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Riflessioni sulla Simbologia

di Sebastiano B. Brocchi
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Le Nozze Chimiche di Renzo e Lucia.
Cenni di esoterismo manzoniano

Luglio 2008

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I Promessi Sposi“Manzoni è un sommo scrittore, ma non è uno scrittore cristiano”.

Se avessi affermato questo pochi anni fa, di fronte ad un professore del liceo, probabilmente mi avrebbe dato dell’impreparato. Gran parte degli studi manzoniani ruotano infatti attorno alla cristianità, o meglio alla “ritrovata” cristianità dell’autore milanese a seguito della misteriosa “conversione” del 1810. In realtà ho sempre avuto dei dubbi sul rapporto di Manzoni con il Cattolicesimo, il Cristianesimo e la religione in generale. Ma non certo sui banchi di scuola ho avuto modo di esternarli, badando bene di restare nei ranghi, imparando il meglio che potevo la lezione e facendomi trovare preparato alle interrogazioni, tanto che a Manzoni ho dedicato anche una tesina di italiano in terza media.

Ma ora non sono più sui banchi di scuola, non devo più rimanere nei ranghi di quelle nozioni accademicamente accettate in epoca vittoriana con le quali la scuola stessa tira avanti da decenni. Sono libero di pensare, sono libero pensatore.

Comunque, se fossi io ad affermare quanto detto, anche oggi, anche da libero pensatore, scrittore e ricercatore, probabilmente verrei guardato male da molti, come uno che non ha mai nemmeno sentito parlare dell’autore de “I Promessi Sposi”.

Eppure, “Manzoni è un sommo scrittore, ma non è uno scrittore cristiano”, non è una frase mia, ma di Cesare Cavalleri (fra le altre cose Premio internazionale Medaglia d'oro per la Cultura cattolica nel 2004) in un’intervista rilasciata al settimanale “Panorama” (14/12/2006).

Per cui, forte di una paternità così autorevole, questa frase può essere ripetuta dal sottoscritto, che con essa si trova in pieno accordo. Lo stesso non vale per il seguito: “È nichilista. Non nomina mai Cristo, ha una concezione della Provvidenza quasi da economista, ossia molto limitata. La sua visione della storia è negativa”.

 

Non credo che Manzoni fosse nichilista, e del resto la negatività o la positività degli eventi sono giudizi profani, da “peristilio”, non adatti a chi, come noi (io e voi lettori) in questa sede, cerca di varcare la soglia di una comprensione più profonda.

Detto questo, direi che Alessandro Manzoni non fu un nichilista, né un pessimista, e nemmeno un Cristiano, ma uno di quegli Iniziati, come ne sono vissuti in ogni tempo e ne vivono tutt’ora, che non si fermano ai baluardi delle fedi, ma cercano invece, come una perla nascosta, la verità che soggiace ai simboli. Credo dunque che Manzoni fosse un Filosofo, nel senso più autentico del termine, libero dalla preoccupazione di essere anche un devoto di qualche religione. Con ciò non dico che egli fosse ateo. Egli faceva parte di quelli che non credono in Dio, ma sanno di Dio. I mistici e i saggi di ogni tempo non hanno fede, ma conoscenza diretta, derivata dall’esperienza di una dimensione di assoluto ed eternità che dimora dentro e fuori di noi; esperienza che permette di parlare dei misteri divini della natura e dell’essere senza usare il termine “fede”; poiché non si tratta di nozioni e dogmi appresi da qualche predicatore o precettore di catechismo, o da libri sacri scritti da altri uomini, ma di un vissuto della Coscienza, la quale ha bussato alle porte del Regno, e alla quale, non foss’altro che per un attimo, è stato aperto.

 

Il fatto che Manzoni fosse un’Iniziato, è una convinzione che ho dedotto sì dalla lettura de “I Promessi Sposi”, ma anche, devo dire, da alcuni componimenti minori, che in questa ottica potrebbero essere letti sotto una nuova luce. Mi riferisco per esempio a “5 maggio”, e a questi versi, che a chi, come si dice, a orecchi per intendere, sembrano voler alludere (come altri passaggi dell’ode manzoniana), all’esperienza misterica ed ermetica:

 

«La procellosa e trepida
gioia d'un gran disegno,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch'era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull'altar
».

 

Proprio di “un premio ch’era follia sperar”, Manzoni, come altri spiriti audaci di ogni epoca, potrebbe essere stato ricercatore, e forse persino trovatore (nei due significati, di colui che lo ha trovato, e di colui che lo racconta, seppure in forma velata). Un premio, chiamato con molti nomi nei vari tempi e nei vari luoghi del mondo, che è oggetto del pellegrinaggio interiore di ogni mistico, di ogni Filosofo, di ogni alchemico Artista.

Molti lo hanno chiamato, simbolicamente, “Pietra”. “Pietra d’Oro”, “Pietra Preziosa”, “Pietra dei Saggi”, “Pietra dei Filosofi” o “Filosofale”. Ma anche “Tesoro dei tesori”, “Santo Graal”, “Vello d’Oro”…

Manzoni non era un “alchimista” nel senso popolare del termine. Non credo abbia mai armeggiato con fiale e fornelli, e nemmeno che avesse una grande considerazione dell’alchimia “dei soffiatori”. Lo deduco, ad esempio, da dove egli scrive che «l'alchimia aveva un suo intento, diverso in parte da quello della chimica: non le mancava altro, che d'ottenerlo, anch'essa supponeva che ci dovessero essere i mezzi adattati a quell'intento: non le mancava altro, che di trovarli» (Alessandro Manzoni, “Del Romanzo e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione”).

Simili considerazioni si ritrovano presso altri grandi iniziati e Alchimisti nel senso interiore del termine, come Dante Alighieri o Tommaso d’Aquino.

 

Pur sapendo che molti lettori alzeranno le sopracciglia in segno di perplessità, tenterò di avventurarmi in un’affermazione provocatoria: “I Promessi Sposi”, opera che ha segnato l’apogeo letterario di Manzoni e che tutt’oggi è ritenuta uno dei capolavori della letteratura, potrebbe celare un doppiofondo, un dietro le quinte, molto meno diretto e ingenuo dei due ragazzi di provincia protagonisti del racconto; e nascondere, dietro l’apparenza di una storia d’amore contrastata, un trattato alchemico di grande spessore. Ripeto, si tratta di Alchimia del Sé, trasformazione sottile dell’individuo, divinizzazione della coscienza; e non di chimica, o di spagiria, o metallurgia o erboristeria officinale!

 

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