Semplici Riflessioni e Curiosità
Le storie di Mullah Nasreddin Hodja - Giufà
Chi era Nasreddin Hodja?
Mullah Nasreddin Hodja o Giufà
Nasreddin era un saggio un po' speciale vissuto tanti
secoli fa in Turchia quando in Oriente regnava
il Khan Timur Lang detto Tamerlano. Fu
viaggiatore del mondo ed è noto da Buchara a
Samarcanda, da Mombasa a Singapore. Le sue
gesta e soprattutto le sue sentenze e
storielle, solo apparentemente senza senso,
hanno lasciato traccia ovunque si sia diffusa
la cultura islamica. Quelle storie brevi e
buffe si raccontano anche oggi in Iraq, in
India e in tanti altri paesi d'Oriente e
d'Occidente con nomi e dettagli cambiati, ma
con spirito affine. In particolare somigliano
a quelle che si raccontano nel Nord Europa e
che hanno per protagonista Till Eulenspiegel,
o a quelle che nella cultura ebraica vengono
attribuite a un rabbino saggio e stravagante e
infine ad un personaggio presente nelle
culture del bacino del mediterraneo, Giufà in
siciliano, Guhâ in arabo e in turco appunto
Nasreddin Hodja o Nasreddin Hoca.
Nessuno sa come siano nate, ma la cosa in
verità non ha molta importanza. Quello che le
ha fatte sopravvivere nei secoli è la
tradizione orale, ossia il fatto che sono
state tramandate a voce di generazione in
generazione e così le radici sono le stesse
per tutti i racconti, anche se le varianti
sono infinite.
Storie
Le malelingue
Un giorno, Nasreddin Hodja e suo figlio
andavano al mercato. Il figlio cavalcava
l'asino, e lui, lo accompagnava a piedi. Un
passante brontolò: "Ecco la nostra gioventù
moderna, lasciarsi portare tranquillamente
dall'asino, obbligando il suo vecchio padre,
con il suo pesante turbante, a seguirlo a
piedi!"
"Padre, te lo avevo detto!" Mormorò il figlio.
"Andiamo, non indugiare e prendi il mio posto."
Nasreddin Hodja acconsenti. Essi fecero così
un pezzo di strada fino a che si sentirono
interpellare da un gruppo di paesani: "Ehi Hodja, le tue ossa si sono indurite, sei
distrutto dal peso degli anni, perché
costringi quest'adolescente, nel fiore degli
anni, a zoppicare leggermente dietro di te?"
A queste parole, Hodja non trovò meglio che
far montare suo figlio dietro di lui, sulla
groppa dell'asino. Non erano andati molto
lontano che alcuni individui gli sbarrarono la
strada, gridando: "Che gente spietata! Due persone su di un
povero asino. E dire che é il nostro famoso Hodja che tollera ciò! Se questa non é una
vergogna!"
Questa volta, Nasreddin Hodja, fuori di se,
discese subito dal somaro, ed anche suo
figlio, e entrambi proseguirono andando dietro
l'asino libero del suo carico. Siccome ogni
cosa ha una fine, subirono i rimproveri di
alcuni mascalzoni che incontrarono poco dopo.
"Che idiozia! Vedere l'asino sgambettare e
caracollare in libertà, mentre i suoi padroni,
sfidando la polvere e l'intollerabile calore,
fanno la strada a piedi! Non si è mai vista
una cosa simile!"
"Vedi, figlio mio", disse Nasreddin Hodja al
culmine della pazienza, "ammiro le persone che
si sono liberate delle malelingue! Tu, fai
come ti sembra meglio e che la gente dica ciò
che più desidera, perché le bocche degli
uomini non sono un sacco che si possa
chiudere!"
Tradotto da Claudio Buffa
L'asino non può leggere più di questo
Un giorno, Tamerlano, aveva ricevuto, in
regalo, un asino egiziano di grande valore. Lo
fece vedere ai suoi cortigiani che non fecero
che elogiarlo. Rivolgendosi a Nasreddin Hodja:
- E cosa ne pensi, tu, di quest'asino?
- In fede mia... secondo me, noto in quest'asino
grandi doti Se tu me lo ordini, posso
insegnargli a leggere in pochi mesi. Tamerlano,
molto incuriosito, rispose:
- Se tu vi riesci,
ti ricompenserò bene.
Hodja, per questa storia, si vide accordare un
periodo di tre mesi.
Al termine di questo periodo, Hodja portando
il somaro per la cavezza, lo portò da
Tamerlano, poi, tirando fuori un grande libro
che aveva portato con se, lo mise davanti
all'animale. Questo, subito, si mise a voltare
velocemente, con la lingua, le pagine del
libro e a ragliare quasi ad ogni pagina. Tamerlano che si aspettava di vedere un
artificio maggiore, domandò ad Hodja come
aveva fatto per arrivare a questo risultato.
Hodja, di rimando:
- Ecco... dopo aver
lasciato la reggia, ho chiuso l'asino nella
scuderia. Quel giorno non gli detti nulla da
mangiare. Il giorno dopo feci rilegare un
grosso libro e mettere grani d'orzo, tra i
fogli. L'asino affamato, sentendo l'orzo,
cominciò a voltare le pagine del libro con la
sua lingua. Dove non incontrava nulla, mi
guardava in faccia e si metteva a ragliare. Ed
é così che l'ho abituato a nutrirsi. Un uomo
dell'assemblea, per sminuire l'effetto delle
parole di Hodja, disse:
- Vediamo...
francamente, io non ci ho capito nulla.
L'asino ha semplicemente voltato le pagine e
ragliato. Che c'è di straordinario in questo?
