Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
La mirabile dottrina dei Réau Croix sulla costituzione dell'Universo
- Prima parte
di Arturus R+
Giugno 2020
Questa serie di tre articoli si propone di illustrare la costituzione dell’Universo secondo la dottrina dei Réau Croix; e poiché non tutti i lettori sapranno di chi sto parlando, non sarà male che io cominci con alcuni cenni sulla loro storia.
Intorno alla metà del settecento, un giovane ufficiale dell’esercito francese nativo di Grenoble - Martinez de Pasqually (1727-1774) - cominciò a visitare le logge massoniche del suo paese, per far conoscere un nuovo metodo di perfezionamento interiore.
Secondo lui, gli insegnamenti forniti da Dio agli ebrei e ai cristiani erano stati male interpretati, quindi né gli uni né gli altri disponevano della corretta forma di sacerdozio. Il vero modo per rivolgere riti a Dio era stato tramandato in segreto da un piccolo numero di veri sacerdoti, che Martinez chiamava Réau Croix (R+), e si offriva di insegnarlo ai maestri massoni.
In un documento dei R+, la loro dottrina viene definita l’unica religione positiva che sia esistita in spirito e verità dalle origini dell’umanità, le cui tracce si ritrovano nei documenti più antichi e più rispettabili.
Questa disciplina arcana interessa la storia della civiltà anche per altri due motivi: essa è la fonte comune in cui i primi popoli attinsero le leggi che organizzano la vita sociale, ed unisce - in un’ardita sintesi - all’adorazione di un Dio del tutto spirituale il rispetto delle tradizioni astrologiche dell’antica Asia.
Sulla dottrina dei R+, Martinez scrisse anche un libro, il Trattato della reintegrazione degli esseri, contenente parecchie idee dall’origine apparentemente molto antica e del tutto sconosciuta. Sono raccolte in un contesto che parrebbe di impostazione qabbalista, il che ha fatto supporre che egli fosse ebreo; ma questa ipotesi viene scartata dai più, perché il suo nome completo era Jacques Livron de la Tour de la case Martinez de Pasqually, e per quanto il nome della casata - Martinez - sia certamente di origine ebrea (anzi marrana), il cognome Livron è francese (ne esistono ceppi nei dipartimenti del Pas de Calais, della Marna e Loira, del Rodano, di Ain e di Drome).
In realtà, per quanto gli elementi qabbalisti del Trattato siano piuttosto appariscenti, ad uno studio più accurato risultano senz’altro maggioritarie le influenze della gnosi; ma questo è un tema che gli esegeti della spiritualità R+ hanno cominciato ad approfondire da non molto tempo, e che forse un giorno affronterò a parte.
Dopo che Martinez ebbe messo insieme piccoli gruppi di seguaci in varie città, il primo gruppo di R+ operativi venne da lui fondato intorno al 1754 a Lione, col nome di Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo (cohen in ebraico vuol dire sacerdote).
Nel settecento i grandi corpi rituali della massoneria erano in via di aggregazione, un processo che si sarebbe completato nel secolo successivo; quindi l’Ordine degli Eletti Cohen può essere considerato un precursore, nonché tra i più notevoli di ogni epoca per la qualità dell’insegnamento esoterico.
Nel corso degli anni successivi, Martinez preparava i rituali dei vari gradi (erano 10) e li spediva poco per volta ai suoi seguaci; però nel 1772 partì improvvisamente per Santo Domingo, dicendo che doveva andare a prendere possesso di un’eredità.
Sull’isola caraibica contrasse la febbre gialla (secondo altri la malaria), che nell’arco di due anni lo portò alla morte.
A Santo Domingo è diffusa l’opinione che egli fosse venuto a studiare il voodoo, disciplina che ha in effetti col sistema cohen alcuni tratti in comune; un’ipotesi che in Europa fu sempre negata, ma che ultimamente qualche studioso ha cominciato a prendere sul serio.
