Riflessioni sull'Alchimia
di Elena Frasca Odorizzi indice articoli
Viaggio nella Tavola di Smeraldo
tra Protochimica e Filosofia Ermetica.
Origini, significato e attualità. Dicembre 2010
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L'ANALISI DEL TESTO o “COMMENTO”
Nel corso dei secoli, la Tabula è stata studiata usando sostanzialmente tre metodi: l'analisi rigorosamente filosofico-scientifica, l'approccio analogico-esoterico, oppure una sorta di "Via di Mezzo", alla quale cercherò di attenermi anche io.
Dal Testo latino non è possibile capire in quanti “versi” vada suddivisa la Tabula, motivo per cui alcuni studiosi scelgono una numerazione fittizia, fondata su arbitrari significati magico-simbolici (1), mentre altri la dividono in frasi di senso compiuto, considerando le prime righe, una sorta di introduzione per impressionare il lettore e le ultime, una sintetica ricapitolazione (2). Nella mia analisi mi sono limitata a rispettare la ripartizione operata nelle traduzioni che ho scelto.
A) Verum, sine mendacio, certum et uerissimum.
A1) E' vero senza menzogna, certo e verissimo.
A2) La verità è senza menzogna, è certa è autentica.
Ermete ciintroduce ai suoi insegnamenti in modo autoritario, con la risolutezza di chi è convinto che la Forza della Verità, possa convincere chiunque abbia dei dubbi. Bernardo Trevisano (1406-1490), secoli dopo, utilizza ancora queste parole come prologo alla sua “operetta alchemica”, Il sogno Verde, dicendo: «Veridico e sincero, perché contiene la verità (3)». L'alchimista Hortolanus, nel suo Commento alla Tabula, ci spiega che la Certezza della Verità deriva dalla consapevolezza di sapere di avere ragione, perché lo si è sperimentato personalmente:
«Il Filosofo [Ermete] dice: È vero, cioè che l'Arte d'Alchimia ci è stata data, senza menzogna, dice ciò per convincere quelli che dicono essere la Scienza menzognera cioè falsa. Certo, cioè sperimentato, perché tutto ciò che è sperimentato è certissimo. […] Dice verissimo al superlativo, perché il Sole generato con quest'Arte sorpassa tutto il Sole naturale in tutte le proprietà, sia medicinali che altre (4)».
È interessante notare che nel Kitab al-Habib, c'è un passo che inizia allo stesso modo, ma in riferimento alla Falsità:
«Ciò è impossibile e assolutamente falso. Solo gli ignoranti credono in una cosa del genere. Ostane affermò questo solo per sviare gli ignoranti (5).».
B) Quod est inferius est sicut quod est superius. Et quod est superius est sicut quod est inferius, ad perpetranda miracula rei unius.
B1) Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli della cosa una.
B2) Ciò che è sotto è identico a ciò che è sopra e ciò che è sopra è identico a ciò che è sotto; questo permette di penetrare le meraviglie dell'unità.
Questa frase è la Chiave di tutto il Testo e di tutta la Filosofia Alchemica. Possiamo definirla una sorta di Meme o di tormentone, per la sua capacità ad "auto-propagarsi" come un Mantra, anche attraverso chi non abbia mai letto per intero la Tavola di Smeraldo.
Secondo il Luck, questa espressione traduce in linguaggio, il significato dell'immagine ricircolante dell'Ouroboros (6), che, come dice la Pereira, esprime la condizione necessaria alla «manifestazione della realtà che è in sé "Uno (7)"» :
« La Tavola afferma così la dottrina dell'unità di ogni cosa, l'origine comune di tutte le forme di materia, l'anima o essenza comune che soggiace a ogni forma, la credenza che ogni sostanza è il risultato di un processo di sviluppo ed è quindi capace di trasformazione (8).»
