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- Raccolta di lettere inviate dai visitatori
Nel dopoguerra vi è stato un enorme sviluppo di nuove conoscenze, con nuovi elementi di valutazione morali e nuovi modelli sociali. I giovani e i meno giovani, come percepiscono questa vera e propria rivoluzione, ancorché non improvvisa ma progressiva.
di Roberto Ladisa inviata da By °capire°
Con la fine della 2° guerra mondiale si è chiuso l’ennesimo triste capitolo della stupidità umana. Sembrerebbe che tanto sia cambiato, che l’uomo abbia “imparato la lezione”, ma ahimè non è così. Non solo non ha imparato la lezione, ma continua a ripetere gli stessi errori di una storia ormai passata, per non dire arcaica e primitiva; errori che derivano da ideologie sfalsate, fittizie, mistiche che non tengono conto del bene dell’umanità, ma solo del proprio interesse e profitto, per non parlare dell’ormai risaputo piacere di esercitare il potere su altre persone. Eppure si dice sempre che le nuove generazioni portano nuove idee, e con un pizzico d’utopia dovrebbero cambiare il mondo. Certo! Ma quanto è lungo questo cammino, irto di ostacoli, di mentalità bigotte che preferiscono vivere nelle loro miserie pur di non accettare i cambiamenti che le nuove generazioni si apprestano ad apportare.
Siamo ormai entrati nel 3° millennio e con tristezza sento ancora parlare di razza, di colore della pelle, di confini territoriali, di razzismo. Per non parlare dei problemi che affliggono la società come: droga, corruzione, corruzione politica, mala-sanità, conflitti religiosi, guerre di religione, terrorismo ecc ecc potrei fare un elenco infinito. Allora la domanda sorge spontanea: perché nel 3° millennio l’uomo si trascina dietro ancora questi problemi? Dov’è finito l’uomo cosmopolita tanto amato dagli illuministi? Cittadino del mondo, fratello, libero, tollerante e rispettoso delle altrui opinioni!?… Cari Fr. è con grande difficoltà che mi appresto a scrivere questa tavola dalle mille domande e dalle poche risposte, e se mai esiste una risposta, deve essere trattata in maniera articolata. Credo che una prima operazione da fare sia di suddividere le visioni della società e di ciò che accade in essa. Esempio: come io vedo questa società, e come è vista in generale dagli altri. Questo credo sia utile per comprendere meglio le emozioni che dividono le mie opinioni dalle altre.
Dal punto di vista storico l’intera società viene sconvolta da alcune teorie, che sul finire del XIX° vedono come protagonisti alcuni personaggi. Per motivi di spazio e tempo ho ritenuto giusto citare solo i più importanti: Marx, Nietzsche, Darwin, Freud, Einstein. Per quanto ancora oggi molti si rifiutano di accettare queste teorie, arrivando addirittura a definirle visionarie e ridicole, sta di fatto che esse hanno cambiato il modo di pensare dell’essere umano, il modo di vedere il mondo e di rapportarsi con esso.
Dal punto di vista sociale Marx con il “Manifesto” e il “Capitale”, da vita al socialismo politico, che poi diventerà Comunismo dittatoriale, con tutte le conseguenze che conosciamo, fino alla caduta del “Muro di Berlino”. Celebre è la frase di Marx: la Religione è l’oppio dei popoli. Una frase che non ha né destra né sinistra… e che ognuno di noi, anche se con un po’ di amarezza, condivide!