Dopo la sua morte, coi rituali rimasti incompleti e la Rivoluzione Francese che si avvicinava, portando con sé la critica a quei sistemi massonici che erano considerati troppo spirituali, i Cohen si dispersero a poco a poco, fino ad assonnarsi nel 1780.
Alcuni R+ cercarono di far sopravvivere almeno una parte degli insegnamenti di Martinez inserendoli nel contesto di vari corpi rituali massonici. Il più importante di questi tentativi fu operato dal capo dei Cohen di Lione, Jean-Baptiste Willermoz (1730-1824), che diede vita al Rito Scozzese Rettificato.
Altri martinezisti superstiti, animati da rancore contro la massoneria perché a loro giudizio non aveva fatto abbastanza in favore di Martinez, accusarono Willermoz di averlo fatto per smania di potere e senza averne l’autorità. Parecchio andrebbe detto in sua difesa, a cominciare dal fatto che Willermoz non era un plagiario come questi sostenevano, avendo lasciato scritti esoterici propri di grande valore.
Un altro discepolo di Martinez fu Louis-Claude de Saint Martin (1743-1803), sostenitore della libertà religiosa portata dalla rivoluzione; questi però era contrario alle applicazioni magiche (o teurgiche, come viene detto) della dottrina cohen, e ne sviluppò soprattutto il lato mistico.
Oggi si tende a negare (forse troppo categoricamente) che sia stato Saint Martin a fondare l’ordine martinista, perché non ci sono le prove; ma senza dubbio trasmise qualcosa che arrivò fino a Papus, che lo avrebbe fondato ufficialmente nel 1891.
Fin dall’inizio i martinisti furono vicini alla massoneria, pescando la maggior parte dei loro affiliati dalle sue file; però anche molto critici, tanto per i vecchi rancori legati all’assonnamento dei Cohen quanto perché, nella loro visione, la massoneria non riconosce a sufficienza l’importanza dell’esoterismo.
E anche tra loro erano divisi: in particolare, sul piano teorico, per le divergenze tra i martinezisti interessati alla magia operativa e i martinisti veri e propri, praticanti un esoterismo velato di misticismo che fa riferimento alle opere di Saint Martin.
Nel 1942, Robert Ambelain (1907-1997 - il grande esoterista francese che fu arcinemico di René Guénon) risvegliò i Cohen dall’assonnamento, allo scopo dichiarato di praticare rituali teurgici che aiutassero gli alleati a vincere la guerra.
Per questo aspetto, la sua opera può essere accostata a quelle di Alice Bailey e Dion Fortune, nonché a vari altri esoteristi impegnati - su fronti diversi - in politica: la Confraternita dei Polari, Julius Evola, il Gruppo di Ur, eccetera.
Non credo purtroppo che, fino ad oggi, sui rapporti intercorsi nel ventesimo secolo tra esoterismo e politica sia ancora stato scritto un saggio esauriente e obbiettivo.
Ambelain strutturò i suoi Cohen come un corpo rituale martinista: possono entrare a farne partesoltanto i Superiori Incogniti, ovvero i martinisti di terzo grado. Si tratta di uno schema mutuato dalla massoneria, nei cui corpi rituali possono entrare soltanto i maestri.
Ferma restando la mia personale gratitudine verso l’Ordine degli Eletti Cohen (senza il quale non avrei mai potuto conseguire, attraverso un percorso della durata di 28 anni, la dignità e l’operatività di R+), è sempre stata mia convinzione che le due finestre storiche (dal 1754 al 1780, dal 1942 ad oggi) entro le quali i R+ si affacciano per suo tramite al mondo profano, rappresentino anche una fonte involontaria di distorsioni per quanto concerne la corretta comprensione della loro storia.
Lo stesso fatto che i R+ vengano comunemente definiti Eletti Cohen è di per sé una limitazione notevole: primo, perché alimenta l’idea - in flagrante contraddizione con tutto quanto viene affermato nel loro corpus teorico - che sia stato Martinez a inventarli; e secondo, perché li associa inscindibilmente all’idea di una struttura in dieci gradi che (quella sì) venne inventata nel diciottesimo secolo, ma al solo scopo di adattare la spiritualità R+ alle consuetudini massoniche.
