Spiritualità del Mondo
Massoneria teosofica. Simbolismo, Sacralità, Esoterismo, Reminiscenza, Profanità.
di Vincenzo Tartaglia indice articoli
Il paradiso terrestre, immagine del Paradiso celeste
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Gennaio 2017
Alla visione spirituale, il Paradiso celeste appare come la condizione in cui si manifestano in tutte le potenzialità l’Amore, la Purezza, l’Intelligenza, la Bellezza, la Forza, la Verità ed ogni altra Virtù riconducibile all’Artefice del nostro universo: quello solare, uno tra gli infiniti.
Del resto la parola “paradiso” deriva dal persiano; significa: “parco recintato”. Il termine “parco” evoca la gioia e la bellezza, il divertimento e il movimento, l’aria e la libertà, l’unione e la fratellanza, l’amore, in breve tutto ciò che un individuo vorrebbe vivere il più intensamente e lungamente possibile, senza imporsi restrizioni. Sennonché il termine “recintato”, come volendo frenare gli impulsi umani, allude al fatto che oltre il recinto del Paradiso celeste è ancora qualcosa… una realtà, dico, più estesa e perfetta. Se vi è un Paradiso recintato e limitato, deve esserci insomma il PARADISO che lo contiene: è la CONDIZIONE che si addice all’Onnipresente SPIRITO divino.
Possiamo dire che il termine “parco”, specialmente se associato all’aria, evoca l’Indivisibile, il Soprasensibile, il Sovraessenziale, l’Indeterminato, l’Inafferrabile, la NOTTE MADRE intesa come l’UNO assoluto. Così concepito, il parco rientra più nella Metafisica che nella Fisica.
L’immagine del recinto suona invece come un ammonimento: ogni creatura, in Cielo e sulla Terra, deve adattarsi e controllarsi; deve imparare a dosare le illimitate possibilità dello Spirito. Dunque il termine recinto allude alla matematica e alla geometria dei numeri, all’architettura delle forme, a ciò che regola il divenire dell’universo oggettivo e della vita sensibile; dico al Due: l’Entità che esce differenziata dallo SPIRITO Onniforme-Informe, opponendosi ad ESSO.
Per quanto evochi la condizione spirituale per eccellenza, il Paradiso celeste è dunque da immaginare come una condizione non assoluta ma relativa: ASSOLUTO è DIO. Ogni altra creatura è suscettibile di evolvere infinitamente e di avvicinarsi alla divina Sua PERFEZIONE, mai però raggiungendola: sicché il Serafino d’Amore, l’entità spiritualmente più elevata e divina, non sarà mai DIO! I Serafini sono e si muovono immaterialmente all’interno di uno Spazio spirituale, intorno a LUI: il movimento è prodotto dallo SPIRITO divino ma non da DIO, assolutamente IMMOBILE nella Sua PERFEZIONE.
Per quanto tuttavia riguarda il nostro recintato universo solare, la condizione spirituale più simile e vicina a DIO è proprio quella che nella Bibbia viene indicata come il Paradiso: è la condizione degli Spiriti eternamente Beati. Al di sotto di tale sublime condizione sono le anime del Purgatorio, relativamente perfette e relativamente imperfette: ebbero origine proprio nel Paradiso; a quel mondo ritorneranno, una volta purificate attraverso cicli innumerevoli.
E’ possibile che sulla Terra materiale, illusoria e temporanea, si creino condizioni assimilabili al Paradiso celeste? Ha un valido fondamento, l’espressione “paradiso terrestre”? Certamente. Tale divino stato, eccezionale ed estremo, non quantificabile secondo il tempo nel quale siamo ordinariamente immersi, è vissuto dall’individuo (Iniziato) quando spiritualmente interrompe ogni contatto con il proprio corpo e con il mondo fisico esterno: allora la sua anima si trasforma, viene elevata, ritrova lo Spirito maestro e con questo il Paradiso.
Prima di assumere la solidità attualmente riscontrabile nel mondo minerale e vegetale, animale e umano, la Terra è passata attraverso fasi e condizioni che i chiaroveggenti autentici hanno percepito per mezzo della visione sovrasensibile. Nei messaggi enigmatici da essi trasmessi nel corso dei tempi è quindi possibile conoscere ciò che la scienza empirica studia, non considerando però l’elemento incorporeo nella Terra, nella materia in genere e nell’uomo.
Infatti la Terra non è soltanto un corpo astronomico visibile, adatto ad ospitare l’uomo fisico. Invisibilmente e nell’essenza, essa è una condizione spirituale: è il “paradiso terrestre”, riflesso del Paradiso celeste. E’ dunque una realtà “recintata” e direi riservata, essendo esperibile soltanto da chi ha sviluppato, oltre la coscienza umana, la Supercoscienza spirituale ed altre virtù. Costui è l’Iniziato, alla cui anima la Terra paradisiaca appare appunto come una condizione dello Spirito e non come spazio.
