Il fondamento immaginativo della visione religiosa e scientifica del mondo
Di Loreto Luigi - Marzo 2011
1. Il saggio che segue rappresenta un estratto del libro LA CREATIVITA’ DIVINA, stampato on line presso il sito “www.ilmiolibro.it.” Nel sito “www.riflessioni.it” sono presenti due estratti (La Trinità creativa e L'insostenibilità del Dio Trinitario unico) del suddetto libro, intitolato LA TRINITA’ CREATIVA, Una rivoluzione ideologica.
2. Riflettiamo su quanto da sempre ci raccontiamo del divino-umano rapporto. Nella consapevolezza senza tempo di Dio affiorano progressivamente (?) tre fatali momenti: la decisione di divenire un Creatore; l’effettiva creazione del creato visibile ed invisibile; la creazione dell’individuo umano “a Sua immagine e somiglianza”. La consapevolezza che anima l’umano simildivino è libera, creativa e mentale, cioè immaginativa e pensante, perciò è legittimo supporre che il Creatore fondi su questi attributi la somiglianza con la Propria.
L’umano simildivino al momento può soddisfare la divina somiglianza non già immaginando e pensando qualcosa di originale, bensì nello scegliere di conoscere o meno un contenuto immaginato - pensato - proibito da Dio (“Il Bene ed il Male”), per un fine immaginato - pensato - tentato da un Antidio (“Diverrai un Dio”). La decisione dell’umano simildivino si indirizza verso la proibita conoscenza, ma paga la scelta anti divina con una dannata esistenza in una “valle di lacrime”, dove certamente conosce, in virtù della violata conoscenza, il modo di condursi “bene o male”. Senonchè si svela del tutto incapace di immaginare - pensare il modo di conquistare definitivamente la divina fiducia e così reintegrarsi nell’originaria, benedetta esistenza. Di nuovo il compito di immaginare - pensare per l’umano simildivino se lo assume Dio (Incarnazione e sacrificio del Cristo), ed ancora una volta il simildivino realizza la divina somiglianza solo nello scegliere (essere o non essere un buon cristiano?).
Trascorrono secoli di storia senza che nulla di decisivo accada sul piano dell’immaginazione e del pensiero, ma ecco che, finalmente, l’umano simildivino ha una botta di consapevolezza che lo induce ad una originale pensata. Preso atto che la ragione è lo strumento più cosciente della sua consapevolezza mentale, decide di investirla sistematicamente nello studio del creato visibile, un campo d’indagine che Dio ha creato del tutto dissimile dalla Propria consapevolezza, ovvero privo di autonoma attività immaginativa, pensante, libera e creativa. Nel creato tutto sembra mosso da invariabili processi meccanici, di natura matematica e dunque intelligenti, ma questi, e qui sta l’originale pensata, non derivano dal Creatore, bensì si sono formati casualmente, per tentativi ed errori.
Che bizzarra conclusione! Con l’atto stesso di conseguire una somiglianza con Dio sul piano dell’immaginazione e del pensiero, l’umano simildivino Gli toglie il titolo di Creatore e lo consegna nelle mani del Caso. Lo stesso che dire: “Il Nulla Cosciente Di Sé” presiede alla genesi ed al governo dell’intelligente creato visibile.
Volgiamoci ad accertare se questa profana versione della Genesi sia la stessa versione in altro linguaggio, cioè non derivi da quanto finora descritto.
Abbiamo visto che l’umano simildivino, ad un certo momento della sua sofferta esistenza, ha deciso di usare in altro modo la ragione. Fino a quel “certo momento” essa era stata principalmente teologica, nel senso che doveva servire Dio elaborando riflessioni e conoscenze sul fondamento delle affermazioni indiscutibili, o dogmatiche, che fideisticamente Lo definivano; da quel “certo momento” in poi la ragione diventerà scientifica, nel senso che dovrà servire “Il Nulla Senziente” indagando e studiando meccanismi intelligenti generatisi casualmente. Noi, invece, di qui in poi cercheremo svincolarci dal suo uso servile verso il Dio della similitudine, o del “Nulla Senziente”, e di farne un uso libero. Per comodità di esposizione denomineremo “ragione ragionante” la ragione che riflette liberamente.