Invece, quello che la dottrina R+ segnala con la massima chiarezza è che il grado di R+ è un unicum, e che qualunque serie di gradi preliminari voglia essergli apposta in precedenza non può essere considerata altro che una struttura duttile e provvisoria, la cui unica funzione è proteggere il grado di R+ e garantire la trasmissione, disposta intorno ad esso secondo uno schema che potrebbe essere definito a cerchi concentrici.
Purtroppo, il primo ed il più spiacevole risultato di queste distorsioni interpretative è l’enorme sottovalutazione di quello che può essere senza tema considerato il grado più elevato dell’intera tradizione esoterica occidentale, accomunato talvolta - da studiosi poco informati - ai molti e spesso poco interessanti connubi tra massoneria e qabbalah avvenuti nel settecento.
Per questo motivo ho scelto di trattare, in questi articoli, di R+ e non di Cohen: sottolineando in questo modo come io intenda riferirmi all’intero arco della loro storia plurimillenaria, e non soltanto ai due periodi relativi ai loro legami con la massoneria e il martinismo.
Tra le fonti del mio lavoro potrei citare il Trattato della reintegrazione degli esseri, le opere di Saint-Martin e i documenti interni di alcuni importanti gruppi R+ del secolo scorso; ho preferito tuttavia limitarmi a porre in corsivo le citazioni senza specificarle singolarmente, per attenermi alla prospettiva che sicuramente i loro estensori avrebbero preferito - quella di non distinguere l’una dall’altra le loro opere individuali, ma di considerarle anonimi e disinteressati contributi all’irripetibile capolavoro del corpo teorico R+.
Non è mia intenzione comprimere nell’arco di tre articoli un tema così vasto come sarebbe la dottrina R+ considerata nel suo complesso. Come anticipa il titolo, ho deciso per ora di limitarmi alla concezione R+ dell’Universo, che prende le mosse da due possibili definizioni della natura di Dio:
La prima: Dio È immensità divina, affermazione che comprende la Sua infinità e la Sua eternità - occorrerebbe essere la divinità stessa per poter vivere in quel luogo dove gli esseri spirituali più perfetti non potrebbero penetrare, se non Dio stesso.
La seconda: Dio HA immensità divina, costituita dagli esseri da Lui emanati. Quando Dio ha un pensiero lo emana, e questa emanazione appartiene agli esseri spirituali, che sono reali e imperituri.
Dio non sarebbe il padre e il maestro di ogni cosa se non avesse innata in sé una fonte inesauribile di esseri che emana con la sua pura volontà e quando a Lui piace. A causa di questa moltitudine infinita di emanazioni di esseri spirituali fuori di Sé, Egli porta il nome di Creatore.
Così, prima dei tempi, Dio emanò a Sua gloria degli esseri spirituali nell’immensità divina; questi esseri erano innati nella divinità, analogamente a come il seme della riproduzione delle forme è innato nelle forme organiche - uomini animali e piante.
È da notare che, poiché Dio basta assolutamente a Sé stesso, non ha bisogno di avere alcun testimone della perfezione del Suo essere: non può esserci dunque alcun motivo della sua emanazione di esseri spirituali che non sia quello del Suo amore verso di loro, ed è quindi soltanto per la loro particolare ed eterna felicità che ha donato ad essi l’essere tramite un’esistenza distinta e individuale.
Prima di essere emanati, questi esseri spirituali puri esistevano in seno alla divinità, ma senza distinzione d’azione, di pensiero e di intendimento particolare: non potevano agire né sentire che per la sola volontà dell’essere superiore che li conteneva e nel quale tutto era mosso, il che, in verità, non si può dire “esistere”.
