Riflessioni dal web Indice
Gruppi in Internet, dal sé al gruppo virtuale
di Walter Iacobelli
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Spazio gruppale
Così come l’acqua passa dallo stato liquido a quello solido, attraverso il congelamento, o allo stato gassoso, attraverso la vaporizzazione, con la possibilità di tornare allo stato iniziale; anche entrare in Internet implica una trasformazione di stato: da quello analogico a quello digitale, si opera una perdita dei confini del Sé reale. Entrare a far parte di questo villaggio globale implica, una illusione gruppale; essa sposta la preservazione dall’individuo al gruppo: alla minaccia al narcisismo individuale, essa risponde instaurando un narcisismo gruppale. “L’illusione gruppale (…) è la reazione a un’angoscia e a uno smarrimento totali, ma anche una condizione iniziale di nascita e di sviluppo” (Anzieu 1976, pp. 312-317). I fenomeni dello Stato gruppale nascente abitualmente vengono sperimentati dalla persona che partecipa ad un gruppo come una certa perdita dei confini del Sé.
“Questo senso di perdita è accompagnato da un sentimento relativo ad un cambiamento nel proprio modo abituale di pensare e porsi in rapporto con la realtà circostante” (Palmieri, 1988). Come se le sensazioni e le attese non fossero più localizzate, ma fossero invece diffuse in uno spazio comune e condiviso.
Come indica C. Neri “…la condizione determinata da una blanda intossicazione alcolica è avvicinabile alla perdita dei confini propria dello Stato gruppale nascente” (Neri, 1995, p. 47) e a questo punto all’entrata nel cyberspazio: la mente produce con facilità immagini, emozioni, vissuti corporei che il soggetto vive come riferibili non tanto a sé, ma al contesto in cui è immerso.
Il vissuto di cambiamento nel proprio modo abituale di essere e porsi in rapporto si manifesta, ad esempio, anche con l’avvertire che il tempo perde la dimensione dell’abituale quotidianità. Lo spazio sembra acquisire connotazioni nuove e non precedentemente conosciute.
Per la costruzione di un spazio gruppale, in questo caso cyberspazio, mi rifaccio alla definizione data da Hannah Arendt (1963), ella si riferisce non a un pezzo di terra, ma allo spazio che c’è tra individui che formano un gruppo, cioè individui legati uno all’altro (ma al tempo stesso separati e protetti) da molte cose che hanno in comune. Lo spazio in comune dei membri del gruppo è dunque strettamente legato al sentimento di appartenenza e ad una differenziazione tra ciò che è il gruppo e ciò che non è il gruppo. Questo aspetto della definizione di spazio è chiarito da alcune formulazioni di J. M. Lotman (1978). Secondo quest’autore l’area culturale e sociale di un gruppo è distinta dall’esterno da una sorta di confine. L’interno è sperimentato, dagli appartenenti al gruppo, essenzialmente come strutturato; l’esterno essenzialmente come non strutturato. L’idea di Lotman può essere schematicamente rappresentata:
in cui lo spazio comune, l’area di appartenenza è IN. IN, dal punto di vista del membro del gruppo, tende a identificarsi con il concetto di ordine ed è in polarità con EST, in non-gruppo, il caos. Appartenere a IN significa esistere, esserne espulsi significa non esistere: finire nel non reale, nell’indeterminato.
È interessante notare come, nel caso di gruppi esistenti nel cyberspazio, finire nel non reale, cioè uscire dal cybergruppo secondo lo schema di Lotman, significa ritornare nel mondo reale.
Nella realizzazione del confine del gruppo un ruolo importante viene giocato dal trasferimento al gruppo, da parte dei membri, della loro funzione di pelle mentale. Neri (1995) parla di alcune esperienze sensoriali che favoriscono il trasferimento dagli individui al gruppo della funzione di delimitazione e la creazione dello Spazio comune del gruppo, la presenza fisica delle persone sedute in cerchio che delimitano uno spazio; la percezione che alcune sensazioni seguono ritmi di gruppo, piuttosto che ritmi individuali; come se il gruppo in toto li regolasse oppure non riuscisse a regolarli; l’avvertire che i pensieri e le emozioni possono circolare in un contesto più vasto di quello che i membri assegnano ai propri vissuti, quando pensano da soli.
Secondo D. Anzieu (1981), un gruppo è un involucro che tiene insieme degli individui. Finché questo involucro non si è costituito, si tratta di un aggregato umano, ma non di un gruppo. “Un involucro che racchiude i pensieri, le parole e le azioni, permette al gruppo di costituire uno spazio interno (che procura un sentimento di libertà e che garantisce il mantenimento degli scambi all’interno del gruppo) e una sua temporalità (che comprende un passato da cui il gruppo fa derivare la propria origine e un avvenire in cui progetta di perseguire le sue mete) ” (Anzieu, 1981).
Capacità metabolica
Un primo aspetto della funzione terapeutica del pensiero di gruppo è la capacità di metabolizzare l’ansia e l’angoscia, che l’individuo può non essere in grado di elaborare. In altri termini, il gruppo ha la capacità di disintossicare la mente dell’individuo da eccessive tensioni che vi si possono essere accumulate e che la occupano. Per esprimere in modo diverso questa idea, si può dire che il pensiero di gruppo ha una funzione analoga a quella della funzione alfa dell’individuo. Bion propone un’immagine che chiarisce come opera la funzione alfa. Si dice comunemente che, se una persona durante la notte ha un incubo, questo dipende da un’indigestione di cibo, un’indigestione somatica; si può però pensare anche che l’incubo sia effetto di un’indigestione mentale. Durante il corso della giornata, la persona ha accumulato una serie di vissuti e sperimentato situazioni emotive che l’hanno coinvolta e che non è riuscita a metabolizzare.
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