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Sai Baba

  • Introduzione

  • La Vita

  • La Missione

  • I Prodigi

  • Sai Baba e la cultura Occidentale

 

Introduzione

Sai BabaSai Baba è molto di più di un santone indiano; è una persona in grado di compiere prodigi. Ha creato un organizzazione per l'assistenza a circa 10.000 villaggi indiani, ha ideato un metodo educativo completamente nuovo, ha fondato centri in ogni parte del mondo nei quali si praticano la preghiera e il canto devozionale. Sai Baba ha fatto del servizio disinteressato ai poveri, agli ammalati e ai bisognosi un elemento essenziale per la compiuta realizzazione della spiritualità umana. Fisicamente, Sai Baba è basso di statura. Gli occidentali sono colpiti soprattutto dalle sue tuniche arancioni e dai suoi capelli, folti e gonfi. Molti compiono il lungo viaggio con la speranza di un incontro con lui. La maggior parte potrà vederlo solo da lontano. Ma a loro basterà. Tutti, al ritorno, affermeranno che quella è stata l'esperienza più straordinaria della loro vita. Diranno che dall'unione spirituale con il Maestro hanno tratto benefici materiali e soprattutto spirituali. Infatti la sua grande forza consiste nel trascinare le persone sulla via del bene e dell'amore.

 

