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Riflessioni sulla Massoneria

di Luca Fucini   indice articoli

 

La Massoneria e il Diritto umanitario

Giugno 2019

 

Tra i liberi muratori impegnati nella rivoluzione dell’affratellamento e del progresso, emerge il massone Garibaldi, massimo campione di libertà nonchè vero e proprio pioniere nel campo dei diritti umani, tanto da essere un precursore del diritto umanitario internazionale.
Egli coltivava fortemente l’ideale, poi concretizzato nella costituzione delle Nazioni Unite, di un organismo che dirimesse le controversie tra gli stati senza l’uso delle armi, ma attraverso la diplomazia.

Da buon soldato che aveva sperimentato e conosciuto i campi di battaglia, il Generale era già sensibile a quei principi che convoglieranno nella creazione del diritto internazionale umanitario, definibile come quel corpus giuridico che comprende tutte le regole, le normative, le disposizioni, financo les coutumes e le pratiche necessarie e rilevanti allo scopo di alleviare la sofferenza umana nelle più difficili circostanze come i conflitti armati.

Come ha acutamente osservato Aldo A. Mola: “Il biennio 1870-71, decisivo non solo per il Generale ma per la storia europea, venne segnato dalle guerre franco germaniche, da Napoleone III e dalla Commune di Parigi condannata dall’Eroe non solo per i suoi eccessi ma per il suo programma e la sua filosofia.

Garibaldi ne respinse l’identificazione della rivoluzione con il sangue.

Per lui rivoluzione significava affratellamento, pace universale e progresso a vantaggio di tutti i popoli e i ceti” (1).
Proprio all’indomani della proclamazione della Terza Repubblica francese, Garibaldi si rivolse ai popoli dell’Europa orientale, a quelli soggetti al dominio turco, alla “Pall-Mall Gazette” di Stoccolma, confidando loro il suo sogno di un tribunale internazionale permanente per la pace con sede a Nizza (2).
Così il Generale scriveva dalla sua residenza, in quel momento forzata, di Caprera, il 6 settembre 1870 al signor Schon a Stoccolma:


“È superfluo il comunicarvi i miei principii umanitari.
Francesi, Scandinavi, Tedeschi sono tutti miei fratelli, e se ho desiderato il trionfo delle armi prussiane, il solo motivo fu il desiderio di abbattere il più esecrabile tiranno dei tempi moderni.”.

 

Giuseppe Garibaldi auspicava che Stati Uniti, Inghilterra, Scandinavia, Francia, Germania, formassero una base per un’unione internazionale e i deputati delle monarchie e delle repubbliche di tutte le nazioni del mondo costituissero un areopago a Nizza, sua città natale, per stabilirvi i seguenti primi articoli di una Costituzione universale:

 

“1° È impossibile la guerra fra le nazioni;
2° Qualunque differenza sorta fra alcune di esse si dovrà sottoporre all’areopago affinché la componga pacificamente.
Se queste idee vi sembrano buone, diffondetele.”(3)

 

Già il 9 settembre 1867, durante il Congresso della pace tenutosi al Palais Electoral di Ginevra, Garibaldi aveva pronunciato un lungo discorso, proiettato in una visione ideale di fratellanza universale, sottoponendo all’assemblea, in forma di ampliamento del suo programma, una serie di risoluzioni, che ricordano i principi attuali che regolano l’organismo delle Nazioni Unite.

Il Generale esortò:

 

“Non avrei preso la parola, cittadini, se non mi stesse a cuore di rispondere ad alcuni discorsi che da questa tribuna si udivano testé.

I loro autori mi perdoneranno se non posso essere della loro opinione. Io mi vanto di amare la Svizzera come un suo figlio: i princìpi che regnano presso di lei sono quelli che mi sono cari e che ho sempre difesi.

Io mi trovavo in questo paese, come nella mia patria.

Lungi da me il pensiero di voler compromettere la neutralità.