Stando le cose in questo modo, la “cacciata” dal Paradiso non va intesa come un transito da luogo a luogo: non è il passare dall’interno all’esterno di qualcosa fisicamente ed oggettivamente esistente, bensì come l’involvere dello Spirito umano (Ego) nell’anima umana, e di questa nel corpo. In breve, la cacciata coincide con la “caduta” che ha permesso ai primi Ego di mutarsi in anime, infine in “persone” adatte a vivere sulla Terra. Quale è dunque il motivo di questa metamorfosi, e della caduta dell’Ego? Ebbene, se fosse perfetto e puro esso resterebbe tra i divini nel Paradiso! Sennonché non è un’entità totalmente divina, ma divina e umana.
Nella sua imperfezione, l’Ego è quindi immortale soltanto potenzialmente, precisamente nella parte divina: dovrà perciò divinizzare, livello dopo livello, ciò che di umano ancora persiste nella sua duplice natura. E’ dunque anche per la sua propria realizzazione che l’Ego sostiene ed ammaestra l’anima umana, pur essa alla ricerca dell’immortalità: nel purificare insomma la sua natura umana, l’Ego acquista interiormente purezza e splendore e si avvicina all’immortalità.
Malgrado le sue imperfezioni, all’Ego è tuttavia concesso di vivere inizialmente tra gli eterni Spiriti divini: esso è nel Paradiso celeste, ma l’imperfezione oscura la sua coscienza e gli impedisce di gustare appieno la Beatitudine. In verità il Paradiso è inizialmente donato a tutte le creature, animate ed inanimate: il divino AMORE vuole così! Sennonché l’AMORE non è superbo e si consulta umilmente con la Sapienza, che ESSO stesso contiene: questa vuole che l’Ego si renda degno e meritevole della vita (Spirito) ricevuta, e che possa altresì in tutta coscienza assaporare la celeste Beatitudine. A questo fine l’Ego dovrà perfezionarsi e purificarsi nella sua parte impura, ossia nell’anima; la quale dovrà a sua volta purificare la “sua” parte impura, il corpo. Lo spirito, l’anima e il corpo di un individuo costituiscono infatti una catena, nella CATENA.
Ebbene l’anima merita la celeste Beatitudine soltanto dopo avere bruciato l’ultima particella della sua corporeità, e toccato il fondo dell’imperfezione; dovrà purificare ed illuminare la natura più oscura, cattiva e materiale di se stessa: quella che la Teologia cristiana colloca all’Inferno. Più che sostare in un “luogo” fisico, in verità le anime infernali vivono la “condizione” che maggiormente contrasta con lo Spirito Universale, Creatore e Modello nostro: chiamiamo a ragione porcile, il “luogo” dove sono riuniti i porci; ma dovremmo chiamare inferno, la “condizione” vissuta interiormente dalle anime deviate, dannate e ribelli.
La Terra è Paradiso per lo Spirito purificato; è Purgatorio per l’anima in bilico tra Cielo e Terra, Spirito e corpo, Perfezione ed imperfezione; è Inferno per la persona vivente che, avendo perso l’elevante visione del Divino, è attratta solo da questa illusoria esistenza. Sicché l’anima degenera e cade a causa del suo stesso peso, della penalizzante zavorra delle multiformi sue imperfezioni.
La “caduta” consiste in due principali fasi: nella prima l’anima passa, insieme con lo Spirito (pur esso sottoposto alla purificazione), dal Paradiso al Purgatorio, dalla pura sfera spirituale a quella propriamente animica. Se nel Purgatorio raggiunge la necessaria purificazione, l’anima acquisterà leggerezza (spiritualità) e luminosità (coscienza) per ascendere e rientrare nel Paradiso, dove gusterà la Beatitudine dell’immortalità. Invece le anime che nel Purgatorio non riescono a liberarsi dalle impurità e non migliorano la loro condizione, non potranno ascendere e saranno anzi costrette ad affrontare la seconda fase della purificazione: questa impone all’anima di sprofondare ulteriormente e, se occorre, d’inabissarsi fino alle più basse estremità dell’Inferno, dove la materia assume le forme più grezze e repellenti.
Prima o poi ogni anima dovrà infatti toccare il fondo: solo avendo sofferto il massimo tormento, potrà gustare la pienezza della Beatitudine.
Debbo osservare che, alle anime, la materia non si manifesta come qualcosa che entra nella loro vita dall’esterno. In effetti, l’anima ha la facoltà di “sperimentare” la materia. La vive interiormente, in se stessa, come una sensazione ostile, sgradevole; una forza centrifuga, separatrice; come uno stato di confusione, di ribellione contro l’Artefice.
La parola “materia” è invero comunemente usata per indicare tutto ciò che ha concretezza: qualcosa che i sensi percepiscono, e che la mano tocca palpabilmente. Se consideriamo invece l’anima e il suo mondo, dovremmo sostituire il termine materia con questa avvolgente espressione: allontanamento dal Centro, dallo SPIRITO divino. Il massimo allontanamento dal Centro si configura pertanto come lo stato più avverso al Creatore; ma non all’Altissimo DIO, Che non ha avversari: satana soggiace alla legge della Dualità, della molteplicità, della divisione, dell’illusorio…; DIO è il TUTTO in TUTTO.
Vincenzo Tartaglia
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