Ipazia: Riflessioni Filomatiche
di Alessandro Bertirotti
Che Cos'è la Coscienza?
Di Francesco Albanese Marzo 2014
La coscienza è il tramite fra ciò che è stato e ciò che sarà, un ponte gettato tra il passato e il futuro.
(Henri Bergson, L’evoluzione creatrice, 1907)
La Coscienza
Ho voluto iniziare questo articolo con la citazione di Bergson, perché in poche parole riesce a dare conto di un fondamentale aspetto della coscienza, vale a dire quello di collegamento tra il passato e il futuro dell’uomo. Questa essenziale caratteristica poggia su due requisiti anch’essi fondamentali: la consapevolezza e la memoria.
In tempi moderni, la coscienza è stata spesso definita come “consapevolezza che il soggetto ha di se stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e del complesso delle proprie attività interiori”(1). La coscienza è quindi essenzialmente consapevolezza, una consapevolezza che origina da una conoscenza, e più propriamente una conoscenza di sé-nel-mondo, “che appare nell’esperienza soggettiva come una sorta di dialogo interiore”(2). La capacità dell’essere umano di mantenere una consapevolezza di se stesso, di narrare se stesso, e di percepirsi come unitario attraverso il tempo è strettamente legata alla funzione della memoria. Senza memoria, e nello specifico senza quella che è definita memoria autobiografica, l’esperienza dell’uomo con se stesso e col mondo apparirebbe come una successione di accadimenti istantanei, slegati l’uno dall’altro, ed il senso di continuità e di unitarietà del Sé andrebbe perso. Ma c’è di più. La memoria partecipa a far sì che il Sé possa percepirsi come unitario, nonostante l’incessante azione che l’eterno divenire ha sul Sé e sul mondo. In altre parole, per dirla con Eraclito, tutto passa, tutto cambia, ed il mondo, noi compresi, è soggetto al cambiamento. La memoria, allora, è ciò che consente alla coscienza di esperire l’oggetto come unitario nel tempo, nonostante i mutamenti. Così, la nostra esperienza di ieri col mondo e con noi stessi appare, alla nostra coscienza, come legata all’esperienza che ne abbiamo oggi, nonostante il mondo di oggi non sia più quello di ieri, né tantomeno lo siamo noi.
Il concetto di coscienza come consapevolezza di sé e degli oggetti cui essa è rivolta porta chiaramente a due necessarie implicazioni:
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La coscienza è sempre coscienza di qualcosa. La coscienza quindi ha sempre un oggetto come termine di riferimento, al quale si rivolge con “intenzionalità” (3). Un soggetto che deve conoscere e un oggetto che deve essere conosciuto (sono forse casualmente simili i termini coscienza e conoscenza?). Ogni fenomeno psichico, infatti, ogni atto psicologico ha un contenuto, è diretto verso qualcosa. Così la coscienza, in quanto fenomeno psichico, aderisce allo stesso principio.
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La coscienza è sempre consapevolezza. Senza consapevolezza non si può parlare di coscienza. L’assenza di consapevolezza implica infatti una non-coscienza, costituita da quei fenomeni psichici esperiti dal soggetto che però non raggiungono il livello di coscienza, pensiamo ad esempio agli timoli subliminali, o a quelli che da questa vengono eliminati, o come direbbe Freud, rimossi.
Brevi Cenni di Psicopatologia della Coscienza
Alla fine del 1900, il padre della psicoanalisi espose la “prima topica”(4), attraverso la quale dette contezza del funzionamento dello psichismo umano. Secondo questa concezione topografica, i contenuti psichici possono occupare tre luoghi psichici ben definiti:
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lo spazio della coscienza, il conscio. Questi contenuti sono prontamente disponibili e l’individuo ne è consapevole;
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lo spazio del preconscio. Questi contenuti non sono prontamente disponibili, ma recuperabili attraverso un atto di volontà;
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lo spazio dell’inconscio, sede di desideri, impulsi e ricordi rimossi perché traumatici. Questi contenuti sono nascosti alla coscienza e difficilmente recuperabili.
Quello del trauma è un aspetto molto caro alla psicoanalisi, e a gran parte della psicologia clinica che le è succeduta. L’evento traumatico (inteso come esperienza psichica estrema, vissuta dall’individuo come minacciosa ed inevitabile, e di fronte alla quale si sente impotente), è ritenuto essere alla base della mancata integrazione delle funzioni psichiche. Questa mancata integrazione è poi ritenuta essere origine di processi patogenetici dissociativi.
