Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
L'uomo come sinolo di ragione passione e libertà
di Michela Tondato
Ciò che distingue l'uomo da ogni altra forma di vita è la sua razionalità, ovvero la sua capacità di pensare. Ma l'uomo non è esaurientemente descritto dalla sua dimensione razionale. Non a caso la tradizione filosofica ne parla come dell'"animale razionale"; e l'animalità dell'uomo, se pur partecipa della razionalità,
non è mai conciliata con questa, ma sembra
seguire logiche proprie.
Nel secondo libro dell'Etica Nicomachea
Aristotele
parla dei contenuti dell'epithymetikon
o orektikon, cioè delle passioni intese
come dotazioni naturali dell'uomo, alle quali
non è sensato attribuire valutazioni morali.
Si tratterà, semmai, di valutare moralmente
che cosa l'uomo deliberatamente fa di esse.
Aristotele chiama virtù e vizio
rispettivamente la felice riuscita o la
mancata riuscita dell'alleanza tra passione e
ragione. La passione è, quindi, un fattore
costitutivo della vita umana, ma attende di
ricevere ordine e forma da chi sa dove vuole
andare, ossia dalla ragione: "L'errare ha
molte forme (infatti il male si trova nella
colonna dell'illimitato, mentre il bene in
quella del limitato), invece il riuscire ne ha
una sola. Per questo il primo è facile e il
secondo difficile: è facile fallire il
bersaglio, ma è difficile andare a segno."
(Etica Nicomachea).
La posizione di Aristotele si allontana
nettamente da quella degli
stoici,
i quali descrivevano le passioni come una
"perturbazione" dell'anima,
un'energia piegata esclusivamente verso il
male, che doveva necessariamente essere
estirpata.
A mio avviso l'errore degli Stoici fu proprio
quello di considerare le passioni come
qualcosa di cattivo, mentre nessuna dimensione
naturale dell'uomo può essere considerata
tale.
Possiamo riassumere questo ragionamento con un
sillogismo, affermando che se tutto ciò
che Dio ha creato è buono, allora anche
l'uomo deve esserlo; ma tutto ciò che
Dio ha creato è buono; quindi l'uomo è
- intrinsecamente - buono. Ma se tutto è buono
perché è "difficile andare a segno" ?.
Le passioni, in quanto "tendenze di origine
non razionale", non sono in sé buone o
cattive, ma lo diventano, riprendendo la
lezione di Tommaso,
quando "cadono nella sfera della libertà".
L'uomo è libero in quanto è autonomo, ossia sa
confrontare i beni che incontra con un
orizzonte che li supera , ma questa autonomia
può essere esercitata come libero arbitrio o
come libertà in quanto tale.
Il
libero arbitrio è il destreggiarsi della volontà all'interno
dei beni empirici, ossia dei beni elementari
ma non assoluti. La libertà in quanto tale,
invece, è la stessa trascendentalità del
volere, una volere che, superando l'orizzonte
materiale, tende al Sommo Bene.
La volontà deve, quindi, sapersi muovere
secondo un criterio universale e razionale,
criterio che gli può derivare solo dalla
ragione, in quanto il suo sguardo, anche se
discontinuo e incompleto a causa della
finitezza dell'uomo, è una finestra aperta
sull'infinito. E solo se tendiamo all'infinito
possiamo arrivare alla Verità dell' Essere.
Questa tensione deve però ricevere anche una
spinta emotiva dal mondo passionale per
raggiungere l'operatività concreta, altrimenti
le sue decisioni sarebbero sì coscienti, ma
inefficaci.
Per tendere all'Essere dobbiamo avere un
motivo che ci spinge a desiderarlo, e questo
desiderio di ricerca delle Verità è una spinta
consapevole che arriva dal mondo passionale.
Aristotele, infatti, nel sesto libro dell'Etica
Nicomachea annotava: "La scelta -
la libertà - è intelligenza desiderante e
desiderio razionale; è questo principio è
l'uomo".
La collaborazione di queste tre dimensioni fa
la forza dell'uomo, e solo sviluppando un
desiderio razionale tendente liberamente al Bene potremmo portare a compimento un mondo
guidato dalla luce della ragione.
Michela Tondato
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