Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
Sull'esoterismo tradizionale
Gennaio 2010
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Spostandoci ora nell’ambito dell’esoterismo extramassonico – cui questo articolo è specificamente dedicato – l’atteggiamento da adottare nei confronti del fenomeno detto progresso risulta di vitale importanza nella scelta del percorso di trasmutazione interiore, e richiede scelte univoche da cui è difficile tornare indietro. Esistono infatti scuole e tecniche integralmente tradizionali che rigettano il progresso, e altre l’adesione alle quali richiede - dal punto di vista delle prime - una scelta che viene condannata in quanto considerata antitradizionale.
La vera discriminante, come già in altri articoli ho osservato, è in realtà l’approccio alle tecniche trasmutatorie operanti direttamente sulla psiche. I tradizionalisti infatti negano loro ogni utilità, e le considerano dannose se non addirittura sataniche; i progressisti le considerano fondamentali.
Sebbene il mondo dell’esoterismo – diverso in questo dal mondo della politica – sia caratterizzato al suo interno da suddivisioni molto vaghe e sfumate, alcuni esempi possono far capire meglio di cosa sto parlando: nella categoria tradizionale si possono includere le scuole guenoniane in blocco e buona parte dell’arcipelago delle scuole esoteriche di destra, molte delle quali si rifanno al pensiero di Julius Evola. E’ vero che in queste ultime l’approccio allo psichismo è molto più indulgente, ma come nelle scuole guenoniane viene posto marcatamente l’accento sulla sua subordinazione al principio spirituale, quindi in ultima analisi non sono poi molto diverse; il che è confermato dal fatto che loro stesse rimarcano con enfasi la propria appartenenza al mondo della tradizione.
Nella categoria considerata antitradizionale includerei tutte le scuole di discendenza napoletana: agli albori del Rinascimento, praticamente le uniche in Occidente a detenere una trasmissione interamente fondata sul lavoro psichico, come l’Ermetismo prescrive.
In verità, al loro caso potremmo legittimamente accostare le scuole alchemiche e le rimanenze sciamaniche della stregoneria delle campagne; ma le prime furono sempre numericamente assai esigue, e le seconde – avulse da ogni forma di tradizione scritta – erano per definizione destinate a tramandarsi soltanto in aree ristrette.
Entrambe queste realtà sarebbero state più avanti recuperate e assorbite dalla molteplicità di scuole diffusesi in tutta Europa sulla base di trasmissioni napoletane, quando già anche certe scuole di origine qabbalista erano entrate in Europa; ma non rientra nel mio tema l’analisi di questo complesso fenomeno ancora tutto da chiarire, cui ho accennato ne La genesi del mondo moderno.
Per quanto l’esoterismo tradizionale sia oggi ferocemente antimodernista, non vale l’opposto, e questo fa sì che la maggior parte delle scuole oggi discese da questo secondo ceppo (che è un numero enorme, molto più di quanto si potrebbe pensare: l’America ne è invasa) non pensino minimamente a dichiararsi antitradizionali, anzi il contrario; in molti casi esprimono nei confronti dell’esoterismo tradizionale sincera simpatia, stentando non poco a rendersi conto del fossato incolmabile che separa di fatto le sue posizioni dalle loro.
La verità è che tendono sistematicamente a eludere il problema, ma non si creda per questo che la dualità tradizione / progresso sia stata da loro superata: è più facile che si tratti di omissioni nel loro corpus teorico, che ottengono solo l’effetto di rimandare il confronto con il problema fintanto che al discepolo non capita di trovarselo improvvisamente di fronte, magari nel bel mezzo del suo percorso iniziatico, con i relativi guai.
In realtà, se fosse vero che la variegata moltitudine delle scuole rispecchia nelle sue differenze le varie caratteristiche della psiche umana, potremmo dire che l’esoterismo tradizionale simboleggia la figura del Padre, mentre l’esoterismo moderno (da altri battezzato neospiritualismo) la Madre: li chiameremo d’ora in avanti Papà e Mamma.
