze di immagini, e così le facoltà mnemoniche si legavano a elementi visivi, ambientali; questo può dirsi per lo sviluppo dell’individuo dalla nascita, e analogamente per l’umanità considerata nel suo complesso.
Prendiamo l’esempio-stereotipo dell’uomo delle caverne che vive in una grotta; quando si trova all’interno della grotta si sente al sicuro, perciò decide di riporre in un angolo alcune pietre e rilassarsi.
Sceglierà di immagazzinarle in un determinato posto a seconda delle proprie necessità, in modo da poterle raggiungere rapidamente per la propria difesa: in questo caso la sua mente potrà richiamare con facilità l’immagine del luogo dove le ha deposte, e il suo corpo potrà accedere alle pietre senza la necessità di alcun ulteriore processo logico.
Quando lo stesso uomo avrà imparato a usare la clava, è probabile che decida di custodirla nello stesso luogo, semplificando l’evocazione alla memoria dell’idea di clava grazie alla legge di analogia, che collega i concetti di difesa e attacco.
Lo stesso processo si verifica nei “luoghi” della sua mente: per esempio, quello in cui sono custodite le memorie delle pietre e della clava potrebbe essere chiamato il Luogo della Paura, perché al suo interno troveranno posto tutti quegli strumenti, materiali e mentali, che gli sono utili per proteggerlo dalla paura; andrà perciò riempiendosi a poco a poco di oggetti e pensieri taglienti e pericolosi, quindi spaventosi in sé stessi, da trattare con cura.
Lo stesso meccanismo di localizzazione degli oggetti materiali e mentali nei luoghi appropriati avviene per ogni tipo di necessità, andando a creare varie proiezioni mentali di aree logistiche che si dispongono secondo le necessità personali. Così, il nostro uomo primitivo potrà scegliersi un’area legata alla preparazione e conservazione del cibo, un’altra per il riposo e così via. La disposizione delle aree nel modo più adatto è la chiave per far funzionare l’abitazione nel suo insieme, e consentirgli dunque una vita migliore; prenderà forma in questo modo, poco alla volta, un vero e proprio palazzo della memoria.
Da questo possiamo comprendere come fossero necessarie ai nostri antenati qualità mnemoniche ben superiori a quelle dell’uomo medio moderno. In assenza della possibilità di portare con sé appunti e note, l’uomo della preistoria elaborava metodi di organizzazione dei pensieri che gli permettevano di immagazzinare molti ricordi, e ripescarli velocemente.
Allora come oggi, era prima di tutto importante imparare a pensare correttamente, in maniera funzionale, e la chiave di un buon pensiero è un buon rapporto con i ricordi. Saperli organizzare correttamente vuol dire anche essere in grado di trarre il massimo dall’interazione con l’ambiente: ne conseguì che coloro che sviluppavano mnemotecniche migliori delle altre venivano considerati maestri di vita.
La tradizione rosacruciana della memoria afferma che nel corso dei millenni vennero sviluppate nove mnemotecniche fondamentali, di livello progressivamente più elevato (come nove sono i gradi della SRIA in Gran Bretagnae della SIRC in Italia), e che la loro applicazione progressiva da parte dei maestri dell’umanità diede origine al pensiero circolare nella versione esoterica del termine, il pensiero a spirale.
Considerato ora brevemente il simbolo del Cerchio, passiamo alla Linea, che viene collegata al pensiero lineare: un modello funzionale della nostra mente che è molto più complicato di quanto potrebbe sembrare (Marshall McLuhan fu maestro nell’analizzarlo), ma che nel pensiero rosacruciano può essere ridotto ad un semplice assioma: l’uomo che osserva sé stesso.
La sovrapposizione del Cerchio e della Linea, ovvero dei due tipi di pensiero, generò conseguenze complicate, che vengono adombrate nel pensiero rosacruciano da varie leggende (lo stesso mito di Christian Rosenkreutz è una di queste, e se avremo occasione di scrivere ancora su questo tema ne includeremo l’analisi).