Nondimeno non posso approvare quella prudenza un po’ timida e un po’ egoista che non vuole nulla arrischiare per alleviare le miserie altrui.

Se uno de’ miei figli mi chiedesse, vedendo un uomo annegare nel lago, se bisogna salvarlo, direi: quando si vede il proprio simile nel pericolo, bisogna soccorrerlo.

Così, non sono del parere di coloro che dicono: ogni paese ha il governo che si merita.

Noi non vogliamo abbattere la monarchia per fondare le repubbliche: ma vogliamo distruggere il despotismo per fondare sulle sue rovine le libertà ed il diritto.

Il dispotismo è menzogna: e la menzogna dev’essere odiosa a tutti, anche a coloro che non colpiscono direttamente nella loro esistenza e nei loro interessi. Il solo rimedio contro il dispotismo è la fratellanza universale dei popoli liberi”.

Il Generale, infatti, auspicava che tutte le nazioni fossero sorelle e che la guerra tra loro diventasse impossibile, e che l’unica religione della verità e della ragione regnasse tra i membri di un nuovo Congresso internazionale.

  1. Tutte le nazioni sono sorelle.

  2. La guerra tra loro è impossibile.

  3. Tutte le querele che sorgeranno tra le nazioni dovranno essere giudicate da un Congresso.

  4. I membri del Congresso saranno nominati dalle società democratiche dei popoli.

  5. Ciascun popolo avrà diritto al voto al Congresso, qualunque sia il numero dei suoi membri.

  6. Il papato, essendo la più nociva delle sette, è dichiarato decaduto.

  7. La religione di Dio è adottata dal Congresso e ciascuno dei suoi membri si obbliga a propagarla. Intendo per religione di Dio la religione della verità e della ragione.

  8. Supplire al sacerdozio delle rivelazioni e della ignoranza col sacerdozio della scienza e della intelligenza.

    La democrazia sola può rimediare al flagello della guerra.

    Lo schiavo solo ha il diritto di far la guerra al tiranno, è il solo caso in cui la guerra è permessa.(4)

Subito dopo il Convegno di Ginevra, Garibaldi scriverà all’amica Caroline Giffard Phillipson, nobildonna inglese con la quale il Generale intrattenne una copiosa e costante corrispondenza:

 

Cittadella d’Alessandria, 25 settembre 1867

 

Cara e gentilissima Signora,
In una anteriore vostra lettera mi dicevate “Io sono infelice di sapere che voi non credete in Dio”.
Ma voi, bellissima amica, non dovette dar retta ai calunniatori. Io, in Ginevra, dissi tra le mie proposizioni: “Stabiliamo la religione universale di Dio”. Dio padre di tutte le nazioni, senza distinzione di clima, di frontiere, di sette, di colore. Dio che vuol tutti gli uomini fratelli e sorelle, che reprime e condanna il male, volendo il bene per tutti. Infine che ha per base della sua religione la santa morale: “Fate agli altri ciocchè vorreste per voi”.
Se ciò si chiama non credere in Dio, me lo direte nella prossima. Un caro saluto alla famiglia del sempre vostro
G. GARIBALDI(5)

 

Negli ultimi anni, Garibaldi sperò di poter arginare la marea dell’imperialismo con leghe e fratellanze fra i popoli, anche contro i governi, se necessario.

Particolarmente penoso gli riuscì il contrasto italo-francese per il controllo sulla Tunisia: una gara a chi più si allontanava dai principi ideali della grande Rivoluzione e del Risorgimento.

Perciò Garibaldi si appellò agli spiriti di Rousseau e di Voltaire nel 1878, come poi al vivente Victor Hugo nel 1880-81, e persino a un irrequieto giornalista francese, Lèo Taxil (pseudonimo di Gabriel-Antoine Jogand-Pagès), un cui libro, Les fils du jèsuite (Paris, Strauss, 1879), si pregiò della prefazione del generale: tre anni prima che lo stesso Taxil desse inizio alla più famigerata mistificazione antimassonica e antitaliana dell’Ottocento.