In psicopatologia, per disturbi dissociativi(5) si intende la disgregazione “delle funzioni, solitamente integrate, della coscienza, della memoria, della identità o della percezione dell’ambiente”(6), o, similmente, “la perdita parziale o completa della normale integrazione tra i ricordi del passato, la consapevolezza dell’identità, delle sensazioni immediate e del controllo dei movimenti corporei.”(7) Da questa disaggregazione(8) deriva un disturbo che comporta una frammentazione a più livelli. Si può quindi manifestare a partire da un “semplice” deficit del campo della coscienza (ad esempio nella Fuga dissociativa, o nella depersonalizzazione) fino alla compromissione dell’unità della personalità dell’individuo (ed esempio nel Disturbo Dissociativo dell’Identità, il cosiddetto Disturbo da Personalità Multipla).
Conclusioni
Con questo articolo ho cercato di portare l’attenzione su alcuni aspetti che ho ritenuto importanti per inquadrare il concetto di coscienza. Come ho ampiamente esposto nella prima parte dell’articolo, consapevolezza e memoria appaiono essere componenti decisive perché di coscienza si possa parlare. E, come psicologo clinico, ho ritenuto interessante dare brevi cenni di “psicopatologia della coscienza”. Non ho affrontato l’aspetto medico/psicologico della coscienza intesa come vigilanza (tanto utile nella diagnosi medica e che nella stessa si concretizza nella famosa espressione “paziente vigile, orientato nello spazio e nel tempo”), né tanto meno ho trattato i correlati neurofisiologici della coscienza. Quest’ultimo in particolar modo sarebbe un argomento di grande interesse. I neurofisiologi sono costantemente impegnati nel ricercare quali siano le aree cerebrali implicate nella produzione della coscienza. Allora, la domanda alla quale tentano di dare una risposta esaustiva è: dove sta la coscienza nel cervello? Ma, forse, ancora più interessante sarebbe chiedersi se la coscienza stia veramente nel cervello. Il fatto che determinati processi di pensiero accadano simultaneamente a cambiamenti metabolici in specifiche aree cerebrali (rilevati con tecniche di neuroimaging come fRMN, PET, ecc.), non dimostra che i processi cerebrali siano generati da questi cambiamenti. In altre parole, l’osservare che le funzioni del cervello sono associate alla coscienza non significa che il cervello crei la coscienza.(9) Potrebbe il cervello essere soltanto il substrato fisico dove si esprime, anche se solo parzialmente, una Coscienza di tipo Universale? Un approfondimento realmente esaustivo della questione potrebbe tranquillamente riempire le pagine di un tomo enciclopedico. Come del resto, pagine su pagine si potrebbero scrivere sull’aspetto trascendentale della coscienza, su come, in alcune religioni, per coscienza si intenda, più o meno equivalentemente, un costrutto metafisico che non è poi così lontano da quello di consapevolezza: l’anima. Sempre che si creda alla sua esistenza.
Francesco Albanese
Francesco Albanese è Psicologo Clinico, Psicoterapeuta, Giornalista, Autore. Da quasi quindici anni si occupa di divulgazione su carta stampata e on-line. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste di settore e ha partecipato alla stesura di libri in materia di Attaccamento in età adulta, Psicologia Clinica, Psicologia della Musica e Psicologia del Traffico. È co-fondatore della testata on-line PsicoLAB.net e attualmente dirige le riviste on-line di informazione scientifica Neuroscienze.net e Psicotraffico.net. Dal 2004 collabora alla ricerca in campo di Attaccamento col Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa. I suoi attuali interessi per gli aspetti psicologici correlati alla dimensione spirituale dell’essere umano lo hanno portato a pubblicare nel 2013 per Editoriale Programma: “Psicologia e Alchimia della Coppia. Trasformare se stessi attraverso le relazioni” (www.alchimiadellacoppia.com) e per Meteora Edizioni: “Racconti per l’Anima. Brevi storie per piccoli adulti e grandi bambini”, in corso di stampa.
Il suo sito web è: www.francescoalbanese.com
NOTE
1) www.treccani.it/enciclopedia/coscienza/
2) Liotti (2001). Le Opere della Coscienza. Milano: Raffaello Cortina Editore
3) Husserl, E. (1913). Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica. Torino: Einaudi (2002)
4) Freud. S. (1899). L’interpretazione dei sogni. Torino: Bollati Boringhieri, 1985
5) È da precisare che non tutti i disturbi dissociativi vedono all’origine processi patogenetici dissociativi derivanti da trauma. Per un approfondimento: Farina, B. e Liotti, G. (2011). Dimensione Dissociativa e Trauma dello Sviluppo. Cognitivismo Clinico, 8, 1, 3-17.
Visionabile qui: www.apc.it/wp-content/uploads/2013/03/01-farina.pdf
6) APA (2000). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders IV (DSM-IV).
7) OMS (1992). ICD-10.
8) Graziani, G. e Gori Savellini, S. (1999). Ricordare Janet. La dissociazione ieri e oggi. Roma: Laterza Edizioni
9) Laszlo, E. (2009). La scienza e il campo akashico. Connessione e memoria nel cosmo e nella coscienza: una teoria integrale del tutto. Milano: Urra.
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