Friedrich Nietzsche (1844-1900). Mirando ad una severa critica della morale convenzionale, nell'opera Genealogia della morale (1887) Nietzsche mette in dubbio che l'io possa avere una coscienza piena del significato delle proprie azioni sino a negare la libertà del volere. Già in questa fase emerge la tesi - d’origine schopenhaueriana - secondo la quale il comportamento umano dipende da un istinto di conservazione che sfugge al controllo conoscitivo e pratico dell'io. Ridotto a una funzione di tale istinto, l'io perde non solo il suo carattere di sostanza, ma anche quello di unità: l'io, sostiene Nietzsche, è solo un palcoscenico sul quale si agita disordinatamente una molteplicità di impulsi e di motivazioni. Successivamente, Nietzsche chiarisce come l'io nasca e si formi per rispondere al bisogno di comunicazione legato alla condizione sociale. La coscienza è intesa come una funzione dei rapporti sociali, in particolare dell'ordine gerarchico che controlla la società. Ma è soprattutto nell'ultima fase della sua produzione filosofica che Nietzsche sferra un attacco radicale all'io, sostenendo che il pensiero nasce in modo del tutto indipendente dalla coscienza individuale. Bisogna pertanto sostituire l'espressione "io penso" con "esso pensa" e, addirittura, si dovrebbe eliminare lo stesso pronome "esso", in quanto contiene pur sempre una forma di razionalizzazione di un processo che, per principio, sfugge alla razionalità. Può sembrare un clamoroso paradosso culturale che, pochi anni dopo, Sigmund Freud (1856-1939) arrivi a formulare tesi molto vicine a quelle di Nietzsche non solo senza mai averne letto - per scelta intenzionale - le opere, ma addirittura partendo da presupposti culturali antitetici e cioè da una cultura positivista e da una formazione medica. In realtà, ciò rappresenta un segno evidente che la crisi dell'io era ormai un fenomeno epocale, l'espressione di una situazione storico-culturale. Freud conferma, infatti, e approfondisce su un piano scientifico le intuizioni filosofiche di Schopenhauer e Nietzsche sulla dipendenza dell'io da un principio istintivo, inconscio e irrazionale. Tale principio è da Freud denominato Es - l'"esso" già tematizzato da Nietzsche - e caratterizzato come libido inconscia, in altre parole come un'energia sessuale polimorfa che agisce al di fuori della consapevolezza e del controllo dell'io razionale. Freud afferma, infatti, esplicitamente che «l'Io non è più padrone nemmeno in casa propria». In questo modo, secondo lo psicoanalista viennese, la psicoanalisi ha inferto una terza e più profonda ferita narcisistica alla coscienza umana, dopo quelle dell'eliocentrismo di Copernico e dell'evoluzionismo di Darwin (l’uomo deriva dalla scimmia). Se Copernico aveva infranto la credenza nella centralità cosmica dell'uomo come abitante della Terra e Darwin quella della superiorità della specie umana rispetto al mondo naturale, Freud ritiene di aver abbattuto la credenza nel dominio dell'io cosciente sul comportamento dell'uomo. Freud è il primo a parlare dell’io in termine medico, non solo, ma parla dell’inconscio,cioè la sfera della vita psichico-spirituale caratterizzata da contenuti e da impulsi di cui il soggetto non ha consapevolezza e che quindi si sottraggono al controllo razionale della coscienza.