Come ha ben sottolineato Aldo A. Mola, Garibaldi non ebbe il vezzo di inventare idee originali: “Si accontentò di tradurre in forma chiara e comprensibile pensieri che oggi parrebbero ovvi e scontati, se non fosse che tutti i giorni la cronaca afferma il contrario.”(6)
Ecco nello scritto qui riportato un esempio sintetico delle visioni ‘garibaldine’:

 

“Esistono nel Mondo varie Unità che, secondo le aspirazioni generali del progresso, dovrebbero finalmente riuscire ad un’Unità Mondiale.
Lasciamo nel dominio del passato l’Unità Latina.

Oggi vi sono altre Unità che la contrastano e colle quali non sarebbe facile di amalgamarla. Per esempio, l’Unità Germanica, l’Unità Slava, l’Unità Scandinava, l’Unità Musulmana, ecc. Siccome l’Unità Latina, gli errori dei capi del Cristianesimo gettano sulla stessa via del passato l’Unità Cristiana.
Circa l’Unità religiosa, al disopra di tutte vi è l’Unità di Dio che ridotti i preti, i Ministri, Dervishi, alla loro vera espressione d’impostori, può convenire universalmente. E quando un individuo a cui si sia fatta questa interrogazione: a che religione appartenete voi? abbia risposto: io appartengo alla religione di Dio! Credo con ciò egli abbia aderito alla religione Universale buona per tutti e da tutti adottata. Che preti, che pari, che diavoli! Ciò è tutta roba da scartare, se gli uomini vogliono veramente essere uomini, e non pascolo di malvagi. Chi volesse giungere all’Unità Mondiale con altro principio religioso; per esempio col concordato di tutta la genia che si chiama preti, bonzi, papàs, ecc., voi vedreste ripetere i roghi, sacrifici a Moloc, ecc. e da quei signori abbrustolire mezzo genere umano senza alcun risultato o col risultato d’una nuova Babele.

Il modo dunque più indicato ad un’Unità Mondiale e che più coadiuverebbe all’unità religiosa vera, Dio! Sarebbe una lingua Universale. Non è questa idea mia ma vecchia e ne lascio l’esame cronologico a chi vuol incaricarsene.
Vado alla sostanza.
Voler imporre una lingua qualunque delle esistenti per lingua Universale, credo sarebbe questione alquanto simile a quella dei preti e l’abbandono.
Proviamo un altro espediente.
Per esempio, vari complessi di lingue per formare un tutto col tempo. Il Francese sarebbe uno dei complessi; esso ha agglomerato un gran numero di dialetti delle diverse sue provincie ed ha una rispettabile estensione al di fuori.
L’Anglo-Germano od Anglo-Sassone è immensamente propagato.
Per le lingue Orientali lascio a’ più scienziati la cura d’occuparsene se così loro piace.
Tu puoi occuparti del complesso Iberitalo formato di tre lingue, Portoghese, Spagnuolo e Italiano che tu conosci e consultare perciò tutti quegli umanitari dei tre paesi e dell’America portoghese e spagnola, che volessero esser tanto buoni da cooperarvi.
Le tre lingue hanno molte voci comuni. Si può cercare e riunirle in un principio di dizionario ove gettare la base d’una lingua nuova che potrebbe frattanto essere imparata dalla gioventù dei tre paesi.
Io non mi nascondo l’arduità dell’impresa ma la sua importanza sembrami meritare l’attenzione degli uomini, cui il progresso umano non è una chimera.
Certo vi vorranno secoli per raggiungere il nobile scopo ma è pur vero che se i Caldei non avessero principiato, gettando uno sguardo nello spazio, ad investigare i moti e le leggi stupende che regolano gli eterni luminari, gli odierni astronomi non sarebbero forse così inoltrati nelle vie dell’Infinito.”(7)

 

Per sottolineare i sentimenti di solidarietà del Generale, è doveroso ricordare che in occasione dell’inondazione di Vienna del 1862, Garibaldi fu promotore per la raccolta di denaro in favore degli alluvionati al di là delle contrapposizioni dei governi, proprio negli anni in cui si continuava a progettare la guerra per la liberazione del Veneto dal dominio asburgico.

