Riflessioni sulla Mente
di Luciano Peccarisi - indice articoli
Sono l'attore della mia storia
giugno 2014
Chi sono io? Forse io sono la storia conservata nella mia memoria. Come sono conservate le cose nella memoria, sono tutte ordinate o sono messe a casaccio? In parte le sentiamo ordinate, a volte, però dobbiamo sforzarci di estrarre qualcosa che sta in qualche luogo nascosto e non sappiamo dove. A volte le memorie arrivano da sole, inaspettatamente. Se abbiamo nella testa una specie di biblioteca, come fanno i ricordi a non sovrapporsi gli uni con gli altri? A volte in verità si sovrappongono. Più o meno tutti abbiamo sperimentato il cosiddetto fenomeno del Déjà vu. Mentre si sta facendo un’esperienza, si ha la sensazione di averla già fatta, di averla già vissuta. Come se non fosse una situazione nuova, si prova un’esperienza familiare. In questo posto ci sono già stato, questa situazione lo già sperimentata. Nei secoli si sono fatte varie congetture, Aristotele sosteneva che erano dei pazzi. Dickens, Tolstoj e Proust l’hanno esplorato in prosa. Nietzsche lo considerava un ritorno all’uguale. Per Freud non era illusione, ma una fantasia radicata nell’inconscio. Infine arriva la scienza e un neurologo, Wilder Penfield, negli anni Cinquanta dimostrò che era possibile indurre episodi di déjà-vu stimolando elettricamente il cervello di pazienti che dovevano essere operati, mentre questi erano ancora svegli. Nessuno ci aveva mai pensato. Wilder Penfield trovò qualcosa di straordinario, questi pazienti avevano delle sensazioni o delle reazioni fisiche quando gli veniva stimolata la corteccia cerebrale. Incredibile! Alcuni avevano dei ricordi, altri percepivano delle musiche, altri ancora muovevano una mano. Tali reazioni erano molto ripetitive, come se gli si stesse spingendo nel cervello un bottone programmato per fare sempre la stessa cosa. Penfield inoltre riuscì a disegnare una mappa della corteccia motoria e sensoriale, una porzione del cervello da cui partono gli stimoli al movimento, e a cui arrivano quelli dal nostro sistema nervoso periferico: l'homunculus sensoriale. Ma i ricordi non avevano nessun ordine prestabilito. Le scoperte di Penfield ci raccontano le memorie stipate nel cervello come in uno scantinato, ma noi non siamo fatti così. Noi ci sentiamo coerenti con il nostro passato. Ciò che ci da coerenza e il senso d’identità, è la memoria autobiografica. Cioè quella che rende nostre, e solo nostre, le esperienze della vita, quando siamo nati e da chi, gli eventi critici, l'esame di stato, le preferenze e le avversioni, il nostro nome. Il sé autobiografico è un concetto astratto della nostra vita mentale che possiamo anche chiamare Io.
Alle persone piacciono le storie
Da sempre, da quando siamo bambini e ci leggevano le fiabe, e poi quando noi stessi leggevamo i giornaletti, le storie di topolino, di Tex Willer, di Superman, ci piacciono le storie. Fino a oggi che leggiamo romanzi o andiamo al teatro, al cinema o seguiamo le telenovele. Che cosa sarebbero le opere liriche senza le storie, cosa sarebbe 'La Traviata' senza la storia di Violetta. Quando è cominciata la necessità di sentirci in una storia? Ci siamo resi conto di far parte di una storia nel tempo dalla nascita del linguaggio. Quando siamo molto piccoli, non recitiamo, siamo spontanei come i gatti e come i cani, siamo sinceramente trasparenti, come lo sono gli animali. Perciò ci fanno tenerezza i bambini, loro ridono di cuore, vivono senza finzione, la finzione dell'attore dell'uomo adulto che verrà dopo. Abbiamo cominciato a recitare una finzione, ovviamente è una finzione necessaria, al di fuori della nostra volontà. Perché gli animali hanno un ambiente, l'uomo ha invece un teatro che è cominciato in fondo di recente. Se consideriamo che la vita sia nata circa tre miliardi e mezzo di anni fa, l'Homo sapiens ha solo 100-150.000 mila e già però nel fondo di gallerie appaiono le prime forme di arte, i disegni rupestri. Scene di caccia, storie di uccisioni, di ferite, di morti. Erano le prime spiegazioni che si davano, rappresentando la vita e la morte: le prime forme di recita e di teatro. Teatro è visione, è che cosa vede il primo uomo dotato di una mente moderna? Vede il cadavere, il corpo, vede un corpo inerte. Deve vincere la morte, nasce l'arte che etimologicamente è il contrario di inerte e perciò di morte. Prima si muoveva e ora no, c'è qualcosa dentro che lo faceva muovere? Lo spirito vitale, l'anima, nasce l'animismo. C'è un burattinaio del corpo, allora lo può far recitare, può usare il corpo come uno strumento, può fare un passo di danza ad esempio. L'animale non ha un corpo: è il suo corpo, non recita. Le prime rappresentazioni teatrali furono le cerimonie funerarie. Che resistono ancora oggi con il prete che celebra la messa. Per l'uomo tutto il mondo è una scena, è un mondo popolato da attori animati. Ognuno recita il suo ruolo nel teatro del mondo. Per questo ci vuole ritmo. E se non lo si ha, non è una buona rappresentazione, è senza ritmo. La rappresentazione ha le sue repliche, sempre le stesse. Il prete replica sempre la stessa messa. Se uno recita fuori dalle regole è un pazzo. E' fuori dal diritto e dalla norma della comunità degli attori riconosciuti. Arte, inerte, ritmo, diritto, provengono dalla stessa radice linguistica. Gli animali non recitano sono sempre loro stessi, sono trasparenti, non hanno palcoscenico perché non hanno un io, che può recitare, che può fingere. E che si basa sulla memoria autobiografica. La memoria autobiografica cresce e si costruisce attorno al nucleo del sé, in una schiera sempre più numerosa di ricordi stabili, solidi come roccia, associati tra loro, fatti storici, episodi di vita, esperienze vissute. Con la memoria episodica e autobiografica arricchiamo il nostro bagaglio, mettiamo insieme i ricordi che diventano più importanti, spesso, del momento stesso attuale. Chi fotografa troppo nei viaggi non considera quello un momento da assaporare ma un ricordo futuro da costruire. La parola “memorabile” rivela esplicitamente lo scopo dell’esperienza. A volte si fanno imprese pericolose e dolorose in tempo reale e acquistano valore perché hanno l'obiettivo di essere raccontate come imprese memorabili. Noi siamo la nostra memoria, e il sé dell'esperienza del momento è un altro tipo di sé. Senza una messa in ordine e coerenza in una storia, i ricordi sarebbero affastellati e disordinati, come in una cantina. Siamo una storia ordinata.
Luciano Peccarisi
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