Sé e Io, Yin e Yang, Purusha e Prakriti, Tesi e Antitesi, Tempo e Spazio, Corpo e Anima, Uomo e Donna, Sole e Luna, Marte e Venere, Saturno e Giove, Trascendenza e Immanenza: innumerevoli sono le coppie di simboli per mezzo dei quali la stessa contrapposizione può essere espressa, presentandosi all’intelletto ogni volta in un aspetto diverso.
Guardando alla superficie, tutte le scuole proclamano in coro che gli opposti sono fatti per essere trascesi, e ognuna ti spiega come; ma anche le loro ricette possono rivelarsi altrettanto opposte, a seconda del caso se a proporle sia Mamma o Papà.
La Mamma, lo sappiamo, è buona. Il suo approccio all’esistenza è ottimista. Avendo sperimentato personalmente il mistero della riproduzione della vita, si ritiene in diritto di parlarne ex cathedra con cognizione di causa, senza dar troppo peso ai bizantinismi delle varie teorie.
Un’altra cosa buona per lei è l’Amore, e l’Amore è anima; se è colta apprezza l’arte, se è inclita i telefilm, ma in ogni caso vede al positivo ogni cosa possa accrescere nell’anima del mondo forza e ricchezza. Così, le tecniche di trasmutazione interiore da lei proposte andranno sempre nel senso di un accrescimento delle forze psichiche; di una compenetrazione dell’uomo nel cuore della Natura.
Invece Papà (che ai suoi tempi sbatacchiava Mamma per bene, anche un po’ troppo, come nel caso dell’Inquisizione) è burbero e severo. Il messaggio del Cristianesimo è mai riuscito a comprenderlo completamente, gli sembra troppo dolciastro; ma a forza di andare a Messa, la sua mente quadrata e un po’ lenta ha finito per prendere pienamente coscienza del dramma dell’uomo - inchiodato alla croce della materia, prigioniero di un corpo, schiavo delle passioni.
Il cammino che ti propone è quello della strada stretta da cui non bisogna sgarrare, e che ben pochi riescono a percorrere fino alla meta. I suoi insegnamenti tendono dunque a reprimere nell’uomo qualunque manifestazione delle sue tendenze caratteriali: la Legge domina sull’Individuo – anzi l’individualità è precisamente il nemico da abbattere, la maschera o il velo che separa dalla piena comunione con l’Assoluto.
L’Assoluto, già: perché è solida convinzione di Papà è che ci sia un Assoluto, e la realizzazione iniziatica equivalga a identificarsi con esso. Con questa ingegnosa grattatina di palle alla sfera più masochista del nostro inconscio, l’esoterista di tradizione mi fa pensare a quei genovesi bloccati dalla neve in un rifugio alpino, che quando bussò la Croce Rossa risposero abbiamo già dato: ritiene infatti di aver già pagato in questo modo il suo tributo alla caducità dell’umana condizione, e con luciferino orgoglio si autoesenta dal lavoro sulla psiche, passando il tempo a catalogare nelle varie classi della controiniziazione chiunque abbia la sfrontatezza di guardare all’esoterismo in modo diverso.
E’ ben chiara nella sua concezione una prospettiva saldamente lineare dell’esperienza umana, intesa in ogni caso come un percorso nettamente definito, da un luogo all’altro: dalla Vita alla Morte per la moltitudine dei fuorviati e dall’individualità all’Assoluto per l’élite degli Eletti, in cui ovviamente c’è anche lui.
E’ questo un modello di pensiero, come i miei lettori possono intuire, abbastanza moderno: di certo posteriore al passaggio dell’umanità al sedentarismo per dedicarsi alla pratica dell’agricoltura, e collegato piuttosto al sorgere di quella società patriarcale di cui l’esoterismo tradizionale esprime tanto bene i valori.
L’esoterismo tradizionale incarna insomma l’esatto contrario di quella Tradizione Primordiale - legata al nomadismo e alla trasmissione matrilineare - di cui pretende di essere il continuatore; contraddizione di cui, del resto, Guénon era pienamente consapevole, se è vero che gli dedicò uno dei suoi saggi più belli, Caino e Abele.