La «dimensione cosmologica unitaria (9)», alla base di tutta la speculazione alchimistica, ipotizza che Ab Origine vi fosse una Cosa Una, una Materia Prima, informe, che è Una in atto e Molti in potenza. Al suo interno si differenziano e operano due Polarità, due Forze “sessualzzate”, la cui azione sinergica e dinamica, o se vogliamo “ierogamica”, (matrimonio sacro), porta alla creazione della Molteplicità delle Cose straordinarie che sono nell'Universo, o riconduce il Tutto all'Unità Indifferenziata originaria. Si tratta di un processo di andata e ritorno, circolare, attraverso il quale dall'Unità si giunge alla Molteplicità e viceversa. Gli Alchimisti Cinesi rappresentano questo dualismo unitario con il simbolo del Tao, mentre il filosofo greco Eraclito, la definiva come la Via della Vite:
« La via della vite è dritta e curva, ed è la medesima e una ; Nel circolo principio e fine fanno uno ; La via in su e la via in giù sono una e la medesima (10)».
L'Hortolanus, riconobbe in questo passo, l'allegoria del processo di distillazione, che è all'origine stessa del suo nome di alchimista. Fin dall'inizio del Commento, dice infatti di chiamarsi Hortolanus, cioè Giardiniere, a causa dei Giardini Marini (11), cioè perché pratica il Metodo Operativo Umido (12). Egli sa, per evidente esperienza diretta, che durante il Magistero la Materia Prima si divide e una parte della Sostanza «sale in alto», mentre l'altra «resta in basso fissa e chiara». La parte “inferiore” «è la Terra, che è la nutrice e il fermento», mentre quella “superiore” «è l'Anima, che vivifica tutta la Pietra e la resuscita (13)».
A livello Mitologico/Religioso, la frase è figlia dei Miti Cosmologici che hanno come tema il Matrimonio di Creazione, per esempio il Dio egizio della Terra, Geb, disteso sotto la Dea del Cielo, Nut, ma anche di quelli fondati sul tema dello smembramento, dove gli esseri umani, gli animali, le piante, le pietre e i metalli, derivano dal corpo di un Gigante primordiale, come la Dea Tiamat mesopotamica (14).
Va notato che nella traduzione B2, perpretare, viene tradotto con “penetrare”, nel senso di “comprendere”, probabilmente traslando il significato del verbo latino, che, letteralmente, vuol dire fare, compiere, conseguire.
C) Et sicut omnes res fuerunt ab uno, meditatione unius. Sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptatione.
C1) E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la meditazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.
C2) Tutte le cose derivano da sempre dall'Uno, dal Logos dell'Uno; così tutte le cose sono state create dall'Uno, in conformità.
In questo passo si mescolano tutte le Anime dell'Alchimia: le riflessioni empiriche dei Filosofi Greci, le conoscenze sperimentali degli Artigiani di Alessandria d'Egitto, le dottrine magico-religiose dei Caldei e degli Egizi, la concezione cosmologica dei Testi Ermetici e la Dottrina Gnostica ebraico-cristiana. La sua complessità è tale, da richiedere, durante l'analisi del testo, una continua panoramica su tutti questi aspetti.
Lafrase riprende l'espressione Eraclitea, En Pànta (15), «Tutte le cose sono uno», riadattata da Plotino nel detto, «Tutto è ovunque e tutto è uno e uno è tutto (16)» e trasformata nell'En To Pàn, della Chrysopoeia di Cleopatra (17), uno dei primi manoscritti alchemici illustrati, nel quale si legge, «Uno è il Tutto; e da esso il Tutto e verso esso il Tutto; e , se il tutto non contiene il tutto, il Tutto è nulla. Uno è il serpente, ed esso ha il veleno dopo le due combinazioni (18)».
