Home Page Riflessioni.it
Enciclopedia

Enciclopedia   Indice

 

Tabù

 

Tabù, forma francesizzata - di uso comune del termine originale polinesiano tabu, che indica la particolare condizione di persone, di luoghi, di tempi, di oggetti, verso i quali è necessario compiere o evitare determinati atti, che in tutti gli altri casi sarebbero vietati oppure permessi. La nozione è stata introdotta in Europa nel 1777 dal capitano J. Cook, che aveva notato il termine in diverse isole del Pacifico (Tonga, Sandwich, Isole della Società). L'identificazione di base fra «tabù» e «sacro» (questo, però, individuato soltanto come mana) è dovuta a W. Ellis, il quale afferma (Ricerche polinesiane, 1829) che «tabù;» esprime sostanzialmente una connessione con gli dei. La prima sistemazione tipologica dei tabù, con la raccolta di tutti i possibili materiali del folclore europeo, delle tradizioni classiche antiche, dei costumi delle popolazioni etnologiche d'America, dell'Asia e dell'Africa, è stata fatta dall'etnologo britannico J. Frazer in varie opere, ma soprattutto in I tabù e i pericoli dell'anima (1911). Frazer mette in rilievo i comportamenti tabuizzati che riguardano i rischi di perdita e fuga dell'anima e di «esposizione, della potenza vitale o di particolari potenze, quali quelle del sacerdote, del mago ecc. Il tabù è dunque, per Frazer, un meccanismo che sacralizza e difende talune persone, oggetti o realtà, e quindi costituisce un aspetto negativo della magia. Si ha pertanto un isolamento delle persone e delle cose tabuizzate, che è di per sè ambivalente, e che le rende, nello stesso tempo, sacre e impure.
Nella scuola sociologica francese - che vede nel sacro una «proiezione» del potere della collettività - Marcel Mauss definisce i tabù come, «riti negativi», opposti ai vari riti positivi, quali i sacrifici, la comunione ecc. Egli sostiene che le costrizioni e le proibizioni sono il segno distintivo dell'azione diretta della società (Saggio di una teoria generale della magia, 1902-03). Nella stessa direzione si muove E. Durkheim, che chiama i tabù «interdetti», e fissa il concetto che il tabù è legato al sacro e gli esseri sacri sono, per definizione, esseri «separati». Tutto il sistema degli interdetti ha la sua radice nella distinzione e nell'antagonismo fra sacro e profano, e serve a circoscrivere la contagiosità del sacro (Le forme elementari della vita religiosa, 1912). È difficile, tuttavia, comprendere il meccanismo della tabuizzazione, che scatta immediatamente come necessità di «separare» il sacro dal profano, senza tener presente il concetto di potenza, come campo del «sacro», molto più vasto di quello della religiosità, e tale da spiegare l'ambivalenza dell' «impurità», della «contaminazione». Le tabuizzazioni cui sono assoggettate le donne in tutte le società a causa delle loro funzioni fisiologiche (mestruazioni, gravidanza, parto, puerperio, allattamento), e che fanno sì che esse vengano isolate, evitate (la «capanna della mestruante» è appunto il luogo dove le donne si debbono ritirare in tutti questi periodi), non si spiegano direttamente con il «sacro», ma con il fatto che esse sono ritenute in contatto con il mondo della potenza, perché è attraverso il loro corpo che passa la vita, che viene dall'al-di-là, dal prima della vita e dal dopo la morte. Se questo «contatto» le rende pericolose, contaminanti per gli uomini, la loro pericolosità si esprime, però, come «impurità», e le esclude da tutto ciò che è «sacro». Le donne sono, cioè, «congenitamente impure» (A. Adkins, Merito e responsabilità. Uno studio sui valori greci, 1960).
Del tabù si è largamente occupato Freud, che pone un tipico parallelismo fra tabù etnici e tabù individuali nevrotici, presenti nelle nevrosi ossessive (Totem e tabù, 1913). La nevrosi ossessiva, come «delirio di toccare», dipende da un fatto fondamentale che si è manifestato nella prima infanzia, il «piacere di toccare», che è stato proibito. A Freud riesce però difficile spiegare come siano sorte queste ossessioni, per cui egli fa ricorso a ipotesi sulle «origini» che, in quanto tali, sono inverificabili. Alcuni studiosi hanno tentato, in un secondo tempo, di rivedere le varie concezioni sul tabù, per circoscriverle nei diversi contesti culturali. In questo senso ha operato, per esempio, B. Malinowski, nell'ambito della sua concezione funzionalistica della cultura. I tabù dinamici sarebbero, per Malinowski, quelli connessi con particolari condizioni di rischio, per esempio con le azioni che servono a produrre e a ottenere dei beni necessari all'esistenza. Questi tabù sono particolarmente evidenti nel sistema di scambi cerimoniali kula: durante il viaggio delle canoe nei vari arcipelaghi della Nuova Guinea orientale (Gli Argonauti del Pacifico Orientale, 1922), le donne sono tenute a particolari comportamenti, come piangere o non piangere, non uscire, non avere rapporti sessuali ecc.
Ma quello che Malinowski crede di spiegare - e cioè che «se una donna si comportasse male, la canoa del marito andrebbe lentamente» - non appare affatto spiegato, perché il tabù sta appunto a sottolineare la connessione fra ciò che fa la donna e ciò che succede nell'oceano lontano da lei, cosa che è del tutto al di fuori di una «funzionalità» concreta. A. Radcliffe-Brown ritiene che sia il tabù stesso a determinare una condizione di ansia e di angoscia, secondo un istinto di paura che sarebbe proprio dei primitivi e dei bambini (Tabù, 1939). Si rientra così nell'ambito delle ipotesi di tipo psicologico, il che testimonia quanto sia complesso e ancora insufficientemente spiegato il fenomeno della tabuizzazione.

I contenuti pubblicati su www.riflessioni.it sono soggetti a "Riproduzione Riservata", per maggiori informazioni NOTE LEGALI

Riflessioni.it - ideato, realizzato e gestito da Ivo Nardi - copyright©2000-2024

Privacy e Cookies - Informazioni sito e Contatti - Feed - Rss
RIFLESSIONI.IT - Dove il Web Riflette! - Per Comprendere quell'Universo che avvolge ogni Essere che contiene un Universo