Sarebbe stato proprio il funzionamento binario della parte razionale della nostra mente ad introdurre l’idea che sussistesse un misterioso legame tra il moto dei cieli e la vita sulla Terra, e che questo legame riflettesse per qualche motivo il rapporto dell’Uomo tra la sua vita interiore e quella esteriore.
La suddivisione del cielo in dodici settori, chiamata Zodiaco si può considerare come un’applicazione particolare delle mnemotecniche, che ne espande le potenzialità, in primo luogo per la possibilità offerta dall’astrologia di creare un sistema di comunicazione universalmente valido e facilmente comunicabile: infatti, essendo il cielo la lavagna su cui si proietta, possono esserne tramandate con la massima facilità dinamiche e leggi.
Di conseguenza, un’ampia fetta della popolazione umana cominciò a organizzare i propri ricordi lungo i sentieri delle geometrie celesti. Da questo derivò il suo coinvolgimento progressivo in quella che definiamo realtà condivisa, o realtà oggettiva, e un conseguente sviluppo delle qualità relazionali volte alla manifestazione del sé.
Questa nuova varietà di maestri-astrologi possedeva agli occhi dei profani un’aura di magia, poiché non solo era in grado di fornire istruzioni utili all’organizzazione funzionale della vita, ma perfino di prevedere eventi che ancora dovevano accadere.
C’è però da osservare una fondamentale diversità tra astrologia e mnemotecniche: la prima è legata al Cerchio (non solo perché si fonda sul cerchio dello Zodiaco, ma anche perché è fondamentalmente una disciplina empirica, che senza il sostegno di una solida struttura logica rischia di sfociare nel caos di una spirale senza fine), mentre il palazzo mentale dell’Arte della Memoria è quadrato (possiamo immaginare inscritta al suo interno una Croce; anzi è proprio quello che veniva fatto nella più elementare tra le mnemotecniche preistoriche, nella quale le cose da ricordare venivano associate ai quattro elementi).
Di conseguenza, i due rami si sono evoluti in maniera parallela, ma distinta: i circolari dell’astrologia, che vedevano prioritario il Cerchio rispetto alla Croce, erano mistici o profeti, mentre i lineari delle mnemotecniche (legati alla Croce) prediligevano le funzioni di sacerdoti o capi del popolo.
Ed ecco, allora, il ripetersi della manifestazione del Cerchio e della Croce, che vedranno i due modelli di pensiero confluire, nel simbolo della Rosacroce, in uno solo: l’Uomo che osserva sé stesso al di sopra della natura, mentre le prime rudimentali astrazioni del pensiero circolare evolvono naturalmente nel pensiero lineare diventato simbolico.
Possiamo considerarlo il coronamento di un processo cominciato molti millenni prima. Le prime descrizioni del Palazzo della Memoria possono essere fatte risalire al 90 a.C., quando nell'opera Rhetorica ad Herennium compare una tra le prime descrizioni del Metodo delle Stanze, o dei Loci - per quanto concerne la cultura occidentale, era forse la prima volta che si tentava di trascrivere un corpo di conoscenze esoteriche tramandate oralmente, e perciò di regolamentarle e cristallizzarle.
Il Primo Secolo dopo Cristo è stato un fiorire dei primi sistemi, apertamente mistici, che si rifacevano ai più antichi palazzi della memoria. Rabbi Shimon bar Yochay tramanda la supposta tradizione degli Heikhalot, o Palazzi Celesti; essa va ad affiancarsi allo sviluppo della letteratura Merkavah, ovvero quella che descrive il metodo di ricongiungimento a Dio col ripercorrere a ritroso la via della Creazione.
I Palazzi Celesti sono anche citati, seppure indirettamente, nel Vangelo di Giovanni: Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? (Giovanni 14:2)
Va brevemente notato come, nel corso dell’antichità classica, l’Arte della Memoria avesse acquisito nuove valenze d’uso legate all’inedita mescolanza di popoli e culture innescata dall’Impero Romano, la cui più appariscente conseguenza sarebbe stata - sui tempi lunghi - la transizione della civiltà occidentale dal politeismo al monoteismo.
