Ipazia: Riflessioni Filomatiche
di Alessandro Bertirotti
Italo Svevo tra genitori e figli
Di Matilde Perriera Ottobre 2014
Violenza, intolleranza razziale, disoccupazione, terrorismo, situazioni politiche in crisi, dissacrazione dei valori tradizionali... Come, in tale contesto, guidare, seppur da lontano, l’adolescente di 16-17 anni che galleggia alla deriva? Cosa rispondergli, in questo significativo momento di transizione in cui egli desidera accrescere l'autonomia emotiva e, demoralizzato, si chiede quali saranno le prospettive del suo futuro? Con quali strategie lo si potrà aiutare a superare queste, almeno apparenti, contraddizioni dell’età contemporanea? Fondamentale anello di una lunga catena, per incentivarlo, spronarlo, incoraggiarlo, fargli imboccare con fiducia le curve del suo cammino e spingerlo alla ricerca della completezza attraverso esperienze di connessione sempre più articolate, deve essere rappresentato da una famiglia elastica e flessibile, capace di generare amore e infondere speranza. I genitori, però, per favorirne la tendenza alla mobilità intersistemica e spingerlo a elaborare gli stimoli al cambiamento, devono essere pronti a soddisfare le esigenze di crescita in una situazione di sinergia con un organismo più vasto e attivare dinamiche alternative in strutture più ampie con rapporti non episodici o dettati dall’emergenza, ma costruiti dentro un progetto educativo partecipato e continuo. Una risorsa importante, in tal senso, è quella di un scuola realmente condivisa, intesa non solo quale luogo di apprendimento, ma, soprattutto, di formazione dell’identità del ragazzo e volta allo sviluppo cognitivo-emotivo-relazionale. I docenti devono, per concretizzare le premesse, restringere le ormai ataviche e gelide cortine di ferro sollecitando, con trascinante passione, il dialogo costruttivo, arricchendolo della linfa vitale dell’entusiasmo, dell’impegno, del rifiuto dell’esistente anche attraverso la scelta di autori le cui note, vive nell’animo dello studente, gli dischiudano la mente e lo invitino al confronto aperto e proficuo. “L’uomo, infatti, è, prima di tutto, un essere in cerca della verità e tale attitudine si rinnova a ogni generazione giacché il patrimonio dei valori tramandati è sempre sottoposto dai giovani a contestazione; contestare, peraltro, non vuol dire necessariamente distruggere o rifiutare in modo aprioristico, ma, principalmente, mettere alla prova nella propria vita e, con tale verifica esistenziale, rendere quei valori più vivi, attuali e personali”(1).
Lo scrittore che, con un paradigma disarmante, puntellato da incomprensioni, insuccessi, percezioni conflittuali e, poi, la morte a seguito dell’incidente automobilistico a Motta di Livenza alle ore 14:30 del 13 settembre 1928, dipinge “il volto enigmatico e oscuro del vivere”(2) e fa salire alla ribalta le problematiche esistenziali degli alunni, incapaci, talvolta, di partecipare alla vita che pulsa loro intorno, è ARON HECTOR SCHMITZ … La sua parola vuole consigliare le fresche menti affinché distruggano l’inferno degli egoismi corroborato dalla stridente antinomia fra il principio opportunistico dell’efficienza e l’individuo prigioniero del feroce ingranaggio della società. Il suo antieroe, schiacciato dall’impotenza, perde l’orientamento nella complessità labirintica della quotidianità e si sente inaridito, isterilito, svigorito, “con un carattere curvo come la pianta che avrebbe voluto seguire la direzione segnalata dalla radice, ma che ha deviato per farsi strada attraverso pietre che le chiudevano il passaggio”(3). La “biculturalità frantumata”(4), seppur non vissuta come conflittuale rottura nelle relazioni intra e intersoggettive, ha influito in lui preponderatamene, tanto da spingerlo alla scelta dello pseudonimo di ITALO SVEVO, attraverso cui ufficializzare la sintesi fra “l’italianità del suo sentire e il germanesimo della sua educazione”(5)