Il processo dell’emanazione equivale ad un passaggio della prima alla seconda definizione di Dio che abbiamo appena visto, e che il R+ raffigura simbolicamente nell’immensa circonferenza divina comunemente chiamata dominazione… residenza degli spiriti puri, dove si opera ogni emanazione divina e da cui deriva ogni specie di emanazione della moltitudine di spiriti che il Creatore emana dal Suo seno.
La moltitudine degli abitanti dell’immensità divina quindi cresce e crescerà incessantemente all’infinito senza trovare mai limite, ed è per questo che il simbolo grafico più vicino a raffigurarla in qualche modo è la circonferenza.
Nella Genesi, gli spiriti puri della dottrina R+ compaiono piuttosto tardivamente (in episodi come quello della distruzione di Sodoma, vedi Genesi 19: 1, o nella vicenda di Agar, 21: 17). L’insegnamento R+ ci spiega come in origine ne esistessero quattro classi, che popolavano quello che era allora l’unico mondo esistente: l’immensità divina.
L’immensità divina può essere immaginata come un grande cerchio entro il quale gli spiriti emanati da Dio sono divisi in quattro cerchi più piccoli; perché ricevono con l’emanazione delle leggi e delle potenze, secondo le loro facoltà di operazioni divine spirituali, di conseguenza prendono posto nelle differenti classi spirituali… dove ciascuno di loro compie le proprie diverse operazioni.
In origine, la suddivisione dei quattro cerchi era questa:
Il primo era il cerchio denario, chiamato così perché il suo numero denario 10 rappresentava l’unità assoluta della Divinità; gli spiriti che ne facevano parte erano gli agenti e gli speciali ministri della potenza universale del Padre creatore di ogni cosa.
Il secondo era il cerchio ottonario degli spiriti maggiori, abitato da agenti e ministri prossimi al Verbo; il quale, riunendo in sé la propria potenza divina quaternaria e la potenza quaternaria del Padre di cui è espressione e immagine, era chiamato “essere di duplice potenza universale”.
Il terzo era quello degli spiriti inferiori settenari, agenti e ministri diretti dell’azione divina operante, terza potenza creatrice dell’unità che riuniva in sé la propria potenza quaternaria divina ed operava direttamente la triplice essenza creatrice, distribuendone i doni santificatori.
Il quarto era il cerchio degli spiriti minori ternari, detentori del numero 3.
Gli spiriti dei quattro cerchi avevano in sé, come si è detto, una parte maggiore della denominazione divina: una potenza superiore, maggiore, inferiore e minore, con la quale essi conoscevano tutto ciò che poteva esistere o essere contenuto negli esseri spirituali che non erano ancora usciti dal seno della divinità.
In che modo, si dirà, potevano avere conoscenza delle cose che ancora non esistevano distintamente e fuori dal seno del Creatore? Perché questi primi capi emanati dal primo cerchio, chiamato misteriosamente cerchio denario, leggevano chiaramente e con certezza ciò che avveniva nella Divinità, come tutto ciò che in Lei era contenuto.
Questi primi capi avevano una perfetta conoscenza d’ogni azione divina, poiché non erano stati emanati dal seno del Creatore che per essere i testimoni diretti di tutte le operazioni divine della manifestazione della Sua gloria.
Dovevano anche esercitare un culto che la Divinità aveva loro fissato con leggi, precetti e comandi eterni, ed in questo erano liberi e distinti dal Creatore; e non possiamo rifiutar loro il libero arbitrio con il quale sono stati emanati senza distruggere in essi la facoltà, la proprietà e la virtù spirituale e personale ad essi necessarie al fine di poter operare con esattezza entro i limiti in cui dovevano esercitare la loro potenza.