Per la ragione ragionante risulta del tutto insussistente un Dio Creatore che Si desta alla consapevolezza creativa di Sé, ha bisogno di tempo per creare ed infine Si concede il lusso di un perenne ozio creativo, perché è senza tempo per definizione e può creare in un presente privo di consecutività temporale, cioè istantaneo. Un Dio Creatore di tal fatta, essendo indiscutibilmente mortale (nasce e muore alla creatività), può darSi soltanto come un’Entità creata ad immagine e somiglianza dell’immaginativa e temporale consapevolezza mentale dell’individuo umano.
Per la ragione ragionante l’individuo umano celebra ed adora un Dio fatto di se stesso, il quale vive nella consapevolezza mentale principalmente come un Moralista. Infatti è notorio come un tale Dio trascorra tutto il Suo Tempo ad osservare e giudicare moralisticamente l’individuo umano, sostenendolo, condannandolo o premiandolo quando occorre. La genesi di un Dio Moralista è da rintracciare nella dichiarata volontà umana di conoscere ed esplorare esistenzialmente un proprio originale tema immaginativo, denominato “Il Bene ed il Male”. Nella consapevolezza dell’individuo umano giace sia la convinzione che la scelta di vita moralista è alienante e dolorosa, sia la cognizione che tale scelta è profondamente spirituale, e ciò per il fatto che ha dato un marchio di fabbrica divino alla sua elaborazione, proibizione e tentazione. Questo atto di divina attribuzione è del tutto legittimo per la ragione ragionante, la quale può spiegarlo così: l’Individuo umano è una individuazione rappresentativa, o mentale, di un Individuo Divino, nel quale la Persona del Creatore non può che far propria, e creativamente servire, quanto la Creatura immagina e pensa di sé (vedi il saggio La Trinità Creativa). Ogni atto immaginativo della Creatura appartiene anche al Creatore, ma poiché nella scelta immaginativo-moralista della prima c’è, evidentemente, una iniziale inconsapevolezza della propria articolata ed integrale identità divina, ne consegue che le appare del tutto evidente che sia il Creatore, cioè il titolare della consapevolezza divina, a godere l’esclusiva dei suoi più fondanti atti immaginativi e pensanti.
Volgiamoci a più mondane considerazioni. Per la ragione ragionante risulta scopertamente insensato ricercare e studiare nel creato una sofisticatissima intelligenza matematica e nel contempo negare che sia espressione di una Entità creativa intelligente di sé. Capperi, a disposizione c’è l’indubbia prova umana che l’intelligenza è espressione della consapevolezza di sé, cioè dell’individualità, eppure nel campo della ragione conoscitiva l’individuo umano la attribuisce all’insenziente Caso, cioè a “Il Nulla Cosciente Di Sé”. Con un’aggiunta grottesca e disastrosa: la convinzione di poter evolvere accumulando sempre maggiore intelligenza insenziente. E’ evidente che tale convinzione condurrà il senziente umano al collasso nell’insipienza, perché resterà incolta, e dunque degraderà, l’intelligenza di sé, l’unico mezzo a disposizione per gestire responsabilmente e costruttivamente la superfetazione conoscitiva della intelligenza insenziente.
Per la ragione ragionante risulta coerente e conforme che l’individuo umano ricerchi e studi, al meglio, intelligenza senziente, al peggio l’intelligenza matematico-meccanica di un Senziente, invece accade che neanche quest’ultimo obiettivo minimale venga perseguito. E ciò nonostante sia a disposizione un Senziente già bello e confezionato, precisamente l’indiscusso Dio Creatore della religione ebraico-cristiana
Al dunque, cosa nasconde la ragione conoscitiva nell’ostinato rifiuto di questo Dio Creatore? Rifiuto scopertamente sprezzante, proprio perché sostituito con un illogicissimo “Nulla Senziente”?.
In verità nasconde uno scontatissimo processo di riflessione! Talmente rigoroso e stringente da non operare alcuna sostituzione!