Fu proprio in quel periodo storico che, nelle classi sacerdotali dei vari popoli, cominciarono a manifestarsi personalità inclini a trascendere i metodi delle scuole in cui si erano formate, riuscendo a comprendere per analogia anche i metodi di altre discipline apparentemente antitetiche, e così integrarli.
Tutti questi personaggi hanno creato scompiglio nel proprio tempo, ma sono stati la chiave di volta che ha innescato l’evoluzione. Vengono chiamati Messia nella tradizione ebraica e Avatar in quella indù. Il loro scopo era di insegnare che il percorso non è né il Cerchio né la Croce, ma il punto centrale di entrambi, che li connette indissolubilmente.
Possiamo comprendere molte cose riguardo all’evoluzione del ruolo di Messia nella storia partendo dalla leggenda talmudica dei quattro saggi che entrarono nel Pardes, volta ad insegnare il corretto modo di relazionarsi alla Torah. L’esegesi ebraica contempla infatti quattro distinti modi di interpretare il libro sacro: il primo è letterale, il secondo simbolico, il terzo analitico e il quarto misterico.
Cosi hanno insegnato i nostri saggi: quattro persone sono entrate nel Pardes ed erano: Ben Azai, Ben Zoma, Acher e Rabbi Akiva. Rabbi Akiva disse loro: quando arriverete alle pietre di marmo bianco non dite: acqua! acqua!, dato che è scritto: colui che dice menzogne non potrà stare davanti ai miei occhi.
Ben Azai guardò e morì, e di lui il verso dice: preziosa agli occhi di Dio è la morte dei suoi pii. Ben Zoma guardò e rimase ferito, e di lui dice il verso: ha trovato miele, basta di mangiarne, o altrimenti ti sazierà al punto di vomitarlo. Acher si mise a tagliare i virgulti. Rabbi Akiva uscì in pace.
Questa leggenda afferma chiaramente che, pur essendo tutti e quattro modi validi e buoni agli occhi di Dio di relazionarsi al testo, soltanto Rabbi Akiva - che adotta un approccio misterico - riesce ad ottenere la pace.
Il primo saggio muore nel senso che l’approccio prettamente letterale è privo di spirito, perciò destinato a morire e rinascere, adattandosi a seconda delle epoche e dei costumi. Il secondo impazzisce perché ogni testo sacro è sempre composto da un labirinto di specchi e simboli che, in assenza di un sapiente discernimento, possono condurre alla follia.
Dice il Talmud: se la persona è meritevole, essa (la Torah) diventa per lui una medicina vitale (Sam Chaim); se non merita, diventa per lui un veleno mortale (Sam Mavet).
Il comportamento dei primi due saggi ha incarnato gli approcci della Croce e del Cerchio; ma vediamo che il terzo si mette a tagliare i virgulti, un’espressione che è sinonimo di apostasia.
Un’interpretazione di natura squisitamente razionale può, in effetti, portare alla luce le falle di un sistema, e quindi anche spingere il fedele ad allontanarsi dalla norma, e dare inizio a una nuova forma di culto.
Se questo può essere percepito con timore da coloro che aderiscono a una specifica religione, dal punto di vista della religione universale gli apostati possono essere considerati dei pionieri.
Infine, l’ultimo livello interpretativo - quello misterico - non rigetta di fare uso dei tre precedenti approcci, ma li sublima tramite processi inconsci, lasciando che l’interpretazione si presenti da sola quando le informazioni già ricevute sono state elaborate, e prevalendo su di loro.
È da notare anche come ai quattro approcci possa essere fatta corrispondere la struttura dei Quattro Elementi:
Terra, memoria: interpretazione letterale
Acqua, elaborazione: interpretazione simbolica
Aria, ragionamento: interpretazione analitica
Fuoco, intuizione: elaborazione misterica.
Il Fuoco domina gli altri Elementi, ma al contempo li compenetra; perciò, se si aspira al Fuoco, bisogna prima passare per gli Elementi più grezzi, e raffinarli. L’atto di trascendere la separazione è quindi la chiave per entrare in contatto con il divino.