Nasreddin Hodja, in risposta:
- L'asino non
può leggere più di così! Solamente nel caso in
cui si vorrebbe fargli apprendere di più,
allora bisognerebbe veramente considerare
asini noi stessi!
A queste parole, tutta l'assemblea, Tamerlano
per primo, rise lungamente e di buon cuore.
Tradotto da Claudio Buffa
I Contadini che ci sapevano fare coi Numeri
Tra i luoghi che il mullah Nasreddin Hodja
visitò nei suoi viaggi, c'era un villaggio i
cui abitanti erano noti per essere
particolarmente esperti nei calcoli. Nasreddin
trovò alloggio presso la casa di un contadino.
Il mattino dopo Nasreddin si accorse che nel
villaggio non c'era un pozzo. Ogni mattina, un
membro di ogni famiglia del villaggio caricava
uno o due asini con delle brocche per l'acqua
vuote, raggiungeva un ruscello ad un'ora di
cammino dal villaggio, riempiva le brocche, e
le riportava indietro, impiegando un'altra
ora.
"Non sarebbe meglio se aveste l'acqua nel
villaggio", chiese l'hodja al contadino
presso il quale abitava.
"Oh, molto meglio", disse il contadino. "ogni
giorno l'acqua mi costa due ore di lavoro per
l'asino e per il ragazzo che lo conduce. In
totale 1.460 ore l'anno, se calcoliamo l'asino
uguale al ragazzo. Se l'asino e il ragazzo
impiegassero quel tempo a lavorare nei campi,
io potrei, per esempio, piantare un intero
campo di zucche e raccogliere 457 zucche in
più ogni anno".
"Mi pare che voi abbiate previsto ogni cosa
per bene", disse l'hodja con ammirazione". E
allora, perché non scavare un canale che porti
l'acqua al villaggio?"
"Non è così semplice", disse il contadino.
"Sulla strada c'è una collina che dovremmo
scavare e togliere. Se utilizzassi ragazzo e
asino per scavare un canale, piuttosto che
mandarli per acqua, ci metterebbero 500 anni,
lavorando due ore al giorno. Io potrò forse
campare ancora trent'anni, quindi mi costa
molto meno farli portare l'acqua".
"Sì, ma sarebbe compito soltanto tuo scavare
un canale? Ci sono molte famiglie in questo
villaggio".
"Certamente", disse il contadino, "ci sono
esattamente 100 famiglie. Se ogni famiglia
mandasse un ragazzo e un asino ogni giorno per
due ore, ci vorrebbero cinque anni per finire
il canale. E se lavorassero dieci ore al
giorno, per finirlo ce ne vorrebbe uno".
"Allora perché non parli con i tuoi compaesani
e gli suggerisci di scavare il canale tutti
insieme?"
"Dunque, se devo discutere una questione
importante con un compaesano, lo invito a casa
mia, gli offro tè e halvah, parliamo un po'
del tempo e delle previsioni per il prossimo
raccolto, poi si parla della sua famiglia,
delle sue figlie, e dei suoi nipoti. Poi gli
offro il pranzo, e dopopranzo prendiamo di
nuovo il tè. Poi lui s'informa della mia
fattoria e della mia famiglia, poi arriviamo
al punto, con piacere e con calma. Per tutto
questo ci vuole un intero giorno. Siccome nel
villaggio ci sono 100 famiglie, Io dovrei
parlare con 99 capofamiglia. Devi ammettere
che non posso permettermi di passare
novantanove giorni di seguito in queste
discussioni. La mia fattoria andrebbe alla
malora. Il massimo che possa fare è invitare a
casa mia un compaesano alla settimana. Ma se
un anno ha cinquantadue settimane, mi ci
vorrebbero almeno due anni per parlare con
tutti i miei compaesani. Conoscendo i miei
compaesani, tutti alla fine concorderebbero
che sarebbe meglio avere l'acqua nel
villaggio, perché ci sanno tutti fare coi
numeri. E conoscendoli bene, ognuno di loro si
impegnerebbe a partecipare all'impresa, se
anche gli altri lo facessero. Insomma, dopo
due anni dovrei cominciare tutto daccapo.
Dovrei invitarli a casa mia e riferire che
anche gli altri sono d'accordo a partecipare".
"E' vero", disse l'hodja, "ma dopo due anni
sareste pronti per cominciare il lavoro. E
dopo ancora un anno, il canale sarebbe
finito!"
"Esatto", disse il contadino. "Così gli
scansafatiche trarrebbero dal canale lo stesso
vantaggio degli altri, ma senza la spesa".
"Devo ammettere che è così" disse l'hodja.
"Così chiunque ci sappia fare coi numeri
cercherà di sottrarsi al proprio dovere. Un
giorno l'asino zoppicherà. Un altro giorno il
figlio di qualcuno avrà la tosse. E poi si
ammalerà la moglie di qualcun altro, e ci sarà
bisogno del ragazzo e dell'asino per condurre
il dottore. Ma nel nostro villaggio, tutti ci
sanno fare coi numeri, così ognuno cercherà di
evitare di fare la sua parte. E siccome ognuno
di noi sa che gli altri non si ammazzeranno di
lavoro, nessuno manderà il suo ragazzo e il
suo asino a lavorare. Quindi i lavori per il
canale non cominceranno mai."
"Devo ammettere che i tuoi argomenti sembrano
assai convincenti", disse l'hodja. Rimuginò
per un po', e d'improvviso esclamò, "Ma io
conosco un villaggio, dall'altro versante dei
monti, che ha esattamente gli stessi vostri
problemi, ma sono vent'anni che c'è un pozzo".
"Bene", disse il contadino, "evidentemente
non ci sanno fare coi numeri".
Tradotto da Giovanna Rampone
- Per la biografia vedi enciclopedia: Mullah Nasreddin Hodja
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