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La visione di unità del tutto di Nicolò Cusano
L'esperienza di unità con l'intero creato, descritta da molti mistici occidentali, è probabilmente quanto di più assimilabile al bodhi della cultura vedica, o al kensho della tradizione Zen, ovvero all'uscita da quell'illusione, quasi onirica, che ci porta a considerare qualunque espressione della realtà come qualcosa di separato e a se stante. E' una condizione che, quando raggiunta, permette al soggetto di vivere fino al limite della sostenibilità fisica la propria fusione con l’assoluto, e il suo effetto è appunto la consapevolezza che il mondo, cosi come percepito attraverso i sensi e interpretato attraverso la ragione, è l'espressione di una realtà che va oltre l'ordinaria sperimentazione. L’esistenza (in tutte le sue manifestazioni) acquista così una nuova coerenza, anche se le sue origini e la sua direzione ultima continuano a restare comunque celate alla comune ragione. Probabilmente, quanto sopra descritto è ciò che ha vissuto il grande filosofo e mistico Nicolò Cusano nel suo viaggio di ritorno per mare a Venezia da Costantinopoli nel 1437. Papa Eugenio IV aveva inviato alcune personalità, fra cui lo stesso Cusano, abile diplomatico e dotto conoscitore delle lingue greca ed ebraica, a Costantinopoli, con l'obiettivo di perorare la riunificazione delle Chiese d'Oriente e d'Occidente. La missione aveva avuto successo e fu proprio durante la navigazione di ritorno che egli ricevette, come dichiarato in più occasioni all’interno delle sue opere, il “dono superiore del padre dei lumi”. Un’intuizione profonda e rivelatrice sulla natura ultima della realtà che influenzerà il suo pensiero e sarà rispecchiata nelle sue numerose opere, teologiche, filosofiche, matematiche, ecc.. L’intuizione di unità del tutto oltre l'apparente diversificazione di forma, è dunque, secondo Cusano, un dono che l’individuo riceve e non un raggiungimento speculativo. Essendo egli uomo di Chiesa, non può che riferire tale dono al Dio cristiano: "E' come se nell’unità assoluta, che è la verità, ogni alterità fosse intuita non quale alterità, ma quale unità, per quanto questa possibilità sia concessa solo per dono di Dio", e ancora, "Vedere la causa assoluta, che è la causa di tutte le cose, è assaporare te con la mente, o Dio". Da quel momento, Cusano, cercherà di riconciliare i dogmi e i misteri della tradizione Cristiana, con la nuova visione unitaria, e pur utilizzando nelle sue opere vari nomi alternativi a quello di Dio (Uno, Uno Assoluto, Massimo Assoluto, Non Altro, ecc.) egli mantiene di fondo un approccio che non rinnega la sua posizione ideologica di partenza. Ciò gli permette di continuare a elaborare le proprie tesi ed esporle in una vasta opera letteraria apprezzata dagli stessi Papi che si succedono durante la sua vita, evitando anche la scomunica per eresia come era toccato, fra gli altri, al mistico Meister Eckhart, un secolo prima, per aver affermato molto meno. Cusano si adopera, dunque, per dimostrare come anche il dogma fondamentale della Trinità sia coerente con il nuovo paradigma unitario, partendo proprio dal principio che "l'unità dell'universo è trina". Ciò che si intende con la tripartizione di nomi e soggetti (Padre, Figlio e Spirito Santo), ribadisce il Cardinale, è in realtà un processo unitario che si manifesta senza dare luogo a una reale successione o sequenza nella sua manifestazione, né tantomeno a una sua divisione interna. Innanzitutto, vi è il principio unitario che contiene in se l’impulso potenziale della manifestazione. Poi vi è la creazione come forma dell’atto, che da potenziale diviene manifesto (la sostanza è però sempre “la medesima”). Infine, vi è il principio che unisce e ricollega in circolarità i due precedenti e che Cusano definisce come "identità", o legame. "Le cose create cominciano ad essere da Dio