Una parte della critica, con freddezza e ostilità, sottolinea che l’esperienza umana della “trascurabile rotellina calpestata dai grandiosi processi di trasformazione storica”(6) registri un fallimento totale e nega che gli allievi possano ritrovare il loro equilibrio di fronte alle amare meditazioni con risonanze psicoanalitiche, sociologiche e ontologiche, che mai riusciranno a cogliere il profondo mutamento realizzato dal romanziere sul piano della visione del mondo e su quello della tecnica narrativa, che difficilmente saranno coinvolti da questo microcosmo senza espliciti eroi positivi, senza alternative, senza possibilità di affilare le armi per reagire contro qualsiasi forma astrattamente convenzionale … Dicitur … I liceali di 16-17 anni, forse, asfissiati da continue trappole, da soli e a una lettura superficiale, non riusciranno a introiettare la vitalità propulsiva insita in questo osservatorio panoramico ricco di robusta cultura, ma, se il Docente anticiperà i gangli fondamentali delle poliedriche tessiture, COMPRENDERANNO che lo sguardo penetrante dello scrittore ”riflette, senza istinti predicatori e didascalici, gli impulsi dell’anima”(7) e comprova la necessità di danzare insieme nella pioggia per abbattere i muri di acciaio. Vi RITROVERANNO, allora, l’eco di filtri letterari formalmente contraddittori e difficilmente conciliabili, ma, in realtà, assimilati in un modo coerente e SI RICONOSCERANNO nella contrapposizione tra lottatori e contemplatori di Schopenhauer, nella selettiva e violenta lotta per la vita di Darwin, nella condanna della civiltà industriale di Marx, nella pluralità dell'io con la critica spietata dei valori borghesi di Nietzsche, nelle tortuosità della psiche profonda di Freud, nel Bovarismo di Flaubert, nel relativismo gnoseologico orizzontale e verticale di Pirandello, in Joyce, in Proust, in letterati, scienziati, filosofi e tematiche, insomma, già esaminati in classe, ma, quasi certamente, non veramente acquisiti prima. Si IDENTIFICHERANNO, di volta in volta in similarità o in opposizione, nel volubile e maldestro Charlot di Chaplin, per il quale ogni scelta si traduce nella consapevolezza dell’insuccesso di ogni impresa tentata“(8), o nel “Paperino di Walt Disney, portavoce della sfortuna più bieca”(9), costantemente bistrattato da Paperon de’ Paperoni, da Gastone, persino dalla frivola ed esigente Paperina, o nell’abulico e velleitario Alfonso Nitti(10), soggiogato dagli antagonisti orgogliosi delle splendide “ali di gabbiano”, o in Emilio Brentani(11), sommerso da quella taciturna “senilità” annunziata nel suo animo con stanca accettazione, o in Zeno Cosini, un ultimo per forza del destino “il cui nome inizia con l'ultima lettera dell'alfabeto” … E, poi, SI METTERANNO IN DISCUSSIONE, chiedendosi quale sollecitazione possano ricevere dall’atteggiamento della “formica letteraria”(12) verso gli antagonisti, e COGLIERANNO la sottintesa provocazione della voce narrante … Se, da un lato, risalta, infatti, la condivisione del determinismo darwinistico-schopenhaueriano, si registra, dall’altro, il silente biasimo della rozza brutalità di chi trova un risibile fattore di debolezza nei “voli poetici, inutili, se non dannosi” di quanti cercano il proprio equilibrio nel meccanismo elementare e brutale della lotta per l'esistenza.