L’appello del Generale agli Italiani, qui riportato, sottolinea la sua visione di solidarietà tra i popoli e di fratellanza al di là dei conflitti politici.

 

“Agli Italiani. Vienna fu sommersa, e molte delle famiglie del povero ridotte alla miseria dell’inondazione. E perché gli Italiani non invieranno una parola di simpatia ai poveri danneggiati di Vienna? Non languono anch’essi, come i nostri fratelli del Veneto, sotto la pesante dominazione d’un despota? Non anelano anch’essi alla redenzione, e non lo provarono, nel 48 combattendo gli stessi nemici che noi combattevamo in Italia e per la stessa causa? È tempo di cessare dalle gare fratricide delle nazioni su cui posarono il loro edificio i tiranni. Sì, fratelli, porgiamo la mano anche ai danneggiati di Vienna ed avrete un plauso dalla vostra coscienza, scintilla emancipatrice dell’universo.”(8)

 

Insieme a Garibaldi nell’organizzazione del Congresso della Pace di Ginevra del 1867, troviamo un grande massone, Élie Ducommun.
Nato a Ginevra il 19.2.1983, Ducommun, di professione giornalista e politico, divenne il Segretario Onorario dell’Ufficio Internazionale Permanente di Pace.
Trasferitosi giovanissimo in Sassonia per svolgere le mansioni di istruttore dei figli del barone von Bunow, apprese a perfezione la lingua tedesca.
Dal 1858 al 1862 ricoprì la carica di deputato radicale al Gran Consiglio; successivamente, dopo la perdita di potere dei radicali nel 1965, Ducommun si dimise dalle funzioni di cancelliere e si trasferì a Berna, dove divenne traduttore presso il Consiglio Nazionale.
Fondatore della Lega della Pace e della Libertà, abbracciò appieno la causa pacifista e grazie al suo impegno nacque l’Ufficio Internazionale della Pace, centro perenne di incontri ed informazione su tale argomento, che gli permetterà di conseguire, nel 1902, il Premio Nobel per la pace.

 

Ancora, tra i liberi muratori impegnati nel processo universale di pace, spicca il massone Léon-Victor Bourgeois (1851–1925), erede sicuramente di tutta quell’attività di pensiero e di azione volta all’affratellamento dei popoli, unito nella catena d’unione di Garibaldi e di Ducommun.
Bourgeois fu presidente della Società delle Nazioni, la prima versione dell’ONU, ed assertore dell’arbitrato internazionale, e per la sua attività anch’egli venne insignito del premio Nobel per la pace nel 1920.

 

Non è un azzardo sostenere che il pensiero dei massoni impegnati all’epoca concretamente nella ricerca della pace universale, intesa come condizione essenziale per il progresso di tutti i popoli e i ceti, fosse influenzato dalle teorie kantiane sulla pace.  
Nel 1795, infatti, Immanuel Kant scrisse l’opera politica Per la pace perpetua (Zum ewigen Frieden) e come si intuisce dal titolo lo scopo di questo trattato era trovare una struttura mondiale e un’impostazione di governo per i singoli stati per favorire la pace.
Il progetto kantiano costituiva un progetto giuridico e non etico, infatti, Kant non sperava che gli uomini potessero diventare più buoni, ma riteneva possibile la costruzione di un ordinamento giuridico tale da mettere la guerra fuori legge.
L’opera è strutturata in sei articoli preliminari e tre articoli definitivi attorno a cui si svolge la teoria di Kant, della cui modernità ed attualità si rimane stupefatti.

  1. Nessuna conclusione di pace, che sia stata fatta con la riserva segreta della materia di una guerra futura, deve valere come tale. Una conclusione fatta con la riserva segreta di una guerra futura non può definirsi pace, ma rappresenterebbe solamente un armistizio.