Tra i molti misteri legati a questo autore, ce n’è del resto uno che anche i suoi seguaci più devoti non riescono a eludere, anzi potremmo dire molti ne sono quasi ossessionati: è uscito di recente in francese uno stupendo libro di un autore italiano – L’Enigme René Guénon et les “Supérieurs Inconnus”, di Louis De Maistre – che con dottrina incomparabile, senza mai affrontarlo in modo diretto, gli gira intorno per quasi mille pagine.
Ovvero: che la pratica dell’esoterismo tradizionale in versione guenoniana non ha prodotto finora, almeno che si sappia, nessun liberato in vita, ma in compenso ha senza dubbio creato un numero non quantificabile di controiniziati.
E’ vero infatti che non c’è un altro libro come Il Regno della quantità e i segni dei tempi per chi voglia sapere tutto della presunta degenerazione da tradizione a progresso, ma il risultato che si ottiene polarizzando la storia intorno a questi due opposti non è certo di chiarire le idee a quanti abbiano intenzione di trascenderli: al contrario, è un libro adattissimo a farsi leggere al negativo - prendendo cioè per Bene quanto viene presentato come Male e viceversa – al fine di tirarne fuori una vera e propria religione del progresso, che si presta assai meglio ad essere utilizzata in campo magico/esoterico rispetto a quel positivismo che faceva già ridere un secolo fa.
Dal che sarebbe legittimo attribuire a Guénon un ruolo analogo a quello del Saruman tolkieniano, che dopo essersi battuto per una vita contro il Male alla fine si stufò e decise di allearsi a lui. Non mancano nelle file dei transfughi guenoniani scuole di pensiero orientate in questo senso, presso le quali allignano talvolta teorie complottiste sul guenonismo molto buffe: per esempio, un giorno un amico attirò la mia attenzione sul fatto che leggendo alla rovescia nome e cognome di Guénon si ottiene Non è UG, è Ner, laddove UG sta per Uomo Giusto e Ner per Nero. Ci rimase male quando gli feci notare che, a rigor di logica, se letto al rovescio il nome è malefico, al diritto è benefico.
Guénon del resto, se qualcuno gli avesse fatto quella obiezione, avrebbe risposto che non fa parte delle possibilità umane influire in un senso o nell’altro sulle modalità di manifestazione del Kali-Juga; quindi a svelarle non si fa alcun Male, mentre al contrario l’accrescimento delle conoscenze tradizionali dell’uomo è sempre un Bene.
Nella bella (e agiografica) sua biografia di Paul Chacornac si trova a questo proposito un accenno indiretto, ma rivelatore: quando il giovane Guénon riceveva nella sua casa giovani orientali venuti a Parigi per studiare, e pazientemente - con l’umiltà e la cortesia che gli erano proprie, e sempre sorprendevano quanti conoscevano bene il tono presuntuoso e a volte spocchioso dei suoi scritti - cercava di convincerli a dedicare maggior cura all’approfondimento della loro tradizione originaria.
Non sempre gli era facile farsi capire, e la ragione è molto semplice: la contrapposizione fra tradizione è progresso è tutta occidentale e… moderna. Ancora oggi non esiste nelle forme esoteriche più orientali, come ad esempio nel Taoismo; infatti, se proviamo a parlarne con un taoista, la sua risposta sarà più o meno perché immaginare che possa esistere qualcosa di estraneo alla Norma? Perché farsi del male?
Questa posizione era un tempo facilmente riscontrabile anche nel Sufismo, prima che il mormorio della saggezza cedesse alle grida disarmoniche dell’integralismo (altra invenzione occidentale), e gli immortali insegnamenti del Profeta Muhammad – sallallaahu ‘alaihi wa sallam – fossero distorti al punto da indurre migliaia di bravi giovani alle aberrazioni dell’assassinio e del suicidio.
Si mormora oggi spesso che Bin Laden non sia mai uscito dalla CIA, o che sia stato Bush a far buttar giù le Torri Gemelle. Possiamo crederci o meno, ma questi pettegolezzi complottisti riflettono l’intuizione che ho attribuito al saggio cinese: rammentiamoci sempre che il Male può anche essere inventato, magari al fine di spacciare un’idea del Bene riscritta in base agli interessi inconfessabili di qualcuno.
Daniele Mansuino
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