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Riflessioni sulla Mente

Riflessioni sulla Mente

di Luciano Peccarisi -  indice articoli

 

La libertà fragile

aprile 2014

 

 

Quanto siamo veramente liberi? E' un’antica domanda filosofica. Parmenide è un determinista assoluto, le categorie che determinano il pensiero sono categorie di necessità. Ananke, la Necessità è la divinità. Mancanza di movimento, mancanza di possibilità. Spinoza disse che gli uomini s’ingannano nel ritenersi liberi, sono consapevoli delle loro azioni ma sono ignari delle cause da cui sono determinati. In altre parole la libertà dell’uomo non significa essere fuori dal rigido determinismo della sostanza, ma consiste nel porsi come soggetto attivo. S. Agostino si rende invece garante di questa libertà, anche se non è sufficiente per il bene, data la corruzione della natura umana. Kant ritiene che la libertà consiste nel pensare da soli, con la propria testa.

Ma cosa possiamo dire dal punto di vista neurobiologico sulla libertà? Intanto possiamo affermare l'importanza di un cervello sano e integro Questo è molto importante, ed è una questione molto dibattuta ad esempio nei tribunali. Chi ha commesso il reato era nella sua piena libertà? O era costretto, da una malattia del cervello ad esempio. Phineas Gage è un celebre caso entrato di diritto negli annali dei casi clinici più importanti per la storia della neurologia, insieme forse al caso di Tam Tam il paziente su cui fu fatta per la prima volta la diagnosi di afasia motoria, e si scoprirono che i centri del linguaggio sono localizzati a sinistra. Siamo nell’ottocento e si costruivano le ferrovie in America. Per spianare dove c’erano le rocce, si usava mettere della dinamite e farle saltare in aria. A questo delicato compito c’era un bravo capo squadra, un giovane calmo e tranquillo, sereno con gli amici, socievole e di ottimo umore, educato con tutti, pacificatore. Un giorno mentre faceva il suo lavoro, un compagno lo chiamò, l'assistente non aveva ancora messo la terra sulla polvere, quando lui, distratto, lui compresse direttamente sulla dinamite e quella scoppiò. La sbarra volò via e gli trapassò il cranio scavando un foro che distrusse parte delle connessioni tra il lobo frontale e il sistema delle emozioni. Secondo Harlow, il medico che lo tenne in cura, il paziente aveva recuperato “il possesso completo della ragione” dopo l'incidente, ma sua moglie e la gente vicino a lui avevano presto cominciato a notare cambiamenti drammatici nella sua personalità, era scontroso, suscettibile incapace di programmare nulla, per questo era sempre licenziato. Insomma non era lo stesso di prima, la sua mente è così radicalmente cambiata che i suoi amici e conoscenti dicevano “non è più lui”. Il cervello lesionato lo condizionava ad una vita diversa.

Ma anche nella vita normale ci accorgiamo dell'influenza che ha il cervello su di noi. Si dice che grazie alla libertà abbiamo il controllo sulla nostra vita e sul destino. Ma quant'è grande questo controllo? E che cosa, nelle nostre menti, ci consente di controllare davvero le nostre vite, e i nostri comportamenti? Quante volte capita di uscire da casa e avere il dubbio di aver lasciato il fuoco acceso sotto i fornelli, o il gas aperto o la finestra aperta. Sono piccole distrazioni. Tuttavia a volte possono essere delle catastrofi umane. Impressionante quel caso del signore che andando al lavoro ‘dimentica’ in auto, sotto il sole, la bambina che doveva portare all'asilo. Quando va a riprenderla si sente dire di non averla lasciata quella mattina, allora corre come un disperato e la trova attaccata al seggiolino del sedile posteriore, morta disidratata. Non si può nemmeno sopportare l'idea di provare a mettersi nei suoi panni in quel momento. Vengono i brividi. Ma vengono i brividi pure a pensare potrebbe capitare anche a me? E poi la lettera straziante del padre delle tre bambine uccise dalla madre a Lecco: cercate di capire la nostra fragilità...dal Paradiso, vi supplico, dovete vedere tutto, anche nei nostri cuori. Il concetto di libertà dunque è come un concetto fragile, ed è legato alle vicissitudini del cervello.