  2. Nessuno stato che sussista in modo indipendente deve poter essere acquistato da un altro per eredità, permuta, compravendita o donazione.
    Uno stato non deve essere comprato o venduto in alcun modo: uno stato non è una proprietà ma un insieme di esseri umani, comprare uno stato significa oltrepassare la volontà delle persone che vivono nello stato, le uniche a cui si potrebbe imputare la proprietà.

  3. Gli eserciti permanenti (miles perpetuus) devono col tempo del tutto cessare. Essendo la guerra l’unica finalità di questi eserciti, essi istigano alla guerra.
    Inoltre un esercito permanente comporta una spesa economica rilevante e spesso l’unica soluzione che uno stato ha per liberarsi da questo peso economico è fare la guerra.

  4. Non si devono fare debiti pubblici in relazione conflitti esterni dello stato.
    La guerra è una spesa e non un investimento, indebitarsi per fare guerra risulta una doppia spesa a cui, in caso di esito negativo, uno stato non può fare fronte.

  5. Nessuno stato deve interferire con la forza nella costruzione e nel governo di un altro stato.

  6. Nessuno stato in guerra con un altro deve permettersi ostilità tali da rendere impossibile la fiducia reciproca nella pace futura: come per esempio l’impiego di sicari (percussores), di avvelenatori (venefici), l’infrazione della resa, l’istigazione al tradimento (per duello) nello stato con cui si è in guerra etc. Anche durante una guerra deve rimanere fiducia nella disposizione d’animo del nemico.

Kant pensava che il popolo, dovendo subire direttamente i danni della guerra, sia meno propenso a deliberarla rispetto a un despota, tuttavia, avvertiva il filosofo tedesco, lo sviluppo repubblicano dello stato doveva essere realizzato dall’interno, senza nessun intervento esterno, cosa questa esplicitamente vietata dal V articolo preliminare.
L’attualità concreta di questi principi, basti pensare alla situazione iraqena odierna, testimoniano con evidente chiarezza l’universalità dei valori propugnati.
Ancora, la costituzione repubblicana doveva essere istituita secondo il principio della libertà di ciascuno in quanto uomo, il principio della dipendenza di ogni suddito da un’unica comune legislazione.

Per capire meglio il cammino tracciato dalle idee libero muratorio nell’alveo dei concetti universali di solidarietà e di pace, è doveroso citare Karl Christian Friedrich Krause, allievo di Fichte e di Schelling nato in Turingia nel 1781, il quale cercò di approfondire la base spirituale della Massoneria in vista di un elevato fine umanitario.
Egli fu filosofo del panenteismo, termine da lui coniato per indicare la conciliazione di teismo e panteismo. Alla base di questa forma di mistica cristiana, il mondo sarebbe solo un’espressione dell’immagine di Dio, e l’universo riposerebbe in lui.
Al contrario del panteismo, che mette sullo stesso piano Dio e universo, nel panenteismo è solo Dio che esiste; egli è prima del mondo e sopra di esso, ed è presente in tutte le creature dotate di ragione.
Nell’opera di Krause Archetipo dell’umanità, viene sviluppata l’idea di un’umanità composta di ragione e natura, da sempre e per sempre compresa in Dio.
Immediatamente dopo la prima caduta di Napoleone, il filosofo concepì la precoce visione di un’associazione di popoli in forma federativa, sulla base del libero sviluppo morale e nel riconoscimento della libertà personale e peculiarità di ognuno di questi popoli.
L’educazione e le leggi dovrebbero agire senza ricorso alla costrizione e alla repressione.
L’ingresso di ogni stato nella federazione dovrebbe avvenire in maniera libera, così come l’uscita dalla stessa dovrebbe essere possibile in ogni momento, sempre rispettando i rispettivi impegni presi.
In una tale confederazione di popoli e stati la pace dovrebbe essere una conseguenza inevitabile. Così come in Europa, anche in Asia, Africa, America e nella zona australe-polinesiana dovrebbero sorgere federazioni di stati secondo lo stesso modello, che alla fine dovrebbero portare alla grande unione in un’unica federazione planetaria.
Per Krause la Massoneria era lo strumento spirituale che avrebbe reso concorde l’umanità indirizzandola verso il conseguimento di questa finalità cosmica.
Le considerazioni qui di seguito riportate, scritte da Krause nel 1811, in un momento cioè in cui l’imperialismo nazionalista di Napoleone era ancora splendente al suo zenith, suonano come un invito rivolto ai nostri tempi:

