Riflessioni sul Sufismo
di Aldo Strisciullo indice articoli
Le qualità del sufi
Gennaio 2009
Sintesi tratta da La via al Sufismo, di Gabriele Mandel
L’uomo di Dio è ubriaco senza vino,
l’uomo di Dio è sazio senza pane,
l’uomo di Dio è smarrito, sconvolto,
l’uomo di Dio non mangia e non dorme,
l’uomo di Dio è un re dentro il suo saio,
l’uomo di Dio è un tesoro tra le rovine.
L’uomo di Dio non è fatto d’aria e di terra,
l’uomo di Dio non è fatto di fuoco e d’acqua.
L’uomo di Dio è un oceano senza limiti,
l’uomo di Dio pur senza nuvole fa piovere perle.
L’uomo di Dio possiede cento lune e cento soli,
l’uomo di Dio possiede i firmamenti.
L’uomo di Dio è reso saggio dalla Verità,
l’uomo di Dio non è reso sapiente grazie ai libri.
L’uomo di Dio è di là dall’empietà e dalla religione.
L’uomo di Dio che Giusto e Ingiusto sono simili.
L’uomo di Dio ha cavalcato di là dal non-essere,
l’uomo di Dio è servito con dignità.
L’uomo di Dio è nascosto, o Shams âlDîn;
va’ e cerca l’uomo di Dio... dentro di te!.
Rûmî (1207-1273): Dîvân-e Shams-e Tabrîzî
Il Maestro iraniano Âbû âlHasan Fârisî disse: «Le condizioni fondamentali del Sufismo sono dieci. La prima è avere chiaro il concetto dell’Unicità divina (la ricerca dell’essenza di Dio); poi trarre lezione da ciò che si ascolta (studiare e imparare); trovare sempre una compagnia buona (seguire una buona Confraternita); preferire gli altri a se stesso (bontà e disponibilità empatica); non attardarsi nell’estasi (liberarsi dall’egotismo); chiarire a se stesso ciò che sorge nella coscienza (umiltà, dignità e consapevolezza); viaggiare molto; rinunciare al desiderio del guadagno materiale (accontentamento e povertà); proibirsi di accumulare beni materiali (saper affrontare le rinunce); adeguarsi al principio della verità (non mentire a se stesso e agli altri)».
«Per “viaggiare molto” si intende osservare le regioni e i paesi e trarne insegnamento, secondo le parole del Corano:
“Non hanno percorso la terra, e considerando quale fu la fine di coloro che vissero prima di loro?"; e:
“Percorrete la terra, e considerate come Egli ha iniziato la creazione”.
Ossia: percorretela alla luce della conoscenza e non nelle tenebre dell’ignoranza. Viaggiare serve a rompere i lacci e a rafforzare gli animi» (Âbû âlHasan Hujwîrî, ? 1072-1076).
Il sufi se è possibile viaggia. Viaggia per conoscere al fine di amare, poter capire, paragonare, evolvere. Viaggiare unisce agli altri e libera dai lacci del preconcetto. Viaggiare con il corpo, viaggiare con la mente, viaggiare nei libri e nei secoli, nelle arti e nelle opere di chi ci ha preceduto per millenni; e si capisce allora come l’essere umano è sempre se stesso e non è mai se medesimo. Viaggiare dilata gli orizzonti.
Le virtù dei sufi sono principalmente: conoscenza, coerenza, perseveranza, rispetto, empatia universale, equilibrio individuale.
A queste virtù si aggiungono
1) Pazienza,
2) Rinuncia,
3) Sincerità,
4) Accettazione,
5) Umiltà consapevole,
6) Certezza.
Il tutto costantemente retto dall’equilibrio.
Il sufi realizzato è quindi libero da ogni tipo di simbiosi, e il suo rapporto con il mondo esterno è un corretto rapporto adulto e non simbiotico. Il fine ultimo è il raggiungimento, attraverso l’illuminazione, di una realizzazione personale che disveli a ciascuno di noi la scintilla divina che è in noi: ossia la consapevolezza del divino avendo superato i veli dell’ignoranza. I Maestri dell’Alto Medioevo avevano elaborato le connotazioni in cui si manifestano o si esprimono le virtù dei sufi.
Oltre alle virtù, occorrono ancora la pietas, la sincerità costante («Sincerità è sopprimere da ogni azione la visione del proprio io», disse Ruwayam), l’azione di grazia, l’abbandono fiducioso, l’accettazione totale degli avvenimenti e delle cause. Tuttavia nessuna virtù può fiorire, se non sul terreno del vero amore. Fermo restando che il vero amore è una via a senso unico, è senza condizioni ed è costante. Se si è presi da vero amore non si ama per essere amati e si ama anche se non si è amati. Il sufi è “totalmente innamorato di Dio”.
Soffermiamoci sull’umiltà. Consideriamo che il concetto comune sbaglia intendimento; quella che il concetto comune chiama umiltà è in effetti “ipocrisia”. L’umiltà inizia dove una precisa considerazione del sé ha stabilito in termini chiari il valore dell’individuo e la sua realtà fenomenica. Non si può essere umili se non si conosce se stessi e non si dà a se stessi la collocazione precisa nella vita comune e nell’escatologia (“nel mondo ma non del mondo”).
Ecco dunque: il sufi, coltivando le virtù sopraddette, marcia risolutamente lungo una via che lo porta, di stato in stato, di tappa in tappa, alla percezione della Verità. Lungo questo cammino l’accompagnano, l’aiutano, lo soccorrono il Maestro, i compagni (l’egregoro ha un valore imprescindibile), le virtù, le appercezioni, la ritualità musulmana, la pratica del dhikr..., ed egli scopre finalmente in sé, tolti i veli dell’essere, il Vero, unico sussistente, unico reale, unico nostro Creatore, Dio.
Aldo Strisciullo
- Sintesi tratta da La via al Sufismo, di Gabriele Mandel
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