Avevano dunque degli obblighi da rispettare, pur nell’ambito di quel libero arbitrio che è principio della felicità individuale degli esseri spirituali. L’emanazione aveva offerto loro, fuori del cerchio divino, un’esistenza individuale eternamente distinta e indistruttibile; ma avevano ricevuto altresì leggi, precetti e comandi divini in relazione con le loro facoltà spirituali, perché mediante la libera osservazione di queste leggi, precetti e comandi potessero tributare al loro Creatore il puro culto del loro amore, con tutta la grandezza del loro amore, con tutta l’intensità della loro azione spirituale: insomma per restare in eterno uniti con Lui se gli fossero stati fedeli, ma anche per diventare colpevoli ed eternamente infelici qualora se ne fossero allontanati.
Certo, a prima vista, parrebbe più logico - e più pietoso nei confronti delle creature - che Dio le avesse create senza la possibilità di allontanarsi da Lui; il problema è, se ci pensiamo bene, che nello stesso atto del creare esseri da Lui distinti è già implicito l’intero sviluppo della dialettica degli opposti. Infatti, un essere creato non può condividere con Dio il Bene puro: può soltanto partecipare al Bene di riflesso, il che implica in lui lo sviluppo di quella forma di consapevolezza che porta ogni creatura a conoscere ciò che la compone e la circonda - e non può esistere questo genere di consapevolezza senza il libero arbitrio, che è un modo per definire la nostra capacità di distinguere le cose.
Ne consegue che Dio non può distruggere in qualsiasi spirito il suo pensiero senza distruggere la sua libertà: se distruggesse la sua libertà, distruggerebbe la legge che ha dato allo spirito fin dalla sua emanazione; e da questo, che - l’immutabilità di Dio essendo irrevocabile - non può esservi (in Lui) in nessun modo coscienza dell’uso che farà del proprio libero arbitrio ogni essere libero.
È lecito peraltro convenire, col senno del poi, che questa impostazione della Creazione portava in sé i germi del dramma: e dramma fu, anzi ce ne furono due, dei quali il racconto della Caduta presentato nella Genesi ci appare una versione molto semplificata e mutilata.
Dapprima una parte degli spiriti puri disobbedì al Creatore, venendo meno alle leggi, ai precetti e ai comandi eterni che rappresentavano una parte del patto con Dio sulla quale era stata stabilita la loro emanazione.
Il primo crimine fu la disobbedienza. Essendo liberi, i primi spiriti concepirono in piena e completa libertà un pensiero contrario alla legge, al precetto e al comando dell’Eterno.
Allo scopo di dare un’idea di questa disobbedienza, immagino una sentinella messa di guardia, alla quale è stato detto di osservare i vari punti della consegna; questa sentinella è libera, non ha bisogno che nessuno le suggerisca di restare o di non restare. Di sua volontà, abbandona il posto e disobbedisce a tutte le prescrizioni della consegna; viene ripresa e decapitata.
Ecco un’idea della prevaricazione dei primi spiriti. La loro prevaricazione fu di aver disobbedito alla legge, al precetto ed al comando che erano stati ad essi dati sin dalla loro emanazione e di avere concepito un pensiero contrario a quello dell’Eterno.
Qual era questo pensiero precisamente? La loro colpa fu, in primo luogo, d’aver voluto condannare l’eternità divina nelle sue operazioni di creazione; in secondo luogo, d’aver voluto limitare l’onnipotenza divina in queste stesse operazioni; terzo, d’aver spinto il loro pensiero spirituale sino a voler essere creatori delle cause terza e quarta, che sapevano essere innate nell’onnipotenza del Creatore che chiamiamo quadruplice essenza divina.
Volevano insomma eguagliare Dio; ma non potevano riuscire, perché quegli Spiriti non erano stati emanati che per agire come cause seconde, e niente affatto per esercitare la loro potenza sulle cause prime o sulla stessa azione della Divinità; poiché non erano che agenti secondari, non dovevano essere gelosi che della loro potenza, virtù e delle loro operazioni seconde, e non occuparsi a prevenire il pensiero del Creatore in tutte le Sue operazioni divine, sia passate che presenti che future.
