Riflessioni sul Senso della Vita
di Ivo Nardi
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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Carlo Sini
Giugno 2012
Carlo Sini ha studiato nella Università degli studi di Milano con Giovanni Emanuele Barié e con Enzo Paci, col quale si è laureato in Filosofia, diventandone in seguito assistente. Dopo aver conseguito la libera docenza in Filosofia Teoretica ha insegnato Filosofia della Storia e Storia della Filosofia presso l’Università degli studi dell’Aquila. Nel 1976 è stato chiamato a ricoprire la cattedra di Filosofia Teoretica della Facoltà di Lettere e Filosofia della Università di Milano, dove ha anche svolto per un triennio la funzione di Preside di Facoltà. Membro per molti anni del Collegium Phaenomenologicum di Perugia, del Direttivo Nazionale della Società Filosofica Italiana e dell’Institut International de Philosophie di Parigi, è socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e dell’Archivio Husserl di Lovanio. Insignito nel 1985 per una sua opera del Premio della Presidenza del Consiglio dello Stato italiano, ha ricevuto nel 2002 la Croce d’Onore di I Classe per la Scienza e l’Arte dallo Stato austriaco. Ha tenuto corsi, seminari e conferenze negli Stati Uniti, in Canada, Argentina, Spagna, Svizzera e altri paesi europei. Ha collaborato per oltre un decennio con le pagine culturali del Corriere della sera e collabora tuttora con la Rai, con la Radiotelevisione svizzera, con vari settimanali e testate giornalistiche.
1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?
A differenza della gioia, che è un’esperienza momentanea, localizzabile in tempi e motivi definiti, forse la felicità ha un significato più generale. Aristotele avvertiva che una vita può essere eventualmente giudicata felice solo dopo che si è compiuta. Io userei anche un’altra formula, che mi piace molto e che dice così: felice è quella vita che realizza nella maturità (o nella vecchiaia) il sogno della giovinezza.
2) Professore Sini cos’è per lei l’amore?
Hegel diceva che l’amore è essere uguali in potere. La formula è bella e nobile, ma credo difficilmente realizzabile (c’è sempre chi ama di più di chi è amato e viceversa, magari a fasi alterne). Un segno certo dell’amore potrebbe essere il seguente: quando la felicità e la realizzazione dell’altro ci stanno a cuore indipendentemente o addirittura di più delle nostre. Questo può accadere, mi sembra di averlo sperimentato in me e in altri.
3) Come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?
Non ho nessun bisogno di spiegarmela, forse perché non sono religioso. Diciamo che per ogni sofferenza ci sono buone ragioni, nel senso di ragioni sufficienti (come diceva Leibniz) a spiegarne l’insorgere. Di alcune possiamo cercare di attutire, o addirittura eliminare, gli effetti. Di altre no. Che qualcuno poi me lo spieghi oppure no lascia la cosa com’è e in questo senso le sue spiegazioni mi sono indifferenti. Suppongo che il suo bisogno di spiegarsi la sofferenza e la difficoltà di farlo costituiscano per lui un’ulteriore sofferenza e me ne dispiace. So però che è inutile cercare di convertirlo alla saggezza (se è saggezza).
4) Cos’è per lei la morte?
La morte è anzitutto un pensiero, non un’esperienza, come sapeva Epicuro (anche se è difficilissimo convincerne il prossimo). Poi la morte è la grande liberatrice. “Finché c’è morte c’è speranza”, ha scritto Carlo Gragnani, un grande scrittore di aforismi, scomparso a Lugano due anni fa. Infine la morte è la più grande creatrice e selezionatrice, poiché è per il suo lavoro che si costituiscono i “resti”, ovvero tutto ciò che, salvandosi dal passato, apre alla vita e al senso del futuro. È per l’azione della morte che ciascuno di noi parteciperà del futuro, attraverso ciò che la morte, con la sua metamorfosi, avrà deciso di trasmettere di noi; con le sue imperscrutabili “ragioni” (che ovviamente e per fortuna, direi, non sono le nostre). Aggiungerei, come diceva Gentile, che si muore agli altri e che sono gli altri (questo lo diceva Peirce) che decidono del senso della nostra vita.
5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?
Faccio di volta in volta quello che posso, come tutti. Quali obiettivi ognuno si dà, nel corso dell’esistenza, è un dato mutevole. Bisogna poi distinguere tra quelli che ritiene coscientemente di perseguire (o che dice a sé e agli altri di perseguire) e quelli che persegue davvero. Di questi è ben poco responsabile, perché ognuno, come diceva Wittgenstein, non può scrivere (cioè fare) neppure una riga più di ciò che è. Tutto sta in ciò che ognuno è, a sua insaputa, senza volere, in modo oscuro ma tenace, ecc. ecc. E gli obiettivi reali ne dipendono. Inutile cercare obiettivi di un certo tipo in persone di un certo tipo: non so se mi spiego.
6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?
Proporrei di girare la cosa così: siamo tutti in un progetto esistenziale (personale, sociale, storico ecc.) che ci compie. Rendersene conto è quasi impossibile (però si può provare).
7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?
L’individualismo moderno è uno dei frutti della grande rivoluzione economica in cammino dal Rinascimento, con conseguenze sia buone sia cattive. L’individualismo contemporaneo è in larga misura frutto della mercificazione universale e della legge universale del mercato, fatta valere come unica e assoluta. A ciò si accompagna un diffuso infantilismo edonistico e narcisistico: tutti si atteggiano come merce appetibile sul mercato della concorrenza e dell’offerta. Vedi la stupidità universale della moda (ormai i negozi di abiti sono di numero crescente, come se l’unico problema della gente fosse di cosa si mette addosso e in testa e non di cosa ha in testa). Naturalmente ci sono anche aspetti positivi, il senso del valore della vita individuale ecc.
8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?
Su questo non abbiano problemi: li riconosciamo subito. I problemi cominciano quando pretendiamo di convincerci che il nostro bene è anche quello degli altri e così il nostro male. Qui la faccenda è così complicata da essere al limite irresolubile. Una buona regola può essere quella di consultare anche gli altri in proposito e magari di cercare di tenerne conto. Potrebbe capitare che ne derivi un po’ di bene anche per noi.
9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?
Il coraggio di pensare, senza escludere nessuna ipotesi, anche le più radicali. Come l’imperatore Adriano, vorrei continuare a vivere con gli occhi bene aperti, se ce la farò (non sono mica un imperatore romano!).
10) Qual è per lei il senso della vita?
La vita, diceva Chauncey Wright (un filosofo americano dell’800 poco noto, che ho amato parecchio), basta a se stessa. Non c’è bisogno di immaginare di aggiungerle sensi posticci; è più che sufficiente ciò che accade ogni giorno (se lo si sa guardare bene). I “patiti del senso”, quelli che dicono che non potrebbero vivere se la vita “non avesse un senso”, non risvegliano il mio interesse. Diciamo che credo poco alle loro professioni di senso. Anche per loro, immagino, la vita basta a se stessa, per esempio caratterizzata (solo talvolta e invero per ben poco tempo, poiché per lo più se ne dimenticano) dai loro stessi contorcimenti immaginativi sul senso e sul non senso. Così amano dire dei loro tormenti, ma non sempre in armonia con ciò che fanno. È un po’ come quelli che assicurano di non aver chiuso occhio (ma li hai sentiti russare un bel po’). Non pretendo affatto, però, di aver ragione. Così la vita ha senso per me e a me può bastare. Gli altri se la vedano loro, con tanti auguri sinceri.
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