 

“Viviamo in un’era di rinascita, o meglio, di nuova nascita. L’umanità si sveglia ad una nuova vita. Inizia veramente ad esistere una società di stati più elevata, chiudendo in un unico abbraccio per la prima volta i popoli europei... La maggior parte, e la migliore, dei popoli d’Europa, nei loro stati, nelle loro chiese, con le loro arti, i loro saperi scientifici, in tutte le associazioni intellettuali aspirano come non mai all’unità e alla completezza, all’armonica trasformazione della vita... Il risveglio di questo spirito di unità e di organizzazione armonica segna l’entrata dell’umanità in una nuova era terrestre; con essa l’umanità dà inizio alla piena fioritura della sua armoniosa esistenza”.

 

Krause considerava la Libera Muratoria il fulcro di questa federazione umana, a cui il filosofo attribuiva due fasi storiche di sviluppo.
La prima iniziata con l’unione dei ‘muratori-architetti’ dell’epoca in cui sorsero le corporazioni edili, la seconda a partire dal definitivo passaggio alla Massoneria speculativa con la fondazione nel 1717 della Gran Loggia londinese. Con questo fondamentale passaggio ad un’aspirazione propriamente umanitaria, la Massoneria si è diffusa in tutto il mondo, sempre purtuttavia mantenendo le ritualità, il simbolismo ed i valori delle antiche corporazioni, che Krause considerava, ad ogni modo, un superfluo accessorio.
La terza fase sarebbe poi consistita nel passaggio in cui l’associazione massonica avrebbe dovuto aprire la strada alla concreta realizzazione della confederazione mondiale da lui auspicata.

Grazie alla stessa conferenza di Ginevra sulla pace del 1867, ai movimenti di pensiero che si erano sviluppati all’epoca dopo la constatazione delle sempre più devastanti conseguenze dei conflitti armati, delle sofferenze atroci subite dai combattenti, anche a causa dell’invenzione di nuove armi, come i fucili a ripetizione e la mitragliatrice, gli stati sentirono la necessità di cercare un nuovo ordine.
Da questo anelito nasce la prima conferenza dell’Aia che tenne i propri lavori tra il 18 maggio e il 29 luglio 1899 con le seguenti finalità: il mantenimento della pace, la riduzione degli armamenti e la regolamentazione della guerra.(9)
Vi parteciparono 26 stati che sottoscrissero tre convenzioni e tre dichiarazioni.
Le dichiarazioni riprendevano lo spirito di quella di Pietroburgo del 1868: ribadivano l’intento dei firmatari di rinunciare all’uso dei proiettili esplosivi e aggiungevano la proibizione di lanciare bombe dai palloni aerostatici e di usare gas asfissianti.
Su questi punti la conferenza mostrò tutta la sua debolezza: la storia dell’aviazione e l’uso delle armi chimiche nelle guerre del 900 lo sta a dimostrare. Ininfluente fu pure la dichiarazione sulla rinuncia all’uso delle pallottole esplodenti: queste infatti caddero in disuso non tanto per ottemperanza delle norme umanitarie sottoscritte, quanto per l’evoluzione della tecnologia che già durante la grande guerra era in grado di produrre pallottole ordinarie altrettanto capaci di mettere fuori combattimento il nemico.
Anche la terza convenzione, che si proponeva di estendere alle guerre sul mare le norme di protezione dei feriti stabilite nella conferenza di Ginevra del 1864, restò lettera morta almeno fino al 1907.
Le più importanti sono la prima e la seconda convenzione.
Con la prima, secondo la visione garibaldina sopra enunciata, veniva istituita una Corte permanente d’arbitrato allo scopo di prevenire i conflitti armati.
Detta impropriamente Tribunale dell’Aia, la Corte era di fatto un elenco di arbitri nominati dagli stati aderenti, quattro per ogni stato, ai quali veniva affidato, di volta in volta, il giudizio arbitrario sulle controversie internazionali.
La Corte espletò la sua più intensa attività negli anni che precedettero la prima guerra mondiale; anche se l’efficacia degli arbitrati non riuscì a impedire la corsa alla guerra, il lavoro e l’esperienza giuridica acquisiti suggerirono, nel 1921, la costruzione della Corte permanente di giustizia internazionale nell’ambito della Società delle Nazioni.
La più importante e determinante delle convenzioni fu la seconda, le leggi e gli usi della guerra terrestre, composta da un Preambolo di cinque articoli nei quali le parti contraenti s’impegnano a ratificare e a estendere le adesioni alla convenzione e da un Regolamento di 60 articoli che codificano le norme di diritto bellico consuetudinario, per la prima volta scritte e sottoscritte dagli stati.
Nel Preambolo è interessante notare come i valori di riferimento Umanità-Civiltà assumano una valenza di carattere universale dal sapore inequivocabilmente libero-muratorio, a riprova del fatto che il cammino compiuto dalla Massoneria era giunto ad influenzare indelebilmente anche il pensiero giuridico internazionale, da un punto di vista concreto, non rimanendo, quindi, sterile esercizio concettuale ‘scolpito’ all’interno delle logge.