Il capo dei demoni, il cui nome nei testi R+ più autorevoli non viene mai citato, concepì dunque un pensiero creativo in opposizione alla legge, al precetto e al comando dell’Eterno.
Non che il demonio sia il male stesso, poiché se cambiasse sin da ora il suo cattivo pensiero anche la sua azione cambierebbe, e da questo istante non ci sarebbe più questione di male in tutta l’estensione di questo Universo. Il male, ripeto, non ha avuto origine che nel pensiero del demonio opposto a quello della Divinità, pensiero che ha concepito con il proprio puro libero arbitrio, e con il quale si è separato dalla Divinità.
Rendiamo tutta la dovuta giustizia al Creatore restando più che convinti che non è mai esistito in Lui né può esistervi il minimo sospetto di male, e che dalla sola volontà dello spirito può uscire il male, dato che lo spirito è dotato di completa libertà.
Il progetto del capo dei demoni sarebbe stato coronato da successo se avesse potuto dividere e suddividere la quadruplice essenza divina: non c’è infatti modo di creare se non facendo ricorso a quello stesso potere creativo che è proprio di Dio soltanto.
Così, quando egli e i suoi seguaci provarono a farlo, scoprirono che era impossibile separare l’essenza divina da Dio. Quando provarono a fare uso del potere creativo di Dio, in luogo di un’unità equivalente a 4 e a 10 (come è l’unità divina), ottennero solo due numeri quinari: 2+3=5, che è il numero demoniaco.
Da ciò furono convinti del loro orgoglio spaventoso e insensato, e dell’impossibilità per un qualsiasi essere di poter suddividere la quadruplice essenza divina, neppure la sua unità denaria, poiché questo diritto appartiene solo all’Eterno, il quale è unico e non ha eguali.
Si consolarono, se così si può dire, perché il duplice numero 5 che avevano ottenuto equivaleva anche al 4 di Dio più 1; il che garantiva a ciascuno di loro una parvenza di fittizia individualità e autonomia, seppur pagata a caro prezzo.
Il numero degli Spiriti demoniaci era, nella loro emanazione, un numero quaternario… cioè: il Padre 1, il Figlio 2, lo Spirito Santo 3 e l’emanazione derivante da queste tre persone divine 4. Ma gli Spiriti perversi aggiunsero, di loro arbitrio e volontà, una unità arbitraria al numero quaternario della loro origine, il che snaturò la loro potenza spirituale trasformandola in una potenza limitata e completamente materiale, sotto la guida di un capo scelto tra loro.
Ecco perché il numero quaternario non appartiene più ad essi e il numero quinario è quello dei demoni e perché, per aver tentato questa operazione contraria alle leggi del Creatore, i demoni si trovano nella condizione di non avere altra potenza che questa potenza quinaria di confusione.
Un altro importante numero dei demoni è il numero 2,anch’esso di confusione, come se avesse voluto esistere indipendentemente dalla Divinità o dal Creatore onnipotente. È riservato all’intelligenza demoniaca… ed alla confusione nella quale si trovano gli spiriti perversi; infatti la loro potenza creativa - potenza limitata e completamente materiale - opera a di fuori della legge del Creatore, e non è quindi sufficiente per conferire al mondo della materia un ordine perfetto - il suo destino è piuttosto quello di contrapporsi alla perfezione della creazione divina, come il 2 all’1.
Il grande trauma del passaggio della creazione dall’unità alla dualità è oggetto di parecchie riflessioni dei R+ di notevole spessore metafisico:
Che Dio sia uno e sorgente di vita, ormai lo sappiamo; ma se, dopo aver concentrato tutte le nostre facoltà di contemplazione verso questa sorgente universale, rivolgiamo gli occhi su noi stessi e ci appaghiamo della nostra contemplazione, di modo che ci consideriamo come il principio di alcuni dei lumi o delle soddisfazioni interiori che questa fonte ci ha procurato, subito stabiliamo due centri di contemplazione, due principi separati e rivali, due basi che non sono più collegate; infine stabiliamo due unità, con la differenza che l’una è reale e l’altra apparente…
Non possiamo far creare nulla a 1, né togliergli nulla. Di conseguenza è impossibile far nascere 2 da 1, e se mediante la violenza si riesce ad estrarne qualcosa, ciò può essere solo arbitrarietà e come una diminuzione di sé stesso.