Sveliamo l’arcano. La ragione conoscitiva dei meccanismi naturali, cioè scientifica, è espressione della ragione tout-court, la quale tende spontaneamente a riflettere sull’esistente, sia esso immaginato, pensato o sensorialmente percepito, secondo semplici principi e regole razionali. Nel riflettere su Dio, ad esempio, elabora il concetto di una Consapevolezza di Sé che abbia al massimo grado determinati attributi, sia in sé coerente, non contraddittoria con le consapevolezze che genera e, soprattutto, condivisibile. Ora concediamo che la ragione conoscitiva sistemi al vertice generativo dell’intelligenza meccanica che attivamente ricerca il Creatore ebraico - cristiano. Potrebbe intronizzarlo con un atto di fede, ma in tal caso diverrebbe una conoscenza confessionale, ridotta al ruolo di ancella di un’altra conoscenza pratica, precisamente quella teologica, che a suo tempo si è assunta il compito di riflettere su tale Dio sul fondamento di fideistiche, ovvero indiscutibili, affermazioni. Soltanto previa riflessione critica potrebbe accoglierLo, cioè sul fondamento di un concetto razionale e condivisibile di Dio, ma in tal caso la ragione conoscitiva diverrebbe ragione ragionante e giungerebbe all’ovvia conclusione che esiste come un’incolta proiezione immaginativa e pensante della consapevolezza temporale di ogni umano credente.
Per accettare il Creatore ebraico - cristiano la ragione scientifica dovrebbe coerentemente denominarLo “L’Inesistente”, perché razionalmente non sussiste come una Divinità degna di questo nome. Data l’impraticabilità di una scelta tanto paradossale, non resterebbe altra risorsa che quella di elaborare il concetto di un Creatore correttamente definito sul piano dell’essere e dell’agire, ma sembra che la chance non possa proprio concedersela. Lo dimostra il fatto che un passo tanto semplice, logico e conforme non l’abbia ancora compiuto!
Un bel guaio per la ragione conoscitiva, perché un “tertium non datur”, eppure sembra che l’abbia miracolosamente scovato, precisamente il casuale “Nulla Senziente”. Ma è un trucco maldestro! Perché non c’è differenza alcuna fra “Il Nulla Senziente” e “L’Inesistente”! Un trucco, tuttavia, illuminante, perché svela che ha implicitamente ragionato e scelto di sottomettersi filosoficamente al Dio ebraico - cristiano. Infatti solo la ragione può svelare che è una “Nullità Creativa”, e solo con una “Nullità Creativa” indiscutibilmente creduta esistente la ragione conoscitiva può accreditare il concetto di una “Nullità Senziente” che genera intelligenza. Sia chiaro: non solo matematico-meccanica, ma anche quella per definizione libera, creativa, immaginativa e pensante del conoscitore.
Resta da comprendere perché la ragione conoscitiva lasci inconsapevole il proprio fondante processo di riflessione; meglio: perché la ragione ragionante resti ancora sottotraccia, assieme alle sue condivisibili affermazioni nei riguardi di una Religione effettivamente atea nel campo della creatività, la quale orienta una conoscenza totalmente incapace di promuovere una scienza della consapevolezza. Nel prossimo saggio tenteremo di dare una risposta a tale quesito e ragioneremo sulle implicazioni creative, lasciate anch’esse inconsapevoli, dell’evoluzione in senso cristiano del Dio ebraico. Al momento ci preme concludere questa quarta parte del saggio fornendo una versione più ragionevole e credibile del racconto mitologico che ha dato l’avvio alla nostra civiltà.
Dunque, con la metafora mitologica ci diciamo da sempre che alle origini della avventura esistenziale che conduce fino all’Anno Domini 2010, la consapevolezza mentale formava un consorzio creativo con quella divina e l’Individuo Umano sapeva di dover esprimere una vitale attività immaginativa e pensante. Tra le tante opportunità di scelta, tuttora attualizzate e tutte finalizzate ad esplorare le sue mentali risorse creative sul piano vitale, c’era anche quella di comprendere fin dove potesse creativamente condurlo l’esplorazione esistenziale di un contenuto mentale immaginato come “Conoscenza del Bene e del Male”. Il requisito fondamentale per tradurre in vita vissuta il contenuto immaginativo consisteva nel relegare all’incoscienza la creatività divina, la quale agiva in prima figura con sé, ma era cooperativamente condivisa con ogni altra sorta di individuo non mentale (perdita dello stato “paradisiaco”, cioè lucido, della consapevolezza umana). L’indispensabile condizione di realizzazione del requisito consisteva nel porre al vertice del pensiero, dell’immaginazione e delle relative energie emozionali un Creatore esclusivamente moralista, cioè unicamente impegnato a trattare regole di “Buona Creanza”.