Non è legato al possedere un’anima o una essenza soprannaturale che ha il pieno controllo della situazione. Abbiamo un’anima naturale che è fatta di geni, credenze e desideri, che dipende dal cervello e può non essere più lucida, deprimersi, ammalarsi, offuscarsi. Se la libertà dipende dal cervello, allora vuol dire che si è evoluta come tutte le altre cose. Da essere rigidamente vincolati a stimolo e risposta, è arrivata a possedere molte scelte, come i cani o le scimmie, ad avere infine uno spazio di manovra amplissimo come nell'uomo. Rimane tuttavia un’anima e perciò una libertà fragile, sia quella sociale esposta a tutte le suggestioni e gli influssi dei manipolatori, dei pubblicisti, dei politici, che quella individuale esposta a tutti i problemi dell'hardware e del software del cervello-mente. La libertà è correlata all'aumento della conoscenza. Siamo più liberi di un gorilla, che è più libero di un lupo, che è più libero di un serpente, che a sua volta è più libero di un batterio che è più libero di un rubinetto. Vorremmo sempre essere al comando del nostro corpo, guidati da un’essenza speciale, ma non è così. Non siamo entità un’astratta, non soggetta alle debolezze del corpo e della società, e tuttavia dobbiamo tenere alla libertà che ci siamo costruiti come il più caro dei gioielli.

Ma dentro di noi stessi dove sta la libertà? Come, dove e quando inizia, all'interno del nostro corpo, il processo che conduce al compimento di un'azione. Si possono fare esperimenti? E che tipo di esperimento fare? Uno psicologo e neurofisiologo americano Benjamin Libet ci rimuginava da qualche tempo sopra, quando proprio in Italia nel 1977, sul lago di Como, a Bellagio gli venne un'idea. Tornò in America e nel suo laboratorio mise un paziente di fronte a un cronometro e gli disse di flettere un dito, senza deciderlo preventivamente. Un elettroencefalogramma che segue la sua attività cerebrale registra un risultato sconcertante: prima della reale decisione, il cervello già produceva un’attivazione cerebrale. Mezzo secondo prima, poco, ma ciò avveniva sempre e inequivocabilmente. Viviamo in perenne ritardo sulla realtà. Secondo Libet dovremmo modificare il punto di vista esistenziale dell’esperienza dell’”ora“: è un’esperienza perennemente in ritardo. Resta problematica l’interpretazione di Libet, secondo cui, a partire da questi dati, le nostre scelte (quelle immediate, che includono molte delle nostre azioni quotidiane come parlare e guidare) inizierebbero prima della nostra consapevolezza delle stesse. Questo pone un problema per il libero arbitrio: le nostre intenzioni coscienti non sarebbero la causa delle nostre azioni. Scrive ancora Libet: Il libero arbitrio se esiste, non inizia come azione volontaria. Di recente è stato rivisitato l’esperimento di Libet utilizzando la fMRI e i risultati si sono replicati. Secondo un’interpretazione diffusa questi esperimenti, sarebbero incompatibili con l’idea di libero arbitrio; il nostro cervello decide ben prima che s’inneschi la coscienza (non si tiene conto però del fatto che benché non consapevole, sia a tutti gli effetti una nostra scelta; i miei geni, il mio corpo o quello che chiamiamo di solito inconscio, non sono una cosa diversa da me). Cosa possiamo fare non solo per sentirci ma, in qualche modo, essere veramente liberi? Crescente comprensione e conoscenza di sé e della nostra condizione, e dove ci troviamo, e in mezzo a chi stiamo, è ciò che possiamo fare per aumentare la libertà. La libertà non è un’illusione ma è reale, ma è reale come è reale una lingua, la musica, il valore del denaro, la morale, e si trova percepita in modo diverso nelle diverse parti del mondo. La libertà è giovane rispetto all’età della nostra specie, ma è con essa che decideremo il futuro nostro e dell’intero pianeta.

 

     Luciano Peccarisi

 

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