Ermete ci dice che il modo in cui dall'Unità Primordiale si passa alla pluralità degli enti, avviene per meditatione, cioè attraverso l'attività del pensiero, perché letteralmente meditare, vuol dire riflettere, ma anche prepararsi a fare qualcosa. L'Hortolanus vede espressa in questa frase l'azione del Logos, cioè del «Pensiero di Dio Onnipotente», che crea il mondo pensandolo. La Pereira, nel suo Commento, traduce meditatione con l'espressione «il Respiro dell'Uno (19)», perché l'Atto del respiro, con i suoi due movimenti alternati, rappresenta il movimento stesso di rarefazione e condensazione dentro l'Alambicco alchemico, ma è anche l'immagine più usata dagli Antichi Filosofi per rappresentare l'azione del Pensiero che muovendosi, nella Mente Divina, dà forma alle idee, producendo l'espansione e la contrazione della Realtà (20):
«nel respiro cosmico la realtà si rarefà e si condensa, dando origine a tutte le cose. L'analogia fondamentale fra la realtà macrocosmica e il processo alchemico è dunque la possibilità dell'Uno di generare il molteplice attraverso il dinamismo regolato dal calore, che per l'alchimista è il fuoco del suo laboratorio (21).»
I primi filosofi greci a immaginare che il Mondo fosse regolato da una legge “ragionevole”, una sorta di intelligenza della Natura (22), furono i Naturalisti. Tra questi Anassimene di Mileto, (586-528), riteneva che l'Elemento Unico Primordiale, fosse l'Aria, che per successive condensazioni e rarefazioni, si trasformava, successivamente, in Fuoco, (inteso come gas rarefatto), Acqua e Terra, (residuo). Egli pensava che «come le nostre anime, essendo aria, ci mantengono insieme, così il respiro e l'aria circondano l'intero universo». Gli Stoici, (308 a.C.- III d.C.), associarono questo Soffio vitale caldo e artefice, a quello che loro consideravano il Principio razionale e divino presente in ogni cosa, dandogli il nome di Lògos, nel senso di intelligenza regolatrice, e di Pneuma, cioè respiro, (in latino Spiritus) (23). Essi ritenevano che l'Universo fosse una sorta di grande essere vivente, armonicamente e razionalmente ordinato, nel quale Tutto è Vivo, anche ciò che sembra Inanimato, perché la Divinità è una mente razionale immanente nella materia, una sorta di Anima del Mondo che tiene unite tutte le cose, le forgia in tutte le forme e qualità possibili, percorrendole incessantemente. Il filosofo Plotino, (203/205-270 d.C.), mantenne l'opinione che esistesse un'Anima del Mondo Pneumatica, come fondamento vitale e individuale dei corpi materiali, ma la considerò come una successiva emanazione (terza ipostasi) dell'Uno, preposta a collegare da una parte il Logos (l'anima superiore), e dall'altra la Materia (l'anima inferiore), in quanto «L'Anima in virtù della sua unità, trasferisce ad altri esseri l'Unità, che del resto lei stessa accoglie per averla ricevuta da un altro (24)». I primi Alchimisti, assimilando e rielaborando tutte queste teorie, alla luce delle credenze religiose e delle tecniche artigiane, immaginarono che l'Uno avesse creato il Tutto per meditatione, cioè attraverso il suo Caldo Respiro Mentale, e che a sua volta, il Tutto derivasse dall'Uno per adaptazione, cioè si conformasse alla Natura razionale e pneumatica dalla quale derivava. Per conseguenza, il Creatore e le Creature erano collegati, sia nella forma, che nella sostanza, come rivela la radice dell'aggettivo aptus, che vuol dire connesso. Questo Collegamento tra l'Alto e il Basso, per gli Antichi era regolato da Leggi di Causa – Effetto, che l'Alchimista vedeva
come Forze Vive e Divine, in grado di spiegare i fenomeni psichici e fisici. Nei discorsi di Ermete a Tat, si legge che queste Influenze erano emanate dai 36 Decani e dall'Influsso dei Sette (i 5 pianeti più il Sole e la Luna), ed erano veicolate da Forze mediatrici, chiamate Demoni. Il termine Demone deriva dalla parola greca Daimon, che indica tutte quelle Potenze Celesti intermediarie, tra gli Dei e gli esseri umani, che distribuiscono sorte favorevole o sfavorevole, secondo la Volontà divina:
