Riflessioni Filosofiche a cura di Carlo Vespa Indice
Considerazioni sul pensiero scientifico
di Clericus
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[1] "Ogni teoria che non può
essere confutata da alcun evento concepibile, non è scientifica... ogni
controllo generico di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di
confutarla... Il criterio dello stato scientifico di una teoria è la sua
falsificabilità, confutabilità o controllabilità". Da "La Scienza: Congetture e
Confutazioni" cap. I.
In breve, una teoria è scientifica se fa previsioni che possano essere smentite con osservazioni o esperimenti.
Ma, a questo punto, il problema del fondamento della scienza in generale, come può essere posto? Se non esiste una procedura universale di generazione delle teorie, e neppure una regola stabile di controllo delle medesime, quale è il fondamento della scienza? La risposta potrebbe essere: nessuno, se si cerca una fondazione "esterna" alla scienza stessa, un a priori che ne garantisca la certezza. O potrebbe essere: il fondamento è nel risultato stesso della scienza, o, meglio, nella pura e semplice constatazione a posteriori che la scienza produce risultati.
Sul significato della "conoscenza scientifica"
Questo punto di vista, di tipo pragmatico,
può sembrare sconcertante, in quanto non pare rispondere alla classica domanda: come è possibile la conoscenza? [1] Quasi che, non potendosi
rispondere alla domanda, non possa esservi l'oggetto - cioè la conoscenza. Come
dire, non sapendo come si pensa, si conclude che non si pensi affatto. A questo
punto, sarebbe meglio chiedersi se la domanda ha senso, e sarebbe bene definire
in cosa consista la conoscenza.
[1] Le argomentazioni di questo
paragrafo si applicano alla conoscenza scientifica. Non escludo a
priori che possano estendersi ad altre forme di conoscenza e anzi che
possano essere utilizzate per una definizione aprioristica del concetto di
conoscenza, in generale, ma non è mia intenzione sostenere o anche solo
appoggiare una tesi siffatta.
Il problema è che troppo spesso
la conoscenza è identificata in un contenuto semanticamente definito. Il
linguaggio è fatto in un certo modo; si dice "si conosce qualcosa" come
se la conoscenza fosse un'azione transitiva, cioè dotata di oggetto. La
prospettiva cambia se si considera la conoscenza un modo con cui gli
oggetti pensati vengono ordinati. La conoscenza matematica è di questo tipo: al
limite, si potrebbe, credo a ragione, asserire che non ha e non è un contenuto,
ma un modo di ragionare. Ma, ingenuamente, si dirà: il ragionamento deve
pure applicarsi a qualcosa. La risposta è no, perché il
ragionamento ha il fondamento in un certo modo di combinare gli oggetti, non
negli oggetti. Quindi il ragionamento può operare sugli oggetti (attraverso i
termini del lessico di cui si avvale) come può operare su termini che non
denotano nessun oggetto, né individuo né classe, particolare. Di più: bisogna
ancora vedere se non sia il contrario, vale a dire gli oggetti non siano,
almeno in certi casi, i prodotti del ragionamento.
Non che questo punto di vista non
abbia difficoltà: le ha anzi, perché portandolo alle estreme conseguenze
dovremmo eliminare completamente il significato, e il ragionare sarebbe solo un
atto fine a se stesso. Ma non è affatto necessario portarsi su questo estremo.
E' sufficiente assumere l'aspetto formale della conoscenza oltre
a quello semantico ed esplorarne le possibili implicazioni.
Dunque, la conoscenza a questo
punto assume due principi: l'
E' inutile arrovellarsi se, tra
l'idealismo platonizzante o l'empirismo, si possano produrre prove decisive per
operare una scelta. Se la conoscenza è essenzialmente un modo di organizzare l'
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