La Vita

Sathyanarayana, questo il nome di Sai Baba, è nato il 23 novembre 1926 in un villaggio dell'India meridionale, Puttaparthi. Si racconta che al momento della sua nascita due strumenti musicali si siano messi a suonare da soli. Inoltre si dice che sotto le coperte del neonato sia stato trovato un cobra, docile e inoffensivo nei confronti del piccolo. A tre anni il fanciullo fu sottoposto, secondo il costume degli indù. al rito del taglio dei capelli e della foratura dei lobi delle orecchie. Mostrava un carattere riservato con inclinazioni religiose. Infatti, come narrano le biografie ufficiali, invitava gli altri fanciulli, i cugini e i ragazzi che trovava in strada, a cantare insieme a lui i bhajan, parola indiana che indica i canti religiosi propri della fede induista. I coetanei perciò lo riconobbero come loro guru, cioè come capo e guida spirituale. Fra le altre caratteristiche del bambino, spiccavano la compassione verso i poveri e gli animali, il rifiutarsi puntualmente di mangiare carne e il sollecitare sempre i familiari affinché rifocillassero i mendicanti. In un'occasione in cui le sue due sorelle avevano dato da mangiare ad alcuni affamati l'ultimo boccone di riso rimasto nella dispensa, questa cominciò a colmarsi di una inesauribile provvista di riso, così da sfamare tutti coloro che ne avevano bisogno in quel momento. La natura fuori dal comune del bambino fu notata dal nonno, Kondamaraju, il quale prese a parlare di argomenti religiosi con lui, considerandolo una creatura dotata di sapienza divina. Sathyanarayana aveva solo sette anni quando, morta sua nonna, si trasferì in casa del nonno. Dal suo sacco vuoto estraeva gessetti. palline colorate, quaderni, dolcetti: erano regali della dea protettrice del villaggio, diceva ai compagni, ed erano prove del favore di quella divinità nei propri confronti. Tuttavia molti lo consideravano solamente capace di fare giochi di prestigio. Cresciuto, frequentò la scuola di Puttaparthi e in seguito fu l'unico ammesso alla prima media in un paese più grande. dove la sua fama di ragazzo non comune si diffuse ben presto. tanto che il primo giorno di scuola fu condotto su un piccolo trono collocato su un carro ornato di fiori e trainato da buoi anch'essi adorni di ghirlande. Egli divenne' il primo della classe e inoltre si rivelò capace di cantare, danzare e comporre poesie e canzoni bhajan. Ottenuto il massimo dei voti, affinché continuasse gli studi fu mandato dal padre a Kamalapuram, presso suo fratello e sua cognata. Lì Sathyanarayana. pur continuando a essere considerato un giovane prodigioso, dovette subire non poche umiliazioni perché era povero; questa cosa continuò quando il fratello, un insegnante. si trasferì in un altro paese. Uravakonda. A quel punto, come narrano le fonti, una serie difatti portentosi cominciò a susseguirsi "per convincere il mondo della sua divinità". Il 7 marzo 1940 Sathyanarayana, mentre era in casa di suo fratello e si stava lavando le mani, fu punto a un alluce da uno scorpione. Il giorno seguente era immobilizzato, tanto che non si poté recare al pozzo ad attingere l'acqua per le esigenze domestiche così come era solito fare. Anzi. verso sera fu colto da crisi: cominciò a urlare e cadde a terra svenuto. Nei giorni seguenti. per le sue condizioni fisiche e psichiche. furono chiamati medici dalla città e perfino stregoni. Fu accompagnato a Puttaparthi. dove fu tenuto in osservazione per dieci settimane e sottoposto a tutte le terapie della medicina ufficiale e di quella popolare.
Finalmente, il 23 maggio. il degente chiamò tutti i parenti e gli amici e fece una dichiarazione: "Io sono Sai Baba"- disse, e materializzò del prasadam. cioè del cibo destinato a essere offerto alla divinità. Qualcuno gli chiese di dare una prova della sua identità. Allora lui gettò una manciata di gelsomini sul pavimento e questi si disposero in modo da formare la scritta: SAI BABA. In questa maniera stupefacente fu annunciato che era tornato a nascere Baba Shirdi, un musulmano deceduto tanto tempo prima e al quale era stata riconosciuta una natura divina. Ma non tutti furono persuasi della veridicità dell'evento. Anzi, qualcuno pensò che il giovane fosse posseduto da uno spirito maligno o che la puntura dello scorpione l'avesse fatto impazzire. La famiglia rimandò Sathyanarayana a scuola e il giovane torno nella casa del fratello, che non volle riconoscere la sua natura divina. Certi fatti tuttavia non potevano non lasciare interdetti: quando un componente della famiglia ebbe un attacco d'asma, il ragazzo materializzò della vibuthi (cenere sacra), che fu somministrata all'ammalato il quale si calmò uscendo dalla grave crisi. Questo periodo della vita di Sai Baba, pieno di reazioni contrastanti soprattutto da parte dei suoi parenti, fu superato solo quando egli stesso prese una decisione. Un giorno fu visto gironzolare al mercato e parlottare fra sé e sé: faceva considerazioni sul mondo illusorio della materia. Suo fratello cercò allora di persuaderlo a riprendere a frequentare la scuola, invece di andarsene a spasso come aveva preso a fare.
Ma il giorno dopo, il 23 ottobre di quell'anno 1940, egli, pur recandosi a scuola, dopo i canti mattutini si alzò e disse con voce solenne: "D'ora innanzi io non appartengo più a voi. Io appartengo ai miei devoti". Mentre tornava a casa, si liberò di tutto quello che fino a quel momento aveva costituito il suo corredo di studente: i quaderni, la lavagnetta, il berretto. Alla moglie del fratello, che era venuta ad aprirgli la porta. disse: "Io non sono più il vostro Sathyanarayana. Io sono Sai". Da quel momento, fra lo stupore generale, Sai Baba iniziò la sua missione. Si pose su un masso di forma piatta, circondato dagli alberi, che si trovava ai margini della città e, mentre una folla incuriosita cominciava ad assieparsi. fece la sua prima predica nella quale annunciò che da quel momento si sarebbe dedicato interamente agli altri. Tornato a Puttaparthi, non alloggiò presso la propria famiglia, ma presso quella di una donna, Subbamma. La sua permanenza da lei durò dal 1940 al 1946. Qui giungevano le persone per essere guarite dai loro mali. Scrive M. Narasimha Rao, biografo di Sai Baba:Lentamente, le notizie sui poteri miracolosi di Satya (maestro) cominciarono a diffondersi, così come la sua autorità spirituale. Diventò sempre più popolare e molti devoti andarono ad aumentare il numero di quelli che già giungevano dalle zone più vicine. Satya insisteva nel voler nutrire tutti i visitatori e Subbamma volentieri trasformò la sua casa in un luogo aperto a tutti.Sai Baba presiedeva a molte cerimonie religiose e la vita nella nuova comunità di devoti acquistò una caratteristica squisitamente spirituale. Il 23 novembre 1950 fu inaugurato un nuovo ashram (Monastero, santuario che allo stesso tempo è residenza) a Prasanthi Nilayam. Racconta il biografo:Mentre stava per smontare dalla portantina, Satya prese una manciata di petali di gelsomini e rose e li gettò sulla folla. Prodigio! Alcuni dei petali si mutarono in monete d'argento commemorative che sono state conservate dai fortunati che le raccolsero. La figura di Satya era incisa su di una faccia, mentre sull'altra si poteva leggere in inglese e in altre lingue indiane: "Perché temere se Io sono qui?"
[N.d.r] Sai Baba muore a Puttaparthi il 24 Aprile 2011.