Ecco! Ora arrivati a questo punto si può immaginare perché l’uomo del 900 si senta non solo a disagio, ma anche “denudato” di un qualcosa che prima era solo opera del Destino, dello spirito e di Dio o del demonio. Prima del 900, l’uomo affrontava questi argomenti appellandosi alla metafisica, una materia sempre opinabile e per questo rassicurante, mentre Freud e i suoi successori, analizzano l’uomo su base scientifica mettendolo “a nudo” delle sue debolezze. L’impotenza dell’uomo che lo spinge al potere e al narcisismo. Più un individuo è impotente più eserciterà il suo potere, come voler scaricare la sua rabbia, la sua frustrazione. Ma mai come nel 900 le teorie hanno influenzato e sconvolto così profondamente la società occidentale. Come mai questa forza di penetrazione, da dove proviene questa energia? E come mai, a differenza delle altre epoche, le religioni e le Chiese non riescono a contrastare a fermare il propagarsi di queste nuove conoscenze?…. Sicuramente l’esperienza dell’illuminismo è stata maestra nel far comprendere alcuni concetti fondamentali della vita; e la Rivoluzione Francese e quella Americana ne sono la prova. Una presa di coscienza che prima era o assente o non poteva essere espressa con libertà. Ma il XX° è caratterizzato da una nuova forma di comunicazione. Sto parlando dei mezzi d’informazione come la Radio e la Televisione, che avranno un’influenza particolare nella società di tutti i giorni. Come si suole dire dopo la 2° guerra mondiale, la televisione ha insegnato l’italiano a tutta l’Italia. Io non ero ancora nato, ma sento spesso questa frase, ripetuta da persone più grandi di me che hanno vissuto quei tempi. Un'altra motivazione importante è lo sviluppo della medicina, della biologia, della neurofisiologia, che apporta nuove concezioni, dando una fiducia all’uomo comune, avvicinandolo sempre di più alla scienza e sempre meno alla religione. La scienza migliora la vita dell’uomo, la rende più sopportabile, meno faticosa e meno dolorosa. I farmaci risolvono tante malattie che prima erano fatali; allungano la vita e la speranza di una vita migliore, più sana e salutare. Ma questo non basta a sradicare vecchie credenze, se è vero che Freud “ha umiliato l’uomo” è anche vero che nella società di oggi, vive l’oblio e la contraddizione di concezioni che non hanno nulla in comune. L’uomo ha bisogno di credere, e neanche l’evidenza della Fisica(teoria quantistica e relativistica), gli fa cambiare idea, facendo vivere l’uomo in una completa contraddizione; una completa incoerenza di idee/ideologie domina l’uomo moderno, il quale non può non accettare le scoperte scientifiche, ma non vuole nemmeno separarsi dal Dogma, dalla verità rivelata e dalla Fede.
Volete sapere la mia opinione?! La vita e questa società è un Caos completo dove la contraddizione e l’incoerenza predominano. L’egocentrismo e l’egoismo, opprimono la nostra esistenza. Spesso tutto ciò viene mascherato con la sfalsata metafora delle diverse “idee e interpretazioni”, ma questo a mio avviso è solo una scusa per non voler abbandonare vecchie credenze ataviche. Paradossalmente è un po’ come quando un bambino viene lasciato la prima volta all’asilo, non può sopportare di separarsi dalla madre e piange con tutte le sue forze. Tutto questo destabilizza la realtà dei giovani che si affacciano fiduciosi nella società, nel senso che a scuola ci insegnano cose che poi nessuno (o quasi) rispetta. Ma che opinione dovrei avere di questa società nella quale con una mazzetta si risolve tutto o quasi?! Una società dove proprio le istituzioni sono corrotte, la Chiesa la politica sono degli emblemi della corruzione di oggi. Sicuramente questo turba la coscienza di tutti e ci spinge a difenderci nel miglior modo possibile e spesso queste difese sono soggettive, cambiano da individuo a individuo. Come posso avere fiducia di una società che nel 3° millennio non è ancora riuscita a risolvere il problema gravissimo della droga?! Una faccenda grave e dolorosa che detta fra me e voi, sappiamo benissimo che non deve essere risolta, poiché la droga frutta miliardi di dollari. Ecco questo è solo un esempio drammatico che domina