Le microstorie, inoltre, sono costruite su vari disegni strutturali che, in maniera implicita, intervengono anche sull’educazione ricevuta a casa dal ragazzo e stigmatizzano, indirettamente, le figure parenterali o, comunque, i modelli di riferimento da lui assunti quando, a prima vista dominatori incontrastati, si rivelano sostanzialmente, inadeguate “muse inquietanti”(13) sclerotizzate che non sanno strappare le spesse pareti della gabbia di “morte prematura, non vita” in cui giacciono inermi, avviluppate nella tetragona immobilità di incrollabili certezze mai sottoposte al vaglio del dubbio critico. Se i genitori, sembra dire Svevo con allusivi riferimenti al “vecchio Silva manda denari”, non manifestano la propria stima per il figlio e “si mostrano rigidi verso i cambiamenti, non costituiranno una base sicura soprattutto nei momenti di difficoltà e l’adolescente rischierà di trovarsi di fronte a un muro di resistenze difficile da superare, si confonderà rispetto alle proprie spinte interne o, peggio, non sarà in grado di contenere le normali oscillazioni tra movimenti di esplorazione del mondo e movimenti di ritorno al nido sicuro della famiglia”(14). La “vergleichende Verhaltensforschung, la ricerca comparata sul comportamento, insomma, sarà funzionale solo se essi sapranno specificare i meccanismi delle inibizioni del minorenne”(15), ne rispetteranno le relazioni spazio-temporali, gli consentiranno di scegliere la sua strada senza condizioni e ne gestiranno, con cosciente responsabilità, la delicata fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Nelle pagine dell’antieroe ante litteram, in definitiva, “il giovane Ulisse che, terminate le lotte dell'infanzia, ha bisogno di esplorare il mondo e vivere entusiasmanti esperienze per poi ritornare a Itaca, in cui la fedelissima Penelope lo aspetta”(16), INDIVIDUERÀ, nell’interdipendenza tra la macrostorie e i processi psicologici dei singoli, pur senza farle oggetto diretto di rappresentazione visibile, le analogie più sottili. Così coinvolto, si ACCOSTERA’ con ardore a questo luminare fortemente problematico, negativo per un verso, come perfetto campione di falsa coscienza borghese, ma anche positivo, come strumento di conoscenza disponibile a ogni forma di sviluppo e CERCHERA’ DI FAR PROPRIO il ruolo dello smascheratore implacabile, “piccolo giudice”(17) che, congetturando, in ipotiposi, strade diverse da esplorare, diventerà, per lui, prototipo acutissimo di crescita umana e sociale e rialzerà la testa. La paralisi della sua anima scomparirà come per magia, con la ferma determinazione di interpretarla scientificamente nella speranza di far scaturire, dalle continue frustrazioni, un pessimismo attivo che lo allontanerà dallo stato di inedia in cui era piombato.
Matilde Perriera
Docente di Italiano e Latino
NOTE
1) Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus annusnel centenario della Rerum novarum, 1° maggio 1991, da Tutte le encicliche di Giovanni Paolo II, Milano 2005
2) Salvatore Guglielmino, Guida al Novecento, 1988
3) Italo Svevo, Un individualista, articolo giovanile, 1878 c.a.
4) La biculturalità frantumata. Intervista a Mourad Kahloula - Prospettive sociali e sanitarie, 2004
5) Italo Svevo, Profilo autobiografico, in Giacomo De Benedetti, Saggi critici, 1986
6) Italo Svevo, Pagine di diario, Ibidem
7) Eugenio Montale, Omaggio a Italo Svevo, 1925
8) Benjamin Crémieux, Lettera di Benjamin Cremieux a Italo Svevo, 17 febbraio 1926.
9) Domenico Volpi, Didattica dei Fumetti; 1977
10) Italo Svevo, Una vita, 1892
11) Italo Svevo, Senilità, 1898
12)Italo Svevo, Pagine di diario, 1924
13) Giorgio De Chirico, Le muse inquietanti, 1918
14) John Bowlby, Dalla psicoanalisi all'etologia, 1993
15 Konrad Lorenz, Evoluzione e modificazione del comportamento, 1961
16) Laura Bongiorno, Approccio integrato e competenze specifiche, 2008
17) Leonardo Sciascia, Porte aperte, 1987
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