Per conseguire lo stato messianico, occorrerà poi effettuare un ulteriore astrazione, consistente nel rendere operativi e dinamici tutti e quattro gli Elementi, e al contempo dando loro una propria interpretazione intima e personale.
In questo modo si genera lo Spirito, il Quinto Elemento (dal quale è sgorgata la concezione di un Dio unico che scende sulla Terra incarnandosi in un Figlio), e la prima e più importante interpretazione del simbolo del Pentagramma - nel quale, come è noto, si può inscrivere la figura umana - è quella dello Spirito che si erge al di sopra dei Quattro Elementi.
Ancora, il processo di generazione dei Messia (del quale tanto abbiamo parlato nell’Età dei Messia, in Un trattato sabbataista di magia sessuale e in altri articoli) trova nel 1494 la propria applicazione gematrica grazie a Johann Reuchlin, che propone un adattamento del Tetragramma: è la celebre formula YHShVH, ben nota non solo ai Martinisti ma anche agli esoteristi di altre scuole, grazie alla quale il nome di Dio diventa pronunciabile, andando ad accostarsi alla pronuncia del nome del Gesù storico (la lettera Shin nel mezzo del Nome rappresenta la discesa dello Spirito nei Quattro Elementi, così come la Coscienza nell’ambito delle funzioni psichiche).
Col potenziarsi rinascimentale del pensiero astratto, le stanze del Palazzo della Memoria cominciano ad addobbarsi di nuovi significati: le immagini della natura divinizzata, che esse ospitavano da sempre, trascendono verso l’alto in immagini di pure divinità.
Da questo punto in poi, vediamo un’esplosione di nuove formule magiche operative. Nel 1582, Giordano Bruno pubblica Ars Memoriae, nel quale la mnemotecnica non è più soltanto un ausilio della retorica, ma un mezzo per ri-creare il mondo. Nel campo delle spiritualità alternative può essere considerato un passo avanti tra i più importanti, perché è la prima volta che viene proposto al grande pubblico un metodo totalmente scientifico per il raggiungimento del divino, ovvero sciolto dalle meccaniche del dogma (anche se, ovviamente, la scienza di cui si tratta in questo caso è quella ermetica).
Nel 1583 avviene la dettatura del sistema enochiano a John Dee ed Edward Kelly: un sistema magico rivoluzionario, rosacrocianamente fondato sui 4 Elementi più 1, che pretende di accorpare e sintetizzare tutte le conoscenze esoteriche tradizionali in un metodo solo.
Va aperta una parentesi per osservare che la visione dell’Uomo messianizzato del Rinascimento non può essere considerata - come vorrebbero gli esoteristi tradizionali - in contrapposizione con la prospettiva monoteista del Medioevo: anzi, era stato proprio in seno a quest’ultima che si era manifestata - fisiologicamente, diremmo quasi - la necessità di rimarcare gli aspetti molteplici dell’esistenza.
Così anche in seno all’austero Islam, dove ogni raffigurazione di Dio è severamente proibita, il maestro Sufi persiano Ali Hujwiri parla di un’assemblea di intelligenze organizzate in schiere gerarchiche, con cui il praticante può entrare in contatto seguendo determinate pratiche rituali. Il suo sistema mistico si fonda su un gioco di dialettica chiamato Maqāmāt, che letteralmente significa assemblea, consesso, riunione; è una raccolta di brevi racconti allegorici, relazionati l’uno all’altro sulla base di rapporti geometrici.
Nello stesso periodo Ibn Arabi, mistico e filosofo Sufi andaluso, mette a confronto l’esperienza del mistico alla ricerca di Dio con quello dell’amante che corteggia l’amata; a questa fa da specchio la venerazione nei confronti della Donna, che deve essere contemplata dall’Uomo come fa con Dio. Così utilizza il simbolo della rosa per indicare da un lato le guance arrossate dell’amato, dall’altro la disposizione dei Nomi e Attributi divini.