In termini più generali, l’opzione di rendersi “simili a Dio” consisteva nel trasformare la consapevolezza mentale di sé in consapevolezza morale di sé, quindi valutarla esclusivamente esistente, fino al punto di farla divenire l’unica consapevolezza di Dio. Ciò comportava una duplice conseguenza: a) l’indubbia creatività materiale di Dio doveva venir liquidata come un fatto creativo già sbrigato e non più impedente; b) il creato doveva andare per conto proprio, quindi non seguito passo, passo da un assiduo Creatore, bensì mosso da meccanismi che corrispondono a precise volontà divine.
Ritorniamo al presente ed indirizziamo lo sguardo interpretativo sull’altare della planetaria venerazione. Scopriamo che vi troneggia da sempre, in varie lingue e nomi, una definizione della Divinità riccamente elaborata sul piano moralista, ma estremamente meschina sul piano creativo. Praticamente lo stesso, identico genere di Divinità che si poteva logicamente dedurre dalla originaria scelta umana di rendersi “simile a Dio”.
Seguitiamo il gioco interpretativo guardando più terra-terra, precisamente al tipo di conoscenza che soddisfa la planetaria voglia di spiegazione. Scopriamo che ovunque governa, con l’univoco nome di Scienza, una conoscenza che si fonda sul prerequisito dell’inesistenza di ogni sorta di consapevolezza nel campo di osservazione, concepisce solo leggi di necessità e percepisce esclusivamente automatismi. Praticamente lo stesso, identico genere di conoscenza che si poteva logicamente dedurre dalla originaria scelta umana di rendere sbrigativa la creatività del Creatore, al fine di consentirsi una percezione del tutto sgombra dalla Sua costante attività nel creato.
La riflessione ci conduce alla stringente conclusione che i fatti mitologici delle origini descrivono una determinata dichiarazione di intenti dello Individuo Umano, esprimibile, in termini generali, nella volontà di dar corso ad un sistema di esperienze ideali e pratiche totalmente racchiuse nell’ambito della sua tipica attività immaginativo e pensante, con l’ovvia conseguenza di rendere completamente aliena la creatività materiale della consapevolezza divina, che costantemente lo genera e tiene in vita. Poiché verifichiamo che tale coraggiosa volontà si è realmente espressa lungo tutto il corso della nostra Storia, viene ragionevole pensare che la creatività materiale dell’effettivo Creatore, cioè della consapevolezza divinamente consapevole di Sé, abbia considerato Propria l’umana decisione, mettendoSi fedelmente al suo servizio.
E’ fuor di dubbio che la portata creativa della scelta immaginifica di impiantare nella nostra divina consapevolezza la “Civiltà del Bene e del Male” è stata qualitativamente e quantitativamente straordinaria per produttività, e ciò in tutti i campi della nostra possibile esperienza, sia fisica che metafisica. Estremamente ampia è la gamma di pensieri, emozioni, sensazioni che offre il nostro originalissimo genere di esperienza, con gradazioni di vitalità che vanno dallo sfumato all’insopportabile, ed altrettanto ricca è la varietà di mezzi - tangibili o astratti, intimistici o relazionali, egoistici o solidaristici…- con cui è possibile esprimerla.
E’ altrettanto indiscutibile, però, che la creatività della scelta moralista doveva essere “a tempo”, cioè spingersi fino al limite della sostenibilità, perché non si può indefinitamente portare avanti una consapevolezza che vuole sperimentare le proprie creative risorse immaginative sulla totale incoscienza, peraltro necessaria, della inviolabile simbiosi con un più ampio genere di risorse creative.
Loreto Luigi
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