che è padre; si completano attraverso Dio che è figlio; si accordano con l’ordine universale mediante Dio che è spirito santo." Essendo Cusano anche un uomo "di scienza" (le sue opere di matematica, geometria e astronomia furono un riferimento per Copernico, Galileo − che pure subirà la scomunica per concetti non molto dissimili da quelli di Cusano − e Keplero), egli non esita a stabilire nel principio unitario un faro che illumina la via di qualunque ricerca scientifica: "Tutto ciò che può essere conosciuto dipende dalla conoscenza dell’unità, che in ogni scienza costituisce tutto ciò che si può sapere"; "Non si conosce la parte se non è conosciuto il tutto; il tutto infatti da la misura della parte". Sembrano le basi del moderno approccio sistemico, per cui "non è possibile conoscere il funzionamento di una parte se prima non si conosce il funzionamento dell'intero sistema cui appartiene la parte stessa". Fin dai suoi primi scritti, Cusano è comunque consapevole della sua difficoltà nel trasmettere attraverso il linguaggio corrente un concetto quale quello dell'unità del tutto, e della difficoltà simmetrica, da parte di chi lo ascolta, nel comprenderlo e gestirlo con i consueti strumenti della ragione. Per tale motivo, dedica in quasi tutte le sue opere filosofiche ampie premesse che pongano le basi logiche e metodo−logiche tali da creare lo spazio di accoglienza per la nuova visione. "Per chi desidera cogliere il senso [dell'unità del tutto], è necessario elevare l’intelletto al di sopra della forza delle parole, piuttosto che insistere sulle proprietà dei vocaboli che non possono adattarsi in modo adeguato a misteri così elevati". "E’ opportuno che chi specula faccia come colui che guarda la neve attraverso un vetro rosso: quando vede la neve attribuisce al vetro e non alla neve l’apparenza del rosso. Così fa la mente che vede per mezzo della forma ciò che è non formato". "Quanto più dunque l’intelletto stesso si astrae dalla propria alterità, per poter ascendere maggiormente all’unità semplicissima, tanto più esso diviene perfetto e alto". Vale la pena sottolineare il passaggio relativo all'astrazione dalla propria alterità quale via per l'ascesa dell'intelletto all'unità. Un'indicazione che si ritrova anche nella tradizione yogica del Vedanta. Concludiamo questa necessariamente breve (brevissima) sintesi del pensiero unitario di Cusano con alcune citazioni rappresentative della sua visione di non−dualità, rimandando il lettore per ogni approfondimento al libro reperibile online.
"Chi trova un tesoro che sa essere non numerabile ed infinito, è pervaso da una gioia superiore a chi ne trova uno numerabile e finito. Il desiderio intellettuale non si muove che verso ciò che può essere più grande e più desiderabile. Al di qua dell’infinito, ogni cosa può essere più grande. Dunque, il fine del desiderio [intellettuale] è l’infinito".
"L’intelletto non potrà cogliere se stesso o qualunque altro oggetto intelligibile nella sua essenza, se non in quella verità che è l’unità infinita di tutte le cose".
"Non è possibile che vi siano più principi eterni, poiché l’unità precede qualunque pluralità. Quindi solo unico può essere il principio e la causa dell’universo".
"Proprio come l’umanità non è né Socrate né Platone, ma in Socrate è Socrate e in Platone è Platone, così è l’universo rispetto a tutte le cose".
"L'eternità, che è tutta simultanea [!], è l'infinito in atto".
"L’amore, che è il legame dell’unità, è la cosa più naturale, e niente è privo di tale amore. Senza di esso niente potrebbe esistere".
Il libro Il dono supremo − la visione di unità del tutto di Nicolò Cusano può essere scaricato gratuitamente al seguente indirizzo books.google.it
Altre citazioni di Cusano e di molti altri autori sulla non−dualità possono essere trovate su unoassoluto.blogspot.it
Eugenio Vignali
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