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Mullah Nasreddin Hodja
Vedi anche Le storie di Mullah Nasreddin Hodja (Giufà)
Mullah Nasreddin Hodja
Nasreddin Hodja è diventato una specie di icona popolare, ma è anche un personaggio realmente vissuto nel XIII secolo, a cui parecchie città turche si contendono l'onore di aver dato i natali.
Vi è anche chi lo dice vissuto alla corte del Khwârezm (odierni Uzbekistan e Turkmenistan) alla fine del XII secolo, o al tempo di Tamerlano tra XIV e XV secolo (vi sono molte storie su Nasreddin e Tamerlano), o ancora a Kûfa, sud dell'Irâq, nell’VIII secolo. Alcuni persino affermano che sia sepolto in Algeria e la sua tomba meta di pellegrinaggi.
Tuttavia il più vecchio racconto su di lui si trova nel Saltukname, opera sul derviscio guerriero Sari Saltuk Dede composta nel 1480 da Ebul Hayri Rumi per il principe Cem Sultan, che contiene varie storie e leggende popolari. Nel Saltukname si dice che Nasreddin Hodja «nacque a Shivrihisar e che i nativi di Shivrihisar erano famosi per il loro strano comportamento e ingenuità. Lo strano comportamento dei nativi di Shivrihisar è anche menzionato in un libro di racconti manoscritto che si trova nella Bibliothèque Nationale a Parigi. Questi documenti sono considerati prove della sua nascita in Shivrihisar».
Concordemente si esprime nella sua opera Mecmua-i Maarif Hüseyin Efendi, müfti (giureconsulto islamico) di Shivrihisar morto nel 1880, affermando che Nasreddin nacque nell’anno 605 dell’Egira (che va dal 16 luglio 1208 al 5 luglio 1209 dell’era cristiana) nel villaggio di Hortu presso Shivrihisar, cittadina dell’Anatolia centrale più o meno a mezza strada tra Eskishehir ed Ankara, e un po’ più lontana, a nord, da Akshehir (“città bianca”).
Siamo dunque nell’era del potere selgiuchide, quella di Mowlânâ Jalâl-od-Dîn Rûmî, grandissimo tra i mistici, di `Attâr, di Muhyiddîn ibn al-`Arabî, e del massimo poeta mistico turco, Yunus Emre.
La leggenda che Nasreddin Hodja conoscesse Tamerlano, invece, nasce dal terzo volume del Seyahatname (“Libro di viaggi”), opera in dieci volumi di Evliya Çelebi (nato nel 1611 ed ancora vivo nel 1683) che descrive i paesi componenti l’impero ottomano e alcuni limitrofi. In tale libro si dice che Nasreddin era di Akshehir, che visse al tempo di Murad I (1326-89) e di Yildirim Han (1389-1402), e che partecipò a riunioni di dotti alla presenza di Tamerlano. Sennonché questa non è una fonte attendibile. Ci dice infatti Alessio Bombaci che l’opera in Turchia non fu presa affatto sul serio, bensì vista come una raccolta di novelle, in quanto l’interesse curioso e appassionato e una grande capacità descrittiva vi si fondono «in definitiva con il più assoluto disprezzo per la verità».
Vita di Nasreddin
Nasreddin Hodja era figlio di Abdullah Efendi, imam del villaggio di Hortu, e di Sidika Hatun, e studiò nella scuola teologica (medrese) di Shivrihisar e nella scuola hanefita di Konya. Morto il padre divenne a sua volta imam del villaggio per anni, finché nel 1237 si trasferì ad Akshehir, dove studiò con famosi eruditi del suo tempo come Seyid Mahmud Hayrani (morto ad Akshehir nel 1268-69) e Seyid Haci Ibrahim. Pare che due vakifname (atti di pia donazione), scritti rispettivamente da Hayrani nel 1257 e da Haci Ibrahim nel 1267, riportino il suo nome.
Nel Saltukname si dice anche che Sari Saltuk fu discepolo di Hayrani insieme a Nasreddin, a cui avrebbe in un’occasione fatto visita ad Akshehir.
Successivamente Nasreddin divenne professore alla scuola teologica della città e funse anche da giudice (kadi), caratterizzandosi, se si sta a quanto se ne racconta, talvolta per la severità e talvolta per l’umorismo. Ebbe, si tramanda, una o due mogli, due figlie (di cui una di nome Fatima) e un figlio.
Secondo alcuni Nasreddin Hodja «morì all’età di sessant’anni ovvero nell’anno 673 (A.D. 1274-75)», ma ragioni abbastanza solide indicano che morì piuttosto, come indica Hüseyin Efendi, ad Akshehir a 76 anni, nel 683 dell’Egira (che va dal 20 marzo 1284 all’8 marzo 1285).
«Grande attenzione - scrive Alpay Kabacali - ha ricevuto la data 386, che è stata trovata incisa su una lapide. In considerazione del suo senso dell’umorismo, la data è stata letta al contrario. Ora, l’anno 683 del calendario islamico corrisponde agli anni 1284-85».
Su tale epitaffio, ritrovato ad Akshehir, condusse ricerche Bursali Mehmed Tahir Bey, e fu Fuad Köprülü, in un suo libro in cui per primo si occupò di Nasreddin Hoca come personaggio storico, a darne notizia nel 1918.
Anche secondo Ibrahim Hakki Konyali, un altro storico, quello fu il primo epitaffio mai trovato che riguardasse Hoca. Lo stesso Konyali poi, mentre faceva ricerche sulle colonne della sua tomba, trovò un’altra iscrizione che dice: «La scrittura perdura, la vita è transitoria, l’uomo è peccatore, Dio è clemente. Questo fu scritto da Mehmed tra i soldati del grande Yildirim Bayezid nell’anno dell’Egira 796».
Ora, dall’aver trovato sulla sua tomba questo riferimento al 796 (1393-94) consegue che evidentemente Nasreddin morì prima, mentre il contenuto dell’iscrizione fa pensare che la tomba fosse da tempo meta di pellegrinaggio.
Un’altra lapide, trovata a Shivrihisar e successivamente trasportata dapprima al Museo Mevlâna di Konya e poi al Museo di Akshehir, appartiene alla figlia Fatima, e riporta la data 727 (1326-27), indicando così che morì 43 anni (44 del calendario islamico) dopo il padre. Si è poi trovato il nome di Nasreddin anche su un’altra lapide presso la sua tomba. Riflette lo stile selgiuchide ed è ora anch’essa al Museo di Akshehir.
Il monumento sepolcrale di Nasreddin Hodja ad Akshehir, di aspetto gradevole, sormontato da una vasta cupola a coste sostenuta da molte sottili colonne, ne ha sostituito, all’inizio del ventesimo secolo, un altro più antico che ancor meglio simboleggiava l’assurdità nella vita che egli si era tanto preoccupato di evidenziare da vivo e che addirittura, secondo taluni racconti, sarebbe stato costruito su sua indicazione: anch’esso a cupola, ma con sole quattro colonne; tre lati aperti; nel quarto, saldamente murata, una porta chiusa da un enorme lucchetto, ovviamente del tutto inutile secondo il comune intendimento; e nella tomba stessa un foro, da cui Nasreddin poteva seguitare ad osservare il mondo...
Da: Storie di Nasreddin.
Raccolte e rielaborate da Gianpaolo Fiorentini.
Saggio introduttivo di Dario Chioli. - Libreria Editrice Psiche, Torino, 2004.
Fonte: www.psiche.info
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