Ora, quale è (in questo caso) la prima diminuzione che deve mostrarsi? È quella che verte sul centro, poiché quelle che vertono sui due estremi non sarebbero che diminuzioni apparenti, poiché potrebbero sempre essere ripristinate dalla generazione del centro senza che questo debba spostarsi.
Ora, la diminuzione fatta dal centro è come quella che è fatta dalla metà; ed è anche la sola possibile, giacché se mi avvicino ad un albero e desidero evidenziarmi con la mia altezza, non posso colpirlo né nei rami che sono troppo alti, né nelle radici che non vedo, e posso veramente colpirlo solo nel fusto, o nella sua metà.
Ma dividere un essere a metà è dividerlo in due parti: significa far passare l’intero alla condizione di metà o di mezzo, e questa è la vera origine dell’illegittimità binaria…
Questa diminuzione del centro, tuttavia, non impedisce all’unità di rimanere completa: poiché l’alterazione non può cadere su di essa, ma solo sull’essere che desidera attaccarla e che non ne riceve più nulla se non in misura mutila, anziché riceverne tutto e in maniera completa; per questo il male è estraneo all’unità.
Ancora, spiritualmente la vera radice di 2 è ½, il cui quadrato è ¼, il che mostra l’incapacità del 2 materializzato di risalire all’unità, nonché la sua funzione di moltiplicare indefinitamente l’aspetto caotico della manifestazione formale.
Ahimè, i ribelli erano dunque condannati a non poter agire che in privazione divina per tutta una eternità temporale, e a non aver alcuna comunicazione dal Creatore né dalle sue intelligenze - costretti a operare il male senza possibili alternative.
Non tutti gli spiriti avevano seguito il capo della ribellione: una parte aveva fatto buon uso del suo libero arbitrio, e respinse il pensiero cattivo ad essi presentato dai prevaricatori. Con questo atto di volontà essi respinsero anche i prevaricatori stessi, facendosi valere come strumenti della giustizia che Dio messe in atto sin dal momento della loro prevaricazione; ad esso si riferisce l’Apocalisse, laddove ci informa che Michele e i suoi angeli combatterono contro il demonio ed i suoi angeli, e che Michele uscito vincitore li scacciò dalla corte divina.
Neanche le truppe del bene uscirono completamente indenni da questo scontro: infatti il cambiamento che causò la prevaricazione degli spiriti perversi era stato così violento che il Creatore dovette imporre la sua legge non solo contro quei prevaricatori, ma anche nelle diverse classi dell’immensità divina.
Dovette prendere questi provvedimenti perché il pensiero cattivo dei ribelli era stato percepito anche dagli Spiriti buoni, che sebbene lo avessero rifiutato ne erano stati contaminati in una certa misura. Questa onta avrebbe costretto tutti gli esseri spirituali… ad un cambiamento nella loro legge di azione e di operazione.
Così, a causa della prevaricazione dei primi spiriti, il tempo e l’universo furono creati; allora gli abitanti delle diverse classi dell’immensità furono destinati a contribuire al mantenimento e alla durata fissa di questo universo.
Inoltre, il Creatore aggravò la legge della sua immutabilità creando l’universo fisico apparentemente di forma materiale, affinché diventasse il luogo duraturo dove gli spiriti perversi dovevano agire ed esercitare in privazione tutta la loro malvagità.
Da questa prima incrinatura dell’armonia primordiale derivarono anche altre conseguenze. Innanzitutto Dio, con l’emanazione del mondo materiale, aveva circoscritto il campo d’azione dei prevaricatori e tracciato fra lui e i suoi nemici un confine insuperabile; ma in conseguenza di ciò, gli esseri spirituali ribelli avevano a disposizione tutto un mondo in cui agire incontrastati.