« così, figlio mio, la forza che opera in tutti gli accadimenti di portata universale, viene dai decani: ad esempio (ascolta bene le mie parole) cambiamenti di sovrani, sollevamenti di città, carestie, peste, riflussi del mare, terremoti, nulla di tutto questo, figlio mio, ha luogo senza l'influenza dei Decani. Fai anche attenzione a questo: poiché i Decani sono preposti dall'alto ai corpi, e dato che noi siamo sotto l'influsso dei Sette, nota come si estende sino a noi una certa influenza dei decani, sia in quanto figli dei decani, che per intermediazione di alcuni esseri. […] Ebbene, il volgo, li chiama demoni: poiché i demoni non costituiscono una classe di esseri particolare, […] non sono mossi da un'anima come la nostra, ma sono semplicemente delle forze emanante da questi trentasei dei. (25)»
Questi Demoni sono probabilmente gli stessi di cui parla Zosimo, quando invita sua Sorella Teosebia, a “operare alchemicamente” secondo le dottrine Filosofico-Spirituali di Ermete (26) e non quelle Magico-Astrologiche di Zaratustra, perché, secondo lui, il primo aveva scelto la Via dell'auto-conoscenza, mentre il secondo insegnava la Magia, cioè l'Astrologia, senza finalità spirituali. Questa seconda strada era praticata da chi voleva ottenere le Tinture secondo il momento opportuno, cioè secondo l'occasione propizia, «sia per le disposizioni degli astri, sia per il favore accordato dal demone personale (27). [...] In tal modo il successo nell'opus implicava il ricorso a pratiche magiche tendenti a propiziarsi i demoni e anche la credenza nell'influsso degli astri sulle azioni umane e sulla trasformazione dei metalli.» Un tale atteggiamento, per Zosimo, era sbagliato, «perché l'alchimista viene a subordinare la proprie azioni alle forze della Fatalità che governa il mondo corporeo, da cui dovrebbe invece emanciparsi per ottenere attraverso la pratica dell'arte sacra come disciplina spirituale, il risarcimento della propria natura divina originaria (28).» Zosimo elaborò, quindi, una sua sintesi originale di motivi propri dell'Ermetismo e dello Gnosticismo, che vedeva «nell'arte sacra, un'occasione di ascesi» per consentire all'essere umano «di sottrarsi ai capricci dei demoni e ai vincoli del destino e della materialità», liberandolo e riconducendolo «alla dimensione pneumatica in cui si trovava prima di precipitare nella corporeità». Chi non seguiva questa Via viveva “a rimorchio della Fatalità”, e non aveva «nessuna intuizione degli Incorporei, le realtà spirituali divine di cui parlava l'Ermetismo e non attingerà mai alla fonte del Nous. (29)».
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NOTE
1) Per esempio nel Commento filologico in Divinazione, Astrologia, Alchimia, op. cit. , p. 373, si dice che siano 13 regole in tutto, e che questo numero può essere significativo, come numero "magico". Nel Commento esoterico di HAHAJA , si afferma, invece, con una disinvolta sicurezza che « le proposizioni siano dieci, cioè uno e zero, è perché in essa sia molto richiamata e commentata la decima chiave del Tarocco, è cosa che essi certamente sanno.» (Nota: il commento di HAHAJA è un testo riservato solo a uso interno di un circolo esoterico, pubblicato poi nella Rivista Ibis, nel 1950, e ripubblicato nel 1970 dalla Phoenix, per volere del Maestro Benno e con l'autorizzazione dell'Ord .·. Os .·. Eg .·. - S.P.H.C.I. Schola Philosophica Hermetica Classica Italica IBIS , Phoenix, Genova, 1970.
2) Divinazione, Astrologia, Alchimia, op. cit. , p. 373.
3) Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, op. cit., p. 190, Il Sogno Verde.
4) Ivi, p. 26, Spiegazione della Tavola di Smeraldo fatta da Hortolanus.
5) JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., pp. 151-152. Risposta che viene data all'alchimista Maria l'Ebrea, in relazione a una domanda su Ostane.
6) Divinazione, Astrologia, Alchimia, op. cit. , p. 373.
7) MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op. cit., p. 83.
8) JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 195.
9) MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op. cit., p. 83.
10) ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, a cura di Carlo Diano e Giuseppe Serra, Oscar Classici Latini e Greci, n° 43, Milano, Arnoldo Mondadori Editore , 2000, frammenti 29, 30 e 31.
11) Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, op. cit., p. 26
12) La Via Secca è invece quella che cuoce la materia nel crogiolo, ad alte temperature. Esiste poi anche la Via Media.
13) Il Filo di Arianna, 42 trattati di Alchimia dall’Antichità al XVIII secolo, op. cit., pp. 26-27, Spiegazione della Tavola di Smeraldo fatta da Hortolanus.
14) MIRCEA ELIADE, Le Arti del Metallo e l'Alchimia, op. cit. , 2004, p. 61.
15) ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, op. cit., p. 37.
16) PLOTINO, Enneadi, V 8, 4
17) Il manoscritto greco la Crisopoiea di Cleopatra (lett. La fabbricazione dell'Oro) contiene dei trattati di alchimia ed è custodito presso la Biblioteca Nazionale Marciana, a Venezia. È noto come Manoscritto Marciano gr. 299 (XI sec.), f. 188v. . Si trova riprodotto in BERTHELOT, Collection des anciens alchimistes grecs I-III , Paris 1887-88,
18) L'immagine può essere vista in PAOLO LUCARELLI, L'Alchimia Greco-Alessandrina, in Abstracta, Curiosità della Cultura e Cultura della Curiosità, Numero 45, Anno 4°, Franco Maria Ricci, Giugno 1990, pp. 14-21, sul web http://www.airesis.net/ArsRegia/ars%20regia%201/Lucarelli_alchimia_alessandrina.htm ma anche in ALEXANDER ROOB, Il Museo Ermetico, Alchimia e Mistica , op. cit., p. 422.
19) MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op. cit., p. 83.
20) Cfr. Le Divinità (Mesopotamiche, Orientali, ecc. ) che si spostano utilizzando le Nubi, che vengono considerate le loro "cavalcature" naturali. Successivamente e parallelamente diventano Divinità Alate, così come si dice ancora che il Pensiero ha le Ali, per dire che è Elevato, puro, spirituale.
21) MICHELA PEREIRA, Arcana Sapienza, op.cit. , p. 83.
22) Il primo filosofo, in assoluto, a investigare le Leggi della Natura al di là dei Miti Cosmogonici di matrice esclusivamente genealogico-religiosa, fu Talete di Mileto (624 - 546 a.C.), che immaginò l'esistenza di un Elemento Unico Primordiale alla base di tutta la Materia, e lo identificò con l'Acqua. Eraclito di Efesto, (535 - 480 a.C.), stando a quanto riporta Aristotele,scelse, invece, il Fuoco come Elemento Primordiale dell'Universo. Secondo Leucippo, (V secolo a.C.), invece, Eraclito fu il primo filosofo greco a immaginare che il Mondo fosse regolato da una legge ragionevole, una sorta di intelligenza della Natura.
23) Venne descritto nella biologia Aristotelica e negli studi anatomici di Erasistrato (330-250 a.C.). Da un punto di vista fisico si riteneva che il Pneuma trasportasse le sensazioni animali e il pensiero dal Cervello al Cuore, percorrendo arterie e nervi. Il pneuma, che nella biologia aristotelica era usato per spiegare i meccanismi della respirazione e del movimento. rasistrato insieme a Erofilo fondarono la grande scuola medica di Alessandria d'Egitto. Successivamente questa teoria fu ripresa anche da medico Galeno (129 – 216 d. C.).
24) PLOTINO, Enneadi, VI, 9, 1.
25) ERMETE TRISMEGISTO, Kore Kosmou, scritti teologico-filosofici, op. cit. , p.51, Discorsi di Ermete a Tat, Estratto n° VI.
26) ZOSIMO DI PANOPOLI, Visioni e Risvegli, op.cit., p. 126. Lo stesso dice Giamblico in I misteri dell'Egitto, pp.95-98, VIII, 4-8.
27) ZOSIMO DI PANOPOLI, Visioni e Risvegli, op.cit., p. 122
28) Ibidem
29) Ivi, pp.122-123.
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