Riflessioni sulle Scienze
di Alberto Viotto indice articoli
Il pubblico impiego e la buca di Keynes
Settembre 2009
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Un lavoro utile?
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Con il sudore della fronte
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Le grandi aziende
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Le inefficienze del pubblico impiego
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La riforma delle ferrovie
Il grande economista John Maynard Keynes diceva che, in periodo di crisi, lo stato dovrebbe pagare i lavoratori disoccupati per scavare una gigantesca buca e poi riempirla. In questo modo i lavoratori avrebbero un salario e potrebbero spendere, attorno alla buca si creerebbero negozi ed osterie ed infine l’economia potrebbe risollevarsi.
Un lavoro utile?
La prima obiezione è ovvia: perché dedicarsi ad un lavoro inutile, e non costruire opere di pubblica utilità, strade, ponti, scuole, ospedali? Naturalmente Keynes rispondeva che qualsiasi opera era adatta, purché si spendesse. La questione non è però così ovvia: è difficile realizzare opere effettivamente utili senza effetti collaterali; si rischia di sprecare altre risorse e di devastare l’ambiente.
Un esempio da manuale di “spesa keynesiana” è l’ ”Hoover Dam”, una gigantesca diga sul fiume Colorado in Arizona costruita in piena crisi economica tra il 1931 ed il 1936, occupando moltissimi lavoratori. Questa diga ha formato un lago artificiale di 640 chilometri quadrati (circa il doppio del lago di Garda) e permette la generazione di una grande quantità di energia elettrica. Gli effetti sull’ambiente sono però stati devastanti: per sei anni dopo la costruzione della diga il fiume Colorado non riuscì a raggiungere la foce, provocando la distruzione dell’ecosistema dell’estuario e l’estinzione di molte specie di pesci.
A questo proposito la situazione in Italia è certamente peggiore. Molti cantieri pubblici hanno portato alla realizzazione di tronconi di infrastrutture totalmente inutili, viadotti in mezzo al nulla, depuratori inservibili, giganteschi svincoli per autostrade che non si faranno mai. La vera motivazione alla base di questi cantieri era la necessità di spendere.
Con il sudore della fronte
La seconda obiezione è più sottile: perché richiedere una attività in cambio dei soldi dati ai lavoratori? Non sarebbe più semplice pagarli e basta? Il motivo per cui si ritiene opportuno richiedere una attività in cambio di una elargizione di denaro è moralistico: si pensa che dare denaro senza che si debba fare qualcosa per ottenerlo non sia adeguato, che qualunque attività, anche se inutile, sia nobilitante. In questo atteggiamento si può sentire l’influenza della celebre sentenza biblica “guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte” (Genesi, 3:19). Guadagnare senza fatica è visto come un comportamento immorale.
Il risultato di questo atteggiamento è la creazione di lavoro inutile, che ha un duplice aspetto negativo: non solo si fatica per nulla, ma si possono sprecare altre risorse. Un burocrate che compila moduli inutili, il cui ultime fine è giustificare la sua attività, spreca carta, elettricità, la disponibilità dell’ufficio in cui “lavora”.
Le grandi aziende
Le grandi aziende hanno la possibilità di ottenere ingenti economie di scala rispetto alle piccole aziende. Se si possono suddividere i costi fissi di inizio attività su un numero molto alto di unità prodotte il costo di ogni singolo bene è decisamente più basso. Una azienda automobilistica che produce dieci milioni di auto l’anno può avere un costo di produzione sensibilmente inferiore a quello di una azienda che ne produce qualche centinaio di migliaia.
Per quale motivo il differenziale di competitività tra le grandi e le piccole aziende non è così elevato come potrebbe essere, tanto da permettere a molte piccole aziende di sopravvivere? La risposta è che le grandi aziende sono molto meno efficienti di quanto potrebbero essere a causa del lavoro inutile indotto dalla “sindrome burocratica”. Come diceva il famoso economista John Kenneth Galbraith nel suo “La buona società”:
In primo luogo c’è il desiderio di chiunque ricopra una posizione di responsabilità di avere a sua disposizione un numero di collaboratori che appaia adeguato al suo ruolo. Questi dipendenti, a loro volta, hanno il desiderio ed il bisogno solo apparente di altri collaboratori ... Da uno staff numeroso e deferente derivano il potere ed il piacere di esercitarlo ... Un modo comune per giudicare il valore di un individuo è il numero dei suoi collaboratori: “quante persone ha sotto di lui?”
I manager di vario livello hanno interesse ad avere persone alle loro dipendenze, e non sembra loro corretto che stiano con le mani in mano: se non hanno niente da fare, si crea del lavoro inutile, si inventano moduli complicati, si producono documenti che nessuno leggerà e così via. In piccolo, anche questo è collegabile al buco keynesiano: si richiede lavoro perché è bene che la gente lavori, anche se questo è completamente inutile. Non a caso, il modo più efficace per migliorare i conti di una grande azienda è sempre il taglio dei costi inutili. Ogni volta che ci si impone di farlo i conti migliorano in modo spettacolare, ma ci si deve ovviamente scontrare con forti resistenze interne.
Le inefficienze del pubblico impiego
I servizi forniti dal pubblico impiego sono strutturalmente in regime di monopolio, per cui è difficile giudicare se il servizio offerto è efficiente e se i costi sono corretti: non ci sono termini di paragone. Per questo motivo nel settore pubblico la necessità di ridurre i costi è molto meno sentita; a volte, anzi, è conveniente per il responsabile di un servizio spendere il più possibile, in modo da far credere che il servizio sia molto difficile da erogare ed ottenere la maggior quantità possibile di finanziamenti.
Nel pubblico impiego la sindrome burocratica e la creazione di lavoro inutile non hanno freno. Come si è visto nel paradosso dei due dentisti, in regime di monopolio essere inefficienti è vantaggioso.
In Italia le inefficienze del pubblico impiego sono proverbiali e la difficoltà delle procedure è accresciuta ad arte. Secondo dati della Banca Mondiale, in Italia servono sedici procedure e 62 giorni lavorativi per aprire una media attività. Per un ristorante servono 71 pratiche. La media è di 68 pratiche e 19 uffici da contattare.
Perché non si riesce a mettere un freno a questa follia? Per evitarla sarebbe necessario un controllo spietato sui servizi pubblici, nei confronti dei cui responsabili c’è invece una generale acquiescenza. Il motivo di fondo è ancora riconducibile alla concezione che spinge a scavare e poi riempire buche inutilmente: dopo tutto queste persone lavorano, e lavorare è comunque considerato una cosa positiva.
La riforma delle ferrovie
Secondo Giulio Andreotti in Italia ci sono due tipi di pazzi: quelli che si credono Napoleone e quelli che vogliono riformare le Ferrovie. Le Ferrovie dello Stato sono state un classico esempio di spesa sociale: il numero di addetti era enormemente maggiore di quanto sarebbe stato necessario. L’obbiettivo delle Ferrovie non era trasportare merci e persone, ma dare lavoro al maggior numero possibile di persone. Riformare le Ferrovie, riducendo la quantità di attività inutili, avrebbe leso gli interessi di troppe persone. Tutta questa gente aveva delle mansioni, in qualche modo lavorava, e quindi se ne poteva accettare la presenza.
Per molte persone questo stato di fatto è in qualche modo naturale e non modificabile. A noi resta la speranza che qualcosa possa cambiare; perché ciò avvenga, però, è necessario superare molte convinzioni arcaiche, tra cui l’idea che il lavoro è un bene di per sé, indipendentemente dalla sua utilità.
Alberto Viotto
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