Per rimediare a questa anomalia, Dio decise allora di procedere ad una seconda emanazione; il suo risultato fu Adamo, il cui nome segreto è R+ (Uomo-Dio fortissimo in saggezza, virtù e potenza, o Uomo-Dio dell’Universo).
Anche lui, come gli spiriti che lo avevano preceduto, venne provvisto del dono del libero arbitrio.
L’aspetto del primo Adamo era quello che viene definito la sua forma gloriosa: Dio infatti lo aveva rivestito di una corazza formata dalle lettere del suo nome, affinché il serpente non potesse avvolgerlo nelle sue spire e contaminarlo.
Il R+ fu inviato nel mondo della materia in primo luogo per esserne il guardiano, poi per combattere al fine di ricondurre alla sottomissione i ribelli che lo dominano.
Per prepararlo a questo compito, il Creatore volle fargli comprendere le tre parti che compongono il creato, e gli ordinò dunque di compiere tre operazioni:
Comanda a tutti gli animali attivi e passivi, ed essi obbediranno. Adamo provò a farlo, e in questo modo conobbe la parte detta particolare.
Poi gli disse: Comanda alla terra, ed essa ti obbedirà. Adamo eseguì, e conobbe in questo modo la parte denominata generale.
Infine Dio gli ordinò: Comanda a tutto l’Universo, e tutti i suoi abitanti ti obbediranno; Adamo conobbe così la terza parte, chiamata universale.
Dopo di ciò, ben saldato nel potere su tutte e tre le parti, Adamo ricevette dal Creatore il nome di Uomo-Dio; e gli fu anche comunicato che sarebbe stato suo destino dare origine ad una posterità divina.
Con l’adempiere alle tre operazioni insegnategli da Dio, Adamo aveva ricevuto rispettivamente la legge, il precetto e il comando. Sono queste le tre facoltà che gli erano state concesse per operare in accordo col pensiero, l’azione e la parola, nelle quattro regioni celesti e nelle tre terrestri.
Ancora altri tre privilegi il Signore gli aveva conferito: di essere il Suo pensiero, la Sua immagine e la Sua somiglianza. Così, per quanto la sua potenza fosse uguale a quella degli spiriti della prima emanazione, queste tre facoltà supplementari ne facevano il loro superiore e primogenito, per il suo stato di gloria e per la forza del comando ricevuto dal Creatore.
Il rango del R+ era dunque diventato superiore tanto a quello degli spiriti rimasti fedeli quanto a quello dei ribelli; è lecito definirlo il numero uno della creazione, il rappresentante di Dio nel mondo della realtà formale.
Ho usato quest’ultima espressione in luogo di materia perché il R+, sebbene provvisto di forma come lo è ogni essere manifestato, non aveva in origine un corpo materiale: la sua era una forma gloriosa di pura luce, e così doveva essere perché potesse agire con tutta la sua volontà sulle forme corporee attive e passive.
Il R+ - Dio emanato, cui anche gli angeli sono sottoposti - era dunque, ed è tuttora (in una dimensione al di là del dominio del tempo) il vero emulo nel mondo delle forme del suo Creatore. La sua potenza coincide coi limiti dell’Universo e si esercita su ogni sua singola parte, sino al centro celeste chiamato misteriosamente Cielo di Saturno.
Va ancora ricordato che Dio aveva conferito al R+ questo immenso potere al fine di fornirgli i mezzi per adempiere ad uno scopo ben preciso: sconfiggere i ribelli, e garantire in questo modo la possibilità di una piena reintegrazione del mondo materiale nell’unità divina.
Ma per la seconda volta, qualcosa era destinato ad andare storto; e si sarebbe trattato ancora una volta di un abuso - o meglio, di un utilizzo scorretto - del libero arbitrio, al quale ho dedicato l’articolo del prossimo mese.
Arturus R+
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