 

La Missione

La missione di Sai Baba, quale fu da lui specificata a metà degli anni Cinquanta, si sarebbe articolata in tre distinte fasi successive. Nella prima, della durata di sedici anni, egli avrebbe fatto miracoli a carattere individuale, di cui cioè avrebbero beneficiato singole persone; nella seconda, di eguale durata, i miracoli sarebbero stati compiuti a beneficio di alcune comunità; la terza fase sarebbe stata dedicata all'insegnamento spirituale. La famiglia dei devoti di Sai Baba si sarebbe dovuta estendere progressivamente a tutto il pianeta. All'età di trentatré anni egli annunciò l'avvio di un programma di educazione mondiale, avendo ideato un nuovo sistema educativo fondato sui cosiddetti Cinque valori (Verità, Retta azione. Pace, Amore, Non violenza) propri dell'essere umano e raggiungibili attraverso le cosiddette Cinque tecniche (Meditazione, Preghiere o Citazioni di detti famosi, Canto di gruppo o Musica, Racconto di storie, Attività di gruppo).I principali obiettivi della missione di Sai Baba:

  • aiutare l'individuo a essere consapevole della divinità che è in lui e a comportarsi coerentemente con questa verità per raggiungere l'unione con Dio;

  • riempire di amore divino la vita di ogni giorno;

  • rispettare in ogni relazione umana i Cinque valori;

  • fare sì che i devoti di ogni credo, comprendendone a fondo lo spirito, ventino più sinceri praticanti della propria religione.

A quest'ultimo proposito, va detto che l'atteggiamento di Sai Baba nei confronti delle religioni è improntato al più grande rispetto: egli non intende creare una nuova religione, suo unico intento è ricondurre tutte le religioni all'unica Verità, Dio. Proprio per applicare le sue teorie didattiche il 21 ottobre 1961 Sai Baba intraprese una serie di viaggi miranti all'educazione delle masse. Via via sorgevano scuole e ospedali; erano ingranditi gli ashram per il massiccio afflusso di pellegrini, in costante aumento.

 