Ibn Arabi confronta il rapporto tra Dio e la sua creazione con l’immagine di un oggetto che viene riflesso in innumerevoli specchi: l’immagine di Dio che può essere scorta dall’ottica umana, per quanto perfetta immagine del centro, è soltanto una tra molte.
Quando un individuo ha compreso che non c’è separazione tra l’Uomo e Dio, ha inizio il suo percorso verso l'unità. Chi decide di percorrerlo persegue la vera realtà, e risponde al desiderio di Dio di essere conosciuto.
La sua ricerca potrà condurlo tanto ad un ricongiungimento con Dio quanto al miglioramento della propria coscienza di sé, il che consente di dire che l’Uomo Perfetto è tanto di origine divina quanto terrena.
L'Uomo Perfetto si distingue dall’uomo comune (Ibn Arabi, per opposizione, parla di uomo-animale, ovvero focalizzato soltanto sulle proprie caratteristiche anatomiche e fisiologiche) in quanto è lui solo, grazie alla sua appropriazione dei Nomi Divini, a godere della volontà creativa e del potere sul mondo.
Le reminiscenze dell’esperienza mistica, specialmente in occidente, trovano un mezzo espressivo nell’arte, non potendo essere comunicate direttamente.
I rosoni delle chiese romaniche e gotiche sono concepiti sulla simbologia astrale del cerchio, e si rifanno a modelli mesopotamici (M’schatta), siriaci e copti, che vanno a rappresentare concetti come la Ruota del Sole, il Cerchio delle Virtù, il girotondo degli Angeli e dei Martiri.
Non di rado, il richiamo è alla platonica armonia delle sfere - la rivoluzione celeste dei pianeti e dei segni dello Zodiaco, col loro influsso sulla vita dell’Uomo - o direttamente al Cristo, Sol Aequitatis, il Sole della Giustizia.
In forma dunque di candida rosa
mi si mostrava la milizia santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa.
(Paradiso 31, 1-3)
È opinione nota e accettata che i Fedeli d’Amore, di cui Dante faceva parte, fossero sufi che si ispiravano agli scritti di Ibn Arabi; così come ai Libri della Scala, che narrano il viaggio del Profeta (su di Lui la benedizione e la pace) dalla Mecca, il Tempio Sacro, fino a Gerusalemme, il Tempio Ultimo, e quindi della sua ascesa verso i Sette Cieli.
È al contempo anche probabile che le conoscenze di Dante si estendessero allo gnosticismo, così come alla retorica greca; di conseguenza, il simbolo della Rosa Mistica dantesca può bene essere considerato come un’allusione al sincretismo, una sorta di profezia della religione mondiale di là da venire.
Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo (Matteo, 24:27).
Nel sistema yoga dei chakra, il settimo è chiamato Loto dai Mille Petali, e corrisponde al massimo punto di espansione della coscienza individuale durante la meditazione. Questo punto energetico si trova al di fuori del corpo fisico; costituisce una sintesi dei poteri degli altri sei, e al contempo una sorta di antenna che collega l’individuo a ciò che è al di là della sua comprensione diretta.
Per accedervi, è necessario compiere un lavoro sistematico di riallineamento delle polarità energetiche e delle relative dualità comportamentali causate dalla loro separazione. Una volta che tutto il sistema è bilanciato, è possibile connettersi alle frequenze emanate dal Loto.
Il simbolo della Rosa può quindi essere considerato una rappresentazione dell’insieme di tutte le possibili esperienze evolutive dell’individuo.
Chiunque riesca a raggiungere il Centro della Rosa può anche essere in grado, in termini simbolici, di staccarne un petalo e portarlo giù, così che esso possa rigenerare la realtà fenomenica, aprendo nuovi sentieri che possano condurre altre persone allo stesso risultato.
Per poterlo ottenere, l’aspirante deve innanzitutto essere istruito in una tecnica spirituale specifica: deve legarsi (crocifiggersi) alla Rosacroce, diventandone un Maestro e potendo trasmettere a sua volta il suo messaggio salvifico e trascendente.
Daniele Mansuino e Paolo Del Casale
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