la società occidentale di oggi. Tutti predicano bene, tutti vogliono il bene dei nostri figli e della famiglia,… ma poi?! La verità è che molti di questi predicatori, sono solo interessati al potere, in quanto hanno una mentalità impotente, vigliacchi nel non saper risolvere concretamente i problemi della società; e quelli che ci hanno provato sappiamo che fine hanno fatto. Ahimè! Io giovane trentenne in mezzo a questo Caos! Ma cosa ci faccio!!! Ma le giovani generazioni devono lottare contro tanti fattori che giorno per giorno rendono sempre più difficili le loro condizioni. La difficoltà di trovare un posto di lavoro, e quindi un reddito che li renda autosufficienti, porta i giovani a compiere tanti sacrifici e sentirsi frustrati spesso in modo umiliante; la carenza di alloggi e il costo elevato, rende loro difficile programmare il futuro e li porta a procrastinare la vita nella famiglia paterna, deludendoli nel loro bisogno di autonomia e di libertà d'esperienza; il crollo di tante certezze e di tanti miti li porta a una crisi di valori ideali per cui tutto appare contingente,provvisorio e relativo; le istituzioni già talvolta così lontane dal paese reale, appaiono ai giovani ancora più distanti e incapaci di risolvere o solamente capire i loro problemi. La crisi dei valori ideali appare oggi determinante nel generale smarrimento e senso di solitudine nelle giovani generazioni. È vero che tanti ideali nel passato sono stati causa di immani rovine e disastri, basti pensare quanti guai sono stati procurati da un certo esasperato nazionalismo e da un malinteso amor di patria, ma il non aver alcun punto di riferimento valido porta inevitabilmente le giovani generazioni ad una crisi d'identità e ad un rifiuto acritico ed inconcludente del passato. In tutte le epoche ci sono stati contrasti tra vecchie e nuove generazioni, sempre il nostro mondo ha visto il bisogno di riflessione e il senso della misura, proprio degli anziani, scontrarsi con l'esuberanza, l'entusiasmo e la voglia del nuovo, tipici dei giovani. Esiste un rapporto dialettico tra il mondo dei giovani e il mondo degli anziani: questi ultimi lasciano la loro esperienza, danno il senso della continuità, mentre i giovani hanno il compito, una volta recepito il meglio del passato, di spingere oltre, verso il nuovo, le conoscenze e le attività umane. L'entusiasmo e l'irruenza dei giovani nella storia hanno sempre avuto il compito di rompere l'immobilismo e l'inerzia; il senso della misura e la moderazione degli anziani quello invece di garantire alla società la stabilità, il senso della continuità e di sicurezza. Molti di questi ideali per alcuni si concretizzavano nella famiglia, nella patria, nella devozione religiosa; per gli altri in valori e modelli comportamenti come l'onestà, la giustizia; in altri ancora in ideologie o anche in certe confraternite, che consentivano di ritrovarsi in una solidarietà che non aveva confini geografici e di sentirsi compagni o "fratelli" con tanti uomini sconosciuti e lontani anche decine di migliaia di chilometri. Cadute le ideologie, molti di questi ideali non affascinano ormai più i giovani: il consumismo e la corsa al denaro hanno fatto piazza pulita di tutto questo. La società industriale ci ha portato tanto benessere materiale, ci ha liberato da tante malattie che una volta mietevano milioni di vittime, ci ha consentito di poter comunicare in un attimo con regioni e paesi lontani decine di migliaia di chilometri, ha consentito ad alcuni uomini di passeggiare sulla Luna, ma col suo “Dio-denaro” ha svuotato lo spirito degli uomini, ha mercificato persino i sentimenti, ha trasformato tutto in oggetti di consumo, ha illuso che anche la felicità, diventa "trip", "viaggio", potesse essere raggiunta materialmente in ogni momento mediante il consumo di una dose di sostanze stupefacenti, secondo la propaganda accattivante degli spacciatori, ambigui venditori di "estasi-morte". Credere in qualcosa vuol dire avere un fine nella vita, lottare, sacrificarsi per qualcosa, ma quando tutto può essere facilmente conquistato col denaro e col denaro sempre più cose nuove possono essere ottenute e consumate, ecco