I Prodigi

Sai Baba stesso dice a riguardo:
Ciò che io faccio non riguarda il mesmerismo, né si può definire miracolo o magia. Dio può fare ogni cosa. Nelle Sue mani sono racchiusi tutti i poteri possibili. Il mio potere è eterno, diffuso ovunque, capace di dominare e regnare per sempre… Voi chiamate miracoli ciò che io vado compiendo, ma per me è soltanto il mio modo di esprimermi. Non potete risolvere il mistero, mentre per me non esistono misteri. Le mie azioni sono il frutto dell'energia divina che si trova in me.Tra i mille oggetti che Sai Baba è capace di materializzare, con la mano destra soprattutto, traendoli dall'aria, vale la pena di volgere la nostra attenzione, in questa rapida scorsa, alla vibuthi, di cui può produrre circa mezzo chilo al giorno. Essa è cenere, cenere divina, come si suole dire. Sai Baba affermò a questo proposito:La vibuthi costituisce un richiamo per colui che la riceve, affinché rinunci al desiderio, alle passioni, all'attaccamento e alle tentazioni che devono essere divorati dalle fiamme della fede che rende l'uomo casto nei pensieri, nelle parole e nelle azioni.Sai Baba compie guarigioni e a volte anche operazioni chirurgiche a carattere miracoloso. Una volta, poco più che ragazzo, guari un ammalato dal ventre rigonfio, debolissimo e ormai impossibilitato a nutrirsi, giunto da lontano a Puttaparthi accompagnato dalla moglie.
Sai Baba con grande naturalezza materializzò della vibuthi e la strofinò sulla fronte dell'uomo. Quindi operò il paziente e rimosse il tumore addominale, suturando i margini della ferita con la semplice applicazione della stessa vibuthi. Il tumore rimosso fu gettato al di là del muro del giardino, quindi Sai Baba si lavò le mani insanguinate. Quanto alla ferita dell'uomo, essa era già rimarginata.
Il giorno dopo il paziente stava bene e mangiava di buon appetito. In questi anni egli, ormai settantenne, è tornato a Puttaparthi per ricevere la benedizione di Sai Baba.
I suoi devoti affermano che egli ha guarito milioni di pazienti in tutto il mondo, liberandoli da ogni genere di malattie.Si raccontano anche casi in cui egli ha resuscitato. Per esempio nel 1953 un uomo, Ramakrishna, entrò in coma e mori.
Ci fu una veglia di due giorni durante la quale Sai Baba faceva coraggio alla moglie. Il terzo giorno. quando si doveva celebrare il funerale, Sai Baba sopraggiunse, chiese alla vedova di lasciare la stanza e si fermò qualche minuto, da solo, presso la salma. Poi uscì e disse alla donna di raggiungere suo marito. Costei entrò nella stanza, ma invece di trovare un cadavere ormai in via di decomposizione vide suo marito che l'aspettava seduto. Infatti era tornato a vivere, e il giorno dopo si recò con gli altri a cantare i bhajan.

 

Sai Baba e la cultura Occidentale

Dopo avere parlato della vita, dei principi fondamentali della dottrina e dei prodigi di Sai Baba, è il caso di dedicare un po' di attenzione all'impatto che un simile personaggio ha sulla nostra cultura. C'è da notare innanzitutto che anche in molti paesi occidentali è stata sperimentata l'efficacia del metodo educativo di Sai Baba. Esso si è rivelato valido perché favorisce uno sviluppo equilibrato di tutti gli aspetti della personalità del bambino (si rivolge alla fascia di età compresa fra i sei e i quindici anni) e non interferisce con i programmi scolastici nel senso più tecnico della parola.In Italia sono numerosi coloro che si dichiarano seguaci di un Maestro che risiede molto lontano. Si riuniscono per meditare, pregare e cantare i bhajan perché tali canti ricordano la realtà indiana di Sai Baba e sono un modo di lodare Dio, anche se le prime volte non si capiscono le parole del canto stesso. Inoltre, sostengono i seguaci italiani del Maestro, il loro movimento non è una religione, e infatti non sono richiesti né "battesimi" né abiure di altre fedi. È un movimento che unisce tutti coloro che inseguono "la Verità con la V maiuscola".
Attraverso Sai Baba determinano il programma e i valori di vita secondo i Cinque valori che lui ha affermato e che qui riporto ancora una volta: Verità, Retta azione, Pace, Amore, Non violenza. Tutte parole con le iniziali maiuscole perché il loro contenuto va inteso nel senso più ampio del termine. In effetti, se si mette in pratica uno di questi principi, contemporaneamente si applicano anche tutti gli altri, perché "chi è un ricercatore della Verità, chi propugna la Verità, è insieme un non violento, uno che ama e che ricerca l'Amore e che cammina sul sentiero della rettitudine". A proposito del carisma di Sai Baba, e per concludere sintetizzando la sua filosofia, riporto quanto a Prasanthi Nilayam si legge in un'epigrafe:C'è una sola religione: la religione dell'Amore.
C'è una sola casta: la casta dell'umanità.
C'è un solo linguaggio: il linguaggio del cuore.
C'è un solo Dio: Egli è onnipresente.Queste quattro massime, da sole, riassumono in modo tanto efficace quanto suggestivo i motivi ispiratori, la linea di azione, il messaggio spirituale che Sai Baba invia a tutti gli uomini.

 

Anna Maria Turi

da: "Guaritori, santi viventi, luoghi santi" - 1997 - De Vecchi Editore

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