 

Considerando che non basta cercare i mezzi idonei ad assicurare la pace e ad impedire i conflitti armati fra gli Stati, ma che si deve por mente anche al caso in cui la guerra sia provocata da avvenimenti che non poterono essere scongiurati dai loro sforzi;
animati dal desiderio di servire anche in questo caso estremo agli interessi dell’umanità ed alle sempre crescenti esigenze della civiltà;
considerando che a tal uopo è necessario sottoporre a revisione le leggi e gli usi generali della guerra, sia per meglio determinarli, sia per tracciar loro veri limiti, al fine di mitigarne per quanto è possibile l’asprezza;
partendo da tutti questi concetti che oggi, come 25 ani or sono alla Conferenza di Bruxelles del 1874, sono dettati da una savia e generosa previdenza;
hanno, in questo senso, adottato numerose disposizioni intese a stabilire e regolare gli usi della guerra terrestre...

 

Luca Fucini

 

NOTE

1) Aldo A. Mola, “Massoneria e Politica” in “1805 - 2005 – DUE SECOLI DALLA COSTITUZIONE DEL SUPREMO CONSIGLIO D’ITALIA DEL RITO SCOZZESE ANTICO ACCETTATO”, Foggia, Bastogi Editrice Italiana, 2005, pag. 121.

2) Aldo A. Mola, GARIBALDI VIVO, Milano, ed. Mazzotta, 1982.

3) Aldo A. Mola, GARIBALDI VIVO, Milano, ed. Mazzotta, 1982, pag. 250

4) Aldo A. Mola, GARIBALDI VIVO, op. cit., pag.246.

5) Fucini L. GIUSEPPE GARIBALDI E L’ESPRIT DE SANREMO – E SONO PER LA VITA VOSTRO, Sanremo, ed. Casabianca, 2008

6) Aldo A. Mola, GARIBALDI VIVO, op. cit., pag.254.

7) Aldo A. Mola, GARIBALDI VIVO, op. cit., pag. 255, 256.

8) Aldo A. Mola, GARIBALDI VIVO, op. cit., pag. 262.

9) LES MOYENS DE MISE EN OEUVRE DU DROIT INTERNATIONAL HUMANITAIRE – Etat des lieux, analyse des problèmes et éléments de réflexion, a cura dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, Ginevra, 2005.

 

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