che in questo circolo vizioso il denaro diventa effettivamente il "vitello d'oro" che gli uomini adorano. Anche la libertà è diventata secondo un malinteso permissivismo, un modo d'essere più o meno "consumabile", più che la conquista di una dignità umana nel rispetto innanzitutto della libertà e dei diritti del prossimo. La mancanza di punti di riferimento dati da solidi valori ideali e il consumismo come unico modello sociale sono le vere cause di tale flagello. L'illusoria felicità di una dose di eroina da consumare, rimanendone così schiavi, è stato detto, ma quante altre cose sono anch'esse feticci di benessere e illusioni di felicità agli occhi dei giovani e anche dei nuovi giovani. "Magari potessi avere questo scooter!", "Magari potessi avere quella macchina sportiva!", "Magari potessi avere quello stereo! (non certo per la musica, ma per vantare il numero dei watt)"... e che ne dite della mania dei cellulari, conosco persone che lo cambiano ogni 2 mesi. Anche questa è droga per la Psiche, quando ci fa perdere il senso delle cose, quando ci rende schiavi dei feticci creati dal consumismo. Il valore della vita non risiede nel numero dei giorni, ma nell'uso che ne facciamo: un uomo può vivere a lungo, eppure vivere molto poco. La soddisfazione nella vita non dipende dal numero degli anni, ma dalla volontà e dalla qualità di essa. Soltanto prendendo coscienza di questo si può avere la possibilità di ritrovare una vera dimensione umana e di non essere più soltanto i "terminali" dei messaggi pubblicitari. È un discorso quindi di prevenzione e non di repressione del fenomeno, ma di una prevenzione basata non su momentanei interventi di informazione, del resto necessari anche questi, ma su una radicale inversione di tendenza nel costume e nella mentalità dell'intero corpo sociale, a cominciare ovviamente dalla sua classe dirigente. È difficile, ma, se non si vogliono solo dei semplici palliativi, è l'unica strada da seguire per poter cambiare radicalmente. Parafrasando Tolstoj: Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiar se stesso. Questo è il punto!
Cari fratelli e sorelle, credo che il punto centrale sia il nostro essere e come ci relazioniamo con gli altri, come ci comportiamo con gli altri. Io non credo che tutti i ragazzi di oggi nascono “per magia” tutti depressi e Borderline! No! Assolutamente no! Anche perché in questi anni avrebbero trovato il gene, come è successo per molte malattie genetiche. I problemi sono infiniti e come sempre hanno molte sfumature; oggi, come si suol dire i bambini nascono di già “stressati”, è assurdo, lo so! Ma evidentemente non vogliamo ammettere che i genitori sono assenti nell’educazione affettiva dei figli, manca il contatto fisico e non vogliamo ammettere che questa società è malata. Fu sempre il vecchio Freud il primo ad attaccare la famiglia, accusandola di eccedere, nel senso di comportamenti troppo severi o troppo permissivi, causando i cosiddetti traumi infantili, che ognuno di noi si trascinerà per tutta la vita. Estrema rigidità dei ruoli, individualizzazione esasperata, Caos, frontiere rigide verso l’esterno, ruoli confusi, scarsa spinta all’autostima, conflitto soffocato/represso. Violenza psicologica. Questi a mio avviso sono le vere motivazioni che scatenano il disagio nell’infanzia e nell’adolescente; la vecchia frase che mancano gli ideali è a mio avviso fuori luogo, nel senso che gli ideali ci sono e sono anche troppi, forse mancano dei punti di riferimento, ma non gli ideali. È bene ricordare che l’uomo non è il suo gene. La biologia dell’uomo non è la sua biografia. La storia clinica di ogni individuo si costruisce. L'uomo è una persona che costruisce una cultura, reagisce con l'ambiente, interloquisce con i propri simili. Il gene è solo un pezzo, e, in determinati casi, neanche il più importante. Se è vero che io come figlio, porto in me, il patrimonio genetico della mia famiglia, è anche vero che il carattere si forma e si evolve nell’ambiente nel quale cresciamo; dunque la Famiglia, la scuola e la società hanno la loro responsabilità.
Ho detto.
Roberto Ladisa
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